di Wu Ming 1

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Per milioni di cittadini di questo Paese, “Genova” non è solo il nome di una città. “Prima di Genova”, “nei giorni di Genova”, “non dimenticare Genova”… In molti usiamo questa metonimia (scambio del contesto per l’accadimento) e non c’è alcun bisogno di precisare, l’interlocutore sa che “Genova” significa i tre giorni di contestazioni al G8 del 2001, significa il più grave episodio di repressione di piazza degli ultimi vent’anni, significa le storie, le esperienze, le disgrazie di decine di migliaia di persone che si ritrovarono in quella città per manifestare. Significa l’assassinio di Carlo Giuliani. Anche l’espressione “i processi di Genova” non fa riferimento alla città in cui si svolgono i dibattimenti, bensì agli eventi sotto esame. “Sono gli stessi poliziotti di Genova” è un riferimento alla mancata rimozione (figurarsi!) dei dirigenti di PS responsabili del carnaio, e così via. “Genova”, e basta.

Ogni timore che “Genova” diventi inattuale e scompaia dalla memoria è immotivata. Ci preoccupiamo, ci facciamo venire idee per continuare a informare, lanciamo sottoscrizioni, ci spaventa l’oblio, e invece succede sempre qualcosa che riporta in auge la tematica. Pare quasi che lo spettro di Carlo torni a perseguitare i suoi aguzzini.
Il gruppo di Rifondazione Comunista al Senato decide di intitolare a Carlo Giuliani la sede del proprio ufficio di presidenza. Si scatena la CdL e – come direbbe il compianto Pazzaglia – “il livello è basso”: mettete Giovanardi a presentare una gara di rutti tra gibboni, aggiungete un siparietto con Putin che fa battute sugli stupri, e avrete un’idea del tono greve e gretto delle dichiarazioni. Prendiamo questa lettera, opera di diversi onorevoli del centrodestra, primo firmatario non dico chi (sottolineatura mia):

[…] Carlo Giuliani, il quale incidentalmente perse la vita a Genova nel luglio del 2001 nel corso del G8, mentre tentava di linciare con un estintore, insieme ad un gruppo di violenti facinorosi, mascherati e armati anche loro di spranghe, alcuni giovani carabinieri di leva, già feriti peraltro durante l’aggressione.

Tentava di linciare con un estintore“Genova” rimane una piaga sul cuore del Paese. La morte di Carlo è uno di quegli eventi che spaccano a metà l’opinione pubblica, ultimo di una lunga serie che parte almeno dal Biennio Rosso. Due interpretazioni diametralmente opposte, inconciliabili: non c’è “memoria condivisa” sui fatti di Piazza Alimonda, e per fortuna! Su cosa dovrebbe registrarsi, la convergenza che dà luogo alla condivisione? Su una versione “di centro”, frutto d’un inciucio, di una mediazione al ribasso? Come si fa a “mediare” sul fatto che Carlo Giuliani fu vittima e non carnefice, che un corteo autorizzato fu caricato a freddo senza alcuna provocazione, che nelle strade vi fu la caccia all’uomo (e alla donna, e al ragazzino), che nei giorni di Genova le forze dell’ordine ammazzarono, sequestrarono e torturarono?
“Genova” è una piaga sul cuore, come lo sono gli “Anni di piombo”, come lo è l’immediato Dopoguerra. Stagioni e conflitti combattuti a cavallo di crepacci, col tempo divenuti sempre più larghi. Due Italie che si affrontano da più di ottant’anni, tenzone intervallata da momenti – anche lunghi, come il Ventennio – di falsa pace sociale e appianamento autoritario dei contrasti.

Giovane tromboneOggi è di moda l’omologazione retroattiva: rossi e neri, fascisti e antifascisti, tutta la stessa roba. In fondo anche chi combatteva per Salò (ergo: per Hitler) aveva le sue ragioni e non era tanto diverso, nel bene e nel male, da chi combatteva contro. Anzi, chi combatteva contro era pure più stronzo! E’ ormai dietro l’angolo la rivalutazione dello squadrismo agrario di Italo Balbo: in fondo i braccianti socialisti erano violenti uguale, se l’erano cercata, e mica erano i soli ad avere dei valori, pure chi li pestava aveva un’idea di società etc. etc.
Teniamoci pronti, dunque, per quando i Pansa e i Telese del futuro cianceranno di “pacificazione” e dei “ragazzi dei Defender”, e cercheranno di convincerci che il “sangue dei vinti” non è quello sgorgato dal cranio di Carlo ma quello che, uscendo da capillari rotti, ha colorato i pochi lividi spuntati sulla pelle degli sbirri (“gente tranquilla che lavorava”, in fondo: come in via Gluck, là dove c’era l’erba). E teniamoci pronti per quando cercheranno di riscrivere la storia del movimento di inizio secolo popolandone il ricordo di “Demoni” dostojevskiani, società segrete, violenza gratuita e scoppi di follia. La nostra generazione si è ben guardata dal fare criminose stronzate come il rogo di Primavalle, ma gli storici improvvisati degli anni a venire possono sempre inventarsele. La memoria dei conflitti è un’opera aperta, senza limiti all’interpretazione.
Nessuno s’illuda: quella per “Genova”, per la memoria di quei giorni, è una lotta di lunga durata. Non contro l’oblio, ché quello non ci sarà mai, ma contro le “sindromi da falso ricordo”.

“Genova” rimane una piaga anche perché è tutto ancora in corso, siamo ancora a Genova, in quelle strade, i capitoli sono ancora aperti. Per comodità e per non dover trovare altri giri di frase, riporto quanto noi WM abbiamo scritto nell’ultimo Giap:

Tre mesi dopo il quinto anniversario e la fiammata di interesse che accompagna le ricorrenze, c’è il rischio che ci dimentichiamo dei processi per i fatti del G8, dell’insabbiamento della morte di Carlo Giuliani e del significato di quelle giornate per un’intera generazione. E invece c’è ancora tanto da fare, da gridare, da esigere.
Ventotto tra funzionari, dirigenti e agenti di polizia sono ancora sotto processo per l’irruzione alla Diaz.
Quarantacinque tra ufficiali e agenti di polizia penitenziaria, PS, CC e personale sanitario sono ancora sotto processo per le torture di Bolzaneto.
Venticinque manifestanti sono ancora sotto processo con le accuse di devastazione e saccheggio.
L’ex numero due della Digos di Genova Alessandro Perugini è ancora sotto processo per il celebre episodio dei calci in faccia a un manifestante minorenne.
Sulla morte di Carlo è calata la lapide di una “verità di stato” che non sta in piedi nemmeno a puntellarla con tutta la malafede del mondo, e dobbiamo batterci perché il caso venga riaperto.
Perché diciamo tutto questo? Perché c’è bisogno di mettersi una mano sulla coscienza e una sul portafogli. Chi si batte per verità e giustizia sui fatti del G8 […] ha bisogno di donazioni.

Siccome bisogna avere fantasia, noi WM ci siamo inventati un modo per dare soldi al Comitato Piazza Carlo Giuliani e al Supporto Legale per Genova. Noi abbiamo inventato questo, altri possono sbizzarrirsi ed escogitare altri trucchi, a seconda di disponibilità e sensibilità. La nostra idea è stata

Gilberto Centiusare eBay + alcuni oggetti rari di cui siamo in possesso.
Pochi ricordano il primissimo libro sul Luther Blissett Project. Si intitolava Luther Blissett. L’impossibilità di possedere la creatura una e multipla. Pubblicato nell’aprile 1995 (a ridosso della famosa beffa a “Chi l’ha visto”), arrivò in anticipo di parecchi mesi sul più celebre Mind Invaders. Edito dalla piccola casa editrice bolognese Synergon, che poco dopo fallì, ebbe una prima tiratura di ottocento esemplari in tutto. Da una scatola sottratta al macero, scomparsa per anni in un dedalo di traslochi e appena ritrovata, ne sono riemerse dieci copie. Con tutta probabilità, sono le ultime esistenti. L’autore era il poeta Gilberto Centi, che però non riuscì a finire l’opera per motivi di salute. Gilberto è morto nel 2000, a lui è dedicato il nostro 54 […] L’opera ha un indubbio valore di testimonianza storica, in quanto documenta gli inizi del Luther Blissett Project e racconta nei dettagli la beffa proto-blissettiana detta “dell’orrorismo”. Inutile dire che è un libro rarissimo, introvabile.
Lo abbiamo messo all’asta su eBay […] Metà dei proventi (l’obiettivo minimo è ottocento euro) andrà al Comitato Piazza Carlo Giuliani e al Supporto Legale per Genova. L’altra metà andrà nella nostra cassa comune, da cui attingiamo per anticipare i soldi delle nostre trasferte (a marzo riprende il tour di presentazioni).

Un altro 10% delle entrate lo daremo a Carmilla, per spese di server e uscite varie. Le copie vengono messe all’asta una dopo l’altra, fino ad esaurimento scorta.

“Genova” è una piaga sul cuore e continua a fare male. Forse per questo l’iniziativa è partita rombando. La prima copia è stata venduta a €170 (offerta diretta). La seconda è stata venduta a €236 (asta). La terza è stata venduta a €281 (asta). La quarta è all’asta in questo momento, ancora per qualche giorno.
Il 20 ottobre u.s. abbiamo versato sul conto corrente del Comitato Piazza Carlo Giuliani i primi €350, la ricevuta è qui.
Per tenere d’occhio le prossime inserzioni, è sufficiente dare un’occhiata al box sulla homepage del nostro sito (oppure metti questa pagina nei segnalibri e usa il box che c’è qui sotto).

Inutile dire che si possono donare soldi a Comitato e Supporto senza partecipare alla “ennesima buffonata dei wuminchia”. Basta fare un bonifico o spedire un vaglia, che ci vuole? Ma il problema di donazioni e sottoscrizioni è che hanno bisogno di promemoria, di “marcatori”, di sollecitazioni, si tratti di appelli, serate-benefit o ricorrenze. Le sottoscrizioni, purtroppo, da sole non sono memorabili.
Ecco, quest’iniziativa di “feticismo solidale” è il nostro promemoria, il nostro “marcatore”, la nostra sollecitazione. Caparezza (o chi per lui) suona gratis per la causa, noi mettiamo all’asta libri rari.
Gilberto sarebbe contento.


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