di Massimo Maugeri (da Il Mattino, 29 luglio 2008)

Trinacria.jpgSe cancellassimo le opere di autori del calibro di Verga, Capuana, Pirandello, De Roberto, Tomasi di Lampedusa, D’Arrigo, Brancati, Sciascia, Bufalino, Quasimodo, Vittorini – e citiamo anche Martoglio, Pizzuto, Aniante, Patti, Addamo, Buttitta, Fiore – la letteratura italiana subirebbe un colpo mortale. Perché non c’è alcun dubbio che questi autori, tutti siciliani e tutti passati a miglior vita, abbiano tessuto con la loro scrittura – e in maniera significativa – le raffinate trame della letteratura isolana e nazionale che conta.
Ma che letteratura è, quella siciliana? Come la si potrebbe definire: letteratura dell’isolamento, del ritorno, del realismo, del malumore, della disperazione, della diffidenza, della contraddizione, dell’ironia, della malavita, della denuncia? E anche se fosse possibile decifrarla, racchiuderla nel significato statico di una parola, i segni identificativi che ne deriverebbero sarebbero ugualmente ravvisabili nelle opere prodotte dai narratori della Sicilia negli anni Duemila?

Su queste domande si potrebbe dibattere. Intanto, è possibile individuare i protagonisti dei nuovi percorsi letterari siciliani di questo inizio secolo. Tralasciando i più maturi, che hanno già dato tanto alle patrie lettere – il grande Vincenzo Consolo, l’internazionale Andrea Camilleri, il poeta Mario Grasso, il filosofo Manlio Sgalambro e due narratori raffinati del calibro di Giuseppe Bonaviri e Michele Perriera (e ancora, Vanni Ronsisvalle e Giuseppe Mazzaglia) – una prima menzione d’onore è dovuta alle tre signore della letteratura siciliana: Maria Attanasio, poetessa e scrittrice di Caltagirone di recente in libreria con un romanzo incentrato sulla figura di un personaggio realmente esistito, Paolo Ciulla (Il falsario di Caltagirone, Sellerio); Silvana Grasso, nata a Macchia di Giarre, autrice di opere celebri tra cui La pupa di zucchero e Disìo (Rizzoli), che ha di recente pubblicato la raccolta di racconti Pazza è la luna (Einaudi); Silvana La Spina, nata a Padova ma figlia di padre siciliano, autrice tra l’altro de La creata Antonia e del nuovo romanzo Uno sbirro femmina (Mondadori).
Sul fronte maschile le menzioni d’onore spettano al palermitano Roberto Alajmo e al siracusano – di Avola – Paolo Di Stefano. Alajmo, con il nuovo libro La mossa del matto affogato (Mondadori), e attraverso la solita scrittura ironica e amara, senza fronzoli, capace di colpire il lettore con storie forti e coinvolgenti, ha chiuso la trilogia del suo personale ciclo dei vinti iniziato con i romanzi Cuore di madre ed È stato il figlio. Di Stefano, già autore di ottimi libri, tra cui Tutti contenti e Aiutami tu (Feltrinelli), è attualmente in lizza per il SuperCampiello, con il suo Nel cuore che ti cerca (Rizzoli), per altro unico uomo in una cinquina al femminile, storia a più voci del rapimento di una ragazzina di dieci anni e della disperata ricerca del padre.
Allargando lo sguardo, il panorama letterario dell’isola – tra conferme ed esordi – si presenta ulteriormente variegato. Di conseguenza i nomi che citeremo potranno restituire un quadro generale tutt’altro che esaustivo: Melo Freni, con la sua lunga attività letteraria (tra cui Severino e il cardinale, Sciascia); Matteo Collura, che ha appena pubblicato Sicilia sconosciuta (Rizzoli); Enzo Russo – autore di Nato in Sicilia e Nessuno escluso e del recente Memorie di un traditore (Mondadori). E poi: Ottavio Cappellani, già noto con Chi è Lou Sciortino?, tornato in libreria con la black comedy dal titolo Sicilian Tragedi (Mondadori); i gialli di Santo Piazzese (tra cui Il soffio della valanga, Sellerio); i romanzi di Giosuè Calaciura (il più recente è Urbi et orbi, Baldini Castoldi Dalai); la narrativa e i saggi di Gianni Bonina (I cancelli di avorio e di corno, Sellerio); il romanzo-denuncia di Roselina Salemi Il nome di Marina (Rizzoli); la penna immaginifica e fiabesca di Giovanna Giordano (Il mistero di Lithian, Marsilio); la scrittura ficcante di Marco Vespa (Nata in riva al mare, Marsilio); il talento visionario di Tea Ranno (In una lingua che non so più dire, e/o); la scrittura avvolgente e ipnotica del primo libro di Elvira Seminara (L’indecenza, Mondadori); l’emigrazione degli anni ’60 dal punto di vista di chi rimane narrata da Catena Fiorello in Picciridda (Baldini Castoldi Dalai); la faction di Salvatore Scalia, storia vera di quattro giovanissimi scippatori catanesi spariti nel nulla nel ’76 (La punizione, Marsilio); la poesia struggente e amara di Anna Vasta (Sposa del vento, Prova d’Autore); l’horror romantico di Chiara Palazzolo (Ti porterò nel sangue, Piemme); Guglielmo Pispisa (La città perfetta, Einaudi), Nicolò La Rocca (Tu che hai fatto per me, Fazi). E ancora: il maresciallo Bonanno, personaggio letterario di Roberto Mistretta – che ha riscosso grande successo in Germania – (Il canto dell’upupa, Cairo) e l’ironia sarcastica di Salvo Zappulla nel suo In viaggio con Dante all’Inferno (Fermenti).
Il catalogo è denso e si può chiudere con una scommessa. Simona Lo Iacono, classe ’70, magistrato e scrittrice dalla penna lirica ed efficace, già autrice di ottimi racconti: si attende la pubblicazione del primo romanzo – ambientato in una Sicilia medioevale – per i tipi di Giulio Perrone editore. Il segnale di una vitalità sempre intensa, che si nutre della storia di un luogo nel tentativo di reinterpretarla, di non lasciarsi immobilizzare nella gabbia della tradizione.

[Alla rassegna quasi esaustiva di Massimo, mi permetto di aggiungere – assumendomene la responsabilità – la narrativa noir di Piergiorgio Di Cara: siciliano come pochi, commissario di polizia a Palermo, ex leader della Pantera. Uomo di rara trasparenza e generosità, scrittore nato. D’accordo, sono prevenuto: si tratta di un mio amico. Ma provare per credere. In giro con Google troverete i titoli dei suoi romanzi, tutti belli o bellissimi.] (V.E.)