L’età del comunismo sovietico Europa 1900-1945
a cura di Pier Paolo Poggio (Jaca Book, 2010, 40 euro)

di Arturo “Potassa” Cravani

eretico.jpgIl progetto è monumentale, anche perché ogni nome citato in questa “reference” del comunismo eretico ne attiva di rimbalzo altri e ogni libro in bibliografia ne richiama alla mente, al lettore appassionato, altri dieci. Ci sono nomi di militanti, movimenti, rivolte, ribellioni, insurgenze e rivoluzioni. E soprattutto un’alternativa al comunismo realizzato in Unione Sovietica.
In anni in cui va di moda pubblicare libri neri del comunismo e strillare ai quattro venti che lo spettro non si aggira più per l’Europa (Ma perché, il capitalismo ha vinto? Su quali macerie, su quali discariche, su quanta miseria e su quali vinti regna questa metastasi terminale, e a quanti dispensa i suoi dividendi?), ben venga un ponderoso progetto editoriale che riattiva il lievito dell’opposizione di sinistra e dei comunisti libertari. Quelli che non hanno mai brindato alla proclamata “fine del comunismo” perché non l’hanno visto realizzato in URSS. O che al limite nell’Unione Sovietica hanno visto solo la perversione di un’idea. Il capitalismo di stato, il comunismo autoritario, la burocrazia.


l libro presenta una serie di schede di personaggi e momenti storici che hanno visto fiorire alternative, pratiche e teoriche, alla dittatura dello stato sul proletariato da parte di un partito — come dicevano i surrealisti – “cosiddetto comunista”. Molti di questi momenti e personaggi hanno animato diverse correnti storiche di sinistra: il bordighismo, il trotskismo, l’operaismo, le frange anarco-comuniste. Ogni filone, come spesso accade, si è poi frantumato in altre correnti e esperienze, a volte finendo nel nulla, a volte confluendo in insospettabili rivoli di pensiero critico: pensiamo, ad esempio, che da Bordiga si può trovare un filo rosso che conduce fino al teorico francese Jacques Camatte e da questi all’ecologia radicale nordamericana. Ma già mi sto spingendo oltre l’indice dei nomi, peraltro copiosissimo, del volume della Jaca Book.

Un indice appunto che rende merito ai tanti uomini che hanno intrecciato la storia del Novecento, passando spesso d’esilio in esilio in mille paesi perché la vecchia talpa continuasse a scavare, nonostante le barriere di stalinisti e capitalisti. Vagabondi dell’ideale come Victor Serge, Andrea Caffi, Boris Souvarine e Ante Ciliga. Rivoluzionari come Gustav Landauer e Rosa Luxemburg. Scrittori come Arthur Koestler e George Orwell. Intellettuali come Walter Benjamin, Karl Korsch, Simone Weil, Bruno Rizzi, Georges Bataille e Karl Polanyi (quest’ultimo autore di un’opera che ha ispirato l’antropologo Marshall Sahlins, autore del saggio “L’economia dell’età della pietra”, che ha a sua volta fornito elementi per le tesi dell’anarcoprimitivista John Zerzan). Una lista lunga, destinata per forza di cose a rimanere incompleta, vista l’estensione del campo oggetto dell’indagine e la natura del testo che può considerarsi “da consultazione”. E non ci sono solo i nomi dei rivoluzionari. Il libro rende conto anche di grandi momenti storici di rottura, quali la rivoluzione dei consigli in Germania e la rivoluzione anarchica in Catalogna del ’36.

Oltre a questi, vorrei citare alcuni episodi storici che hanno segnato l’allargarsi della frattura tra l’Urss e il partito emanazione dello stalinismo da una parte, e le correnti eretiche del comunismo, soprattutto quelle libertarie, dall’altra. Un primo esempio, subito a ridosso della Rivoluzione del ’17, è stato il tentativo del partito bolscevico di annientare ogni esperienza che lo scavalcasse a sinistra. Di qui la guerriglia durata alcuni anni, dal ’17 al ’21, contro gli anarchici machnovisti che occupavano una zona molto ampia dell’Ucraina, spostandosi a cavallo e alimentando piccoli e diffusisissimi soviet di cavalieri e contadini anarchici che combatterono contro i bianchi, difendendosi al tempo stesso dagli attacchi dei bolscevichi. Per decenni quell’esperienza fu raccontata nei libri di storia sovietici come un periodo di lotta contro il banditismo. In realtà fu un’epopea libertaria meravigliosa (meritano una lettura appassionata le memorie di Machno, i saggi di Arsinov, di Ugo Fedeli e la Rivoluzione sconosciuta del Volin) e venne annientata dallo stesso Trotsky che dovette poi sentire sulla propria pelle il peso dell’epurazione, per contrappasso storico.

Non diversamente le cose andarono a Kronstadt, una delle pagine più toccanti della rivoluzione, e anche qui i marinai ribelli e gli anarchici, troppo rivoluzionari, furono assassinati dai bolscevichi (qui suggerisco la lettura degli scritti di Avrich e Skirda). Anche l’opposizione di sinistra conoscerà i suoi lutti, i gulag e le epurazioni, e sono pagine che si conoscono ormai bene (le più amare quelle delle vittime antifasciste dello stalinismo, fatte oggetto di intimidazioni e sorveglianza, poi finite nei gulag o assassinate). Coda di questo progetto di eliminazione delle forme eretiche del comunismo sarà la Guerra di Spagna. Qui, con la stessa violenza già espressa in URSS, gli stalinisti progetteranno e metteranno in pratica l’eliminazione di anarchici e poummisti, una tragedia raccontata tra tanti altri da Orwell in Omaggio alla Catalogna, una pagina di cui rimane simbolica la morte dell’intellettuale anarchico Camillo Berneri.

Solo alcuni eventi che incrociano i saggi del volume curato da Pier Paolo Poggio. Un libro importante, da tenere in libreria probabilmente come opera di consultazione, capace però di innescare nel lettore il desiderio di inseguire il filo rosso di chi ha sognato un mondo senza servi né padroni, oltre le realizzazioni staliniste e le dichiarazioni neoliberal sulla fine del comunismo.