di Giovanni Iozzoli

Dopo ogni strage, si ripete purtroppo il medesimo scenario: ci si aspetta l’indignazione, la rivolta morale, perlomeno la dissociazione dagli stragisti, ma le comunità tacciono, imbarazzate, assuefatte, forse complici. Ci piacerebbe vedere la gente scendere in piazza, respingere le tesi farneticanti degli assassini, denunciare pubblicamente gli strateghi del terrore, invece niente: silenzio a Berlino, a Parigi, a Roma, come in tutte le grandi città europee. Intanto gli attacchi criminali contro gli innocenti si susseguono da anni, lasciando una lunga scia di lutti e distruzione.

Per capire le ragioni di questi silenzi, siamo scesi in strada, nei mercati rionali, alle fermate dei bus, dentro i piccoli negozi, per intervistare direttamente le persone, quelle che vivono sulla loro pelle questa bruciante contraddizione: godere delle libertà e dei privilegi della democrazia e allo stesso tempo condividere cultura, valori e fede degli assassini. Sentiamole, queste voci angosciate. E interroghiamoci insieme a loro.

Ecco Carlini Mario, 66 anni, dall’aspetto mite di pensionato:

Lo so, ci dovremmo ribellare, dovremmo prendere le distanze ma, mi creda, non è facile. Sappiamo che i nostri governi, direttamente o meno, stanno scaricando migliaia di tonnellate di bombe su povera gente innocente; quando vedo le rovine che abbiamo provocato in medio oriente mi scappa da piangere; sono un nonno, penso a quei bambini sotto le macerie; dovremmo esigere dai nostri governi che smettano, ma come possiamo fare?

Ma perché c’è questa reticenza, perché è così difficile opporsi al terrorismo?

Risponde Ceruso Alfio, impiegato comunale, 49 anni; mentre parla, al bar, mantiene la testa bassa e si guarda intorno circospetto:

Lo sappiamo che i ”nostri” stanno facendo da 15 anni stragi orribili; ma qua non è più come una volta, c’è un clima di intolleranza, bisogna stare attenti a come si parla; io odio i terroristi, Bush, Obama, ora Trump e giù fino agli scagnozzi di casa nostra; odio i militari, odio i loro droni di morte, ma non possiamo contrastare queste cose più grandi di noi, i media raccontano che siamo in guerra e loro, gli assassini, si sentono più legittimati a colpire.

Si indigna Cuomo Raffaele, 71 anni, al rinnovarsi periodico delle accuse di connivenza:

Che dovremmo fare? Un miliardo di occidentali dovrebbero scendere in piazza ad ogni strage in Medioriente? Se un pazzo in America lancia un drone su una moschea in Afghanistan, io devo scendere in piazza e dissociarmi? Siamo stanchi di queste criminalizzazioni. Non tutti gli occidentali sono assassini. Lo so, lo so che abbiamo contribuito ad ammazzare centinaia di migliaia di persone, tra Iraq, Siria, Libia; lo so che sono “i nostri”, quelli che distruggono le nazioni, finanziano le stragi, lucrano sui morti. Ma perché devo sentirmi in colpa, per la violenza di una piccola minoranza? Non siamo tutti marines, non siamo tutti ministri, non siamo tutti produttori di armi. Abbiamo la nostra vita, non facciamo male a nessuno. Certo, quelli che uccidono sono cristiani, lo ammetto. Ma solo pro forma, perché sono stati battezzati. Magari qualcuno la domenica andrà pure in chiesa, va bene, ma non hanno capito nulla del messaggio evangelico, altrimenti non farebbero quei massacri. La Bibbia può essere manipolata a proprio piacimento, gli americani lo fanno spesso. Anche Hitler aveva fatto scrivere Dio è con noi sui mitra. È sempre la solita storia. Usano la religione per colpire i nemici.

Certo, non tutte le posizioni sono così chiare. Esiste un’area grigia di incertezza, che magari prelude al fiancheggiamento. Io stesso ho sentito qualche giovane radicalizzato giustificare i bombardamenti e persino l’invasione di un paese sovrano “se necessari a difendere i valori occidentali”. Posizioni minoritarie, estremiste, certo. Ma quanto realmente diffuse nell’opinione pubblica?

In proposito la signora Ferioli, parrucchiera, è tranchant:

Dovremmo dire basta, scioperare, bloccare le strade, imporre il ritiro dei nostri soldati da ogni teatro di guerra, smettere di finanziare guerre civili e terroristi, dovremmo uscire dalla Nato che è una macchina di morte. Abbiamo tanto sangue sulla nostra coscienza. Ma facciamo capire al mondo che non siamo tutti così. Certo, è difficile che una persona della mia età, sente di una strage in Yemen o in Iraq e si mette a manifestare contro il terrorismo imperialista. Ma i giovani? I giovani vanno educati a ribellarsi. Anche perché sono le prime vittime di questo clima di odio. Spesso, la mancanza di lavoro li porta ad arruolarsi, magari diventano militari e si ritrovano in qualche missione all’estero senza sapere neanche perché; li attirano con la prospettiva dei facili guadagni; gli riempiono la testa di messaggi sbagliati, parlano di crociate, di lotta alla barbarie, dell’esportare la democrazia. Tutti slogan per accalappiare i ragazzi, i più deboli ci cascano: ma mi creda, le comunità occidentali non sono schierate dalla parte della guerra e di chi la fomenta; noi occidentali vogliamo la pace e un mondo più giusto; non saranno un manipolo di assassini a compromettere i nostri valori e la nostra antica civiltà. E lo scriva, una volta per tutte: siamo stanchi che i musulmani ci chiedano di giustificarci ad ogni strage.