Gianfranco Manfredi, C’era una volta il popolo. Storia della cultura popolare, DeriveApprodi, Roma 2021, pp. 460, 29,00 euro

Gianfranco Manfredi ha percorso in lungo e in largo il mondo della cultura popolare, non soltanto per portare a termine l’interessante ed ampia ricerca pubblicata da DeriveApprodi ma anche, e forse soprattutto, nel corso di una vita in cui ha vestito i panni del cantautore, dello scrittore e dello sceneggiatore di fumetti. Con romanzi e raccolte di racconti quali Magia rossa e Gli ultimi vampiri oppure, ancora, Ho freddo, ha ampliato straordinariamente i confini della letteratura horror , mentre nel campo dei comics ha scritto storie per Dylan Dog, Tex, Nick Raider e sceneggiato le saghe di Magico Vento, Volto Nascosto e Shangai Devil.

E’ proprio da questa posizione, diciamo di “forza”, che l’autore si lancia in una vasta e documentatissima disamina storica dello sviluppo della cultura popolare, senza mai però cadere nelle trappole della rigida divisione tra cultura bassa e cultura alta o dotta che troppo spesso ha accompagnato questo tipo di analisi. Anzi disvela, e questo costituisce per molti versi uno dei motivi di maggior fascino del suo testo, come la cosiddetta cultura di massa attuale derivi senza dubbio alcuno tra la costante iterazione tra due culture (bassa e alta, popolare e dotta) che soltanto un diffuso pregiudizio di classe vorrebbe mantenere separate a vantaggio della maggior importanza della seconda.

E’, come si è già detto, un percorso lungo quello che Manfredi propone al lettore, che va dagli spettacoli religiosi medievali al teatro di corte, passa per l’invenzione della stampa e lo sviluppo di un’egemonia culturale borghese (soprattutto a danno di quella ecclesiastica e aristocratica) e analizza i diversi contesti urbani e rurali in cui la cultura popolare si sviluppò nel corso dei secoli.
La lingua del popolo, i miti della modernità, donne, artisti, musicisti e criminalizzazione dei comportamenti e delle narrazioni popolari costituiscono gli altri motivi della ricerca per giungere infine a quelle linee di separazione tra letteratura mainstream e letteratura infantile e di avventura e tra cultura operaia e borghese che determineranno poi, ulteriormente, l’evoluzione della cultura popolare in direzione della cultura di massa per il tramite dell’intrattenimento di massa, della “nuova” civiltà delle immagini e la nascita dell’industria culturale che, giustamente, l’autore definisce come “fabbrica del divertimento e del consumo”.

Nel fare tutto questo l’autore ha travalicato quei limiti temporali delle precedenti ricerche storiche sulla cultura popolare che, troppo spesso, si fermavano all’Età moderna1 oppure rimanevano relegate a specifici ambiti antropologici o rurali. Per sottolineare dunque gli intenti, l’interesse e la novità del libro si è scelto di riportarne qui, nella sua interezza la Premessa dello stesso Gianfranco Manfredi.

Di cosa parliamo oggi, parlando di Cultura popolare? Semplificazioni populiste e caos semantico convivono. D’altro canto, il caos viene da lontano, perché la definizione di popolo è cambiata nella stessa misura in cui si è trasformata storicamente la composizione di classe. Riferirsi alle classi sociali è indispensabile per riscattare il concetto di popolo dalla vaghezza, ma non semplifica affatto la questione, anzi la rende più complessa, in quanto si tratta di analizzare soggetti sociali in trasformazione, in patteggiamento o conflitto tra loro (lotta di classe), ma anche scossi da contraddizioni interne. E se si parla di cultura, non si può prescindere dal considerare le relazioni, non riducibili puramente ad antagonismo, tra i soggetti sociali, ad esempio l’influenza della cultura cosiddetta alta su quella cosiddetta bassa, e viceversa. Inoltre, rispetto alla tradizionale concezione della cultura popolare come essenzialmente contadina o proletaria, in raffronto o in contrapposizione a quella aristocratica o borghese, è da tempo diventato ineludibile, nella ricerca, allargare il campo ad altri soggetti socialmente sfavoriti, anzitutto le donne. Altrettanta attenzione ho ritenuto di dover dedicare a ciò che si è scritto sul popolo, nelle sue diverse componenti e nel suo insieme, e a come ci si è rivolti, nella comunicazione, al cosiddetto popolo. A tale ampliamento del campo d’indagine, dovevano inevitabilmente corrispondere dei limiti, dunque mi sono concentrato sulla storia dello spettacolo e del racconto nelle sue varie forme, e relativamente all’Europa occidentale e agli Stati Uniti. Infine, ho ritenuto necessario rimarcare un percorso oggettivo di progressiva trasformazione strutturale in direzione della cultura di massa, processo che si delinea con tratti decisivi alla fine del secolo lungo, e che conduce a conseguenze sistemiche caratteristiche della nostra epoca. Tali conclusioni sono state tratte non sulla base di ipotesi precostituite, tanto meno di assunti, ma in stretta connessione a uno sviluppo delle ricerche di cui mi sono sforzato di rendere conto in sintesi. I Lineamenti che qui propongo, vanno intesi sia nel senso di linee fondamentali che di fisionomia complessiva2.


  1. Si pensi alla vasta ricerca di Peter Burke, Cultura popolare nell’Europa moderna, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1980  

  2. G. Manfredi, Premessa a C’era una volta il popolo. Storia della cultura popolare, DeriveApprodi, Roma 2021, p.5