di Sandro Moiso

Ales Kot, Danijel Zezelj, Jordie Bellaire (colori), Tom Muller (design), Days of Hate – Atto secondo, Eris (Ass. Cult. Eris),Torino 2019, pp. 176, 17,00 euro

“Ma le rivoluzioni solitamente iniziano con il terrorismo” (Kathy Acker, Empire of the Senseless)

Potrebbe non essere pienamente condivisibile da tutti i lettori la citazione che apre il secondo atto di una delle più drammatiche, e politiche, saghe a fumetti prodotte negli Stati Uniti, ma ne restituisce sicuramente il senso.
La Eris di Torino ce ne propone il secondo ed ultimo atto, raccogliendo in un volume della sua collana Kina i sei episodi conclusivi della serie, composta complessivamente da dodici e di cui i primi sei erano usciti, sempre per la stessa casa editrice, nella primavera scorsa.

Se non avete già riempito il vostro alberello natalizio di sardine ritagliate o inscatolate, allora potrete avvicinarvi, se ancora non conoscete la serie, alle vicende narrate in questa storia di sangue, tradimenti, attentati, amore disperato, delusione e agenti infiltrati che solo un grande sceneggiatore com Ales Kot e un disegnatore superlativo come Zezelj potevano ideare e restituire al lettore dalle pagine di un albo a fumetti.

Albi a fumetti che sempre più spesso, e soprattutto nelle scelte operate nella collana Kina, sembrano rivaleggiare per complessità delle storie e profondità psicologica dei personaggi con la miglior letteratura di anticipazione e non solo.
Chi, tra i lettori, ha già avuto modo di conoscere i personaggi e gli eventi narrati nel primo atto (qui), sicuramente, non vorrà perdersi questo grande e triste finale. Illuminato soltanto da una flebile e tremolante luce di speranza. Paragonabile forse al finale di uno dei libri più disperati e disperanti della letteratura americana contemporanea: La strada di Cormac McCarthy. Autore citato, non a caso, insieme a James Ballard e altri nei titoli di coda della saga.

Nelle pagine di Kot e Zezelj troviamo infatti lo stesso buio e, allo stesso tempo, lo stesso insensato desiderio di vivere ben conscio del fatto di essere completamente inappagabile in una società e in un mondo che ha fatto dell’odio la sua ragione di esistere. Ma i personaggi di McCarthy e di Kot non chiedono di abolire quest’ultimo come se si trattasse di una delle possibili forme del discorso, lottano per sopravvivere oppure accettano una sfida che non può essere che mortale nel tentativo di modificare radicalmente la società che l’ha prodotto. A costo delle propria vita e della propria umanità.

Una lettura appassionante, a tratti angosciosa, comunque sempre di altissima qualità letteraria e grafica. Attenzione però, per evitare traumi, se ne astenegano gli appartenenti alle nuove maggioranze silenziose.