di Marilù Oliva

format indecoroso di tele-prigione

pupa.jpgAll’inizio le pupe erano cinque, di tutte le tonalità: una rossa, una ossigenata, una con la tinta neroblu, una castano scuro e una nocciola-miele. I coglioni erano sempre cinque, ma il livello di coglionaggine era il medesimo.
Il gioco procedeva a coppie: ogni pupa si sceglieva un coglione e gareggiava con lui. Le regole prevedevano che ciascuno assecondasse la propria natura, spontaneamente, i maschi senza troppi orpelli, le pupe senza troppi veli. Chi era più bravo in questo avrebbe vinto il trofeo, un’enorme zucca vuota e un contratto annuale per una televendita di cibo per gatti. I dieci vennero chiusi in una casa. Per quattro settimane le telecamere immortalarono sfuriate, risate, mangiate, vomitate, scherzi e dispetti. L’ultimo venerdì fu aspettato con trepidazione, sarebbe stata nominata la coppia vincitrice tra le due rimaste, dopo le eliminazioni che, durante il programma del venerdì sera, avevano sfoltito i partecipanti. In finale erano arrivati due coglioni e due pupe: l’ossigenata e quella coi capelli neroblu.

Erano tutti in fermento: presentatore, ospiti e sponsor. Il presentatore, Sig. Paparini, aveva stampato in faccia il suo classico sorriso a banana. Arrivò il momento della prova culturale, le pupe furono fatte sedere ciascuna su un banco, gambe incrociate. Venne proiettata la foto di Napolitano.
— Chi è costui? — domandò il conduttore, sornione.
Silenzio. Le pupe si guardarono tra loro con sguardo smarrito.
— Su… — aiutò Paparini — è il nostro Presidente della Repubblica! Dai ragazze, è pelato e ha un neo sulla guancia…
La pupa dai capelli scuri sbottò:
— Bruno Vespa!

Risate. Il presentatore e gli ospiti piegati in due.
Altra immagine, il Pianeta Terra in primo piano. Paparini partì con la seconda domanda:
— Come si chiama il satellite della Terra?
La pupa dai capelli color notte alzò la mano e azzardò, sottovoce:
— Sky?…
Quella con capelli ossigenati alzò la voce:
— Ignorante! È Mediaset Premium!
Tutti giù a ridere.
— Ignorante sarai tu! — si difese la pupa dai capelli neroblu.
— Io sarò ignorante, ma tu… ti sei vista tu? Sei piena di smagliature!
La pupa mora si fece serissima:
— Io avrò anche qualche smagliatura, ma i capelli sono miei. Tu invece hai le extension ai capelli!
— E tu? Hai un mento che sembri Totò e un culo che cade a terra, vuoi che chiami una gru a rimontartelo?

Risate generali. Anche i coglioni si sbudellavano, dietro le quinte. Li avevano scelti con impegno. Quelli della produzione volevano un prototipo semi-umano che accontentasse le aspettative di chi sovrappone la figura dello studioso a quella del secchione. Volevano un cesso fuori ma soprattutto dentro. Volevano uno imbranato, verginello, con i seguenti requisiti, preferibilmente tutti concentrati: occhiali, fisico scheletrico, flaccidezza muscolare da totale inattività e faccia da overdose da Prozac.
Ne avevano trovati cinque.
Ora ne erano rimasti due, che per poco non si pisciavano addosso dal ridere.
La bagarre fu interrotta dal presentatore:
— Ragazze, il satellite della Terra è la Luna!
Sghignazzi. Venne proiettata l’immagine di Che Guevara, le pupe furono invitate a identificarlo. Faccia sbalordita, bocca spalancata. Sig. Paparini incalzò:
— Chi è?
La pupa bionda tacque, rimuginava ancora l’offesa ricevuta. Come aveva osato quella dirle che aveva le extension?
L’altra sorrise, lisciandosi le gambe:
— Jovanotti?
Il pubblico in studio esplose di risate. Questa era davvero grossa. Anche da casa gli spettatori risero, massì, com’era divertente questa lettura bislacca del mondo, com’era confortante sapere che c’era qualcuno più ignorante di noi. Che ridere. Immagini sovrapposte, perdita del significato, era meraviglioso nuotare in quel vuoto telespastico.

La pupa dai capelli color notte sbattè gli occhi compiaciuta dell’errore: il suo momento di trionfo. All’altra salì la rabbia alla testa. Scese dal banco, andò dalla rivale, le impugnò il polso e con uno scatto la tirò già dal suo banco. Le alzò con cattiveria la minigonna gridando: «Fai vedere al pubblico quanto sei rovinata! Su, inquadrate le smagliature, sembra una tigre!».
La telecamera fece un primo piano sulle cosce ma, che delusione, nessuno vide nemmeno una striatura. La pupa dai capelli scuri fumava dal naso. Afferrò con entrambe le mani quasi tutte le ciocche di capelli dell’avversaria e tirò all’inverosimile. Il coglione della bionda, fino a quel momento nascosto dietro le quinte, corse in suo aiuto mentre, alle costole, lo tallonava l’altro coglione. Il primo non vide lo scalino del palco, inciampò e cadde col muso a terra, trascinando nel capitombolo anche l’altro concorrente, che gli si spataccò addosso.
Nel frattempo la pupa mora aveva atterrato con violenza quella bionda, le era salita a cavalcioni sul collo immobilizzandole la testa e aveva preso a strapparle i capelli come una forsennata.
Strappò, strappò, strappò, mentre la rivale, urlante, contorceva la schiena e agitava mani e gambe come se arrancasse in acqua per stare a galla. Strappò finché la testolina della bionda fu ridotta a quella di un pulcino bagnato, per terra giacevano i filamenti ossigenati dei capelli posticci. Ma neanche a quel punto la ragazza interruppe la sua punizione. Cominciò a grattarle il cuoio capelluto, le mani come artigli, aveva le unghie ricostruite e smaltate: durissime, impietose, raschiarono sulla pelle, qualcuna si spezzò, la tortura proseguì per due minuti finché la testa fu interamente zebrata di striscioline rosee: i primi strati epidermici erano stati scrostati.
Davanti agli occhi di persone invalidate dalle risate, neanche Paparini riuscì a intervenire da quanto si sbellicava. Da casa, i telespettatori si sganasciarono, alcuni risero con tanta foga che mancò loro il respiro. Vecchi e giovani ridevano in massa, ridevano indecenti, confortati dal nulla stupefacente irrorato dallo schermo.
Come da copione, quella sera molte fanciulle divennero aspiranti pupe.
E tanti ragazzi divennero ancora più coglioni di quanto già fossero.