di Daniela Bandini

Avanzato-Ratafia.jpgMaria Silvia Avanzato, Ratafià per l’assassino, Edizioni Forme Libere, Trento, 2010, pp.103, €12,50.

Maria Silvia Avanzato, con questo libro, è stata tra le vincitrici del premio letterario “Passi nel buio” di Verona 2009. Un premio meritatissimo per uno sforzo pluriennale in ambito letterario. Sforzo non è però il termine più adatto per descrivere il lavoro di Maria Silvia Avanzato: l’unico sforzo davvero insostenibile per lei sarebbe quello di non poter elaborare in maniera scritta e creativa quella trama continua che ogni stimolo sensoriale le offre. Un incontro, una conversazione sul treno, un atteggiamento, una frustrazione, una gratificazione, prendono il volo e vanno da sé, scorporandosi dall’accaduto, avvolgendo parole e situazioni quotidiane in fantastiche opportunità, non sempre gradevoli e auspicabili. Neanche agli amanti dell’horror e del mistero più truculento e sanguinario…

Maria Silvia Avanzato, malgrado i suoi 25 anni, ha già scritto e pubblicato tantissimo, affrontando tematiche anticonvenzionali tra le più disparate, dai racconti erotici alla narrativa per ragazzi ai trattati sui cimiteri monumentali. Come approccio all’autrice consiglio l’antologia Ogni donna ha la sua casa, nella quale Silvia ambienta una psiche a un’abitazione, “arredandole” in simbiosi. Ma anche “Tre duchesse di lana” per Racconti sepolti (il Foglio Letterario), “Dove si nasconde il frangipani” per Racconti nel castello (La Penna Blu), passando dall’horror al gotico e al giallo.
Ratafià per l’assassino appartiene al genere “letteratura per ragazzi”, una vera sfida nel panorama editoriale odierno!
Ma cos’è il ratafià? E’ un liquore alla ciliegia, delizioso e ricercatissimo, ma nel nostro racconto il preparato ha una piccola aggiunta di due bacche di gigaro, un frutto che assomiglia al ribes, ma dalle conseguenze quantomeno stravaganti se non sapientemente dosato. Fatto sta che il ratafià della Darsena di Andorno è inimitabile e ricercatissimo. Tutto comincia con un funerale. Un funerale che presenta le prerogative per diventare uno spartiacque tra il passato e il presente, o meglio, tra una vecchia generazione, quella attuale e quella futura.
C’è quindi il defunto Getulio, Celina la sorella di Enea, il giovanissimo protagonista ed erede Enea, Alessio, il fidanzato di Celina, e il complice di Enea, Daniele, versione rurale del monello incurante del pericolo ma inevitabilmente condizionato dal suo ambiente. Tutti sappiamo che l’adolescenza è appunto affrancarsi dai condizionamenti…
Allora, eravamo rimasti al funerale. Non c’è nessuno al funerale del povero Getulio. Oddio, non proprio povero: Getulio viveva da proprietario in un edificio indefinito che, a detta di Enea, “a tratti pareva una villa, altre volte una chiesa, poi ancora un piccolo castello… Il giardino incolto e selvaggio… E sulle mura a grandi caratteri di spray nero la scritta ‘Brucerai all’inferno, Getulio Della Darsena’…
Ovviamente non poteva mancare la vecchia “imbacuccata nei suoi scialli scuri dietro la grande porta della vecchissima dimora”, Elfride. La vecchia strega che chiama Enea “signorino”, come se i suoi anni alitassero la loro influenza nel linguaggio, ricreando le atmosfere del passato. Insomma, un bel mistero da risolvere per il nostro Enea e per il nostro Daniele, eredi entrambi di fortune che paiono sfortune, seccature e tormenti, ma che fanno passare quella estate come una indimenticabile avventura piena di ignoto, di enigmi e che lascia adito a tutte le prospettive di un futuro incerto e assolutamente imprevedibile, quindi assolutamente affascinante. In pratica i due ragazzi, con quella tipica determinazione giovanile che posseggono nello scoprire la verità, nel cercare cosa si cela sotto che cosa, vogliono riscattare la memoria del povero Getulio e, inconsapevolmente, riabilitare la reputazione di un intero paese, avvolto da un’aura di maledizione e cupezza contrastante con la gaiezza spensierata che genera il pensiero di una distilleria di liquori. Di ciliegia, poi: l’emblema del frutto fresco e incontaminato, il frutto della prima estate, delle pianure e delle montagne, il frutto salutistico per antonomasia….
Maria Silvia Avanzato ci invita a vivere l’avventura con questi due ragazzi, ma ci invita anche a non dimenticare mai lo sguardo e i pensieri di quel ragazzo di tredici anni che si trova ancora dentro di noi. Ci invita a non temere la contaminazione dell’età, sia essa di adolescente o di “vecchia megera”, ci fa scorgere in ogni esperienza vissuta un tratto della narrazione che diventa storia e che completa la geografia del nostro panorama personale, arricchendolo. E’ davvero penoso quanto la nostra superbia si intasi invece di vuoti stereotipi, togliendoci lo stupore della scoperta. Lo so, è dura di questi tempi parlare di fantasia, quasi un sacrilegio, ma farlo è così delizioso e puro, come una folata di vento che sa di grano, che viene voglia di trasferire ancora nel nostro cupo presente questo bisogno arcaico di speranza. Grazie, Maria Silvia.