di Sandro Moiso

«Finora si era creduto che la formazione dei miti cristiani sotto l’impero romano fosse stata possibile solo perché non era ancora stata inventata la stampa. Proprio all’inverso, La stampa quotidiana e il telegrafo, che ne dissemina le invenzioni in un attimo attraverso tutto il globo terrestre, fabbricano più miti (e il bue borghese ci crede e li diffonde) in un giorno di quanti una volta se ne potessero costruire in un secolo.» (Karl Marx, lettera a Kugelmann del 27 luglio 1871)

«Mamma, voglio solo farti sapere che sono vivo e che spero di tornare a casa al più presto» ( Alexander Drueke – ex sergente dell’esercito statunitense fatto prigioniero dai russi in Ucraina)

Parafrasando la gelida portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, in un’intervista a Sky News Arabia, in cui ha affermato che «L’ Ucraina che conoscevamo, all’interno di quei confini, non c’è più. Quei confini non ci sono più», si può affermare che il mondo uscito sia dal secondo conflitto mondiale che dalla fine della Guerra Fredda è definitivamente tramontato. E così pure quei confini che si era dato sotto l’egida imperiale occidentale e americana. Non solo, ma anche lo stesso strumento che quest’ultima si era data per violarli ovunque almeno a livello commerciale e finanziario, ovvero la globalizzazione, sta definitivamente tramontando.

Prova di ciò non sono soltanto i 120 e passa giorni di guerra in cui, proclamando fin troppo facili vittorie militari e sanzionatorie sulla Russia oppure rovistando tra le feci di Putin per individuare i segni di malattie oncologiche o d’altra natura che ne indicassero una prossima fine, i rappresentanti politici e mediatici dell’Occidente si sono comportati esattamente come i buoi borghesi di cui parlava Marx a Kugelmann nel 1871, ma anche l’andamento dei combattimenti, con la lenta ma progressiva avanzata delle forze russe sul fronte del Donbass1, e quanto si è visto ed udito al 25° Forum economico internazionale di San Pietroburgo (SPIEF).

Forum a cui, dopo gli iniziali sbeffeggiamenti della stampa italiana mainstream che tendeva a definirlo come la “Davos degli sfigati”, hanno partecipato i rappresentanti economici e politici di circa 140 paesi e svariati rappresentanti delle maggiori imprese francesi, canadesi, americane e altre ancora dello schieramento occidentale “anti-putiniano” e “filo-ucraino” (tra cui Unicredit e Confindustria italiana). Come a sottolineare che se le Olimpiadi invernali di Sochi si erano potute boicottare, altrettanto non si poteva fare con il Forum tenutosi sulle rive del Baltico.

Approfittando di tale contraddittoria situazione, il 17 giugno, lo stesso Vladimir Putin è così intervenuto esponendo un visione strategica degli interessi russi, ma non soltanto, che, al di là delle chiare ragioni propagandistiche, conteneva numerosi motivi di interesse. Infatti, proprio nei giorni in cui iniziavano a chiudersi i rubinetti di Gazprom verso l’Europa, nonostante la minaccia delle temute sanzioni prospettate da quest’ultima nei confronti dell’economia russa, il presidente della Federazione Russa ha potuto affermare:

“Gli Usa pensano di essere l’unico centro del mondo”, ma “l’era del mondo unipolare è finito”, un cambiamento storico che “non è reversibile”. […] Sono invece “in atto nell’economia e nella politica internazionale cambiamenti tettonici e rivoluzionari”2.

“Nulla sarà come prima” ma “nulla è eterno”, ha detto il presidente della federazione russa. “I nostri partner in Occidente minano intenzionalmente le relazioni internazionali in nome delle loro illusioni geopolitiche”. “Si gioca solo in una parte del campo” ma a queste condizioni il “mondo è instabile”.
[…] Le sanzioni contro la Russia “sono folli e sconsiderate, il loro scopo è schiacciare l’economia della Federazione russa ma non hanno funzionato”. “Le oscure previsioni relative all’economia russa, tenute all’inizio della primavera, non sono corrette. La struttura delle sanzioni occidentali è stata costruita sulla falsa tesi che l’economia della federazione russa non sia sovrana”. ma, ha precisato, “la Russia non seguirà mai la strada dell’autarchia, nonostante i sogni dell’Occidente”. […] E ha affermato che “l’inflazione nella UE è di oltre il 20% e che l’Europa perderà oltre 400 bilioni di dollari per le sanzioni contro la Russia e che questo aumenterà le diseguaglianze sociali”. E ha aggiunto: “Alcune monete globali si stanno suicidando” […] Il capo del Cremlino ha definito senza mezzi termini la politica occidentale “predatoria e coloniale”3.

Anche se il giorno successivo Herman Gref, il capo di Sberbank, la più grande banca russa, ha parzialmente ridimensionato l’ottimismo di Putin, affermando che alla Russia occorrerà almeno un decennio per tornare ai livelli precedenti la guerra, poiché le nazioni che hanno interrotto i legami con la Russia sono responsabili del 56% delle sue esportazioni e del 51% delle sue importazioni, va ancora considerato il discorso del ministro degli esteri Lavrov che, secondo quanto riportato dall’agenzia Tass e successivamente da Adnkronos (giovedì 16 giugno 2022), in un’intervista a margine dello stesso Forum all’emittente Ntv ha affermato: «I contatti con l’Europa non sono più una “priorità”. Abbiamo sempre lavorato con l’Occidente e l’Oriente, il Nord e il Sud. Dato che l’Occidente ha tagliato tutti i contatti, abbiamo obiettivamente lavorato con l’Oriente come prima. Stiamo espandendo i contatti con l’Oriente. In termini assoluti questi contatti stanno crescendo, mentre in termini relativi l’Europa è scomparsa dalle nostre priorità».

Quando parla di Oriente, Lavrov intende prima di tutto Cina e India, ma è impossibile non pensare alla Turchia (le cui imprese sono pronte a sostituire quelle occidentali che hanno lasciato il territorio russo a seguito delle sanzioni), ai paesi arabi del Golfo, all’Iran, al Pakistan, Indonesia e molti altri ancora, senza tener per ora conto dell’area di influenza cinese nella penisola indocinese (in cui sta realizzando una nuova base militare) e a Singapore (snodo economico-finanziario importantissimo) in cui la popolazione è quasi del tutto di origine cinese.

Tutto ciò apre uno scenario del tutto nuovo sul piano storico e geopolitico poiché quest’area estendentesi dai confini orientali d’Europa fino al Mar della Cina, passando per l’Oceano Indiano e lo stretto di Malacca, oltre a comprende quasi i due terzi della popolazione mondiale, ingloba insieme l’intero Heartland e buona parte di quel Rimland sul cui controllo, insieme a quello dei mari, le potenze talassocratiche, come quella statunitense, hanno sempre contato per limitare l’espansione del primo (quando questo comprendeva soltanto il territorio russo)4.

Fatto assolutamente rivoluzionario dal punto di vista geopolitico, che è già stato anticipato in qualche modo dall’apertura della moderna via della seta cinese (ancora qui), ma che oggi rischia di acquisire un’importanza strategica fondamentale non solo dal punto di vista economico, ma anche militare. Poiché la ridefinizione della destinazione delle materie prime e delle linee commerciali su scala mondiale potrebbe costituire la base non solo di un nuovo quadro di alleanze, ma anche un’ulteriore spinta, se mai ce ne fosse ancora bisogno, in direzione di quella guerra allargata che agita ormai vaste aree del pianeta, non solo in Europa, e i sonni dei governi occidentali. Guerra in cui, prevedibilmente, nessuna degli attori in scena rinuncerebbe all’uso dell’arma nucleare piuttosto che soccombere.

Tale scenario, in cui non è prevista dai grandi della Terra alcuna azione di classe intesa a contrastare l’imperialismo di ogni provenienza come si è già detto in più di un’occasione, anche in caso di un’ulteriore assenza di moti classisti, antimperialisti e antimilitaristi internazionali, potrebbe però portare se non alla scomparsa, almeno alla riduzione dell’importanza dell’imperialismo fino a ora dominante, quello Occidentale a guida statunitense, e all’ulteriore divisione dello stesso al suo interno. Anche sul piano militare.

Piaccia o meno, il nuovo ordine multipolare previsto dalla strategia putiniana avrebbe infatti questa caratteristica: di aprire ad un’età di conflitti la cui stabilizzazione sarebbe molto più difficile e lunga di quella successiva alla seconda guerra mondiale, con la divisione del mondo tra i soli due vincitori di quello stesso. Molti vincitori, si potrebbe dire, equivarrebbero a molti nemici e molti conflitti, anche sociali, in cui la scelta di campo dei rivoluzionari potrà essere sempre meno rivolta all’appoggio di una delle parti in causa, ma, obbligatoriamente, sempre più alla salvezza della specie. Contro il capitalismo e l’imperialismo comunque, sotto qualsiasi aspetto o colore possano essi ripresentarsi .

(16 – continua)


  1. “Le battaglie hanno rivelato un consumo di munizioni enorme, si pensava — ha notato l’istituto britannico Rusi — che il ricorso alle cosiddette bombe intelligenti riducesse l’uso di quelle «normali» (meno precise) e invece non è stato così. La guerra è ingorda di vite, di materiale, di bombe. Se al fronte non si producono vittorie decisive i condottieri dovranno trovare alternative. I difensori avranno un problema in più: mantenere il supporto Nato ad un alto livello. Negli ultimi giorni hanno ricevuto assicurazioni con formule diverse. Gli Usa hanno varato l’ennesimo «pacchetto», altri Paesi hanno promesso forniture consistenti. Il premier britannico Johnson ha offerto un programma che dovrebbe permettere l’addestramento di 10 mila ucraini ogni 120 giorni, però ha messo in guardia sul pericolo che cresca «la fatica» in campo occidentale. Come ha detto l’ex ambasciatore americano Ivo Daalder per Washington ci sono due strade: uno status quo sanguinoso e prolungato oppure la fine o riduzione dell’appoggio.” (Andrea Marinelli e Guido Olimpio, Eserciti impantanati e migliaia di vittime. Si va verso la scenario coreano?, “Corriere della sera”, 19 giugno 2022)  

  2. Vladimir Putin: “Il mondo è cambiato, l’era del dominio americano è finita”, Huffington Post, 17 giugno 2022  

  3. Putin: “L’era del mondo dominata dagli Usa è finita per sempre”. E attacca la Ue, RaiNews, 17 giugno 2022  

  4. Su tali concetti si veda qui