di Franco Pezzini

AleisterCrwowley.jpgLondra, aprile 1900. Armeggiando con l’ombrello bagnato, Miss Cracknell piombò nell’ufficio postale. Al vedere la signorina così palesemente agitata, un paio di persone in coda valutarono se lasciarla passare — e alla fine, con un’occhiata complice, decisero non fosse il caso. Così, mentre l’impiegato si affaccendava sui precedenti telegrammi, Miss Cracknell ebbe tutto il tempo di ricapitolare i fatti per una sintesi più efficace.
Quel mattino, alla sede dell’Ordine al 36 di Blythe Road, Hammersmith, pianoterra, si era presentato inopinatamente Frater Perdurabo, insieme a Soror Fidelis (cinque anni di più — pareva fosse sua amante). Non era certo la prima volta che Miss Cracknell, segretaria responsabile per i documenti, si trovava a trattare con quell’individuo: l’aveva sempre messa a disagio. Considerate le voci che circolavano, ovvio che i confratelli gli avessero rifiutato il grado di Adeptus Minor. Col risultato che Perdurabo era corso a Parigi dal vecchio capo Deo Duce Comite Ferro, che non perdeva occasione di affermare la propria autorità e aveva compiuto l’iniziazione. In chiaro spregio ai fratelli di Londra: e questi, dopo una rapida consultazione, si erano decisi a non riconoscerla.

Così proprio Miss Cracknell si era trovata a dover rifiutare a Perdurabo, con tono gentile ma fermo, la consegna dei rituali del grado. Ma a quel punto era stata colta di sorpresa: il nuovo ineffabile Adeptus Minor le aveva infatti annunciato che il giorno prima (lunedì 16 aprile, per gli atti) aveva già effettuato una ricognizione in quei locali, aperti dal padrone di casa Mr. Wilkinson. Perdurabo l’aveva convinto di averne l’autorità, quale Inviato Plenipotenziario di Deo Duce Comite Ferro — e vantando la stessa autorità aveva ora comunicato alla basita Miss Cracknell la presa di possesso dell’appartamento, e l’aveva buttata fuori. Le era parso anche di sentirsi definire amabilmente “un vecchio Buco Saffico mai sazio”, ma rifiutava di soffermarsi su tali bassezze.
A quel punto, però, giunse il tuo turno al bancone, e all’impiegato perplesso riuscì solo a farfugliare un messaggio confuso. C.SE ATT.NE E. A. HUNTER. VENITE SUBITO BLYTHE ROAD. ACCADUTO FATTO TERRIBILE. Poi provvide a pagare, e respirando affannosamente si avviò alla porta. Sperò solo che Frater Hora et Semper non tardasse.

Lasciamo momentaneamente la povera Miss Cracknell in attesa dei confratelli, e proviamo a chiarire la questione. All’interno della Golden Dawn, leggendario ordine magico fucina di artisti e sognatori (cfr. Victoriana 4), cova da tempo un sordo malessere. Il vecchio e dispotico Mathers, nome magico Deo Duce Comite Ferro, è l’unico rimasto in sella del triumvirato dei fondatori, e vorrebbe gestire l’ordine a bacchetta in base a un discusso ruolo di intermediario con i misteriosissimi Capi Segreti — se davvero esistono, si tratta prosaicamente di un gruppo di iniziati continentali. I discepoli, che questa storia la digeriscono poco, mordono il freno: tanto più che Mathers si è trasferito a Parigi (dove organizza con la moglie siparietti magico-egizi), e pretende di governare a distanza; e tanto più che a far comunella con lui è ora il più chiacchierato degli adepti londinesi, Frater Perdurabo. Cioè, tanto per capirci, Aleister Crowley.
È in questo contesto che, alla fine del 1899, i responsabili del Tempio londinese di Iside-Urania rifiutano a Crowley l’iniziazione ad Adeptus Minor e il passaggio al Secondo Ordine. Perdurabo avrebbe in effetti completato con successo il corso nel Primo, ma c’è stato uno scandalo omosessuale a Cambridge e il suo nome è coinvolto. A dir la verità, lo scandalo ha sfiorato vari iniziati, e nel caso di Crowley le accuse di “turpitudine morale” da parte dei confratelli guardano piuttosto a un quadro più ampio. Iniziato di grande cultura, ma anche straordinario alpinista, poeta di qualche valore, uomo dalle energie spaventose e senza freni etici, Crowley ha parecchio in comune con Mathers, a partire dall’entusiasmo per la magia, dal fisico (per ora) atletico e dalla continua, febbricitante osmosi tra comportamento e sogni. Iniziato alla fine del ’98, si è impegnato spasmodicamente — e con esperienze, come al solito, anche parecchio fuori dalle righe. È stato forse un confratello più anziano, Iehi Aour cioè Allan Bennett, a iniziarlo all’uso magico delle droghe: e su questa via Crowley è andato poi avanti con entusiasmo da solo. Senza rifiutarsi mai niente, tanto che fin da quest’epoca le voci sulla sua vita sessuale devono risultare imprecise soprattutto per difetto.
Al di là di interessi specificamente esoterici, la figura di Aleister Crowley, sedicente Bestia 666, giganteggia nella cultura pop in un sabba di riedizioni delle sue opere, saggi critici, camei in romanzi; e accantonata la lettura impropria del satanista per eccellenza — che peraltro lo deliziava — oggi se ne magnifica spesso, con pari semplificazione, il ruolo di maestro del pensiero. Più correttamente il personaggio, negli aspetti irritanti e disgustosi come in quelli rispettabili (e in qualche caso maliziosamente simpatici), va collocato nel più ampio quadro dell’alta marea dell’irrazionalismo tra Otto e Novecento, e sullo sfondo di una società in trasformazione che non smise di provocare col suo trabordante narcisismo e una certa genialità — fino a consumarsi, vizzo di ogni droga possibile, nel dicembre ’47. In Italia circolano su Crowley due eccellenti biografie: la classica di John Symonds giunta alla quarta e ormai ciclopica edizione — Aleister Crowley. La bestia 666 (Mediterranee 2006) — è più ricca sul piano documentale-esoterico, e presenta indubbiamente un grande fascino; e un’altra di taglio più storico, Fai ciò che vuoi. Vita e opere di Aleister Crowley di Lawrence Sutin (Castelvecchi 2006), utile a guardare con occhi rispettosi ma “laici” all’esperienza di Crowley anche in riferimento al suo successo postumo, fino ai Beatles e agli innumerevoli siti internet a lui votati. Mago e profeta del credo pagano del Thelema (la “vera volontà” del singolo, che però non coincide con la pura licenza), Crowley merita senz’altro un ruolo tra le figure emblematiche del travaglio tra età vittoriana e seconda guerra mondiale: e problematica, ma anche indicativa di un clima culturale (come peraltro dimostra l’illuminante studio di Marco Pasi, Aleister Crowley e la tentazione della politica, Franco Angeli 1999) è la sciarada delle sue posizioni politiche, specie in riferimento al comunismo sovietico e ai regimi fascisti.
Ma torniamo al gennaio 1900, quando Crowley si precipita a Parigi: e lì nel Tempio di Ahathoor Mathers provvede a iniziarlo, tutto contento del disgusto che sta facendo ai confratelli. Seguono, nell’ordine: annuncio di dimissioni dell’indignata rappresentante di Mathers a Londra, Sapientia Sapienti Dona Data, cioè Mrs. Florence Emery cioè la diva teatrale Florence Farr (per l’epoca, una specie di Angelina Jolie); scambio di lettere al cianuro da un lato all’altro della Manica; destituzione da parte di Mathers della rappresentante a Londra; riunione generale del Secondo Ordine (29 marzo 1900) che delibera la destituzione di Mathers e la sua espulsione dalla Golden Dawn; risposta dell’ex-capo che minaccia sortilegi e sanzioni dai Capi Segreti… e a questo punto Crowley, la cui iniziazione nel Tempio parigino è stata formalmente disconosciuta, gli scrive offrendogli aiuto. Mathers accetta, e provvede a munire il suo nuovo agente, accorso a Parigi, di dettagliate istruzioni. Frater Perdurabo dovrà interrogare gli Adepti e premiare i fedelissimi, impadronirsi dei locali dell’Ordine e della Cripta, riorganizzare il Tempio: e forte dell’investitura di Mathers riparte per Londra.
Per inciso, tra i ribelli si dimostrerà un errore la riammissione nell’Ordine di Soror Fortiter et Recte alias Miss Annie Horniman, un tipetto difficile già espulso da Mathers ma finanziatrice di importanti iniziative culturali — compresi i lavori di Yeats, Frater Daemon est Deus Inversus, presto assurto a Imperator del Tempio di Iside-Urania. Annie Horniman si troverà in conflitto quasi subito con Florence Farr, e ci risparmiamo i particolari della nuova crisi che condurrà all’allontanarsi definitivo del poeta e della sua finanziatrice. In un racconto proprio di Yeats, Rosa Alchemica, apparso inizialmente quattro anni prima (1896, con modifiche in successive edizioni), il mago Michael Robartes e i suoi condiscepoli conoscono una tragica fine per mano di pescatori cristiani, nel segno un po’ estenuato ed estetizzante di un martirio liberty. Al contrario la rissa in cui Yeats — come vedremo — si trova coinvolto in Blythe Road finisce col parlare, purtroppo o per fortuna, il linguaggio della pochade.

Londra, ancora aprile 1900. Il signor Wilkinson non pareva turbato.
Purché abbia capito, sospirò tra sé Hunter (Frater Hora et Semper, ma adesso il nome magico non serviva), e si sentì in dovere di riprendere il riassunto. — Insomma, sono arrivato il più presto possibile trovando Miss Cracknell agitatissima, e quell’individuo installato nei nostri locali. Mrs. Emery aveva ordinato di chiuderli a chiave, e lui ha avuto la sfacciataggine di sostituire le serrature. Sono riuscito a entrare soltanto dopo una certa resistenza. — Omise al profano dettagli più tecnici, come l’annuncio serafico di Perdurabo che la povera Miss Cracknell (che occhieggiava al riparo del confratello) doveva andarsene subito perché lui l’aveva sospesa.
— Stavamo ancora discutendo quando è arrivata Mrs. Emery, ma non c’è stato verso di smuoverlo…
— Lui ha detto — borbottò Wilkinson, seccato — che prendeva possesso della Cripta, se ricordo bene il suo modo di esprimersi, in nome della legittima autorità. — Pareva cocciuto quasi quanto Perdurabo.
— E voi l’avete lasciato entrare? Comunque, perché lo sappiate, Mrs. Emery è tornata qui con un agente di polizia… — (non capì perchè Yeats, al suo fianco, si fosse irrigidito) — …che dopo aver ascoltato tutti ha ordinato a quell’individuo di andarsene. Tutto ciò l’altroieri, martedì 17. Se poi ieri non è successo niente…
— E invece accadono cose, Frater — tuonò teatrale una voce alle sue spalle. — La mia Rosa Croce è appassita, il mio impermeabile si è incendiato all’improvviso e per tutta la mattina sono stato malvagiamente ossessionato, perdendo le staffe senza ragione o giustificazione. — Abbigliato con il costume tradizionale scozzese, maschera nera sul volto, plaid sul capo e le spalle, daga al fianco e un’enorme croce dorata sul petto, Perdurabo entrò in scena. Lo seguiva Soror Fidelis (la sua amante Elaine Simpson), per l’occasione nominata scriba.
— Per cinque volte — riprese — i cavalli hanno scartato alla mia vista. Sospetto che il responsabile diretto, tra voi ribelli, sia Frater De Profundis ad Lucem… o se preferite Mr. Gardner, qualora con la legittima autorità aveste rigettato anche i vostri nomi mistici. Ma ho già provveduto ad alitare il suo nome all’orecchio compiacente di Tifone-Set.
Hunter e Yeats si scambiarono uno sguardo perplesso. In realtà sapevano soltanto che, nell’allarme generale per l’arrivo dello stregone, alcuni confratelli avevano preso contatto con una delle sue amanti. L’accordo prevedeva che lo lasciasse, e corresse a a Scotland Yard portando le prove delle “torture e crudeltà medioevali” cui Perdurabo la sottoponeva.
— Signor Crowley, vi invitiamo ad andarvene immediatamente — scandì Yeats con voce vibrante. — Non avete alcun diritto di entrare.
— Al contrario, signori, ne ho tutti i diritti: per autorizzazione di Deo Duce Comite Ferro… Mr. Samuel Liddell Mathers Conte MacGregor di Glenstrae, vostro legittimo superiore. Ecco la sua dichiarazione, che mi attribuisce esplicite funzioni di Inviato Plenipotenziario.
Crowley non l’avrebbe mai ammesso, ma in realtà era piuttosto seccato: il bravaccio reclutato per dargli manforte a riconquistare la Cripta non era comparso. A meno che arrivasse ora, doveva cavarsela da solo.
In compenso arrivò in quel momento un fattorino con un telegramma.
— Diretto a MacGregor Mathers… come se si fosse davvero insediato — borbottò Hunter, livido, fissando l’indirizzo. Poi, al fattorino: — Riportatelo indietro.
— E col suo stile da melodramma di quart’ordine — rincarò la dose Yeats, ricacciando la dichiarazione di Mathers nelle mani di Crowley. — Signor Wilkinson, vi chiedo di chiamare subito un agente di polizia. Questa farsa è durata abbastanza.
— Vado — concordò quasi inaspettatamente il padrone, schizzando di fianco a Perdurabo e scomparendo verso la strada. Ci avrebbe pensato due volte, parve borbottasse, prima di affittare ancora a gruppi mistici.
Per un lungo attimo le due coppie si fronteggiarono in silenzio, senza muovere un passo. Hunter e Yeats si domandarono se Perdurabo stesse preparando un sortilegio, e si predisposero mentalmente a fronteggiarlo.
— Vi invito a riflettere, ribelli, sulla grave scelta di resistere al vostro legittimo superiore, benedetto dall’appoggio dei Capi Segreti…— scandì invece Crowley. E in quel momento Wilkinson ricomparve con l’agente, fortuitamente incontrato lì vicino.
— La donna e l’uomo qui presenti — lo interpellò subito Hunter — cioè Miss Elaine Simpson e il signor Aleister Crowley, che pare volersi nascondere dietro quella ridicola maschera, non intendono allontanarsi da quest’alloggio da noi regolarmente preso in locazione. Essi non hanno alcuna autorità per reclamarlo… come vi avrà detto il padrone di casa, signor Wilkinson.
— La mia autorità — tuonò Perdurabo a sua volta — viene dal Conte MacGregor di Glenstrae, ed è dimostrata da questo foglio.
L’agente, un po’ perplesso, si volse a Wilkinson: — Siete voi il padrone di casa?
— Lo sapete, agente. Ci vediamo tutti i giorni…
— Molto bene, allora. — Il poliziotto sembrò raddrizzarsi dentro l’uniforme, e si rivolse alla coppia di Maschera e scriba: — Mi dispiace, signori, ma non potete star qui. Vogliate allontanarvi immediatamente.
— È permesso?
Tutti fissarono interrogativi l’omino col grande pacco. Recava l’etichetta del famoso fabbricante di parrucche Willie Clarkson. — Dovrei consegnarlo… — lesse il foglietto, nel silenzio generale — a Miss Elaine Simpson.
— Sono io — avanzò titubante la scriba.
— Molto bene, allora… — allungò la ricevuta e una penna. — C’è qui la parrucca che avete ordinato. Dovreste solo firmare…
— Un momento, cos’è questa storia? — intervenne Hunter. — Una parrucca…
— Ovviamente per acconciare la ierodula nei riti di riconsacrazione della Cripta — spiegò Perdurabo agli altri sconcertati. Più di tutti, pareva, il poliziotto.
— Portatelo via, questo non è il suo indirizzo! — intervenne Hunter, e il poliziotto assentì. Soror Fidelis indietreggiò, e all’omino non rimase che sparire con il pacco.
— Torneremo a recuperarla. I miei rispetti a Mr. Clarkson! — gli gridò dietro gioviale Crowley. Poi, volgendosi ai due Adepti con tono pacato: — Vi assumerete ogni conseguenza di questa blasfema ribellione. E lascio in particolare a voi, Frater Daemon est Deus Inversus — fissò Yeats — di salutare Mrs. Emery, o Mrs. Farr, o Soror Sapientia Sapienti Dona Data, come tra noi possiamo chiamarla. La conosciamo entrambi a fondo, mi pare… ma forse più io che voi. — E mentre lo sguardo grifagno di Yeats si disfaceva sotto gli occhiali, Perdurabo si girò verso Soror Fidelis: — Non fraintendete, un’iniziata della sua statura non è davvero interessata al sesso. Ma il mio rispetto va anche alla sua difficoltà a opporre rifiuti. — Quindi si allontanò con un saluto ironico all’agente.
— Forse ce l’abbiamo fatta… — sorrise Hunter a Yeats pallido, mentre anche Wilkinson e il poliziotto si accomiatavano. Erano appena usciti quando un secondo telegramma, stavolta dall’estero, giunse per Mathers. Stizzito, Hunter rifiutò anche questo: ma non era passata un’ora (circa l’una del pomeriggio) e la porta suonò di nuovo. I due Adepti aprirono con circospezione e si trovarono davanti un losco energumeno dall’aria imbarazzatissima: aveva cercato quella strada in tutta Londra, lo attendeva il signor Crowley che l’aveva ingaggiato davanti all’Alhambra. Non gli era troppo chiaro cosa dovesse fare, forse c’entrava una festa.