di Antonella Beccaria

EsercitoScipione.jpgGiuseppe D’Agata è un nome che la letteratura dovrebbe tenere bene a mente. Perché, spesso, il vizio di ricordare gli scrittori scomparsi lasciando da parte quelli ancora in vita fa calare l’oblio su chi ha contribuito a rendere grande la narrativa italiana, ma anche il racconto veicolato dalla radio o dal piccolo schermo. D’Agata, oggi, ha 81 anni e una carica vitale invidiabile. Quella carica che ha trasmesso in anni di professione medica e di attività culturale, scandita da successi come “Il medico della mutua” (libro uscito per la prima volta nel 1964 per Feltrinelli e diventato quattro anni più tardi un indimenticabile film interpretato da Alberto Sordi) o come “Il segno del comando”, sceneggiato in cinque puntate da sessanta minuti ciascuna che la Rai mandò in onda nel 1971 e che schierava un cast che comprendeva, tra gli altri, Ugo Pagliai, Carla Gravina e Rossella Falk.

Ma Giuseppe D’Agata, partigiano a diciassette anni nella Brigata “Matteotti Sap” e militante socialista nel 1944 nelle file del Psiup, non occupa solo un posto importante nel panorama letterario contemporaneo. La sua storia — e di conseguenza la sua produzione artistica — sono stati scanditi profondamente dall’esperienza politica pregressa, che tornerà a rievocare in romanzi come “Bix e Bessie”, uscito poi con il titolo di “La cornetta d’argento”, storia di musica jazz e antifascismo che lo porterà a vincere nel 1965 il premio “XX della Resistenza” di San Pietro Agliano (Pistoia) e che verrà ripubblicato nel 1973 in edizione scolastica. O come “Il dottore”, storia ambientata nel 1940 che ha per protagonista un uomo che progetta un attentato contro Benito Mussolini per impedire che l’Italia entri in guerra.

Oppure, ancora, come “L’esercito di Scipione. Il romanzo dell’8 settembre”, scritto nel 1958 (“un anno di merda, uno dei più grami”, scriverà l’autore ricordando il periodo in cui lavorava come geriatra non pagato facendosi mantenere dal padre che scontava il suo “spirito missionario” e non aveva ancora raggiunto la consapevolezza che “il personale è politico”) e pubblicato nel 1960 dalla bolognese Editrice Galileo. Il romanzo ha avuto una storia fortunata: riedito una prima volta nel 1972 da Bompiani e poi di nuovo nel 1977 per essere inserito in collana tascabile, ha avuto anche una trasposizione cinematografica nel 1977 con Giuliana Berlinguer alla regia e tra gli interpreti Piera Degli Esposti, Pietro Biondi e Ferruccio De Ceresa.

Ma oggi parte della produzione letteraria di D’Agata è scomparsa dalle librerie. Poco tempo fa mi è capitato di recuperare una copia di un romanzo fuori catalogo in un mercatino di libri usati, affondata in un contenitore di plastica grigia tra gialli Mondadori e Garzanti degli anni Settanta. Prezzo: un euro. Così “L’esercito di Scipione” l’ho acquistato e nelle 348 pagine della storia si avverte tutta l’ampiezza di un poema epico, di un ritratto corale umano e politico. La vicenda ha inizio con l’armistizio dell’8 settembre 1943 e protagonista è un drappello di soldati — molti dei quali meridionali — dell’esercito italiano che, colto alla sprovvista nelle campagne trevisane, decide di disertare e va alla ricerca di un rifugio. Bologna è la destinazione transitoria, in attesa che la guerra finisca o che i combattimenti si calmino per riprendere ciascuno la strada di casa.

A guidare quei militari, a infondere loro fiducia e a rassicurarli nella scelta compiuta c’è un unico ufficiale, mitizzato nel suo ruolo di comando, a cui si affidano ciecamente, come fosse un padre, e come verso un padre a lungo non ne vedranno i difetti, le paure, le bassezze. Ma raggiunta Bologna, si rendono conto che attendere la fine del conflitto non è abbastanza e che occorre congiungersi al fronte partigiano. Ed è proprio a questo punto che il drappello si sfalda: la tranquillità di un letto e di un pasto caldo, la routine del lavoro, l’amore in cui alcuni dei protagonisti inciampano, le furberie di altri per garantirsi la sopravvivenza e magari qualcosa di più dividono i soldati, per sempre, e dividono le loro prospettive, non più tese al raggiungimento della sicurezza momentanea.

Lo scenario del romanzo passa dalle campagne venete a quelle ferraresi, dove i contadini, consapevoli del rischio e allertati dalle ronde naziste, nascondono e nutrono i fuggiaschi. E si approda in una città, il capoluogo emiliano, in cui non si respira il rigore neorealista reso da parte della letteratura e dal cinema, strumento per raccontare una realtà senza altro scopo che la lotta politica. Qui si respira un’atmosfera indulgente, più simile ai racconti fiorentini di Vasco Pratolini, dove la meschinità è il naturale contraltare all’eroismo quasi mai cercato e talvolta dai tratti infantili, dove l’ingenuità è dolce ma si paga cara e dove l’ortodossia ideologica può equivalere all’imprudenza per sé e per gli altri, quando non a vera e propria stupidità, se non viene controbilanciata da sangue freddo e strategia.

Peccato davvero che “L’esercito di Scipione” sia introvabile, se si escludono le biblioteche. Perché, ancor prima di essere un romanzo straordinario, è un affresco, un documento, degli ultimi anni di guerra, dell’occupazione, della vita degli uomini della Resistenza. Ma anche di coloro che, pur non avendo scelto le montagne, rimangono in città a resistere in un altro senso forse più edulcorato, meno militare ma altrettanto importante e rischioso: fornendo lavoro ai riparati, nascondendo i fuggiaschi, nutrendo chi ha perso tutto. E non per un impulso fideistico per impone di farsi samaritano e dare cibo agli affamati. Ma perché tutti, ognuno nel proprio ruolo, sogna il futuro e sa che il proprio è quello del compagno di cammino e che solo insieme potranno raggiungere quella giustizia sociale che gliele aprirà, le porte del futuro.

Ha ragione, Giuseppe D’Agata, “il personale è politico”.

DAgata.jpgL’opera di Giuseppe D’Agata

I libri

“L’esercito di Scipione. Il romanzo dell’8 settembre”, Collana Galileo Narrativa, Editrice Galileo, 1960
“Il medico della mutua”, Collana I Narratori di Feltrinelli, Feltrinelli, 1964
“Il Circolo Otes: congegno narrativo”, Collana I narratori di Feltrinelli, Feltrinelli, 1966
“Il medico della mutua”, Collana Gli Astri, Feltrinelli, 1966
“Primo corpo”, Collana Letteratura Moderna, Bompiani, 1971
“L’esercito di Scipione. Il romanzo dell’8 settembre”, Collana Letteratura Moderna, Bompiani, 1972
“Quattro impiccati in Piazza del Popolo”, Collana Letteratura Bompiani, Bompiani, 1973
“La cornetta d’argento”, Collana Narratori moderni italiani e stranieri per la scuola media, Bompiani, 1973
“Il medico della mutua”, Bompiani, 1973
“Il dottore”, Bompiani, 1976
“L’esercito di Scipione. Il romanzo dell’8 settembre”, Tascabili Bompiani, Bompiani, 1977
“Personaggi”, Cappelli, 1977
“I giorni della speranza”, Cappelli, 1978
“America oh key”, Collana Letteraria Bompiani, Bompiani, 1984
“Il segno del comando”, Collana Narrativa Rusconi, Rusconi Editore, 1987
“Memow”, Collana Narrativa Rusconi, Rusconi Editore, 1987
“Il medico della mutua”, Collana Centopaginemillelire, Tascabili Economici Newton, 1993
“Il segno del comando”, Collana I Classici Superten, Tascabili Economici Newton, 1994
“Il ritorno dei Templari”, Collana Nuova Narrativa Newton, Newton & Compton, 1997
Il medico della mutua“, Collana Romanzi Bompiani, Bompiani, 2003
I ragazzi del coprifuoco“, Collana Tempora, Dario Flaccovio Editore, 2005
I passi sulla testa“, Collana Tascabili, Bompiani, 2007

Film e sceneggiati

“Il medico della mutua”, regia di Luigi Zampa, 1968
“Il segno del comando”, regia di Daniele D’Anza, 1971
“Il generale dorme in piedi”, regia di Francesco Massaro, 1972
“Una pistola nel cassetto”, regia di Gianni Bongioanni, 1974
“L’esercito di Scipione”, regia di Giuliana Berlinguer, 1977
“Travolto dagli affetti familiari”, regia di Mauro Severino, 1978
“Poco a poco”, regia di Alberto Sironi, 1980
“Il segno del comando”, regia di Giulio Questi, 1992

Sceneggiati radiofonici

Nel 1963 inizia la sua attività di sceneggiatore radiofonico adattando racconti tra gli altri di Michail Michajlovic Zoscenko, Carlo Collodi, Antonio Fogazzaro, Robert Louis Stevenson e Luigi Capuana. Dal “Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa trae una versione in sei puntate e scrive due radiodrammi originali: “Un conto da saldare” e “Il venditore C/E 402”. Quest’ultimo verrà ripreso da molte radio estere.

Teatro

“La bocca del lupo”, adattamento di Arnaldo Bagnasco, Lucia Bruni e Giuseppe D’Agata dell’omonimo romanzo di Remigio Zena (pseudonimo di Gaspare Invrea)