di Paolo Lago

Marco Marmeggi, Il respiro del dinosauro. Fuga da Lipari, Giunti, Milano, 2023, pp. 252, euro 16,00.

L’isola, in letteratura, ha spesso assunto connotazioni utopistiche e fantastiche, anche in virtù di essere uno spazio nettamente separato dal resto del mondo: basti pensare all’isola di Circe del racconto omerico o a quella volante di Laputa, dove si reca il protagonista dei Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, episodio che ispirerà Hayao Miyazaki per un suo lungometraggio del 1986. Più di un secolo dopo, Guido Gozzano, in una poesia che a sua volta ispirerà Guccini per un suo album del 1970, canterà “l’Isola non trovata” che “si annuncia col profumo, come una cortigiana” e che “rapida si dilegua come parvenza vana, / si tinge dell’azzurro, color di lontananza”. L’isola è però sia un’utopia che un’eterotopia, per usare un termine coniato da Michel Foucault: come già accennato, si tratta di uno spazio completamente separato da ciò che lo circonda, che vive di per sé, con regole proprie, regolato da un tempo che è diverso da quello ‘normale’ e quotidiano. Uno spazio circondato dal mare, un’azzurra distesa solcata dalle navi che, secondo il filosofo francese, sono altri esempi perfetti di eterotopie, scrigni di sogni e d’avventura che fanno varcare inesplorati confini all’immaginazione. Il mare affascina ma, fin dai tempi antichi, inquieta anche, e terribilmente, poiché è simbolo di perdita del sé e perfino di follia: è il “liquido grondante” – per citare ancora Foucault – che si oppone alla “rocciosa ragione”.

L’isola come eterotopia e come spazio utopico nonché il mare come “un territorio ingannevole e meraviglioso” li incontriamo nel recente romanzo di Marco Marmeggi, Il respiro del dinosauro. Fuga da Lipari. Negli ultimi momenti narrativi, il protagonista Michele, un bambino di dieci anni che vive a Lipari, riflette sulla spazialità dell’isola:

L’isola era una condizione geografica su cui non aveva mai riflettuto, ma, si accorse, aveva caratteristiche uniche che la rendevano qualcosa di diverso dai paesi della costa. Cercò la sintesi di quel pensiero e stabilì che il centro della questione fosse determinato proprio dal mare che lui amava tanto.
Un territorio ingannevole e meraviglioso. Definiva i confini con precisione, ma quella linea era così grande ed estesa da ingannare chiunque. Il mare illudeva di poter vedere lontano, ma in realtà costringeva la gente dell’isola a guardarsi le spalle, verso la terra, l’unica in grado di promettere qualcosa che loro potevano realizzare davvero.

Ma nel romanzo di Marmeggi c’è molto di più: lo spazio eterotopico dell’isola di Lipari si riveste di connotazioni resistenti perché la storia è ritagliata all’interno di un tempo storico ben preciso. Siamo nel 1929 e a Lipari si trovano confinati molti oppositori del regime fascista. Fra di essi c’è anche Emilio Lussu, chiamato nel romanzo “l’onorevole” o, dall’ottica di Michele, “il signor Emilio”, che sta progettando la sua rocambolesca fuga insieme ad altri antifascisti di spicco come Carlo Rosselli e Francesco Nitti. L’incontro con Lussu segnerà per sempre l’esistenza del piccolo protagonista che maturerà idee di libertà in netta opposizione con gli ideali e le violenze fasciste.

Se la figura del politico e intellettuale antifascista al confino ci può far venire in mente diverse opere della letteratura italiana del Dopoguerra (ricordiamo soltanto Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi), il romanzo di Marmeggi, come il mare che circonda l’isola, si apre però verso i liberi territori dell’immaginazione per cui l’Emilio Lussu che ci viene raccontato è sì il personaggio storico ma appare rivestito di connotazioni quasi fantastiche. Lussu e gli altri antifascisti confinati diventano il simbolo di un immaginario resistente che attraversa qualsiasi epoca storicamente definita. Si potrebbe pensare, allora, agli antifascisti confinati a Ventotene che ci racconta Wu Ming 1 in La macchina del vento (2019), in cui la spazialità dell’isola si trasforma in una vera e propria fantastica eterotopia di resistenza. La figura di Lussu, guardata dal piccolo Michele, assume quasi le connotazioni di un antico eroe, un coraggioso cavaliere che si batte per la libertà. E allora non può che trasformarsi in un esempio da seguire, tenace, saggio e coraggioso maestro di libertà. Infatti, il romanzo mette in scena una vera e propria formazione: Michele, grazie al “signor Emilio” e a Bruna, una ragazzina di Parma che si trova a Lipari perché figlia di un altro oppositore del regime, raggiunge una sua autonoma presa di coscienza chiaramente antifascista. Il respiro del dinosauro è perciò anche un romanzo da far leggere nelle scuole, capace di liberare un immaginario resistente più che mai necessario in questa contingenza sociale e politica in cui, dagli stessi detentori del potere, viene attaccata e stigmatizzata qualsiasi esistente e viva ‘diversità’ non conforme ad una presunta ed inesistente ‘italianità’.

La Lipari raccontata da Marmeggi assume perciò anche connotazioni utopistiche, come un territorio incantato. È lo spazio di sogno in cui un ragazzino compie le sue prime scoperte e comincia il suo difficile percorso di formazione. Ma se Arturo, il protagonista de L’isola di Arturo (1957) di Elsa Morante, vive in un mondo incantato dominato dalla figura di un padre che, in maniera deludente, non rispecchia le mitiche aspettative del suo sguardo fanciullo, Michele (forse allora più simile al Pin del Sentiero dei nidi di ragno di Calvino) è segnato dalla lontananza del padre, anch’egli antifascista, emigrato in Australia e, soprattutto, dalle figure del “signor Emilio” e di Bruna, nei confronti della quale prova un’attrazione alla quale cerca di dare il nome di amicizia. Sullo sfondo, Lipari è uno spazio al contempo ‘mitico’ e realistico: è mitico, perché nella magia dei suoi tramonti, nel freddo pungente di un inverno segnato addirittura da una nevicata, nelle sere d’estate sul mare e nel brullo entroterra, è reso appunto magico dallo sguardo sognante del protagonista, immerso in un’infanzia che si sta mutando in adolescenza; è realistico perché attraversato dalla violenza tangibile del regime, coi miliziani che fanno la guardia ai confinati che non sono poi tanto diversi dai detenuti (non dimentichiamo che lo stesso spazio isolano si configura allora anche come un carcere a cielo aperto), le violenze feroci e gratuite (come l’uccisione di un cane e il pestaggio del detenuto che di esso si prendeva cura), gli slogan urlati di una roboante e prepotente ideologia che trovano una sintesi perfetta nel personaggio di “Testa di Legno”, un bambino figlio di un personaggio di spicco del regime, raffigurazione del perfetto fascista in erba (un personaggio che inevitabilmente assume anche connotazioni buffe e ridicole).

Comunque, rispetto alle crude connotazioni realistiche, la Lipari del romanzo sembra attraversata da un alone di magia e di mistero, tanto più se pensiamo che nell’immaginazione di Michele assume le connotazioni di un gigantesco essere vivente, un enorme dinosauro appunto, di cui il personaggio riesce a percepire il “respiro”. L’isola, nel travestimento sognante attuato dallo sguardo di Michele, è anche il territorio fantastico dell’avventura poiché su di esso, forse, è nascosto il “tesoro della Bella Diana” che cercherà insieme a “Testa di Legno” e a un “bambino dalla maglietta bianca” il quale, proprio grazie a Michele, maturerà anch’egli un ideale antifascista. Lo sguardo dell’autore, allora, pare rivolto a un filone avventuroso che definire semplicemente ‘per ragazzi’ sarebbe un errore: mi riferisco in particolare all’Isola del tesoro (1883) di Robert Louis Stevenson.

Però, in fin dei conti, Michele si rende conto che “il tesoro della Bella Diana” è soltanto un inganno ben architettato nel quale può cascare solo un sempliciotto ottuso come “Testa di Legno”. Piuttosto che cercare il tesoro, allora, è ben più importante correre al porto, nella notte estiva, per aiutare il “signor Emilio” nel suo piano di fuga (i cui dettagli certamente qui non intendo svelare). Rispetto alla pura e fantasiosa utopia del tesoro, Michele sceglie un’altra utopia che ha radici ben solide e reali: la lotta e la resistenza al fascismo. Ed è così che matura e cresce la sua progressiva presa di coscienza: la Storia penetra nell’universo incantato del mito. Anche se Michele continuerà a vivere nello spazio utopistico e mitico dell’isola, sarà una vita segnata dalla consapevolezza e da un irrefrenabile desiderio di capire sé stesso e la realtà sociale e politica che lo circonda. Insieme ad un altrettanto irrefrenabile desiderio di libertà.