di Luca Cangianti

Domenico Mungo, Il suono di Torino. Racconti urbani con colonna sonora punk, Illustrazioni di Fabrizio Visone, Miraggi, 2018, pp. 243, € 18,00.

Un mosaico di suoni, immagini e racconti prende progressivamente forma fino a offrire al lettore il ritratto vivente di una città, della sua storia e del suo profilo psichico e criminale. E già, perché la Torino di Domenico Mungo è un’assassina “con un ghigno diabolico” stampato sul volto. È lei la protagonista delle trenta storie mutanti del Suono di Torino – una sciarada intrisa di urla poetiche, stridii di chitarre elettriche e tonfi metallici. Seguendo le tracce della killer seriale si scopre, sotto la rapsodia degli eventi narrati, una trama profonda che lega insieme luoghi, vicende e personaggi, fino a far emergere in trasparenza un romanzo noir dove odio ribelle e amore tradito sono avvinghiati in una lotta all’ultimo sangue.

Mediante il libero riadattamento di articoli, opuscoli e volantini si affrontano efferate stragi fasciste, esecuzioni capitali, gli eroici scioperi del marzo 1943, l’immigrazione meridionale verso le fabbriche del Nord, i bagliori insurrezionali dell’autunno caldo, la marcia dei 40 mila, i drammi del fordismo e la crudele persecuzione dei notav.
Il suono di Torino importa in letteratura le tecniche musicali della campionatura, del remixing: “Unico fil rouge, la colonna sonora punk: le strofe rabbiose, dilaniate, furibonde dei Nerorgasmo, distorte qua e là che emergono improvvise tra i fiumi di parole urlate da una gola recisa. Ma anche Negazione, Cesare Pavese, Church of Violence, Totozingaro Contromungo, Rough!, Refused, Fred Buscaglione, Lucio Dalla, il rumore della fabbrica, il deragliare di un treno ad alta velocità.”

Nel capitolo finale l’autore si congeda:

Delle sue valigie di cartone spruzzate di smog e grasso d’officina.
Delle sue barricate operaie
E delle sue università̀ di rampolli della rivoluzione.
Dei suoi mille centri sociali
Ormai necropoli di se stessi
Murati vivi i cuori che anelano
Addio.
Non mi volterò mai, nemmeno per un istante per guardarne i grattacieli e le ciminiere fantasma che mi lascio dietro le spalle.

Torino è la personificazione geolocalizzata della nostra vita miserabile, ma allo stesso tempo la speranza resiliente dell’insubordinazione. Domenico Mungo, del quale Carmilla ha recensito anche Avevamo ragione noi, offre al lettore un modo innovativo di fare poesia e narrativa, una nuova tecnica balistica per scagliare l’arte contro l’oppressione e la violenza del Potere.

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