di Franco Ricciardiello

SjowallWahloo.jpgLa serie di dieci libri che portano il titolo collettivo “Romanzo su un crimine”, conosciuta anche come “le indagini di martin Beck”, è la genesi della straordinaria fortuna odierna del giallo scandinavo. Il “crimine” del titolo non è il delitto che Martin Beck deve risolvere in ogni singolo romanzo, ma l’abbandono della classe lavoratrice al proprio destino di sfruttamento. Gli autori sono una coppia svedese, Maj Sjöwall e Per Wahlöö, che al ritmo di un volume l’anno pubblicano tra metà anni Sessanta e metà Settanta questo ciclo che rappresenta l’inizio del poliziesco di indagine sociologica. Henning Mankell e Stieg Larsson, per fare gli esempi più conosciuti, non avrebbero scritto le serie di Wallander e di Millenium se non avessero letto il Romanzo su un crimine.

Il personaggio principale è Martin Beck, commissario della polizia criminale di Stoccolma, eppure non è del tutto corretto chiamare il ciclo “Le indagini di Martin Beck” perché si rischia di spostare l’attenzione dall’oggetto della letteratura al suo pretesto, l’indagine come motore del plot. Il protagonista è un poliziotto inquirente solo perché questo fornisce l’opportunità di muoversi liberamente nella metropoli, e entrare in contatto con ogni strato sociale; se alla fine dei “romanzi su un crimine” si ottiene una ricomposizione dell’ordine, si percepisce chiaramente che questo è l’ordine borghese e ingiusto della società neocapitalista travestita da socialdemocrazia.
Oggi il lettore dà per scontato che il detective abbia una vita privata e rapporti anche conflittuali con i colleghi e con la propria coscienza, ma cinquant’anni fa gli stereotipi della letteratura poliziesca erano più rigidi. Nel 1965 non esisteva un altro detective letterario altrettanto realistico. Holmes, Maigret, Poirot, miss Marple sono macchine per indagini, protagonisti più o meno sofisticati inventati per rivelare al lettore la complessità del caso criminale, la costruzione intellettuale narrativa.
Rispetto al gusto sensazionalistico oggi prevalente, al romanzo d’azione pura, il ciclo di Martin Beck può sembrare lento, il protagonista lascia spesso la scena ai colleghi, a volte è un personaggio irritante, polemico e spesso di cattivo umore, eppure si percepisce che sotto il velo della trama si affaccia la vita vera. A parte le differenze sociali e culturali, rappresenta la civiltà occidentale nel mezzo della profonda crisi politica degli anni Sessanta. Di romanzo in romanzo, le tensioni sociali e ideologiche infiltrano progressivamente la trama. In un mio precedente intervento su Carmilla dedicato a Leif G.W. Persson, scritto quando avevo letto solo il primo romanzo del ciclo di Martin Beck, affermavo che Sjöwall e Wahlöö rappresentano il fastidio della borghesia snob nei confronti del Välfärdsstaten svedese; in realtà la critica al welfare state è formulata da sinistra: non è un caso che l’ultima parola di Terroristerna sia “Marx” — segno dei tempi, chiaramente, la contestazione radicalizza l’impegno politico, e Per Wahlöö che sa di essere condannato da un cancro ha sempre meno remore nel dire come la pensa. La teoria sullo sfondo di “Romanzo su un crimine” è questa: in Svezia da decenni è al potere un partito che si definisce socialdemocratico; in realtà da tempo la classe dirigente ha scelto la propria collocazione nel campo occidentale, capitalista, e l’aggettivo socialista è solo una copertura ipocrita.
Maj e Per, dunque; a metà anni Sessanta lui è già un autore conosciuto in Svezia, lei non ha mai pubblicato narrativa: è una giovane giornalista, figlia dell’amministratore delegato di una catena di hotel, in aperto conflitto con le proprie origini e con il destino di integrazione borghese che la attende. Negli anni Sessanta si moltiplicano i segnali che la rivolta è già nell’aria; timida e introversa, decisa a affermare la propria personalità, Maj Sjöwall ha la sensazione di non essere amata dai genitori, e questo la fa sentire a disagio ovunque. Ha avuto una figlia a 21 anni, subito prima di sposare un collega di vent’anni più anziano che si prende a cuore la situazione di questa ragazza madre in aperto conflitto con la famiglia. Il matrimonio non dura molto, ne segue un altro che termina a sua volta perché il secondo marito vuole dei figli suoi. Due volte divorziata, nell’estate 1962 Maj incontra Per Wahlöö nel giro dei locali frequentati dai giornalisti. Lui è sposato, ha 9 anni più di lei e una figlia; iscritto al partito comunista svedese, è un cronista politico
piuttosto conosciuto, anche perché è stato espulso dalla Spagna falangista.
Il corteggiamento è uno dei più singolari della storia della letteratura: Wahlöö riceve una commissione per scrivere un romanzo, la deadline è bruciante; affitta una camera d’albergo per lavorare di notte, in isolamento. Al mattino mette in una busta il materiale appena scritto, nel quale inserisce apposta lacune narrative, e lo lascia a Maj nel café dove si incontrano dopo il lavoro per evitare la curiosità dei colleghi. La invita a integrare le parti mancanti con un personaggio femminile scritto integralmente da lei. È una relazione intima e clandestina, nessuno sa che lei lavora per lui, e il loro corteggiamento avviene per iscritto, sulla carta stampata e davanti agli occhi dei lettori.
Un anno più tardi Per lascia la moglie e va a vivere con Maj, nasce il primo figlio della coppia. Tra i due non si parla mai di matrimonio, ritengono di non avere bisogno di sanzionare l’amore con un atto legale. Decidono di continuare il gioco della scrittura a quattro mani e di trasformarlo in un impegno professionale. Wahlöö ha pubblicato libri di politica con successo molto scarso; a questo punto si fa strada l’idea di utilizzare un genere di romanzo a grande diffusione per mostrare, sullo sfondo, le distorsioni del Välfärdsstaten, che secondo i due è diretto verso un futuro di capitalismo disumano, nel quale la forbice tra i ricchi e gli emarginati si allarga. La collaborazione ufficiale nella scrittura inizia quando decidono di darsi al giallo. Sono entrambi lettori non solo di Hammett e Chandler, ma anche di Georges Simenon, gli autori che levano il crimine dagli interni borghesi per trasportarlo nella strada, fra le classi inferiori.
Fino dall’inizio il “Romanzo su un crimine” è concepito come un ciclo di 10 volumi. Mentre progettano il lavoro, durante un viaggio in battello sul Göta Kanal da Stoccolma a Göteborg, Maj nota che Per osserva una bella turista americana che viaggia sola. “Perché non uccidiamo lei nel primo romanzo?” gli propone con malizia. È l’idea di partenza di “Roseanna”, che nel 1965 inaugura la serie.
Il lavoro preparatorio è estremamente scrupoloso, con sopralluoghi geografici, calcolo dei tempi di percorrenza, scaletta dattagliata dei capitoli; quindi inizia la scrittura, un capitolo a testa ogni notte fino al termine. Dopo aver messo a letto i figli, Maj e Per scrivono a sere alterne un capitolo a testa; il giorno successivo ognuno batte a macchina e corregge il capitolo dell’altro, poi prosegue con un capitolo nuovo. Alla fine, Per Wahlöö finge che l’autore sia un suo amico che desidera un parere e consegna il dattiloscritto al suo editore, il quale intuisce chi l’ha scritto ma non sospetta la collaborazione familiare. Le vendite sono lusinghiere, la critica favorevole, anche se i lettori più tradizionali sono sconcertati dal suo realismo.
I due romanzi successivi, “L’uomo che andò in fumo” e “L’uomo al balcone”, seguono la medesima tabella di marcia, 12 mesi tra l’ideazione e la pubblicazione. I proventi permettono di sopravvivere ma non di arricchirsi. “Lavoravamo molto sullo stile”, disse in seguito Maj Sjöwall. “Volevamo che non fosse né suo personale né mio, bensì quello giusto per i nostri libri. Volevamo che potesse leggerli chiunque, istruito o meno.” Durante un soggiorno a Budapest i due scrivono “L’uomo che andò in fumo”, in parte ambientato nella capitale ungherese.
A inizio anni Settanta, il dramma della malattia di Per: i suoi polmoni sono pieni d’acqua, il pancreas è compromesso. Segue diverse cure senza risultato, entra e esce dagli ospedali per quattro anni, e deperisce sempre di più. Alla fine riesce a sbirciare la cartella medica, e scopre che non c’è più nulla da fare.
Sjöwall e Wahlöö affittano un bungalow al mare, presso Málaga, per lavorare all’ultimo dei dieci libri. Si trasferiscono in Spagna con i tre figli per l’ultima vacanza della loro vita insieme. Lui è molto malato, sente vicina la fine, e per la prima volta la maggior parte del lavoro di scrittura è sua, mentre Maj rivede il testo. Forse è per questo che Terroristerna è l’episodio più lungo, più amaro e più politico. Wahlöö lavora fino allo sfinimento, fino a cadere in terra per la prostrazione, e la sua calligrafia è spesso difficile da decifrare per lei che deve battere a macchina.
Al loro ritorno in Svezia nel marzo ’75 consegnano il dattiloscritto all’editore. Per Wahlöö muore meno di tre mesi più tardi, dopo tre settimane di coma profondo dovuto alla morfina che prende per calmare il dolore terribile.
Maj Sjöwall rimane con tre figli e con qualche introito dai diritti d’autore. Continua a scrivere, per esempio “La donna che sembrava Greta Garbo” in collaborazione con l’olandese Tomas Ross. Il ritorno in auge del poliziesco la coglie impreparata. Da tempo considerava chiuso quel periodo della sua vita, ora i giornalisti corrono a intervistarla. Henning Mankell costruisce il suo detective Wallander come una copia di Martin Beck, e soprattutto “Uomini che odiano le donne” di Larsson lancia in orbita il giallo svedese. Si riscoprono le origini, “Romanzo su un crimine” viene pubblicato all’estero e raggiunge la fama che merita: 10 milioni di copie nel mondo, anche se i diritti d’autore sono di modesta entità, perché calcolati in base a vecchi contratti editoriali risalenti alla pubblicazione in Svezia: “più che ricca, mi hanno resa indipendente” dice oggi Sjöwall. I due però non erano sposati legalmente, e Per non aveva adottato la figlia di Maj perché nessuno immaginava il successo postumo di “Romanzo su un crimine”, così la sua parte di royalties va alla figlia del precedente matrimonio. Oggi Sjöwall lavora alla fiction televisiva su Martin Beck e viaggia di continuo per raccontare la sua collaborazione con Wahlöö, ma rifiuta di scrivere un undicesimo episodio e declina l’invito per una autobiografia.
Ma cos’è accaduto alla Svezia nell’ultimo quarto di secolo? La società è davvero cambiata in peggio come previsto? Il crimine ha vinto? Sì, ammette Maj Sjöwall, quel futuro è giunto anche più in fretta di quanto ci si potesse aspettare. La letteratura non può mettere in guardia dal futuro, non può influire sulla vita: “Il problema è che la gente che leggeva quei libri già la pensava come noi. Nulla è cambiato”. Ma un altro crimine è stato perpetrato nel frattempo: oggi Maj gira per il mondo, parla della loro collaborazione, risponde alle domande, ritira premi letterari, e ogni volta pensa a quell’uomo morto all’età di 49 anni. Maj pensa a quanto lui avrebbe meritato tutto questo, e invece il destino ha scippato a Per Wahlöö la sua parte di gloria letteraria.