di Franco Pezzini

“Occorre saper vedere” (Leonor Fini).

Sui social troviamo riproposte le loro opere di continuo. Certo con un rischio di annacquarne l’impatto, ma insieme con la condivisione gioiosa, ironica, giocosa di un’esperienza salutare. Non è un caso: nelle loro visioni c’è una carica di contagiosa libertà, una gioia della fantasia e dell’eros che abbatte le pareti del grigiore borghese e patriarcale, e quando provoca e punge lo fa in piena solidarietà con noi. Questa pattuglia di spiriti liberi è oggi del resto oggetto di continui e appassionati studi. Come quello di cui vado a parlare.

 

In questo saggio abbiamo tentato di ripercorrere gli itinerari di alcune artiste-scrittrici, Leonora Carrington, Leonor Fini, Kay Sage, Dorothea Tanning, Remedios Varo, che si sono avvicinate all’entourage dell’avanguardia fondata da André Breton nel 1924, ma già in nuce nel 1919, tanto da essere state definite surrealiste, anche se alcune hanno preferito porsi a distanza e rinunciare a tale classificazione per testimoniarsi in presenza come figure autonome nell’ambito di una produzione pittorica e letteraria riscoperta recentemente, che ha permesso loro di essere riconosciute come personalità significative per la loro autenticità e autrici originali per la loro sperimentazione nel contesto storico culturale tra gli anni Trenta e Quaranta del novecento e per i relativi svolgimenti nei decenni successivi fino alla scomparsa.

 

Così scrive Alessandra Scappini in uno splendido volume uscito per Mimesis qualche anno fa, 2017 – ma che val la pena riprendere in mano, tanto più dopo una serie di recenti mostre –, Il paesaggio totemico tra reale e immaginario. Nell’universo femminile di Leonora Carrington, Leonor Fini, Kay Sage, Dorothea Tanning, Remedios Varo. Un’ampia panoramica che ripercorre immagini, miti e archetipi di un gruppo di cinque autrici eccellenti, capaci di spalancare ai propri spettatori e lettori paesaggi simbolici e mitici, onirici e inconsci senza restare appiattite da etichette limitanti o posizioni dialettiche rispetto ad avanguardie a loro vicine (il surrealismo in prima battuta). In epoca più recente Mimesis ha dedicato un focus particolare e affascinante a Leonora Carrington, ma il grande pregio dello studio che ora si presenta sta nel tentativo di cogliere nessi e affinità tra un intero gruppo di artiste.

Cominciamo a collocarle nel tempo. Della pattuglia, la britannica Leonora Carrington (Lancaster, 1917 – Città del Messico, 2011) è forse la più nota: compagna (1936-1939) di Max Ernst, rappresenta una figura di straordinario fascino di pittrice e scrittrice. L’argentino-italiana Leonor Fini (Buenos Aires, 1907 – Parigi, 1996), pure pittrice e scrittrice, avrà una vita vivace tra l’orizzonte degli artisti e il bel mondo: per un sito come il nostro, inevitabile pensare alla sua grande serie di tavole dedicate a Carmilla di Le Fanu. Kay Sage (Albany, 1898 – Woodbury, 1963), la più anziana per data di nascita, è forse la meno nota al pubblico pop: pittrice e poetessa statunitense, legata al pittore Yves Tanguy, si ucciderà dopo la morte di lui. Le sue strutture e le eventuali figure che vi alitano presentano un passo piuttosto diverso dai sabba onirici delle colleghe. Dorothea Tanning (Galesburg, 1910 – New York, 2012), pittrice, poetessa e scrittrice statunitense, sarà l’ultima moglie di Max Ernst, e l’ultima a morire tra le cinque artiste. La spagnola Remedios Varo (Anglés, 1908 – Città del Messico, 1963), grande amica di Leonora Carrington, è essenzialmente pittrice, pur lasciando scritti di grande interesse.

Come sempre per sviluppi artistici, ma in particolare quelli aperte alle ragioni del sogno e del simbolo, anche qui appare opportuno un attento esame al periodo della formazione, ai rapporti con l’ambiente familiare e ai conflitti con gli ideali delle cinque: ideali

 

che spesso innescano contraddizioni e conflittualità con il sistema convenzionale, con il perbenismo borghese tipico della classe di appartenenza, [e le conducono] talvolta a combattere contro la scarsa lungimiranza per ancoraggio alle tradizioni e la ristrettezza di vedute che disapprova spesso la scelta di diventare artista come devianza.

 

Si inizia dunque con il capitolo biografico Donne artiste in viaggio (cap. 1). L’infanzia e l’adolescenza come periodi di formazione di autrici eclettiche che in viaggio saranno sempre, dentro e fuori se stesse, nomadi dello spirito con tutte le tensioni, ossessioni e passioni del caso, e che finiranno con l’incrociare la strada di tanti, tantissimi visionari del Novecento.

Una storia che continua attraverso (cap. 2) L’impatto con l’avanguardia surrealista e i luoghi dell’esilio: quando cioè “nel 1937 Leonor, Leonora, Remedios, Kay e poco più tardi Dorothea” incontrano a Parigi gli esponenti del Surrealismo – movimento a dominanza maschile, in riferimento al quale le nostre artiste vengono spesso banalizzate (dalla critica e probabilmente dagli interlocutori) come compagne o amiche in secondo piano dei grandi nomi. L’esperienza induce a domandarsi se la loro sia autentica adesione o un rielaborare a distanza – conducendo le proprie sperimentazioni creative attraverso gli ingredienti di “Automatismo psichico puro, onnipotenza del desiderio, surréel/surnaturel, sogno/veglia, deragliamento di tutti i sensi per l’emersione dell’inconscio”: di fatto non sono interessate alla militanza, pur ritrovandosi su singoli punti, il che rende tanto difficile apporre etichette. “In verità Leonor, Leonora, Remedios, così come Dorothea e Kay non si riconoscono come affiliate all’avanguardia, evitano ogni categorizzazione e configurazione classificatoria, preferiscono essere valutate per la propria individualità, come artiste e donne, ma primariamente come persone, al di là di ogni differenza di genere”.

Inevitabile per quasi tutte un distacco dall’esperienza di Parigi, per quanto variamente modulato, “per alimentare il proprio percorso e intraprendere in seguito l’esperienza di migranti al momento dello scoppio del secondo conflitto mondiale”. Qualcosa che non si esaurisce in prospettiva di libertà, ma vede un arricchirsi della sperimentazione creativa, nel passaggio da Parigi a un Nuovo, Nuovissimo mondo. Dove le stazioni sono Esiti dell’avanguardia tra la fine degli anni Trenta e gli inizi dei Quaranta (Il sogno di Parigi di Leonor Fini, incubato già dai tempi di Trieste agli inizi degli anni Trenta; L’esperienza sotterranea di Leonora Carrington, con la “sua discesa agli inferi per riassumere consapevolezza”; L’‘amore sublime’ di Remedios Varo, con la sua tensione a una trasformazione alchemica interiore); poi Il trasferimento a New York, Città del Messico, Sedona (Il nuovo continente e il richiamo del Messico, vissuto come “magia, archetipo, oggetto totemico, na­tura naturans”; L’ambiente di Città del Messico per Leonora e Remedios, coi

 

loro giochi sul cadavere squisito tipicamente surrealista, per cui trascorrevano ore a narrare o leggere le proprie storie una di seguito all’altra senza relazioni logiche, ‘provocandosi’ a vicenda effetti di spaesamento, o gli accostamenti di cibi in modalità inconsuete, simili alle ricette magiche, come in occasione della visita del cineasta Luis Buñuel, tingendo la tapioca nel nero di seppia, aromatizzato in brodo di pesce e servito come caviale, tanto da provocare sogni erotici e visioni, similmente a Salvador Dalí che conia il metodo della paranoia critica;

 

La scelta dell’Arizona per Dorothea Tanning, a Sedona con Max Ernst; Un Salon da mecenati per Kay Sage); e relativi Casi di studio/ Studio di casi (in questo caso due ma emblematici, Il ritorno dagli inferi. Down Below di Leonora Carrington, il suo impressionante “vedere attraverso il mostro”, e Sogno e opera. Una ricetta per sogni erotici di Remedios Varo, con ricette dagli accostamenti surreali o piuttosto casuali, non senza una spaesante dose d’ironia).

“Esaminando l’universo pittorico di Leonor o Leonora, di Remedios o Dorothea o Kay, un osservatore può chiedersi se il loro è un approdo al fantastico o all’onirismo psicanalitico.”. E qui inizia una parte di analisi più stretta, prima su (cap. 3) Il metamorfismo organico come segno di trasformazione e trasmutazione (Animalia, “Simboli di un mondo interno che assume forme archetipiche, totemiche, raffigurano ossessioni, tensioni, conflittualità che ricorrono negli stati onirici, come a risvegliare le pulsioni più intrinseche che rimangono nascoste nello stato di veglia e invece si liberano nel sogno”: la sfinge, il gatto, il gufo, il cavallo e la iena, il cane, l’ ibridazione) e altri Casi di studio/Studio di casi (tre: Un viaggio nel meraviglioso. Murmur fiaba per bambini pelosi di Leonor Fini, dove emerge la sua passione per i gatti; Il desiderio di libertà. La débutante e Self-Portrait di Leonora Carrington, con le presenze surreali di una iena e l’icona del cavallo; Un presagio della barbarie. L’oiseaux en péril di Dorothea Tanning, in cui “la figura totemica dell’uccello svela la doppiezza della natura umana”).

Poi (cap. 4) L’eterno femminino nell’immaginario surrealista (la donna musa, la veggente, gli stati di follia e isteria, la congiunzione degli opposti: corpo e anima, il doppio alchemico e la conoscenza, la bellezza convulsiva, erotismo e stato di estasi per Georges Bataille e André Breton, e il portato di tutto ciò consegnato alle cinque artiste) con un singolo Caso di studio/Studio di caso (La bellezza convulsiva. Nadja di André Breton).

Quindi (cap. 5) un’ampia sezione su Il processo alchemico come via per la conoscenza e il volo cosmico nell’immaginario. Che sviscera i temi de L’alchimia per i surrealisti; Il laboratorio alchemico: la cucina come luogo rituale, particolarmente per Carrington e Varo; Alchimia e religione; La metafora del viaggio come exemplum nell’opera di Remedios Varo (L’individuazione attraverso separazione, iniziazione e ritorno; L’alchimista come figura di grande maestro e poeta innamorato; L’attraversamento della soglia con accesso alla realtà superiore; L’iniziazione. L’incontro con la Grande Madre, attraverso l’identificazione della figura femminile nella “dea che dovrebbe conoscere lungo il cammino, come alter ego e doppio di sé, così da proseguire la sua avventura mettendo a fuoco le proprie qualità per terminare l’itinerario con successo”; La tentazione come rischio deviante; La riconciliazione con il padre, in una tragicomica smitizzazione del complesso di Edipo; Apoteosi e stato di grazia, dove “l’eroina giunge alla conoscenza superando la dualità tra bene e male, amore e odio, maschile e femminile, attraverso la riconciliazione con il Tutto, nella totalità”; La visita e la sosta dei viaggiatori nel loro percorso iniziatico; L’androgino e il ritorno); Il viaggio come scoperta del meraviglioso nell’opera di Leonor Fini; Viaggio immaginario e volo cosmico (Infinito spaziale e temporale; La sospensione spazio-temporale, dove “il ‘pellegrinaggio’ compiuto dai personaggi delle opere di Remedios diventa una spedizione scientifica in cui utilizzare strumenti alchemici, come se alitassero in un’aura metafisica”); e relativi Casi di studio/Studio di casi (Un caso di trasmutazione alchemica. The Hearing Trumpet di Leonora Carrington, con l’avventura surreale di recupero e restituzione del Graal alla dea; [El cuerpo grasoso] di Leonora e Remedios tra libertà e divertissement, bozza non conclusa di opera teatrale).

 

In verità l’aspetto più importante in questa edificazione di sé è l’energia traboccante propria del desiderio in potenza che, trasformandosi in atto, non solo può scalfire le pareti, ma anche valicare le montagne, attraversando gli spazi di un universo immaginario senza limiti e senza tempo.

La sospensione temporale e l’infinito spaziale del meraviglioso interrompono i canoni del reale garantendo nel continuum il volo cosmico poiché la ricerca sopravvive nel tentativo di giungere alla congiunzione armonica dell’io con l’anima mundi.

 

Il successivo cap. 6, Essere donna, affronta la specificità femminile di queste autrici, con “la volontà di affermarsi primariamente come persona e di rivendicare il diritto alla differenza” (compresa Kay, “nelle cui opere quasi non appaiono figure femminili, poiché si basano sull’assenza del soggetto, anche se diventano oltremodo esempi del suo processo di costruzione interiore”).

Anche a fronte del peso della figura femminile nell’immaginario dei surrealisti, si riflette su una serie di sviluppi e divergenze dai parametri consueti: Paradigmi e simbologie femminili; Natura naturans; Artiste della rivolta; L’immaginario panerotico di Leonor Fini (Figure enigmatiche; Emblemi e corrispondenze analogiche; La donna-uovo; Matriarcato e androginia; Lo specchio; Femminile e maschile, principio ctonio e uranio; L’estetismo); Immaginario e liminale nell’universo di Leonora Carrington (Magia o mistero?; Il femminismo); La visione oracolare di Remedios Varo (Filare e tessere; Il Minotauro al femminile; La donna luna e la tentatrice); Il valore di sé come persona per Dorothea Tanning (Le femme-enfants; Lo sguardo del bambino; Lo specchio dei desideri; Il potenziale del corpo; L’estasi e l’ansia; La vulva: fertilità e eros); Il desiderio di costruzione di Kay Sage (L’edificazione di sé; Gli obelischi dell’inconscio; La torre dei desideri; Conflitti interiori e decostruzione; Per un’ipotesi al femminile?).

Il conclusivo cap. 7, Humour noir objet totémique e melting pot,

 

si cala nel carattere di queste figure femminili che campeggiano nelle opere in forme larvali, parvenze, come femme-enfants o donne uovo, divinità ctonie o ibridi per estrapolare dalle facce dell’Erma bifronte il comico e il tragico quotidiano, per cui nel paesaggio surreale, tra reale e immaginario, territorio del meraviglioso, emerge il grottesco, l’humour noir in taluni casi, che diventa un altro termine di confronto con l’avanguardia surrealista, ma che si caratterizza assumendo inflessioni e declinazioni diverse nel percorso delle nostre

 

con connotazioni peculiari della cifra dell’eccesso come un umorismo sadico e cinico, e poi

 

Terribilità, […]  ferocia, aggressività, poiché le energie belluine scattano a petto di circostanze che sembrano accanirsi contro l’individuo, che destano campanelli d’allarme o pongono barriere irremovibili, considerando in ogni caso sempre la possibilità di tentare e trovare una via d’uscita risalendo dagli inferi.

Proprio l’opposizione, il contrasto per esprimere il paradosso diventano figure retoriche come l’antitesi o l’iperbole prevalenti nel loro linguaggio pittorico e letterario che deborda talora dai canoni convenzionali per prediligere la contaminazione, l’ibridazione, la mescolanza, per cui una molteplicità di elementi compositivi e simbolici spicca nelle loro creazioni diventando esempio emblematico di curiosità per culture e identità diverse.

 

Per cui il capitolo inanella anzitutto L’humour noir surrealista (Humour nel paesaggio fantastico/surreale delle cinque autrici e Casi di studio/Studio di casi: cioè Humour noir nella raccolta La dame ovale di Leonora Carrington e L’Homo Rodans di Remedios Varo); poi Gli oggetti emblemi nell’universo delle cinque (Il potere immaginifico e salvifico degli oggetti; Presenze totemiche non solo oggetti; Oggetti natura); e in ultimo Sincretismo o melting pot? (Ibridazioni; Nomadismo di vita e di cultura; un Caso di studio/Studio di caso, su Un mix di culture e conoscenze. El mundo mágico de los Mayas di Leonora Carrington)

La trattazione strutturalmente fluida propone

 

uno svolgimento per confronti talora anche contrastivi e per corrispondenze analogiche, individuando consonanze e dissonanze, rispettando per quanto possibile il dinamismo come componente fondamentale della loro esperienza esistenziale e creativa

 

dove la presenza di casi di studio offre approfondimenti e focus. Seguono Conclusioni:

 

sia Leonor che Leonora, Kay, Dorothea, Remedios espri­mono nelle loro creazioni pittoriche e letterarie un universo tote­mico che pullula di presenze simboliche, proiezioni di un mondo interiore che si riflette nella scena quotidiana spaziando oltre nei sentieri sconosciuti ma percorribili del meraviglioso alimentato dall’onnipotenza del desiderio.

Totem individuali che corrispondono alle proprie ossessioni e tensioni, inquietudini e passioni, assumono talora un valore protettivo e liberatorio, addirittura aggressivo per il loro potere energetico, in forma animale o sciamanica, totem comunitari o di gruppo che rispecchiano credenze, usi, valori di una comunità e di una civiltà, configurandosi in deità mitiche o oggetti rituali, campeggiano come apparizioni archetipiche nei territori dell’immaginario e rifluiscono nel magma interiore per riemergere ogni volta che l’individuo vive o rivive una situazione. La presenza anche di un solo nuovo elemento comporta il risveglio del rimosso, che sopraggiunge in superficie, superando lo stato di soglia, per cui pensieri, desideri, frammenti mnestici ricompaiono iterandosi come emblemi nel paesaggio fluido del meraviglioso, nel passaggio continuo tra sonno e veglia, realtà e immaginazione.

 

E in ultimo una ricca, preziosissima Bibliografia.