del Fronte di Liberazione Naziunale di a Corsica

FLNC2.jpgUn generale corso, peraltro al soldo dei Francesi, scrisse allora: ”La Corsica è felice, vi si fucila almeno un uomo al giorno…”.
Tutto il periodo dell’Impero fu marcato da una repressione feroce, la Corsica è “fuori costituzione” e ha un Governatore militare il cui solo ricordo fa ancora tremare, alla semplice evocazione del suo nome: era il torturatore Morand. Ci furono ancora deportazioni e massacri, anche nel1808, 1809, 1811.
La sola misura amministrativa adottata, a parole, a favore della Corsìca, il decreto imperiale del 1811 che sopprimeva le imposte indirette in Corsìca, fu promulgato per mere preoccupazioni economiche: le spese di riscossione superavano le entrate. In una Corsìca sfruttata, esangue, la cupidigia imperiale preferì sopprimere quei tributi.
Lo stesso vale per la riunificazione dei due dipartimenti già allora esistenti in uno solo. Tutti gli impieghi remunerativi furono riservati ai francesi.
Alla caduta dell’Impero, nel 1814, l’Indipendenza fu una volta di più proclamata a Bastia. Un Governo provvisorio fu insediato. Solo la congiuntura internazionale consentì ai Francesi di rimanere.

Il 1816 vide un’autentica guerra di liberazione nel Fiumorbu. Le truppe francesi furono battute, ma lo sfinimento del nostro Popolo non permise di trarre vantaggio dal successo. Concludiamo qui l’interminabile lista dei massacri perpetrati dall’occupante, ma teniamo a dire che non c’è prescrizione per i crimini contro l’umanità nella memoria collettiva dei popoli.

IL SOFFOCAMENTO ECONOMICO, CULTURALE E UMANO (1820-1940)

Dopo il 1820 la resistenza armata si indebolì perché il Popolo era in ginocchio, spossato da più di 50 anni di resistenza. Dal 1829 al 1914 lo Stato francese condurrà una politica di distruzione della Nazione corsa su più piani:

Distruzione sistematica della sua economia: il commercio è rovinato dall’instaurazione di barriere doganali che tassano pesantemente i prodotti corsi esportati, mentre detassano i prodotti francesi importati. Questo sistema doganale sarà mantenuto fino al 1912!
Il traffico commerciale con l’Italia e con gli altri paesi mediterranei, che erano gli sbocchi naturali dell’economia corsa, viene distrutto.
L’agricoltura è ostacolata e condotta alla rovina dalle barriere doganali e dalle misure che proibiscono il pascolo libero, base della nostra economia pastorale.
L’artigianato e l’industria nascente, fortemente penalizzati dalle tasse, vengono schiacciati.

Soffocamento della nostra cultura nazionale: parallelamente alle misure destinate a rovinare l’economia, la grande preoccupazione fu di distruggere la lingua e la cultura corse. L’Università, chiusa nel 1769, non è mai stata riaperta, malgrado le domande incessanti del Popolo corso.
Fin dai primi decenni della conquista la lingua francese fu imposta come lingua amministrativa. Ma i Corsi la respinsero. Il toscano, che era la lingua scritta, fu mantenuto dagli intellettuali. La lotta culturale permise di resistere efficacemente alla francesizzazione. Numerosi poeti e storici, numerosi scrittori affermarono così la loro identità nazionale.

Oppressione sociale: sul piano amministrativo tutte le misure di liberalizzazione e di progresso sociale applicate in Francia dai governi che seguirono la Restaurazione non furono mai valide per la Corsica. Così il Giuri criminale fu proibito e il porto d’armi interdetto per tutto il XIX secolo.
Il banditismo prese il posto della resistenza organizzata: esso traduceva lo stato di miseria e di abbandono in cui vegetava il Popolo corso. Era portatore della rivendicazione collettiva di un paese occupato.
I Corsi non credevano nella giustizia francese, che non era loro allora come non lo è oggi. Non vi si riconoscevano perché questa giustizia è basata sulla protezione della proprietà privata e sulla difesa di tutte le forme di sfruttamento.
Il nostro Popolo conserva nelle sue istituzioni comunitarie il senso del collettivo, lo spirito di uguaglianza e il senso concreto della Libertà legati a una terra che appartiene alle comunità di villaggio. _ .
Il banditismo è stato anche una forma di rifiuto e di resistenza all’accaparramento e alla colonizzazione delle nostre terre che ebbero inizio dal 1770. E’ il risultato della miseria e della distruzione della comunità nazionale, e si oppone in maniera rudimentale, incosciente e anarchica all’oppressione francese.
Tutto il XIX e il XX secolo furono segnati dall’invio di commissioni d’inchiesta destinate a promuovere una valorizzazione della Corsica a solo profitto del colono francese: ,
– nel 1883 il rapporto Blanqui pronosticava una valorizzazione intensiva e l’invio di coloni in Corsica;
– nel 1908 il rapporto Delanney, conosciuto con il nome di “rapporto Clemenceau”, definiva il nostro Paese il più arretrato d’Europa: non c’erano né acqua, né elettricità, né strade, il paludismo infìerìva, la speranza di vita non superava i trent’anni e la mortalità infantile toccava tristi record, mortalità infantile che è del resto rimasta ancor oggi superiore alla vostra media nazionale…
– la nostra agricoltura era mantenuta in uno stato arcaico per volontà dell’occupante;
– l’elettricità non fu installata che con l’arrivo dei coloni;
– il nostro paese è rimasto sottosviluppato in tutti i campi, fino al 1958.

RESISTENZA POLITICA E CULTURALE

Sul piano politico i patrioti corsi si raggrupparono in società segrete. Verso il 1830 esisteva un potente movimento clandestino, “I Pìnnutì”.
L’assenza di appoggio esterno e la congiuntura internazionale impedirono lo sviluppo della lotta armata. Nel 1835 Pasquale Paoli fu eletto deputato della Corsica, mentre era morto nel 1807! Si trattava di un atto di resistenza e per di più deciso da una assemblea di notabili. che il più delle volte si sono alleati all’occupante per interesse di classe. Tra il Popolo il ricordo del Governo nazionale si mantenne intatto, la memoria di Paoli era venerata.
Nel 1836 l’attentato del Corso Fieschi al re Luigi Filippo può essere considerato come un gesto dei Pinnuti alleati ai Carbonari, che erano all’epoca il solo appoggio rivoluzionario nel nostro contesto geografico.
Al processo di Fieschi, il procuratore francese d’allora gridò: “Solo uno straniero è capace di un tale misfatto!”… La maggioranza dei Corsi non parteciperà mai al funzionamento del sistema politico francese. I Corsi creeranno un contropotere corso che, benché dominato dalla borghesia, manterrà la coesione e lo spirito nazionale. Questo contropotere si è in seguito pervertito e corrotto a livello dei dirigenti. Le grandi famiglie che si contendevano i magri favori dell’occupante legarono, dopo 11 1870, le loro sorti a quelle della Repubblica francese. Il Popolo mai!
Dopo la disfatta francese di Sedan, H. Rochefort chiese all’Assemblea francese l’esclusione della Corsica dallo Stato francese. Nel 1871 Clemenceau, a nome del “club posìtìvìsta”, poneva a sua volta la medesima richiesta.
In Corsica l’avvocato Santelli reclamò a nome del Popolo corso che l’Assemblea francese rendesse alla Corsica la sua indipendenza nazionale.
Un’ondata antì-corsa percorse la Francia. Ci furono vere cacce all’uomo contro gli emigrati corsi. Questo razzismo antì-corso si è mantenuto.
– Sul piano culturale verso il 1870 l’oppressore credette di avere trionfato perché, dopo cento anni di interdizione, il toscano era stato praticamente rimpiazzato dal francese nell’espressione scritta e la giustizia veniva obbligatoriamente amministrata nella lingua di Marbeuf.
Solo che non si trattava che della vittoria su di un aspetto codificato e superficiale dell’espressione culturale corsa. La cultura corsa, frutto della nostra tragica esistenza di Popolo mediterraneo, è ben più profonda. La nostra civiltà è stata forgiata da secoli di ferro e di sangue, da secoli di lotte. Essa è espressione di un Popolo di ribelli. di un Popolo di pastori e di montanari.
La nostra lingua, che si è sviluppata a partire da una base latina e in armonia con essa, è una lingua romana a tutto tondo. Essa possiede una ricca letteratura popolare di espressione orale, essa è la lingua del Popolo.
I Francesi, attaccando la nostra lingua trattata da “dialetto”, da “cattivo italiano”, da “residuo straniero” inadatto a veicolare un pensiero moderno, hanno voluto distruggere il nostro Essere collettivo. .
La deportazione in Francia non farà che accentuare il trauma psicologico prodotto dall’imposizione di una lingua straniera. La Corsica è il solo paese del Mediterraneo ad avere subito una colonizzazione culturale e umana così totale. Il nostro Popolo l’espresse perfettamente nella massima “Morta a lingua. mortu u populu”. Ecco perché la resistenza linguistica conserverà per un lungo periodo il sentimento nazionale.
Nel 1896 apparve il primo giornale in lingua corsa, “A Tramuntana” di Santu Casanova. Questo primo tentativo di espressione unicamente corsa raggruppò i patrioti che, unificando e arricchendo la nostra letteratura, aprirono la strada al rinnovamento. Più si sviluppò la francesizzazione, attraverso la proibizione e la punizione del corso nelle scuole, la sua eliminazione dalle chiese, i rifiuti reiterati di riaprire l’Università. più la volontà dei patrioti ne uscì rafforzata.
Nel 1904-1905 un giornale intitolato “A Corsica ” promosse un possente raggruppamento dei Corsi dell’isola e della diaspora. Esso reclamava il riconoscimento della Nazione corsa e il suo motto era “Corsìca farà da sé”.
Nel 1914 Ghjacomu Santu Versini e Saveriu Paoli crearono “A Cispra”, rivista nazionalista che pubblicò un manifesto che farà data nella nostra storia: “A Corsica ùn è micca un dìpartimentu francese, ma una nazione vinta chi ha da rinasce”.
Il movimento nascente sarà spezzato dalla guerra del ’14. Esso non aveva abbastanza maturità da opporsi alla partenza dei coscritti corsi per il fronte. Lasciò tuttavia un’impronta profonda nel nazionalismo corso.
Il “grande macello” era iniziato. Il fiore della gioventù corsa sarà sacrificato per difendere gli interessi della borghesia francese. I reggimenti corsi saranno decimati: 40.000 morti! Tale è il pesante tributo pagato dal Popolo corso per difendere gli interessi dell’imperialismo francese. Avevamo perduto il 14% del nostro Popolo: un vero genocidio camuffato. In Francia non ci fu che un 5% di perdite… Queste percentuali dimostrano che si trattò di un vero massacro. I generali francesi avevano ordine dal loro governo di mettere i Corsi, i Marocchini e i Senegalesì in prima linea.
Della carne da cannone, ecco quel che eravamo per la Francia!
Questa politica di serbatoio umano da cui l’imperialismo francese attingeva i suoi uomini di truppa e i suoi quadri coloniali, si mantenne fino alla vittoria del Popolo algerino.
Tutte le guerre francesi furono per noi dei veri bagni di sangue che, combinati ai salassi dell’esilio, giunsero a fare del nostro Paese un deserto umano. 300.000 Corsi saranno deportati in Francia in un secolo. .
– Sui piani politico e culturale: essi saranno ormai legati, la lotta continuò dopo la guerra.
Nel 1920 apparve “A Muvra”. Questo giornale riprendeva e sviluppava il programma di “A Cispra”. Un potente partito politico fu organizzato: “U Partìtu Corsu d’Azzione”, che esigeva il riconoscimento dei diritti nazionali del Popolo corso.
Nel periodo tra le due guerre la nostra lingua riprese vigore, il nostro Popolo riapprese la propria storia e comprese che la Corsìca era una colonia, esattamente come l’Algeria o l’Indocina. .
Lo Stato francese si allarmò per questa possente rivendicazione nazionale che stava radicandosi profondamente nel Popolo. Esso rifiutò di esaminare la questione corsa. Ci furono numerose manifestazioni, numerosi meetìng politici, e anche due tentativi, nel 1934 e nel 1935, di insediare nuovamente l’antica Assemblea nazionale corsa, con centinaia di rappresentanti della Nazione corsa dell’isola e della diaspora.
Nel 1931 il potere colonialista, temendo che un giorno il banditismo alla macchia potesse servire da punto d’appoggio a una resistenza armata, come era avvenuto nel 1827 con Tiadoru Paoli e nel 1887 con Leandri, inviò un vero corpo di spedizione per distruggerlo. Villaggi interi furono circondati dalle truppe coloniali, centinaia di Corsi furono imprigionati.

(2-CONTINUA)