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È ufficiale: i Diari del Duce sono una bufala. Anzi, una patacca. Presentati in pompa magna a Porta a porta dall’erudito Marcello Dell’Utri, con accanto Giulio Andreotti, Alessandra Mussolini (un cognome francamente eccessivo, chioserebbe l’indimenticabile Luigi Pintor), gli storici Perfetti e Petacco e un paio di deputati del centro-sinistra (ma non avevano detto che non sarebbero più andati in televisione a fare avanspettacolo?), dovevano ammannirci l’immagine riparatrice di un Duce amante della pace e dell’infanzia, nella Nazione come nella Famiglia (Lui comprensivo, quella che menava era donna Rachele, assicura la nipote).
Quella che vedete nell’immagine, invece, è vera.

È una cartolina celebrativa del VENTENNALE del CONVEGNO di PESCHIERA, 8 novembre 1937-XVI. Su e-bay è quotata meno di 5 euro: devono averne tirate un bel po’. La parte più interessante è il retro. Riproduce un estratto del discorso del Duce in occasione del primo Giubileo del Regno di Vittorio Emanuele III, 6 giugno 1925-III: “Crede nella guerra e fa la guerra, fante tra i fanti; vi crede anche quando molti dubitavano, ma Lui a Peschiera non dubitò”. Segue la firma, tutta in maiuscolo per decreto del segretario del PNF Starace: MUSSOLINI. Sotto la citazione, lo spazio per la firma. La cartolina è da indirizzarsi al Re d’Italia e Imperatore d’Etiopia.
L’ho trovata in un vecchio volume ottocentesco, una comparazione interlineare delle prime due edizioni dei Promessi Sposi. C’è sotto la firma di mio zio Lino. Mio zio, all’epoca, aveva 7 anni.
Questa cartolina dimostra come, al di là dei diari-patacca avallati dagli storici-Petacchi, i bambini venissero educati alla pace.
A mio zio è andata bene: era troppo piccolo per partire, 4 anni dopo, per la Russia, con al collo il fucile Beretta del 1895 e al traino i cannoni del 1910 abbandonati dagli austriaci nel 1918. Ad altri 300.000 è andata peggio: hanno scoperto le virtù dei succedanei italici (così li definisce l’Annuario De Agostini del 1938): sotto le scarpe il cartone pressato, e sui cappotti la lana di coniglio, italianissimo: il Duce dettò «chiare e precise disposizioni» affinché «la nostra produzione conigliera sia incrementata quanto più è possibile».
Comunque, almeno mio zio la cartolina non l’ha spedita.