di Luca Cangianti

Vladimiro Giacché, Filosofia dell’Ottocento. Dall’Idealismo al Positivismo, Diarkos, 2022, pp. 594, € 26,00 stampa, € 12,99 ebook.

Mai quarta di copertina fu più adeguata a esprimere lo spirito e le ragioni di un’opera come Filosofia dell’Ottocento. Dall’Idealismo al Positivismo. Le parole sono quelle di Hegel: «Il patrimonio di razionalità autocosciente che oggi ci appartiene non si è sviluppato soltanto dal terreno del presente. Esso è essenzialmente un’eredità. La nostra attuale filosofia è il risultato del lavoro di tutti i secoli».
L’autore del libro, Vladimiro Giacché, che conosciamo per le sue opere di storia ed economia (una fra tutte: Anschluss. L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa) nasce come filosofo e a ben vedere non ha mai smesso di esserlo, anche occupandosi di flussi monetari, guerre e imperialismi. Questo suo ultimo lavoro è molto di più di uno dei tanti manuali in cui i sistemi filosofici vengono giustapposti a freddo, quasi fossero reparti di un manicomio prima della legge 180. Giacché tratta con grande fluidità i pensatori dell’Ottocento immergendosi nel loro lessico e nel loro orizzonte intellettuale. Ciò nonostante nell’introduzione dichiara apertamente il senso “politico” della sua operazione: la storia della filosofia è un antidoto potente contro la velenosa e diffusa credenza che allo stato presente delle cose non vi sia alternativa; essa ci offre una profonda conoscenza del presente insieme a molti altri scenari diversi e devianti, «Strade iniziate e interrotte» che in alcuni casi potrebbero perfino essere riprese.

Il volume – cui ne seguiranno altri – prende le mosse da un evento storico, la Rivoluzione francese, e da un processo, la dissoluzione del sistema kantiano. Vengono così spiegati i sistemi filosofici di Fichte, Schelling, Hegel e i rispettivi tentativi d’individuazione di principi assoluti del sapere capaci di abbracciare la realtà nel suo complesso. Di contro alle metafore meccaniche del Settecento emergono spiegazioni teleologiche improntate alla complessità e all’organicità.
Si tratta degli ultimi tentativi di dare alla filosofia un volto sistematico, poi tali ambizioni titaniche entrano in crisi: le costruzioni di Schopenhauer, Kierkegaard e Feuerbach, pur nella loro eterogeneità, sono sia causa che effetto di tale processo dissolutivo. Parallelamente il pensiero scientifico moderno sviluppa un sapere basato sull’esperienza con un conseguente scetticismo riguardo all’utilità di un’indagine sull’essenza delle cose. Le cosmologie positiviste di Comte, Mill e Spencer trovano grande diffusione anche oltre i circoli specialistici, senza tuttavia evitare di ritornare «a quelle concezioni ingenue del rapporto tra pensiero e realtà la cui critica da parte di Kant aveva dato avvio ai dibattiti filosofici idealistici e romantici.»

Filosofia dell’Ottocento è un libro rivolto sia a chi ha formazione filosofica, sia a chi desidera approfondire – anche con un sano godimento nella lettura – la storia dei sistemi di pensiero umani. A tal fine, oltre al linguaggio chiarissimo, contribuiscono al successo del progetto: la suddivisione dei capitoli in paragrafi brevi, la selezione di letture commentate e di brani critici, l’inclusione di poeti (Hölderlin, Goethe, Leopardi), letterati (Mazzini) e scienziati (Darwin) che permettono una trattazione del pensiero filosofico calata nella ricchezza e nella complessità del tempo.