di Giulia Maria Urcia Larios

Beretta92FS.jpgIl Salto era uno dei quartieri peggiori della Città, il quartiere dei drogati, dove persino gli spacciatori mettevano piede raramente. Per non parlare della polizia, che ci entrava solo di giorno per una ronda veloce e, casomai, per prelevare i cadaveri che a volte venivano trasportati fin sulla strada principale per poi essere abbandonati lì, affinché gli agenti di passaggio li facessero identificare e li restituisse allero famiglie (se ne avevano).
E fu là che la polizia. nella ronda di mezzogiorno, trovò Andrej Savino, in arte Venerdì.

– Ah, che splendido lavoro, hermano! — esclamò Lizard.
Si erano trovati tutti al Black Hole, per parlare dell’esecuzione.
– E’ stato facile – disse con semplicità Sombras.
Angelito si apprestò a leggere il giornale di quel giorno.

15 Aprile 20..
ESECUZIONE AL “SALTO”
Ieri a mezzogiorno è stato ritrovato dalla polizia, durante la ronda al “Salto”, il corpo di un giovane ventiquattrenne, identificato poi come Andrej Savino. Savino era uscito di casa ieri pomeriggio, probabilmente per recarsi al Salto per procurarsi della droga. In seguito non è rientrato a casa, e gli amici che lo aspettavano hanno denunciato la sua scomparsa solo la mattina. Savino è deceduto a causa di una dose di cocaina tagliata con gesso, eroina e altre sostanze tossiche che ha “sniffato” da ubriaco, probabilmente non rendendosi conto di ciò che stava facendo. Gli amici testimoniano che gli piaceva bere, ma asseriscono di non sapere nulla di droghe assunte dal giovane, e che probabilmente quella dose letale non era diretta a lui: essa è infatti un metodo usato dalla malavita locale per le esecuzioni dei tossicodipendenti.

Il penultimo nella lista di morte di Lizard era Ink, chiamato così perché aveva sempre le dita macchiate d’inchiostro (lavorava in una tipografia).
San (toccava a lui) si chiese più volte se stava facendo la cosa giusta: in fondo Ink non centrava con l’omicidio di Kostas, era solo una vittima della sete di vendetta di Liz…
San non era un ex-killer, non si drogava e gli piaceva bere quel tanto che bastava per mantenerlo allegro: in definitiva, rispetto agli amici, era un bravo ragazzo. Non era abituato a uccidere anche se non era certo digiuno di armi e per lui non sarebbe stato il primo delitto: la sua specialità erano le torture. Era certo però che alla fine avrebbe fatto fuori Ink se glielo avessero chiesto, perché come mezzosangue spagnolo era stato allevato con un forte senso dell’onore, un’alta concezione dell’amicizia e dei legami fraterni. Inoltre a casa sua vigeva la legge del taglione e quella del coltello: i veri uomini regolano da sé i propri conti, vendicano gli amici e si fanno rispettare; i veri uomini non piangono (gli dicevano da piccolo), non sono deboli, non provano pietà.
Per tutti questi motivi e molti altri, San si decise a uccidere Ink, ed essendo uno studioso di occultismo, decise di ucciderlo in modo da scatenare una caccia alle streghe nei confronti dei satanisti (da lui detestati).
Catturò Ink un pomeriggio di maggio, più precisamente il giorno 15 (quella notte ci sarebbe stata la luna piena), e dopo averlo tramortito lo chiuse nel bagagliaio della sua cadente Ford. Lo portò in un casolare fuori città, dove sapeva che a volte si riunivano quei “fottuti fanatici” (come soleva chiamarli). Aveva tenuto d’occhio, contemporaneamente a Ink, anche loro, sicché sapeva che per un po’ di tempo non si sarebbero presentati lì.
Indossò un paio di guanti per non lasciare impronte e, grazie alle nozioni trovate nei suoi libri, preparò un bello scenario con candele, sassi e tutto resto. Sì, disse a se stesso, proprio una bella scenografia!

30 Maggio 20..
OMICIDIO RITUALE, INDAGATI I SATANISTI DELLA ZONA
Ieri fuori città è stato rinvenuto, a seguito della segnalazione di un gitante, il corpo di Lucien Du Roi, scomparso da due settimane.
Il cane dell’uomo – in quei dintorni per una passeggiata – era stato attratto da un casolare disabitato, e il suo padrone, una volta entrato, ha scoperto il cadavere, apparentemente usato come sacrificio in un rituale satanico.
La scomparsa di Lucien Du Roi era stata denunciata il 17 maggio dalla sua famiglia e le ricerche non avevano dato esito positivo fino a ieri. E’ stata aperta un’inchiesta e sono indagati per omicidio volontario di primo grado i satanisti dichiarati della Città.
I funerali della vittima avranno luogo il 3 giugno alle ore 15 alla chiesa della Divina Misericordia.

– Ora che anche a quest’ultimo bastardo è stata offerta una lunga lunga gita nel Grande Buio, ne rimane solo uno. Il colpevole, la nostra tanto ambita vittima — disse Lizard dopo aver letto il giornale a voce alta ed essersi complimentato con San per la geniale messinscena.
L’apoteosi della sua vendetta era vicina, finalmente Liz si trovava a pochi passi da essa e già ne aspirava il profumo. Sì, sarebbe stata una splendida vendetta.

Un pomeriggio, mentre stava pensando agli ultimi particolari dell’esecuzione finale (la sua Grande V, come l’aveva chiamata Cuervo), Liz ricevette la visita di Angelito.
– Scusa se non ti ho avvertito che venivo… –
– Ma figurati! Che prendi da bere? –
Angelito si sedette nel piccolo soggiorno di Liz, e stava per rispondere, quando Lizard prevenendolo disse semplicemente:
– Qualcosa di molto forte, a giudicare dalla tua faccia. – Scomparve dietro la libreria che fungeva da divisorio tra cucina e salotto. Ritornò qualche istante dopo con un bicchiere, una bottiglia di whisky già aperta e una di birra.
Depose il bicchiere davanti ad Angel e glielo riempì a metà. Angel lo prese in mano e ne bevve un paio di sorsi, senza finirlo, poi prese giocherellare col bicchiere. Liz continuava a fissarlo.
– Che è successo? –
– Ah, hermano… Il mio fratellino minore… Ho scoperto che si droga, ha chiesto dei soldi a nostra madre e… E temo che abbia rubato anche… – Angel fece una pausa e respirò con forza, e Liz si fece attento: sapeva quanto Angelito amasse la sua famiglia, e in particolar modo sua madre. Dopo una pausa quest’ultimo riprese:
– Sono venuti due poliziotti a casa nostra, l’avevano denunciato, capisci? Mia madre all’inizio ha avuto paura che fossero venuti per me, le avevano detto solo il nostro cognome e che cercavano un ragazzo, e ha subito pensato che avessi fatto qualcosa … Ero lì per caso ed è corsa da me urlando, e mi ha chiamato vergogna della famiglia e delinquente. Cazzo, ho pensato anch’io che mi avessero beccato per qualche cosa, ma quando loro mi hanno chiesto se ero Juanito Delgado… Dios, mia madre è sbiancata ed è svenuta. Hanno chiamato un’ambulanza perché non si riprendeva e quando ho spiegato che si trattava di mio fratello quelli mi hanno portato alla centrale per interrogarmi… E mia madre ora è all’ospedale, i medici dicono che la polizia è tornata da lei per farle delle domande, e quando hanno cominciato a enumerare i crimini di quel lurido animale le è venuto un infarto. Cazzo, ti assicuro che non sono mai stato tanto contento di parlare con dei poliziotti. -. Angelito fece una pausa.
– Gli hai detto tutto? — chiese Liz.
– Tutto quello che sapevo. Ma sinceramente spero di trovarlo prima io: voglio conciarlo per le feste, e poi lo darò alla polizia – rispose Angel, deciso.
– Ma… E’ tuo fratello! — disse Lizard turbato.
– Ha quasi ucciso nostra madre, l’ha ridotta alla fame per comprarsi le dosi, l’ha umiliata… Se le capita qualcosa lo uccido con le mie mani!-
Angel vuotò il bicchiere. Lizard intanto aveva finito la sua birra e osservava l’amico con crescente preoccupazione.
– Usciamo a fare due passi, vuoi? — chiese. Angelito annuì.
Una volta fuori si misero a camminare alla volta del parco. Strada facendo Liz tentò inutilmente di calmare l’amico. Egli sapeva quanto profondamente Angel amasse la madre, e sapeva anche che quando c’era di mezzo lei, nulla teneva l’ira dell’amico, nemmeno un legame di sangue. Non bastava una mano per contare tutti gli uomini che avevano avuto a che fare con Angelito (uscendone piuttosto malconci e qualcuno anche morto) perché avevano messo le mani addosso a sua madre o l’avevano semplicemente infastidita.
Arrivati davanti al laghetto artificiale del parco si sedettero su una panchina piena di scritte recitanti amori eterni e commenti.
– Giuro, non mi sono mai sentito così male. E’ come se quel piccolo bastardo mi avesse strappato il cuore. Se le succede qualcosa, quanto è vero il cielo io lo ammazzo — mormorò Angel.
– Le faresti ancora più male così. Pensi davvero che lei vorrebbe che tu facessi una cosa simile?-
Angelito tacque, fissando la superficie verdastra sotto la quale si agitavano guizzanti le forme di una moltitudine di pesciolini rossi e carpe koi bianche e dorate.
– Tu che faresti al mio posto?- chiese alla fine Angel.
Liz non rispose subito, ma con lentezza disse:
– Lo cercherei, lo troverei prima della polizia, e gliene darei tante da fargli passare la voglia di farsi di quella merda, e poi mi troverei un luogo isolato dove tenerlo legato e rinchiuso finché, con la crisi d’astinenza, non gli siano passate anche le cattive intenzioni, tipo ricominciare a farsi, rubare, eccetera. E poi lo darei alla polizia. Conosco un paio di persone là dentro che non ti farebbero storie, e anzi, sarebbero contente di non avere un drogato in più a cui badare… Loro si occuperebbero di fargli scontare la pena, magari in un carcere che non sia dei più duri… E guardato a vista in modo che non possa farsi in prigione. –
Angelito guardò Lizard con riconoscenza. Abbassò leggermente la voce e disse:
– Solo ora capisco un mucchio di cose… Capisco perché Kostas parlava di te come di un angelo custode… O qualcosa di simile. Diceva sempre che con te che gli guardavi le spalle avrebbe attraversato l’inferno, perché era sicuro che non gli sarebbe capitato nulla. Diceva che eri uno della vecchia scuola, amicizia e onore erano la stessa cosa per te, e persino lui a volte faceva fatica a capirti: sono ideali che la nostra generazione ha abbandonato, e nemmeno capiva dove tu li avessi potuti apprendere -. A quel punto tacque per qualche istante, piuttosto imbarazzato per quello sfogo. – Capisco perché tu e Kostas eravate amici. Anche lui credeva nell’amicizia, nell’onore e soprattutto nella vendetta. Ce ne vorrebbero parecchi di tipi come voi a questo mondo… –
Angelito sospirò.
– E quello stronzo di mio fratello… E’ un bastardo della peggior specie… Sì, ce ne vorrebbero molti di tipi come voi. –
Lizard guardò l’amico con infinita tristezza.
Poi si cavò di tasca il rasoio che portava sempre con sé, e disse a voce bassa:
– Vorrei darti qualcosa di più delle parole, ma altro non possiedo, se non questo, e mi sembra di capire che questo per te ha qualche valore -.
Con uno gesto improvviso si fece un taglio vicino al polso sinistro, non troppo profondo, tuttavia abbastanza da sanguinare abbondantemente.
– Guarda Angel – Lizard fissò i suoi occhi scuri e solenni in quelli sorpresi di Angelito, — questo è il mio giuramento di un’alleanza eterna. Questo è quanto posso offrirti come dimostrazione di amicizia, onore e lealtà. Questo sancisce un legame più forte dell’amore che potremo mai provare per qualsiasi donna, al di sopra delle leggi degli uomini. Quella che ti offro è una fratellanza che avrà fine solo con la morte. –
Lentamente e con orgoglio Lizard scandì questo discorso senza smettere neppure per un momento di fissare l’amico.
Angel dalla sorpresa passò alla consapevolezza: sapeva quanto doveva essere costato a Liz fare quel discorso, sapeva quanto doveva soffrire nel ricordo di Kostas. Eppure Liz, per lealtà, vedendolo così incerto, così solo e debole (sì, per la prima volta nella sua vita si era sentito veramente debole) aveva deciso di offrirgli l’unica cosa che possedeva: la sua amicizia, la sua fratellanza, la sua vita. Lo ammirava, aveva una forza di volontà incredibile. Angelito tese una mano, e Liz vi depose il rasoio, e anche lui ripeté la medesima operazione. Il silenzio li circondava, pregno di mille parole, assordante di mille significati.
I due amici fecero combaciare i tagli. Il sangue si mischiò e Liz e Angelito si strinsero la mano. Avevano contratto un impegno eterno.

Samantha, la sorellina di Maximilian, alias El Rojo, tornava da scuola. Aveva appena imboccato il viale che l’avrebbe condotta a casa sua, quando vide suo fratello venirle incontro da lontano — le sorrideva — e nel medesimo istante vide anche una macchina arrivare a gran velocità e fermarsi proprio accanto a lui. Maximilian capì che qualcosa non andava e difatti allungò il passo.
Lizard, seduto dalla parte del passeggero (guidava Angelito), vide avvicinarsi sempre di più la figura del Rojo, di spalle. L’avevano aspettato all’angolo della strada per due ore, e finalmente eccolo! Signori e signore, ecco che arriva il prossimo candidato per l’ultimo premio in palio: uno splendido viaggio di sola andata nel Grande Buio!
Liz sentì l’odio bloccargli il respiro, aveva un nodo in gola che sembrava volerlo soffocare.
Il tempo si fermò, o parve scorrere con terribile ed esasperante lentezza quando la macchina, a passo d’uomo, si affiancò al Rojo, e Liz riuscì finalmente ad incrociare lo sguardo stupito e un po’ arrogante di Maximilian.
Per la prima volta, dopo quella fatidica sera d’estate, guardò di nuovo negli occhi l’assassino del suo migliore amico, il suo stesso carnefice.
El Rojo dovette intuire qualcosa, perché il suo sguardo si mutò da sicuro di sé in sospettoso, e da sospettoso in agitato: che cazzo aveva quel tipo da guardarlo con quegli occhi terribili? A Maximilian non piacque per niente anche perché, non ci avrebbe messo una mano sul fuoco, gli sembrava di averli già visti.
Tutto non durò che pochi secondi, e quando già Maximilian stava per scattare verso casa, Lizard spalancò la portiera e balzò fuori afferrandolo per una spalla. Neanche un secondo dopo le portiere posteriori si aprirono di scatto e ne uscirono Sombras e Jack di Cuori, che fulminei come serpenti si affiancarono a Liz.
Sombras puntò una pistola alla testa del Rojo e gli intimò di non muoversi. A forza lo spinsero in macchina e tutti e tre, dopo essersi guardati attorno (peraltro senza scorgere la piccola Samantha che si era nascosta dietro un grosso cespuglio), risalirono velocemente. Angelito ripartì a tutto gas.
Samantha vide i tre avventarsi su suo fratello, ma non ebbe la forza di gridare, certa che l’avrebbero uccisa se avesse solo tentato qualcosa: il terrore l’aveva completamente sopraffatta.
La macchina le passò accanto, e la sua memoria fotografò il volto del ragazzo che sedeva davanti, quello che era sceso per primo.
Suo fratello era stato rapito! Doveva avvisare la polizia! Ma a questo pensiero se ne affiancò un altro. Max le aveva detto spesso che se a lui fosse accaduto qualcosa avrebbe dovuto aver cura della mamma, e avvisare i suoi amici, affinché facessero giustizia… Ma ora i suoi amici erano morti. Chi lo avrebbe liberato, o perlomeno vendicato, ora?
Solo in quel momento Samantha riuscì a riaversi e piangendo corse in casa.

Maximilian si vide sfilare davanti la città, imbavagliato e ammanettato, circondato da quei tipi che non dicevano una parola.
Liz e gli altri lo stavano portando in un vecchio magazzino nella periferia, un casolare chiuso situato ai margini di un quartiere vicino alla grande strada che portava fuori città. Un luogo rispettabile, con casette a schiera e praticelli ben curati. Li aspettavano trepidanti e impazienti San, Cruz, Cuervo e Seraph.
Al centro del magazzino si trovava una sedia corredata di corde e manette. A fianco di questa un tavolo vecchio e sporco, sul quale coltelli, ferri di varia natura, rasoi, siringhe, e altre cose rilucevano nella scialba luce che proveniva da una finestra, semicoperta da polvere e ragnatele.
Per terra, in un angolo, attaccato a una presa ancora funzionante, si scaldava con un quieto ronzio un piccolo fornello elettrico. A qualche metro di distanza c’erano alcune latte di benzina e, appoggiate a esse, due borsoni neri e logori.
I quattro fumavano nervosamente, San appoggiato alla parete grigia di fondo, Cruz e Cuervo seduti su degli scatoloni strapieni di vecchie scartoffie. Seraph, con la fronte corrugata, giocherellava con la sigaretta senza smettere di passeggiare davanti alla porta, arrugginita e scrostata ma chiusa ermeticamente, che dava su un cortiletto circondato da un alto muro, dove era parcheggiata la loro auto.
All’improvviso sentirono tutti e quattro il rombo di una macchina che si avvicinava, e tutti e quattro tesero i muscoli inconsciamente, come pronti a balzare addosso a un pericoloso nemico. Il rumore del motore si spense proprio nel cortile, e Seraph si fermò davanti alla porta, incerto se aprirla o aspettare ancora. Da fuori venne il rumore di alcune voci che sussurravano qualcosa tra loro, un mugolio spaventato e il rumore secco di quattro portiere che si chiudevano. Poi un bussare leggero.
Toc-toctoc-toc.
Era il segnale convenuto! Seraph spalancò la porta, e al suo fianco apparvero fulminei Cruz, Cuervo e San Aiutarono gli amici a portare dentro il condannato, che si dimenava e urlava dietro il bavaglio.
– Cazzo! Ma perché non l’avete steso? — sbuffò Cuervo spingendo in avanti El Rojo, che puntava i piedi a terra come un mulo.
– Eravamo in mezzo alla strada e… Ah cazzo adesso basta! — Angelito perse la presa e El Rojo cadde a terra, ma non fece in tempo a rialzarsi che Angel lo colpì alla nuca con il calcio della sua pistola. Stordito, Maximilian si lasciò trascinare docilmente fino alla sedia e Cruz e Cuervo lo legarono per bene, mentre San e Jack di Cuori gli immobilizzavano le gambe, stringendole forte a quelle della sedia con del nastro isolante. Lizard gli tolse il bavaglio per mettergli in bocca un fazzoletto appallottolato. Seraph intanto, dopo aver controllato che fuori non ci fosse nessuno, aveva di nuovo sprangato la porta. Ora si affaccendava attorno al tavolo dove, vicino agli strumenti di tortura, c’erano un thermos di caffè e una bottiglia di whisky. Tirò fuori otto bicchieri di plastica e cominciò a versare il caffè.
Quando tutti ebbero bevuto e si furono rilassati un po’, Jack di Cuori andò a recuperare in uno dei borsoni quattro paia di guanti di lattice: Cruz, Cuervo, San e Seraph li avevano già da prima che gli altri arrivassero. Dopo averli indossati, tre di loro oscurararono la finestra e a tapparono anche il più piccolo buco: non avrebbe dovuto filtrare alcuna luce all’esterno.
Era assolutamente necessario non lasciare impronte. Quando se ne sarebbero andati il magazzino, a parte il corpo martoriato e sfigurato di Maximilian Bachmann, sarebbe rimasto uguale a prima, senza un’impronta, senza una traccia, senza un indizio.

Liz squadrò El Rojo con un odio immenso. Era sera ormai, e siccome non si riprendeva da solo, Angelito gli aveva versato in piena faccia un bel po’ di benzina.
Rojo si era svegliato boccheggiando e strizzando gli occhi che gli bruciavano terribilmente. Si era poi guardato attorno sconcertato ed era stato allora che aveva cominciato ad avere seriamente paura.
– Ti ricordi di me, figlio di puttana? — El Rojo voltò la testa verso colui che aveva parlato.
Quel viso… Forse lo aveva già visto, una volta… Forse lo aveva già incontrato…
Ma in quel momento quel volto, trasfigurato nella luce al neon (- Per fortuna che la luce funziona ancora! — aveva esclamato proprio quel pomeriggio San) che lo circondava come un’aureola sacra, quel volto appariva come il viso di un angelo vendicatore, il labbro superiore solcato da una cicatrice che gli dava un’aria feroce. Lizard in quel momento sembrava un essere sovrannaturale, una sorta di divinità pagana dell’odio e della vendetta.
– Mmmff! — Il bavaglio gli impediva di esprimersi come avrebbe voluto. Jack di Cuori glielo levò, e dopo aver preso una profonda boccata d’aria, Maximilian disse:
– Bastardi! Slegatemi! Non avete idea di che vi state tirando addosso! I miei amici vi troveranno e vi ammazzeranno come cani! Vi squarteranno, vi scorticheranno, vi… –
– I tuoi amici non ci faranno un bel niente, perché sono leggermente morti — San sorrideva benevolo, come di fronte ad un bambino un po’ lento di comprendonio.
– Sappiamo tutto, sai? Sappiamo di Chains, Eagle, Blue Dragon, Siete, Ink e Venerdì. Lo sappiamo perché, come dire… Li abbiamo uccisi noi! – Sombras si era fatto avanti, e aveva parlato come se trovasse la cosa molto divertente.
– Eh già! Gli abbiamo regalato una lunga lunga gita nel Grande Grande Buio! Ti senti escluso? Non ti preoccupare, rimedieremo presto – disse sardonico Cuervo.
– Ma che cazzo volete? — Rojo era sconcertato, confuso, arrabbiato e molte altre cose ancora.
– Vendetta — disse Lizard.
Angelito allora intervenne:
– Tu, circa due anni fa, hai ucciso un nostro amico, e ne hai mandato un altro all’ospedale. Fai uno sforzo di concentrazione compare, cerca di ricordare. –
Maximilian si vide scorrere nella mente una sequela d’immagini: quanti crimini aveva commesso? Quanti stronzi aveva mandato nel Grande Buio? Come cazzo pretendevano che si ricordasse di due che magari aveva aggredito quando era fatto o ubriaco? Li guardò uno per uno, e solo il volto di quello con lo sguardo cattivo, quel volto più duro e terribile degli altri, gli rammentò qualcosa: un grido, una minaccia, una maledizione… Sì, qualcosa c’era dietro a quel viso dagli occhi brucianti.
Sì! Sì! Ora ricordava! Una sera, aveva ammazzato un tizio, perché non gli piaceva la sua faccia, e aveva voglia di sfogarsi, e poi si era accanito contro il suo amico, ma aveva sentito le sirene e allora aveva telato. Lo aveva colpito la frase rantolata dal tizio per terra, qualcosa che suonava come…
– “Ti ritroverò, maledetto, ti inseguirò fino in capo al mondo, e ti ucciderò.” Ti ricordi queste parole, maledetto bastardo? Ti ricordi di me? — sussurrò Lizard.
– Sei tu! Lo sapevo che ti conoscevo stronzo! Lo sapevo! E ora che vuoi da me? Il tuo amichetto non è tra di voi… Che vuoi, riportarlo in vita? Voi, froci di merda, rottinculo del… –
Il pugno di Liz si abbatté come un fulmine sul ghigno strafottente del Rojo, che fu istantaneamente cancellato. Il colpo gli aveva spaccato un labbro e rotto il naso, ma El Rojo aveva ancora voglia di ridacchiare. San scostò Lizard, prima che quello decidesse di ucciderlo a forza di botte, e si piantò davanti al prigioniero, faccia a faccia, occhi negli occhi.
– Ti diverti, pezzo di merda? — chiese sorridendo, e poi riprese: — Vedrai come ti divertirai ora. Sai, nel mio ambito sono famoso per far passare la voglia di vivere a chi finisce nelle mie mani. Scommettiamo che ti farò passare la voglia di ridere? Vogliamo farla questa scommessina? E se non ci riesco… Be’, vinci una pacca sulla spalla e una tomba nuova di zecca, che te ne pare? —
San, soprannominato così perché tutti dicevano che il suo viso esprimeva la pietà e la devozione propri dei santi dipinti nelle chiese (e poi anche perché il suo nome era Santos), sempre sorridendo avvicinò al volto di Maximilian un ferro rovente, e quello cominciò a urlare.

3 – CONTINUA