di Ala’a Sbaih

Tramite la traduzione dall’inglese a cura di Pina Piccolo, la redazione di Carmilla ha ricevuto questi versi da Ala’a Sbaih, ventiquattro anni. Abita a Gaza City, ha studiato letteratura inglese e francese, fa parte del Gaza Theatre Project. Arrivano da chi in questo momento non può soppesarli con comodità, di fronte a uno schermo, al caldo, come abbiamo fatto noi. Pongono domande senza sconti, anche sull’estetica, sul retroterra culturale.

Forse sfidano i nostri presupposti, compreso il realismo della cultura occidentale. Sono incredibilmente riflessivi, scrutano la morte ma andrebbero bene anche per un’epidemia, un terremoto, lutti privati. La guerra è nel sottotesto, è indicibile.

Qualcosa ci sconcerta. Per esempio, quella resilienza non va giù. Ancora: nella prima composizione cola l’inchiostro dell’inchiesta, e non siamo chiamati in causa? «Let the ink of inquiry flow», e inkinquiry è un gioco di parole ben sottile, per chi è bersaglio di un negazionismo preventivo. Sapremmo essere così arguti, e non nella lingua madre, noi? Sapremmo pensare all’inchiostro, senza acqua da bere? Dal giornalismo agli organi giudiziari internazionali, sbattiamo il muso contro i limiti del lavoro di parole, perché i fatti laggiù sono armati e tritano la terra e solcano il cielo. Anche noi, qui, liberi di scrivere con comodità, siamo chiamati in causa, perché ci tiriamo dietro le sillabe. Anche quelle che non spezzano la pagina in versi. Il dito che questa donna ha bagnato nell’inchiostro, e insieme nel sangue, non è puntato anche contro di noi? [La redazione]

 

I.

Nella sinfonia del crepuscolo, nella danza di ombre e luce fugace,

percorro i corridoi della mia anima, nel silenzio della notte cercando conforto

imploro il cielo, chiedendomi se sarà questa la mia ultima scrittura terrena.

Risuona un appello silenzioso e l’arazzo cosmico interroga:

Perché ad alcune anime è dato con la morte danzare nella miriade delle sue forme?

 

Nell’immensa distesa dell’esistenza, sfugge lo scopo,

Un intricato mosaico di domande, ricucito con i fili di “perché la morte?”.

Nel regno in cui la vita è implacabile prova,

anelo il giorno in cui troveranno la loro redenzione i “perché”

 

Quando tento di afferrare l’essenza dell’esistenza,

gli echi della guerra lasciano impronte indelebili, una firma cupa,

che ad ogni nuova alba si fonde con i mille ricordi di ieri.

Danza con le ombre diviene la sopravvivenza, testimone del riflusso di vite.

Forse il mio stesso riflesso ho intravisto nelle eteree acque della mortalità.

 

Eppure, sotto il peso dei dilemmi esistenziali persiste una fragile speranza:

una promessa sussurrata nella brezza che in questo tumultuoso viaggio coesiste

nella cadenza del battito cardiaco, il delicato ritmo dell’intricato canto della vita

racchiude frammenti di finalità, sfuggenti, ma innegabilmente forti.

Quindi, che scorra pure l’inchiostro dell’inchiesta, mentre continua a scrivere

la penna dell’esistenza nell’arazzo che unisce alba e oscurità.

Poiché nell’enigma di questa vita caduca, lo spirito  di resistenza tesse

la resilienza poetica che ti sussurra: “Continua a vivere”, percepita dall’anima,

nel momento in cui sono rimandati tutti i dolori.

 

***

II.

Nell’arazzo dell’esistenza, dove si uniscono oscurità e alba,

cercando sempre il sole d’inverno

la mia lingua, guerriera silenziosa nella battaglia tra parola e silenzio,

Nel crogiolo della vita, quando ogni momento ti presenta sfide

Il dolore dell’esistenza si scontra con l’istinto di sopravvivenza,

La morte, il velo che separa la meraviglia dall’ eterno alveare.

Le ombre prendono la forma dei miei pensieri,

gettando tutto il peso sulla mia anima,

si allungano ogni volta che sui miei piedi arrancando

cerco di raggiungere – come si dice – i miei sogni.

Davanti ad ogni scelta la confusione mi logora:

rovisto tra tutte le mie tracce

e ogni volta che tendo la mia mano scompaiono

In un luogo dove la vista vacilla, oscurata dall’invisibile,

la luce mancante, quale traviata guida, fa sbandare i desideri.

Il malessere mi avvolge, sfidando le mie aspettative,

illuminando la vita per cui è scritto

quale involucro a bolle attorno a ciò che sogno.

 

I.

In the symphony of twilight, where shadows waltz with fleeting light,
I traverse the corridors of my soul, seeking solace in the quiet night,
beseech the heavens, pondering if this marks my final earthly script.
A silent plea resonates, questioning the cosmic tapestry,
Why must some souls dance with demise in myriad guises?

In the vast expanse of existence, the purpose (death) eludes,
An intricate mosaic of queries, stitched with threads of “whies?”
In the realm where life is a relentless trial,
Yearning for the day when the whies find its redemption.

With each attempt to grasp the essence of existence,
The echoes of war leave indelible imprints, a somber signature,
That merge a thousand of yesterday’s memories with dawn anew.
Survival becomes a dance with shadows, witnessing the ebb of lives,
Perhaps I’ve glimpsed my own reflection in the ethereal waters of mortality.

Yet, beneath the weight of existential quandaries, a fragile hope persists,
A whispered promise in the breeze that this tumultuous journey coexists.
In the cadence of heartbeat, a delicate rhythm of life’s intricate song,
I find fragments of purpose, elusive, yet undeniably strong.
So, let the ink of inquiry flow, as the pen of existence continues to write,
In the tapestry of existence, where darkness and dawn unite.
For within the enigma of this transient existence, a resilient spirit weaves,

A poetic resilience that whispers, “Live on,” as the soul perceives, at the time when all the sorrows are postponed.

***

II.

In the tapestry of existence where darkness and dawn unite,
Seeking apricity all the time,
My tongue, a silent warrior in the battle of speech and hush,
In life’s crucible, where each moment is a trial to brush.
Pain of existence grapples with the instinct to survive,
Death, the veil separating wonder and eternal hive.
Shadows take the shape of my thoughts,
Throwing all the weight on my soul,
They grow longer every time I trudge upon my feet
Trying to catch up -as they say- my dreams,
Confusion wears me out every time choices come to me,
I rummage among all my traces
They disappear whenever I reach
In a place where sight falters, obscured by the unseen,
The missing light, a guide led astray, desires careen.
Malaise envelops, defying my expectations,
It brightens up the life that is written for is a bubble-wrapped from what I have dreamt.

 

Ala’a Sbaih, nata il 26 aprile 2000. Abito a Gaza City, ho studiato letteratura inglese e francese. Faccio parte del of Gaza Theatre Project, e amo scrivere opere teatrali e racconti. Scrivo quando sento il desiderio di sondare il significato delle cose, specialmente quando mi sento in balia della confusione.

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