Ovvero in che modo la sinistra riformista ci riprova: da Papa Bergoglio a Giustizia e Libertà

di Nico Maccentelli

Tomaso Montanari, Dalla parte del torto. Per la sinistra che non c’è, Chiarelettere Editore, 2020, pp. 146, € 15,00.

Come parlare di rivoluzione sociale, di riscatto dei poveri contro i ricchi, senza utilizzare una che una categoria del pensiero marxiano. Tomaso Montanari c’è riuscito con il suo saggio: Dalla parte del torto – Per la sinistra che non c’è.

La recensione che mi accingo a fare di questo libro non è puro esercizio routinario su una nuova opera edita da pochi giorni. Montanari insieme ad Anna Falcone fu protagonista di quel periodo in cui con il Brancaccio in certa sinistra si risvegliarono mene di ricostruzione di un campo riformista alternativo al neoliberismo imperante. Esperienza che si concluse nel novembre di tre anni fa a causa della solita battaglia tra componenti politiche… proponenti inclusi.(1)

Mi ricordo ancora il documento che fu stilato dai due: non c’era una sola volta la parola “capitalismo”. Di “socialismo” neanche l’ombra. E il “proletariato” che cos’è?

Pertanto, la riflessione che con questa nuova fatica di Montanari erompe spontanea, verte su una domanda estendibile a tutto quel campo di una sinistra riformista più o meno post-comunista: ma cosa vi ha mai fatto di male Marx?

Ora come allora, i riferimenti culturali e politici sono quelli di una visione sostanzialmente giustizialista che spaziano da papa Bergoglio ai fratelli Rosselli passando per Don Luigi Ciotti Luciano Gallino, oscillando tra una visione cattolica e liberal-democratica illuminate, con un richiamo sempre presente alla Costituzione italiana.

Premesso questo, Dalla parte del torto è una disamina puntuale di gran parte delle porcate fatte dalle classi dominanti italiane e dai loro rappresentanti bipartisan, realizzata con esempi e considerazioni dai quali qualunque agitatore dovrebbe attingere per parlare alle masse. Ovviamente dopo essersi interfacciato con esse con un linguaggio meno intellettualistico.

In Montanari, però, vive la totale rimozione di un’epoca evidentemente considerata troppo scomoda. Un’epoca che non si limita al comunismo novecentesco avviato con l’Ottobre Sovietico, ma che risale fino alla Comune di Parigi.

Non c’è neppure più un tentativo di trascendere il socialismo reale storicizzandolo nelle vicende novecentesche, come fecero intellettuali del calibro di Ingrao, Rossanda e Magri, i quali lavorarono per recuperare il comunismo dai fanghi della degenerazione post-sovietica. Qui non esiste più il bambino, ma neppure l’acqua sporca.

In Dalla parte del torto c’è un semplice moto di ribellione etico-morale e giustizialista che dovrebbe sollevare le sorti del mondo. Ma per andare dove? E facendo leva su quali dinamiche, contraddizioni. Solo cio che è giusto e sbagliato non basta.

Così facendo, quella che ci consegna Montanari è una sinistra completamente disarmata sul piano della teoria politica (ed economica) e quindi della strategia politica da perseguire. Il risultato è un afflato umanitario nello scenario della completa distruzione della sinistra italiana. Un’altra strada per arrivare al TINA: there is no alternative.

In Montanari non esiste rivolta sociale, ma rispetto delle regole, come se avessimo davanti un avversario disposto a lasciare il campo in regolari elezioni. La frase che penso racchiuda in modo più chiaro questa visione è:

“Ma senza rappresentanza e senza Parlamento non c’è libertà. Rimangono la solitudine, la condizione di fantasmi sociali, la rivolta di piazza e infine una radicale rinuncia alla dimensione politica”.(2)

Anche nell’architettura grillina c’era l’intenzione velleitaria di essere argine ai mostri. E i mostri oltre al fascismo, sono tutto ciò che fuori esca da una stabilità sociale, anche la rivolta. Anche quella che un tempo si definiva come potere operaio e di classe.

E allora tutto questo voler redistribuire la ricchezza sociale, togliere ai ricchi per dare ai poveri, democratizzare la politica e la società suona molto di quell’idealismo che vuole la botte piena e la moglie ubriaca. Ma lo vuole per regolari elezioni, tra forze che si rispettano senza colpi bassi, repressione, totalitarismo di fatto in un’emergenza permanente e spesso non dichiarata.

In definitiva Dalla parte del torto ha il torto (quello sì) di non vedere che la “democrazia” classista del terzo millennio, proprio perché democrazia dei ricchi e per i ricchi, è falsa, ne è rimasto il solo involucro, segnando il divorzio definitivo e irreversibile del capitalismo dalla democrazia parlamentare, consegnando tutto potere alle oligarchie finanziarie e ai loro sodali politici e tecnici. È un gioco con carte truccate che può diventare incubo per uno dei giocatori: il popolo, le classi subalterne, il proletariato.

Il suo torto è non vedere che se mai riusciremo a vedere l’inizio di un passaggio rivoluzionario verso un sistema con maggiore giustizia, uguaglianza e solidarietà sociale, ciò sarà il risultato di una lotta aspra e senza esclusione di colpi e non di una tornata elettorale. Quella è un semplice terreno di disputa politica politica e sociale, che non tocca il potere vero, ma che può far parte dei mezzi di lotta che uno schieramento politico rivoluzionario adotta per accrescere consenso, organizzazione, legittimità politica, autorevolezza. Ma non per prendere direttamente il potere, per ribaltare i rapporti di forza tra classi sociali.

Dalla parte del torto ci propone una scelta di campo: netta, chiara, forte. Che esclude il PD in uno schema di alleanze politiche possibili. E della sinistra che si è votata al neoliberismo si può dire solo che è destra: su questo Montanari ha le idee chiare. Potete quindi appassionarvi a leggere una storia molto sintetica ma significativa del nostro paese, fatta di attacchi ai diritti sociali acquisiti, agli spazi di democrazia, alla Carta costituzionale stessa. Ma che dire di una sinistra che ha perso ogni riferimento, ogni filo rosso con i movimenti operai e socialisti, omettendo due secoli e tornando alla rivoluzione francese?

Il problema vero è proprio questa rimozione totale dell’esperienza comunista senza neppure l’intenzione di vederne i limiti, gli errori, le battute d’arresto, le degenerazioni, ma anche gli aspetti positivi, dirompenti, che ci sono stati e che hanno segnato le maggiori conquiste sociali delle classi proletarie e dell’intera società nel sistema economico-sociale e politico capitalistico.

Per ricostruire un percorso collettivo, organizzazione e progetto ci vuole ben altro che del giustizialismo. Innanzitutto non si può prescindere da quella spinta propulsiva che già Berlinguer cercò di bypassare nella sua idea di eurocomunismo dentro l’ombrello NATO, ma che ancora oggi vive in molte esperienze rivoluzionarie e di lotta nel mondo. Se una genesi dissolutoria dell’Ottobre va ricercata riguardo quella sinistra italiana de-marxistizzata che Montanari incarna, la si trova senza dubbio nelle scelte fatte dal PCI a metà degli anni Settanta: non a caso in una fase in cui un altro movimento che, riprendendo il marxismo attraverso mille forme diverse tra loro, dottrinarie, ma anche creative, rielaborate, eretiche, libertarie, metteva in discussione lo stato di cose presente. Ma anche di questo nell’opera, così come nell’attuale sinistra riformista, non v’è traccia. Non c’è alcuna sinistra che intenda fare i conti con quella stagione così oscurata, attaccata, distorta (e non a caso) dagli epigoni del sistema capitalista e dello Stato classista.

Non si può prescindere dalla configurazione attuale del potere e delle sue contraddizioni, dal fare “nomi e cognomi”: imperialismo statunitense e occidentale, Trilateral, Unione Europea, NATO. Queste ultime due costituiscono i nodi politici veri e gli snodi di politiche di guerra interna ed esterna: interna contro le classi popolari che devono solo subire la macelleria neoliberale ed esterna con gli USA contro le potenze avverse nel contesto di una crisi del capitalismo che insieme alla globalizzazione ha avviato un vero e proprio declino dell’egemonia mondiale USA-occidentale e del dollaro. Ma tutto questo nei ragionamenti di Montanari non esiste. Non esiste Lenin ma neppure Gramsci. Perché dire che si vuole ripartire dallo Stato (quale Stato?) senza fare i conti con gli apparati statali e sovra-statali (UE), che per stessa ammissione del Montanari sono degenerati in sistema dei ricchi per ricchi, significa non comprendere tre aspetti non da poco: uno, che lo Stato, Costituzione o no, è strumento di dominio di classe; due, che questa degenerazione non ne cambia la sua essenza: semplicemente ne accresce il reale totalitarismo da parte dell’oligarchia; tre, che questa morfologia strutturale dello Stato presuppone una strategia politica che affronti radicalmente il tema della distruzione degli apparati statuali e della costruzione di un potere popolare costituente alternativo.

La semplice ripartizione tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato non spiega nulla dell’anatomia sociale del sistema capitalista, delle sue contraddizioni, della fase che attraversiamo, delle prospettive di là da venire di un cambio rivoluzionario. In questo moto etico, la teoria del valore è ignota, così come le crisi del capitale. Tutto viene ridotto al qui e ora elettorale, istituzionale, senza nemmeno l’intenzione di una rivolta vera.

Così non si va tanto in là. Se la sinistra che vogliono costruire i Montanari, i Revelli e mettiamoci pure la Elly Schlein è questa, non si va da nessuna parte.

Il maestro Monicelli diceva:“Come finisce questo film? Non lo so. Io spero che finisca con quello che in Italia non c’è mai stato: una bella botta, una bella rivoluzione. C’è stata in Inghilterra, in Francia, in Russia, in Germania, dappertutto meno che in Italia. Quindi ci vuole qualcosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto, che è trecent’anni che è schiavo di tutti. Se vuole riscattarsi, il riscatto non è una cosa semplice. È doloroso, esige anche dei sacrifici. Se no, vada alla malora – che è dove sta andando, ormai da tre generazioni.”

 

Note

1. Per conoscere da varie angolature come il Brancaccio è fallito:

http://contropiano.org/news/politica-news/2017/11/13/ops-rotto-giocattolo-del-brancaccio-097637

https://ilmanifesto.it/acerbo-prc-tante-assemblee-per-consegnarsi-a-dalema-e-bersani-noi-no/

http://contropiano.org/interventi/2017/11/18/brancaccio-fallito-meglio-adesso-va-dato-un-segnale-discontinuita-097859

https://www.lintellettualedissidente.it/controcultura/italia/sinistra-teatro-brancaccio/

 

2. Dalla parte del torto – Per una sinistra che non c’è, pag. 102