Originale televisivo di Alessandra Daniele D’anza

SognodelComando.JPGRiassunto delle puntate precedenti:
La mattina dell’inaugurazione del corrente anno accademico 1973-74, Leo Verdeschi (Luigi Vannucchi) brillante crittografo, accetta dal collega e amico Paolo Pianori (Ugo Pagliai) l’incarico di decifrare per conto dell’università’ gli scritti appena ritrovati di un misterioso alchimista trecentesco. Quel giorno stesso, riceve una strana telefonata, nella quale una voce di donna, che suona distante come in teleselezione, lo mette in guardia contro i rischi connessi al suo incarico. Incurante dell’avvertimento, Verdeschi si mette al lavoro, riuscendo a decifrare una complessa formula magica che secondo l’alchimista darebbe il potere di vedere il futuro. Esausto per le molte ore di lavoro, Leo accende l’apparecchio televisivo per il telegiornale della notte, e s’addormenta in poltrona sulla sigla della chiusura dei programmi. Durante la notte, sogna un bizzarro futuro di videofoni tascabili e calcolatori elettronici miniaturizzati, nel quale però si parla ancora di austerità e crisi economica, mentre un governo composto dallo stesso tipo di notabili da sempre al potere chiede ai cittadini già vessati ulteriori sacrifici. La mattina dopo, Leo telefona a Pianori comunicandogli i risultati del suo lavoro, e gli accenna del sogno. Mentre si reca a piedi all’università, intravede una figura di donna che gli fa cenno di non attraversare la strada. Esita, salvandosi così per un soffio da un’alfetta che l’avrebbe investito.


Leo s’accende una sigaretta.
– Possibile che qualcuno mi voglia morto?
Pianori accenna un sorriso.
– Figurati! E perché mai?
– Per la formula che ho decifrato.
– Non penserai mica che funzioni sul serio?
Leo alza le spalle.
– Mi chiedo se possa esserci qualcosa di vero nel futuro che ho sognato.
– Che anno era?
– 2012
Pianori sorride
– Addirittura? Ma figurati se nel 2012 staremo ancora qui a parlare di austerità e sacrifici. Saremo su Marte! – Prende una bottiglia di Punt e Mes e un paio di bicchieri – Hai detto d’esserti addormentato dopo il notiziario, no? Questo spiega tutto.
– Anche i calcolatori elettronici miniaturizzati?
– Che stanno in una valigetta?
– Che stanno in una tasca
– E astronavi superveloci? – Chiede Pianori, ironico. Leo sorride.
– No. Però si parlava di scavare un tunnel per un treno superveloce.
– Dove?
– In Val di Susa.
Pianori ride.
– Ma il traforo del Frejus c’è già da un secolo! Hai sognato il passato, non il futuro! tieni, bevici su – Porge uno dei due bicchieri a Leo – Sicuramente meglio della schifezza che devi aver bevuto ieri sera.
Leo accetta il bicchiere, e lo scola in un sorso. Qualche secondo dopo, la sua vista s’annebbia. Pianori lo fissa con aria soddisfatta. Leo barcolla, e perde i sensi.

Al suo risveglio, si trova legato a una sedia. Pianori è di fronte a lui, e gli punta una pistola contro.
– Dimmi Leo, come ci sei riuscito?
– A fare cosa?
– A vedere il futuro.
– Allora mi credi. Che fine ha fatto il tuo scetticismo?
– Diciamo che mi hai convinto.
– Per questo mi volevi morto?
– Quell’automobile è stato un errore. Abbiamo scoperto che la formula decifrata non ci basta. Solo tu sei riuscito a farla funzionare. Quindi ci serve che tu ci dica come hai fatto.
– Non ne ho idea.
– Quello che ci hai già raccontato del futuro ci ha rassicurato. Ora sappiamo che quest’era di turbolente rivendicazioni passerà, noi riusciremo comunque a mantenere il comando, e a rimettere le cose a posto. Però non ci basta, dobbiamo avere il quadro completo. Vederlo di persona.
– Perché usi il plurale maiestatis? Chi diavolo siete ”voi”?
– Non immaginarti cospirazioni romanzesche. Noi siamo semplicemente… una classe, come va di moda dire oggi.
– Una classe? E di quale genere, di quale specie?
Pianori sorride. Poi punta la pistola al ginocchio destro di Leo.
– So che quello del crittografo è un mestiere sedentario, ma credo che se mi partisse un colpo adesso ti dispiacerebbe comunque. Allora, come hai fatto?…
Un’ombra si materializza alle spalle di Pianori, e lo colpisce alla testa con un candelabro. Pianori si affloscia. Leo guarda l’ombra prendere più consistenza.
– Tu sei quella che m’ha fermato stamattina!
La donna aiuta Leo a slegarsi.
– Non abbiamo molto tempo – gli dice – sto per svegliarmi.
– Svegliarti?
– La formula che hai decifrato non permette solo di vedere il futuro, ma anche di trasferirsi per brevi periodi. E funziona anche al contrario.
– Quindi tu vieni dal futuro! Ma come fai a conoscere la formula?
– Me l’hai comunicata tu. Anzi, lo farai.
– Come?
– Scrivila sull’ultima pagina della copia di Urania in edicola stamattina, e lasciala in un angolo del negozio di libri usati qui di fronte. E’ lì che l’ho trovata da piccola.
– Per caso.
La donna sorride.
– Il caso non esiste.
Spalanca la porta.
– Fai come ti ho detto, e poi sparisci. Cambia nome, e vai il più lontano possibile. Non smetteranno mai di cercarti.
Nella luce dell’alba la donna appare sempre più evanescente.
– Tu vorresti cambiarlo quel futuro, vero?
La donna annuisce.
– Ci rivedremo ancora? – Chiede Leo.
– Forse, da qualche parte nel tempo.
La donna svanisce. Leo dà un’occhiata al corpo esanime di Pianori. Raccoglie la pistola. Esce, e si chiude la porta alle spalle.

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