di Gioacchino Toni

Gianluigi Negro, Le voci di Pechino. Come i media hanno costruito l’identità cinese, Luiss University Press, Roma, 2022, € 20,00 cartaceo, € 11,99 ebook

Nell’affrontare il ruolo dei media nella costruzione dell’identità nazionale cinese, Gianluigi Negro procede de-occidentalizzando lo studio storico della comunicazione così da restituire la specificità cinese caratterizzata da una peculiare opera di negoziazione tra politica, economia e società. Oltre a evidenziare come i vari media – stampa, cinema, televisione, Internet – si influenzino reciprocamente, l’autore si preoccupa di mostrare la persistenza dei vecchi mezzi di comunicazione di massa nei nuovi ambienti mediali.

Negro sottolinea anche come il contesto cinese non consenta una totale sovrapposizione del concetto occidentale di medium o di strumenti tecnologici; la radio, ad esempio, in questo Paese vanta modalità di diffusione e ricezione diverse rispetto a quelle occidentali, visto che, a lungo, anziché ad apparecchiature domestiche si è fatto ricorso ad altoparlanti collocati in luoghi pubblici tanto nelle realtà rurali quanto in quelle urbane.

Lo stesso temine comunicazione ha, in tale Paese, una sua storia del tutto peculiare che ha conosciuto un cambiamento radicale a partire dalla formazione del Partito comunista con le sue specificità propagandistiche. Diversa, rispetto all’Occidente, è anche l’autonomia del sistema mediatico come industria o professione, visto che questo, anche in presenza di un sistema aperto all’economia di mercato, resta in buona parte assoggettato alla politica e all’ideologia pur all’interno di un complesso sistema di relazioni fra Partito e società e tra interno ed esterno del Paese. L’analisi del sistema mediale cinese deve poi fare i conti con un esercizio del potere che, storicamente, si è dispiegato come processo comunicativo costantemente segnato da una retorica nuovista.

Negro affronta dunque la rilevanza dei media nella costruzione dell’identità nazionale cinese prendendo in esame quattro fasi principali: stampa e radio (1949-1977), televisione e cinema (1978-2007), Internet (2008-2014) e convergenza (2015-2022). Tali fasi sono individuate dallo studioso non tanto facendo riferimento all’evoluzione storica dei diversi media, quanto piuttosto al loro specifico contributo alla costruzione dell’identità nazionale.

Se cinema e televisione si sono rivelati mezzi di supporto fondamentali alla transizione verso un sistema indirizzato a dinamiche di mercato, alla formazione di una classe media e all’apertura a immaginari e capitali stranieri, Internet e l’attuale sistema della convergenza si rivelano fondamentali nella costruzione identitaria di quella “nuova Cina” che, a partire dalla metà degli anni Dieci del nuovo millennio, si è posta l’obiettivo di divenire una “forte cyberpotenza”.

Nevralgica per il nuovo corso si è rivelata la riformulazione delle relazioni tra sistema mediatico e finalità ideologiche avvenuta nel corso degli anni Novanta del secolo scorso in un contesto di progressiva apertura alle logiche e agli immaginari di mercato. Tale trasformazione ha sancito, secondo Negro, il passaggio da una comunicazione politica esplicitamente propagandistica a una forma votata piuttosto a un’attività di analisi e persuasione dell’opinione pubblica. A tal proposito lo studioso individua alcuni programmi trasmessi dall’emittente di stato Cctv che, nel corso degli anni Ottanta e Novanta, hanno segnato importanti punti di svolta in tal senso.

La trasmissione satellitare su base planetaria – in cinese, spagnolo, france e inglese – della prima Serata di Gala del Capodanno Cinese, a partire dal 1983, ha proiettato l’immagine del Paese – esposta come sintesi di tradizione e innovazione tecnologica – su scala internazionale raggiungendo, nel 2014, ben 900 milioni di telespettatori, ottenendo così il record mondiale di ascolti e di valore commerciale.

Il documentario televisivo in sei puntate Elegia del fiume (1988) prodotto e messo in onda dalla Cctv, con i suoi 200 milioni di telespettatori, si è rivelato un importante prodotto transmediale del periodo delle riforme.

La serie propone infatti una storia della Cina alternativa che mette in luce il carattere conservatore, oscurantista e poco incline al cambiamento della civiltà cinese attraverso una serie di metafore. In effetti, il documentario, anziché mettere in risalto i valori patriottici e socialisti, aveva come obiettivo la creazione di un dibattito intellettuale che riflettesse sulla capacitò della nazione di abbracciare un processo di apertura al mondo e di globalizzazione di fatto già in atto in quegli anni (p. 93).

Un terzo evento che ha sancito un punto di svolta importante nel processo di transizione televisiva cinese è individuato dallo studioso nella serie televisiva in cinquanta puntate Speranze andata in onda un anno dopo le manifestazioni e la repressione del 1989 di piazza Tian’anmen. La serie sancisce un evidente cambio di rotta nella strategia statale di promozione dei valori socialisti scegliendo di non focalizzarsi su personaggi-modello ma di seguire le vicende di persone comuni alle prese con i loro problemi sentimentali e professionali in linea con i cambiamenti storici e sociali del paese negli ultimi decenni.

«Speranze può essere considerata a tutti gli effetti la prima soap opera cinese in grado di incarnare l’immaginario di una nazione»; con tale serie «la Cctv sospende il suo ruolo esclusivamente didattico caratterizzato da fini propagandistici per lasciare spazio ad un racconto più attento agli aspetti privati della popolazione». Speranze inaugura una nuova ritualità che vede milioni di telespettatori sintonizzarsi per assistere agli sviluppi delle vicende narrate generando discussioni, dibattiti e scambi di idee sulla quotidianità messa in scena sviluppando nuove forme di socialità, insomma, sostiene Negro, «l’avvento delle soap opera in Cina ha prodotto non solo un nuovo registro narrativo, ma ha anche contribuito alla nascita di nuove espressioni sociali» (p. 95).

Un quarto evento televisivo che ha avuto un ruolo importante nel dare immagine alla “nuova Cina” è ravvisabile nella trasmissione in diretta della formalizzazione del passaggio di Hong Kong da protettorato inglese a regione amministrativa speciale della Repubblica popolare cinese il I° luglio 1997. La portata simbolica dell’evento e il livello tecnologico-mediatico raggiunto, esibito con le 72 ore di trasmissione, si sono rivelati del tutto funzionali a celebrare la potenza cinese all’interno e all’esterno del paese.

Le coperture televisive di eventi come la cerimonia inaugurale della costruzione della diga delle tre gole nel 1997, l’apertura delle olimpiadi di Pechino nel 2008, il lancio della missione spaziale Shenzhou 13 nel 2021, hanno certamente contribuito al processo di costruzione dell’identità cinese.

In effetti, la sceneggiatura, la produzione ma soprattutto la trasmissione di una serie di programmi televisivi hanno contribuito a determinare sia alcuni cambiamenti sociali tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Duemila che i cambiamenti a livello di abitudini nella fruizione degli stessi spettacoli televisivi […] In questo processo, emerge la capacità del nuovo sistema televisivo di sostenere, attraverso i prodotti televisivi qui citati, un particolare modello di modernità basato su un’altrettanta particolare versione di capitalismo capace di assecondare un insieme di valori statali orientati al profitto e alla prosperità tanto da riflettere a pieno la teoria costitutiva del “socialismo con caratteristiche cinesi” sostenuta dalla leadership di Deng Xiaoping (pp. 96-97).

Oltre a ricostruire le tappe che hanno scandito lo sviluppo di Internet in Cina, tanto dal punto di vista infrastrutturale e tecnologico quanto da quello delle strategie politiche di controllo e indirizzo del dibattito sulle piattaforme digitali – si pensi ad esempio al sofisticato sistema di limitazioni tecnologiche “Great Firewall” (palese metafora di una moderna Grande Muraglia posta a difesa del Paese) e alle forme di autocensura messe in campo dagli stessi siti per non incorrere in pesanti sanzioni –, Negro ne evidenzia la centralità nella modernizzazione dei sistemi produttivi, nella spinta al consumo e nel rafforzamento di un immaginario votato a un ruolo egemone della Cina a livello internazionale. Le conseguenze del “nazionalismo digitale” promosso dalla politica cinese ha risvegliato o consolidato valori identitari o nazionalisti, evidenziando il carattere transazionale di Internet.

Celebrata con toni nazionalistici e rivolta a una narrazione interna, la creazione di una “forte cyberpotenza” cinese contribuisce da una parte a rinnovare la propria idea di Stato sviluppista continuando a forgiare una nuova identità nazionale, dall’altro a consolidare la relazione con il sistema economico globale attraverso le proprie connessioni transnazionali, i flussi di informazione globale, il capitale finanziario e umano (p. 118).

Negro si sofferma anche su come lo sviluppo di Internet abbia comportato una difficile dialettica tra forme di “autoritarismo frammentato” e “autoritarismo centralizzato”, in tutti i modi votate al mantenimento della stabilità politica.

Se durante il periodo di transizione delle riforme economiche, con lo sviluppo del sistema televisivo e cinematografico, si è assistito a una funzione che affiancava l’idea di cittadini da formare ideologicamente a quella di audience da monitorare anche dal punto di vista commerciale e pubblicitario, in questa fase la situazione sfocia in una nuova funzione visto che anche i cittadini hanno la possibilità di creare contenuti mediali (p. 123).

La necessità di accentrare la supervisione dei contenuti online e la gestione degli aspetti normativi, amministrativi e tecnici, risponde alla necessità di alimentare attraverso i media una narrazione nazionale forte e credibile sia per i propri cittadini che sul piano internazionale.

Quanto sviluppato da Internet è inevitabilmente confluito nell’attuale sistema della convergenza mediale che ha saputo non solo operare una sintesi contenutistica e tecnologica tra nuovi e vecchi media ma anche modernizzare il processo di nation building.

Gianluigi Negro si è insomma proposto di rendere la Repubblica popolare cinese più comprensibile agli occidentali attraverso lo studio dei suoi mass media, mostrando in particolare come, nel corso della sua storia, tale Paese abbia saputo sperimentato nuove tecnologie e forme di comunicazione con la ferrea intenzione di rafforzare un’identità nazionale in continua evoluzione all’interno di un complesso contesto in cui si intrecciano controllo della popolazione, necessità di mercato, valori socialisti, omologazione e spinte identitarie.