di Matteo Dean

evopresidente.jpgIl noto leader sociale boliviano Oscar Olivera – che preferisce essere definito “ex dirigente sindacale ed attivista sociale” – in questa intervista spiega la sua posizione critica verso il governo di Evo Morales, le contraddizioni e i pericoli che scorge attualmente in Bolivia e le prospettive del sindacalismo e del movimento autonomo.
Oscar Olivera fu uno dei principali attivisti durante la guerra dell’acqua di Cochabamba contro le privatizzazioni nel settore idrico e in seguito è stato un personaggio fondamentale nelle battaglie per la difesa del gas boliviano in seguito alle quali i movimenti sociali e il partito MAS (Movimiento al Socialismo) hanno aumentato i loro consensi, in buona parte dirottati in favore del candidato Evo Morales. Evo è stato eletto per la prima volta presidente della Bolivia il 18 dicembre 2005 ed è stato votato per portare a termine un secondo mandato anche nel dicembre 2009. In entrambi i casi l’ex leader sindacale cocalero s’è imposto con maggioranze importanti (45% nel 2005 e 63% nel 2009) convogliando su di sè il voto delle classi disagiate e delle popolazioni indigene. Che ne è stato delle sue origini e del concetto di autonomia dei movimenti? Quali aspettative sono state tradite dal “presidente Aymara”?

La frammentazione del movimento: “Con noi o contro di noi”

Nel governo della Bolivia esistono un discorso ed una pratica completamente divergenti. Si fomenta l’individualismo e si penalizza la presa di decisione comunitaria. I movimenti sociali sono nella quasi totalità subordinati al governo. È vigente la consegna “con noi o contro di noi”. Inoltre, non è solo il fatto che ti ignorano o che non esisti come era fino a poco tempo fa. No, adesso, dopo le ultime elezioni, il governo sembra dire: “sì, esisti, e ti distruggo perché tu non esista più”. E allora c’è una forte campagna di disprezzo, di calunnie, molto bassa, molto dannosa, contro alcuni referenti sindacali o sociali che hanno una posizione fortemente autonoma.

Credo che ci siano fattori distinti. Da un lato c’è una attitudine generale e dall’altro la presenza di quadri medi nel governo che operano questo tipo di politica. Quando Evo Morales arrivò al governo, io ero preoccupato per come lui è. Nel profondo, è una persona con i propri legittimi obbiettivi. Ad esempio, ha sempre voluto fare il presidente. Evo fu tra i promotori del referendum del gas nel 2004. Molti eravamo contrari perché ritenevamo che la consulta fosse una trappola. Lui no, trattò con il governo di allora tutto per poter accedere allo stesso governo.

Credo che in quella occasione, Evo usò la gente. Non mi sembra molto onesto, molto leale, avere sempre utilizzato quella capacità di seduzione, tipica sua, per attrarre la gente, usarla e poi scartarla, anche in malo modo. È un caudillo e qui non c’è alcuna orizzontalità del potere, non c’è la minima intenzione di offrire il potere alla gente. Qui il potere è concentrato in una sola persona, e quella è Evo Morales. Lui decide tutto, dà persino il beneplacito ai candidati sindaco in questo paese.

Inoltre, si è circondato di gente che è molto accondiscendente con lui, cosa che gli piace molto. Ho visto attitudini persino servili verso il presidente. Non importa quale passato abbia suddetta persona, se asseconda quello che dice il presidente va bene. In cambio, un compagno che non si è mai venduto, che mai s’è sottomesso, o un settore che è stato ribelle, che è sempre stato autonomo, quello non è tollerato. Credo che sia un misto di carattere personale insieme ad una rete di personaggi per niente qualificati che sono lì, nel governo.

Ad esempio, io non posso più comunicare con lui. L’ultima volta fu due anni fa, adesso neanche mi parlano. Sembra che per il governo io sia vietato. E sembra che l’unica forma per dirgli che siamo qui, che qui insistiamo, qui continuiamo, non sono le lettere pubbliche che gli abbiamo inviato o i messaggi che gli abbiamo fatto arrivare da altre persone, ma la mobilitazione. Ad esempio, il governo ha organizzato un evento per ricordare i dieci anni della “guerra dell’acqua” (nell’aprile del 2010). Un evento di parte dove sono arrivate cinquecento persone e nel quale si è fatto capire che le conquiste di dieci anni fa sono state il risultato di un gruppo, di un settore.

Invece, alcuni giorni dopo abbiamo organizzato una manifestazione a cui hanno partecipato più di diecimila persone e abbiamo rivendicato che non è stata una parte a vincere, ma che è stato il risultato della costruzione collettiva, di un tessuto sociale molto forte, molto generoso, molto trasparente e senza alcuna discriminazione. Tutto questo non esiste più. C’è stata molta frammentazione e cooptazione da parte del governo attuale. Dall’altro lato, sono stati disprezzati tutti quelli che non hanno voluto far parte di quel gioco.

Credo che la gente che si trova negli apparati abbia paura del potere che sta in basso. È successo che quando ci siamo mobilitati, si sono spaventati perché hanno visto che è stata la base sociale quella che ha manifestato, la base sociale di tutto il processo che portò Morales alla presidenza, quella stessa base che per prima si mobilitò nella “guerra dell’acqua”. Il cancelliere David Choquehuanca, che non ho mai visto in alcuna battaglia, da nessuna parte, s’è preso il lusso di denigrare la manifestazione dicendo che era una manifestazione dell’estrema destra.
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È una mancanza di rispetto e mi indigna che un funzionario che non ha mai avuto il coraggio di mostrarci la faccia si permetta di infamarci. Inoltre, se si considera che il MAS [Movimento al Socialismo, partito di Evo Morales, ndt] nelle ultime elezioni ha perso nelle zone urbane, dovrebbero cercare di avvicinarsi a quella gente, a questa base sociale che fu la stessa che votò per loro ma che ha manifestato con noi. C’è una cecità assoluta, superbia, disprezzo della propria gente.

La politica del lavoro in Bolivia

Il progetto di riforma del codice del lavoro in Bolivia – presentato il primo di maggio del 2009 – ha due grandi svantaggi per i lavoratori. Il primo ha a che vedere con la criminalizzazione dello sciopero, della protesta. Si stanno introducendo nuove regole, come per esempio il fatto che qualsiasi decisione presa dal sindacato deve avere una maggioranza di due terzi, quando ancora adesso è sufficiente il 50 per cento più uno; inoltre si propone che in caso di sciopero, i lavoratori che non sono d’accordo e che vogliono lavorare lo possano fare.

Nel caso che un dirigente sindacale o un altro lavoratore cerchi di impedire che si interrompa lo sciopero, aggredendo fisicamente o anche solo verbalmente, questa persona può essere perseguita penalmente. Inoltre, la proposta esclude i lavoratori del settore pubblico dal diritto allo sciopero, cioè, tutti i lavoratori dell’acqua, luce, telefonia, comunicazioni, sanità e tutto l’apparato amministrativo non potranno scioperare. In questo modo, si attacca direttamente l’unità sindacale e la possibilità di azione unitaria.

Queste proposte manifestano una visione individualista del soggetto lavoratore. Noi vogliamo che venga mantenuta la visione collettiva, che siano i sindacati quelli che in modo organizzato rappresentino i lavoratori. Abbiamo qui un’ideologia precisa che si sta infilando dentro il governo attraverso i tecnocrati. Ad esempio, la nuova legge anticorruzione che è stata approvata poco fa introduce la delazione come metodo. Voglio dire, si continua a fomentare l’individualismo, la sfiducia nell’altro a scapito della collettività, della comunità.

Non c’è un discorso ufficiale per la promozione di queste proposte. Io credo che ci sia gente che si sia infilata, che si sia intrufolata nel governo. Ad essi interessa ottenere soldi, risorse finanziarie, perché ci sia stabilità macroeconomica. Il mondo del lavoro, come l’acqua, non rientrano nei loro interessi. Allo stesso modo, non sono interessati alla vita quotidiana della gente. Per molti settori sociali, dopo cinque anni di gestione di questo governo, non solo le cose non sono cambiate ma sono peggiorate.

Noi abbiamo due cose in questo momento. La prima è la lotta ideologica contro il governo, contro l’individualismo, la delazione, la criminalizzazione della protesta, poiché quello che neanche i governi militari seppero fare, questo governo lo sta facendo. C’è gente che s’è messa nel governo e, in maniera molto sotterranea, sta negoziando con i poteri economici, con gli imprenditori. Il progetto sulla politica del lavoro deve essere stato concordato con la parte padronale, non c’è altra spiegazione. Però siccome Evo Morales ha un’immagine molto forte, uno pensa che tutto quello che fa va bene.

La seconda è cercare di resistere e conservare il poco che è rimasto di quella legge generale del lavoro che ha più di 60 anni, che sì, è diventata qualcosa di contraddittorio, disordinato, però non per questo devono imporci qualcosa di involutivo come è il nuovo progetto. Ad esempio: questa legge (la proposta del governo) legalizza il lavoro esternalizzato. Nelle catene di montaggio, i lavoratori stabili e quelli in subappalto lavorano gomito a gomito senza nemmeno conoscersi. Esiste il lavoratore con tutti i diritti e poi “l’esternalizzato”. Non lo chiamano neanche compagno. Perfino il linguaggio ti separa, ti divide, ti frammenta, ti discrimina.

La comunità e il sindacato

Ora, noi abbiamo radici ancestrali che si richiamano al concetto di comunità. Questo sentire e agire della comunità sta andando perso e noi vogliamo recuperarlo. Dal nostro punto di vista, il sindacato può essere una replica urbana della comunità, dove nessuno possa frammentarci né dividerci, dove le decisioni vengano prese collettivamente e attraverso il consenso, dove ci sia una rotazione delle responsabilità e la revoca dell’incarico, alla fine tale e quale funziona nelle comunità andine.

Urbanizzazione accelerata, corruzione e narcotraffico a Cochabamba

A Cochabamba ci sono tre problemi. Il primo è un processo di urbanizzazione molto accelerato. Lo Stato ha stabilito che la terra e il suolo sono un affare. In questo modo sono state favorite attività criminali di urbanizzazione: aree agricole, parchi di sviluppo forestale, ecc. Tutto questo è in relazione con il tema dell’acqua. Nella città esistono circa diecimila pozzi che vengono alimentati dai corsi d’acqua che scendono dalle montagne. Ora, questi pozzi stanno seccando, hanno livelli molto bassi, cosa che obbliga a ulteriori perforazioni. Di fronte a questa situazione, non c’è chi possa fermarla poiché tutto è promosso tanto dal governo nazionale quanto da quello locale.

Il secondo problema è il tema della corruzione. Poiché questa “istituzionalità” corrotta non è stata cambiata, molti compagni che andarono a “cambiare lo stato”, a “rendere orizzontale” il potere, a creare una “istituzionalità partecipativa e aperta alla gente”, si sono lasciati trasformare dallo stato e sono diventati corrotti. Un esempio è il caso di chi doveva essere il successore di Evo Morales e che oggi si trova in carcere: Santos Ramírez Valverde.
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E il terzo tema è il narcotraffico che qui a Cochabamba sta perseguitando le comunità. Ed è paradossale, perché quando c’era la DEA (l’agenzia antinarcotici degli Stati Uniti) il problema era maggiormente sotto controllo. Questo è un problema molto grave che bisognerà affrontare poiché ci sono settori degli stessi produttori di foglia di coca che stanno entrando nel business del narcotraffico. E continuando così può essere che la foglia di coca che portò Morales al governo potrebbe essere la stessa che ce lo tolga. (Nella foto: Oscar Olivera)

Discorso anticapitalista e pratica incoerente

Esistono molte contraddizioni tra il discorso anticapitalista e anti-imperialista e le forme di sviluppo promosse che hanno un alto contenuto capitalista. Il caso della miniera San Cristóbal è esemplare, come il piano dell’IIRSA [Iniziativa per l’Integrazione dell’Infrastruttura Regionale Sudamericana, ndt]. Ovvero, quello che non hanno potuto fare quelli di destra lo sta facendo questo governo insieme a Lula (presidente del Brasile). Queste contraddizioni tra il discorso e l’azione concreta non permettono al governo di nascondere le cose che stanno accadendo qui. Il governo dice che tutto questo è per mettere assieme le risorse finanziarie per le necessità della gente e per stabilire un grado di equilibrio con la natura.

Però, nelle comunità, dove la gente si oppone, il governo discredita immediatamente chi protesta o, nel suo caso, lo sostituisce con altri leader inviati dal governo. In altri casi, lo Stato è completamente assente, cosa che provoca che la gente voglia risolvere i problemi da sola. È anche per questo che in questi cinque anni ci sono stati più di 60 morti. È il caso, ad esempio, di Huanuni dove c’è stato uno scontro tra le comunità che lavoravano le miniere con le cooperative e i lavoratori sindacalizzati: per la disputa di un giacimento, nell’ottobre del 2006, 4 mila abitanti delle comunità, gente molto giovane, si scontrarono con i sindacalizzati con il risultato di 17 morti.

Il movimento autonomo
È un momento molto difficile per il movimento in Bolivia. Per cominciare non ci sono spazi per l’autonomia. Né indigena, né municipale, né niente. C’è una forte immagine di Evo Morales che non permette l’esistenza di una voce autonoma. Ma la gente non è stupida e si rende conto che non va bene, sebbene non si azzardi ad alzare la voce, poiché ci sono certe condizioni repressive.

Con questo governo vedo molto difficile qualsiasi spazio di autonomia. È paradossale, poiché questo processo fu avviato dalle autonomie, nessuno ci diceva cosa dovevamo fare, era una decisione collettiva tra noi ed eseguivamo le cose. Adesso non accade più. Dall’autonomia siamo passati alla subordinazione assoluta.

Rispetto a questo governo c’è molta speranza sia qui che in molte parti del mondo. Il governo utilizza un linguaggio guevarista, marxista, antimperialista che porta a relazioni che ci preoccupano. Ad esempio, la relazione tra Hugo Chávez del Venezuela, il presidente iraniano Ahmadineyad e il governo della Bolivia. Prima di stringere amicizie, si dovrebbe vedere cosa succede in quei paesi. Ad esempio, in Iran c’è una forte repressione contro il movimento operaio e contro le autonomie dei movimenti sociali.

Sono così pessimista che non credo che l’attuale governo di Morales riuscirà a sopravvivere per i cinque anni (del suo mandato). Ci sarà una specie di disillusione tra la gente. Mi diceva un vecchio combattente contadino di qui, del barrio 1° maggio, una zona molto impoverita: “Queste vittorie elettorali del MAS (Movimento al Socialismo), questa immagine ottimista del governo, sono il frutto del nostro sforzo; però tutto questo si sta trasformando in una festa per i ricchi di sempre”.

Nonostante comincino ad esserci scontento e delusione tra la gente, lo stesso che si registra anche nei risultati elettorali che tanto interessano al governo, quello che è certo è che la gente si sente in qualche modo ricattata, perché se questo viene rovesciato, la domanda è: “Cosa viene dopo?”. Se questo cade, sarà una festa per la destra, che potrà dire alla gente: “Avete avuto il marxista, il guevarista, l’indigenista… e cosa avete fatto?”. E se tutto cade a pezzi, come sempre pagheremo noi che stiamo in basso.

Prospettive personali e collettive

Essere indigeno non è una questione di volto, di tratti, di colore della pelle, di vocabolario, ma è un problema di attitudine. L’indigeno è generoso e rispettoso della gente, è trasparente. E questo governo, sebbene dica di essere indigeno, fa esattamente il contrario: autoritario e sprezzante verso chi non la pensa come lui. Per questo non ho voluto assumere nessun incarico statale, perché credo che quello che vivi nella tua esperienza quotidiana ti fa cambiare la tua visione delle cose e le tue inclinazioni.

Ho pensato cosa fare in questo contesto. Ho parlato con i miei compagni e abbiamo discusso cosa doveva fare adesso Oscar Olivera, questa figura che ha ancora un’ampia base sociale. E abbiamo deciso che sarei andato nel più profondo. Ho scelto di andare verso la profondità di questa base sociale e cercare e stabilire lì una nuova trincea di lotta che mi permetta di sommergermi un’altra volta nella vita quotidiana della gente, nelle sue preoccupazioni e da lì ricostruire un tessuto sociale di fronte al possibile crollo.

Ho abbandonato gli spazi pubblici (riferimento al Tavolo 18 che venne organizzato in “alternativa” al Vertice sul Cambiamento Climatico organizzato dal governo boliviano nell’aprile di questo anno). Ho pensato “meglio che me ne vada alla base e che lavori lì facendo quello che più mi piace: parlare con la gente, capire le preoccupazioni della gente, andare nelle fabbriche ad informare i lavoratori”. Forse la mia ultima attività pubblica è stata la Fiera dell’Acqua, visto che l’esposizione pubblica mi sottopone agli attacchi di disprezzo del governo e questo comincia ad esaurirmi.

Volevo tornare in fabbrica, ma l’azienda non ha più voluto. Allora mi sono fermato qui, organizzando la scuola sindacale e popolare. Abbiamo trasformato questo luogo (l’intervista si svolge nel Complesso Produttivo di Cochabamba) in un centro sociale di formazione, informazione, organizzazione e scambio di saperi aperto a tutta la gente, a tutti i lavoratori, i nuovi e i vecchi, gli uomini, le donne. È quello che cerchiamo di costruire qui: uno spazio molto autonomo e molto critico e che abbia la capacità di preparare la gente perché vada nelle comunità, nei quartieri, a costruire questa autonomia.

Tutto questo con la prospettiva di pensare che la soluzione (ai problemi) si trova nella gente, non passa più nella politica per come è concepita e praticata oggi. Mettere la nostra gente negli apparati statali non serve a niente. È definitivamente un inganno. Al contrario, la soluzione passa per l’autogestione. Qui in città, ad esempio, abbiamo alcune fabbriche che vogliamo occupare e autogestire. Vedremo.

(traduzione a cura di paolo@28maggio.org)

Matteo Dean é un giornalista italiano residente in Messico e collabora con il quotidiano messicano La Jornada, la rivista settimanale Proceso, Desinformémonos, L’Espresso, RaiNews24, Il Manifesto e GlobalProject, tra le altre. L’Intervista a Oscar Olivera “L’opposizione ai tempi di Evo” (in castigliano) è stata pubblicata sul sito messicano Desinformémonos il giorno 1 agosto 2010 – http://desinformemonos.org/2010/08/oscar-olivera-la-oposicion-en-tiempos-de-evo/