Felici editore, Pisa 2022 pagg. 276, € 16

di Marc Tibaldi

Emanuele Trevi, in Qualcosa di scritto, sostiene che i racconti di un pur grande scrittore – Raymond Carver – segnano, per gli anni ’80, uno spartiacque: “Noi assistiamo allo sconcertante spettacolo di una letteratura che non pensa più a nulla. L’unico compito che lo scrittore si assegna è quello di essere uno storyteller”. Per denunciare lo smarrimento della letteratura contemporanea, Alberto Asor Rosa (in Scrittori e massa), chiosando Antonio Scurati (di Gli anni che non stiamo vivendo. Il tempo della cronaca), scrive: “L’Angelo contemporaneo è ben diverso da quello originario [di Benjamin], è un essere piegato e deforme, che, al volante di una povera utilitaria, può guardare al passato solo in un miserabile ‘specchietto retrovisore’.

Non è così in Abituali. 21 (più uno) racconti da bar. Leggendo alcuni capitoli di questa raccolta la memoria è andata a “Un giorno ideale per i pescibanana” (in Nove racconti) di J.D. Salinger; ricordate il surreale e dolce dialogo tra la bambina e il reduce di guerra, che alla fine si suicida? Questo di Salinger era uno dei racconti preferiti di Franco Fortini. E l’idea di letteratura di Falorni è in sintonia con quella di Fortini quando si prefiggeva di “attraversare la produzione precedente” continuando il dialogo tra forma e visione del mondo. Non ci sono happy end nei racconti di Falorni. Non so se Fassbinder sia uno dei riferimenti cinematografici (e quindi narrativi) di Falorni – che è stato anche aiuto regista ed è videomaker – ma l’idea del regista tedesco (nel saggio I film liberano la testa) che le conclusioni dei film debbano avere sempre un epilogo tragico per non consolare lo spettatore così da indurlo a cercare di cambiare la realtà, mi pare in sintonia con i temi di questa raccolta.

Luca Falorni, che è anche poeta e promotore culturale, professore prima a Milano e ora alla Casa Circondariale di Livorno, dal 1989 ha iniziato a lavorare sul video con progetti su commissione e autoprodotti come “Anthony Perkins Productions”, video crew fondata nel 1990, realizzando anche video-installazioni, performance e reading. Per Agenzia X ha pubblicato qualche anno fa il saggio Voci possenti e corsare. La Livorno ribelle dagli anni ottanta a oggi, che racconta gli ultimi trent’anni della Livorno alternativa. Questo saggio è introdotto da un raffinato pezzo di scrittura che ricorda le prose di Luciano Bianciardi e faceva sperare a ulteriori prove narrative dell’autore. Abituali è una conferma di quella promessa. Il pretesto narrativo è raccontare frammenti di vita delle persone che vanno al bar; in realtà in questi racconti, che spaziano tra tematiche e generi (noir, fantascienza, amore, sesso) si entra nella psicopatologia esistenziale e sociale della vita quotidiana (e “covidiana”, in alcuni casi). In un’intervista, l’autore chiarisce la struttura dei capitoli: “Il ‘più uno’ del titolo si riferisce al racconto che fa da cornice, come da tradizione letteraria, ho diviso in sei scansioni, che scandiscono le cinque parti del libro. C’è inoltre un racconto finale denominato bonus/ghost track, come nei vinili a 33 giri e nei cd di molta musica rock” (che a noi ricorda di segnalare la colonna sonora ideale consigliata dall’autore: cercate Abituali sul profilo Falco Ranuli di Spotify).

I racconti più convincenti di Abituali sono quelli dove malinconia, attesa e riflessione sono più presenti e pervasivi. Ci sono momenti di attesa (“Aspettando. L’attesa fortifica, è la virtù dei forti”, è l’incipit del libro), momenti di tristezza e momenti meditativi, con inserti di brevi monologhi interiori, e c’è un’atmosfera sospesa, spesso malinconica, come nel celebre quadro “I nottambuli” di Edward Hopper: ricordate quell’inquadratura che dalla strada guarda il bancone con il barista, i tre avventori e luci soffuse, un’atmosfera metafisica? “Spesso i bar sono i luoghi del rimpianto, del ricordo, ma mi sono discostato dalla tradizione ‘baristica’ del ‘900 che racconta i locali frequentati da marginali e rifiutati, racconto (o immagino, nei racconti di fantascienza distopica) un presente in cui è difficile andare avanti”, ci conferma l’autore.

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