di Franco Pezzini

Giorgio Bona, La lacrima della giovane comunista, pp. 177, € 15, Arkadia, Cagliari 2022.

Cominciamo da un dettaglio apparentemente paradossale. La lacrima della giovane comunista che offre titolo a questo bel romanzo di Giorgio Bona è un cocktail dalla ricetta almeno losca, ma diciamo francamente tossica, per bevitori disperati (basti dire che tra gli ingredienti, oltre la vodka, contiene shampoo antiforfora, lacca per capelli e unghiolina): un mix che la dice lunga su tutta una realtà spuria e intossicante descritta in queste pagine. Ma la tristezza in quel nome sottesa corre per tutto il testo – e questo si può dire senza spoilerare.

In Italia il nome di Venedikt Vasil’evič Erofeev (1938-1990) non è molto noto al grande pubblico. Della sua produzione, seminata in una vita tragicamente inquieta, tre edizioni sono più o meno disponibili solo dell’opera maggiore Moskva-Petuškì (Москва-Петушки, 1973), circolata in Unione Sovietica per la prima volta nel 1970 come samizdat e poi pubblicata, in russo, in Israele nel 1973: cioè Mosca sulla vodka, Feltrinelli, 1977, 2004; Tra Mosca e Petuški, Fanucci, 2003; e in ultimo Mosca-Petuškì: poema ferroviario, traduzione di Paolo Nori, Quodlibet, 2014. In tempi più recenti, ad arricchire il quadro è apparso Memorie di uno psicopatico (Записки психопата, 1956-58, redatto dopo l’espulsione dell’autore dalla facoltà di lettere), Miraggi edizioni, 2017. Ma rispetto alla quantità delle opere materialmente scritte da Erofeev, gran parte delle quali probabilmente perdute per sempre, si tratta di una porzione molto contenuta.

Non è strano dunque il magnetico interesse provato dalla voce narrante del romanzo, un docente universitario dell’Ateneo del Piemonte Orientale, all’offerta di un funzionario consolare russo, tal Viktor Demanenko, che sul punto di tornare in patria evoca promettenti possibilità di porre mano su materiali di quell’autore, non riabilitato – a differenza di tanti altri – dal nuovo corso. Il Nostro parte così per una Russia che nell’epoca immediatamente successiva alla Perestroika dimostra solo molto superficialmente un mutare di tempi. Con parecchia determinazione e altrettanta ingenuità il protagonista dovrà presto rendersi conto che a dispetto della sopravvivenza di truci apparati di polizia e orrendi funzionari che li utilizzano, tutto in Russia si vende: corpi e anime, a voler ricordare la profezia di Bulgakov sull’inatteso Visitatore a spasso per Mosca. Con la differenza che di comunismo in giro ora non se ne vede più neanche un grammo.

Sperduto nel dedalo di un labirinto che lo condurrà molto vicino all’ormai defunto scrittore, con la sensazione di essere continuamente sorvegliato, il professore finisce alla deriva di contatti umani untuosi e incerti, di notti di sesso retribuito in modo più o meno esplicito, di storie squallide o invece tragiche che gli renderanno chiaro il senso di esplosione psichica patito da Erofeev e dal suo piccolo mondo. L’evocazione d’ambiente di tutta una società in decomposizione e in caduta libera sul piano dell’identità, tra ricordi tragici e un presente ostentato di brutalità poliziesca, è condotta bene, con ombre nostalgiche per dimensioni affascinanti di un’altra Mosca del passato ed echi di una grande cultura in ostaggio di burocrati e piccoli profittatori. Quanto alle lacrime, ne troverà fin troppe – anche tragicamente genuine.

Tra le opere dell’autore Giorgio Bona, i romanzi Sangue di tutti noi (Scritturapura, 2012), ricostruzione dell’omicidio del dissidente comunista Mario Acquaviva, Le cicale cantano nel nostro silenzio (A&B Editrice, 2019) e Da qui all’eternit (Scritturapura, 2021), sulla vicenda dell’amianto di Casale Monferrato.