di Giorgio Bona

I dreamed I saw Joe Hill last night,
Alive as you or me
Says I, “But Joe, you’re ten years dead,”
“I never died,” says he
“I never died,” says he

[…]
“The copper bosses killed you, Joe,
They shot you, Joe,” says I.
“Takes more than guns to kill a man,”

 

Ho sognato di aver visto Joe Hill la scorsa notte,
Vivo come te o me
Gli dico, “Ma Joe, sei morto da dieci anni,”
“Non sono mai morto”, dice lui
“Non sono mai morto”, dice lui
[…]
“I boss del rame ti hanno ucciso, Joe,
Ti hanno sparato, Joe,” dico io.
“Ci vogliono più delle armi da fuoco per uccidere un uomo”

 

Era il 24 luglio 1970, quando Joan Baez all’arena civica di Milano aveva appena cantato Love is Just a Four-Letter Word di Bob Dylan, il pubblico scandiva in coro “Gettiamo in mare le basi americane”… ed ecco la voce melodiosa e toccante di lei innalzare questa canzone, che cresceva con un impeto straordinario ammutolendo i presenti.

Celebri versi ripresi proprio da Joan Baez con il personaggio simbolico che incarnava il desiderio di giustizia degli operai, minatori e contadini USA, molto vicino a quello raccontato da Bruce Springsteen nella canzone The Ghost of Tom Joad (nel suo omonimo album, 1995), a sua volta un riferimento o, meglio, una citazione del protagonista del celebre romanzo di John Steinbeck, Furore, dal quale è stato tratto il celebre film The Grapes of Wrath del 1940, la regia di John Ford con Henry Fonda attore protagonista nella parte di Tom Joad.

La canzone, in origine, era stata una poesia scritta attorno al 1930 da Alfred Hayes (I Dreamed I Saw Joe Hill Last Night, nota anche come Joe Hill) in occasione della ricorrenza dell’esecuzione di Joe Hill (19 novembre 1915): musicata da Earl Robinson nel 1936, diverrà immediatamente una canzone popolare, nel suo genere una delle più famose di tutti i tempi. Verrà cantata come inno dai minatori del Galles in lotta e sarà interpretata da Paul Robeson, Pete Seeger, e più avanti da Joan Baez, che ne faranno un inno del movimento operaio di tutti i paesi.

Il nome di Joe Hill fu conosciuto da milioni di persone in ogni angolo del mondo e molti appoggiarono la sua causa protestando che il suo arresto era fondato su false accuse, ovvero era falsa l’accusa di omicidio di un droghiere e di suo figlio che determinò la condanna. Dietro c’era una vera e propria persecuzione rivolta al sindacalista che era anche il poeta dei lavoratori, colui che, con le sue canzoni, esprimeva le esigenze più profonde della classe operaia.

Tramite la biografia curata da Gibbs M. Smith, Joe Hill fu anche un film nel 1971 con la regia di Bo Widerberg (coproduzione Svezia – USA, Hill era un immigrato svedese), con Thommy Berggren nel ruolo del protagonista, Kelvin Malave e Hasse Persson. Vi si narra la vicenda di questo giovane scandinavo di belle speranze costretto a fare molto presto i conti con le dure realtà cui erano sottoposti i lavoratori stranieri: non solo una lingua da imparare, lavori massacranti e disgustosi, e la povertà dilagante nei territori dell’est. Joe si guadagnava da vivere con un lavoro modesto in un bar finché non si mise in viaggio verso l’ovest dove si legherà all’organizzazione dei “Wobblies”, composta da operai non specializzati che si battevano per l’unione degli operai di tutto il mondo.

I Wobbies – definizione di origine discussa – erano membri della IWW,  Industrial Workers of the World, una realtà fondata a Chicago nel 1905: si presentavano come sindacato rivoluzionario americano in una sintesi di ideologia socialista, comunista e anarchica, avendo come tattica l’azione diretta e come obiettivo l’abolizione del lavoro salariato e il raggiungimento di una democrazia industriale, dove la gestione dei luoghi di lavoro fosse trasparente e nelle mani della classe lavoratrice.

Di qui il ruolo da protagonista del grande Sindacato Rivoluzionario in One Big Union, straordinario libro di Valerio Evangelisti (2011), col racconto di una sequenza di scioperi durati mesi legati a stragi di lavoratori in uno scenario da film western. Che però sottolinea come la storia del movimento dei lavoratori rappresenti assai più di una cronaca di scioperi, di attività spionistiche, di sindacati corrotti e di sparatorie, perché i suoi contenuti sono valori fondamentali.

In One Big Union vivono tanti Joe Hill, uomini e donne senza nome per la storia e che nella realtà si identificano con quei lavoratori durante un periodo così conflittuale nel mondo del lavoro: organizzano riunioni, proclamano scioperi, distribuiscono volantini, cospargono il seme e diffondono le parole che fanno crescere la giusta causa .

Ed eccoli qui i protagonisti, lavoratori non qualificati, quelli esclusi, lavoratori sempre in movimento, che saltano da un treno ad un altro, da uno stato all’altro, sui treni merci, viaggiando nei bagagliai.

È un sindacato in movimento anche l’Industrial Workers of the World, il grande sindacato rivoluzionario che cerca di organizzare precari, immigrati, braccianti, disoccupati e manovali a giornata per poter dare vita appunto a un solo grande sindacato che rechi in sé il modello di società a venire.

I Wobbies non furono più di 60000 ma influenzarono milioni di persone coinvolgendo in un’ondata di scioperi tutto il paese. Una grande idea che porterà a una dolorosa sconfitta ma che lascerà un segno indelebile nella storia.

La solidarietà della classe operaia trova supporto nel riferimenti di Walt Whitman alla maglia dell’identità in Song of Myself (1855, in Leaves of Grass, anche se il titolo del poema compare soltanto nella settima edizione, 1881)  che si riferisce al suo approccio di offuscare le distinzioni tra individui e sé medesimo, riunire tutte le genti in un paese comune, un’esperienza comune, un’umanità comune.

I socialisti che leggono i riferimenti di Whitman all’unità dell’America e alla solidarietà della classe operaia potrebbero estrarre da questi riferimenti una celebrazione del movimento sindacale. Del resto, la massa di gente comune celebrata da Whitman non poteva essere che questa: sfruttati e vagabondi, uomini visti come ribelli ed è il viatico di One Big Union, dove quel sindacato in movimento, dove il fischio della locomotiva nella notte, l’odore di cenere e di fumo e il fischio della locomotiva sono una grande unione.

Questo principio di Whitman è presente più che mai nel libro di Evangelisti che diventa una lettura indispensabile, una lettura che contribuisce a creare una cultura politica perché, come scriveva Mario Tronti, ai padroni fa paura la storia operaia e non fa paura la politica delle sinistre.

È tutto vero, basta poco per ritrovarsi in queste pagine di Evangelisti.

Where working-men defend they rigths, it’s there you find (dove i lavoratori difendono i loro diritti, là ti possiamo trovare).

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