piermario.jpgda: Luther Blissett, Mind Invaders. Manuale di guerriglia e sabotaggio culturale, Castelvecchi, Roma 1995:

[…] Luther Blissett è stato preceduto da misconosciute esperienze “seminali” di networking e di uso della leggenda metropolitana, una delle quali dà il nome al libro che stai leggendo. Mind Invaders, Italia, primi anni ’80. Si trattava di una rock-band non più reale dei “misteriosi nuovi proprietari dei Charlestown Chiefs”, band di cui veniva anonimamente prodotto e distribuito materiale informativo e propagandistico, oltre a gadgets e a false interviste che venivano presto smentite dagli inesistenti “diretti interessati”( la smentita veniva a sua volta dichiarata falsa, e i suoi autori definiti “impostori”, poi i presunti impostori replicavano etc.). Ecco un estratto da un comunicato-stampa diramato da Udine il 31/5/1980, introdotto dalla frase: “Siamo venuti in possesso di questo volgare falso che verrà presto smentito”:

Per soddisfare le morbose curiosità di quanti vogliono conoscere la genesi dei Mind Invaders, ma soprattutto per porre fine alle dicerie di chi sostiene che sono nati recentemente sulla scia di altri gruppi musicali più famosi, vi rendiamo noto quanto segue: già nel 1976 Chris Lutman ed Emoform componevano i loro primi pezzi, sperimentando le possibilità di un potente generatore di infrasuoni, costruito in collaborazione con il Laboratory of Physics – Iowa… In particolare hanno composto la suite “Heartquake” che è stata eseguita in pubblico il 6 maggio e il 15 settembre dello stesso anno […] A chiunque volesse acquistare il disco Music for Entertainment vorremmo precisare che può essere suonato soltanto con lo speciale apparecchio prodotto dalla ALDO MANCUSO & Sons, provvisto di due testine che con una presa a tenaglia permettono la lettura contemporanea di entrambe le facciate del disco […] firmato: ALDO MANCUSO.

Ed ecco un altro comunicato, stavolta senza data, preceduto dall’annuncio “Seguiranno al più presto il disco e alcune cassette”:

Nel concerto di Udine del 29.9.79 all’auditorium Zanon (strapieno) siamo intervenuti con una macchina di nostra creazione che produce sensazioni sonore, tattili e olfattive che hanno provocato un’esplosione di rigetto da parte del pubblico il quale si è allontanato in massa. Consideriamo questo esperimento non perfettamente riuscito data la completa omogeneità di risposta da parte del pubblico che si è riconfermato tale […].

Grazie a questa impressionante sequela di panzane e all’appoggio di alcune fanzines e di bands vere che li citavano nelle interviste o che inserivano il loro nome nei credits dei dischi, i Mind Invaders ebbero i loro album immaginari recensiti più volte – in tutta serietà – da alcune riviste del settore (su tutte Rockstar, che all’epoca aveva una certa importanza e diffusione). Questo provocò anche le lagnanze di altri gruppi. Ad esempio, tali Electric Eyes di Firenze scrissero quanto segue alla rubrica di Red Ronnie su Rockstar:

Carissimo direttore, vorrei proporle un quesito: non le pare che Lei, pubblicando per due volte di seguito nella rubrica Rockers la recensione dei Mind Invaders, rubi spazio a tutti gli altri gruppi (tra i quali il mio) che le scrivono fiduciosi?…Andate a fanculo!

Si dice che dietro i Mind Invaders ci fossero alcuni mail-artisti italiani, ed in particolare Piermario Ciani, amico personale di quell’Harry Kipper che all’epoca già usava lo pseudonimo “Luther Blissett”. Se per caso avete Slapshot su videocassetta (e se siete degli osservatori) scoprirete che, durante una carrellata sul pubblico della finale del campionato, sulla T-shirt di una ragazza si legge chiaramente la scritta in rosso “MIND INVADERS”. Tutto torna. Abituatevi per tempo a questo andamento ellittico e divagante.

Il netsurfing inizia, l’ultimo click di questo capitolo ci porta a TRAX, un condividuo materializzatosi nel Mail Art Network nel 1981, i cui preziosi testi sono stati ampiamente saccheggiati, plagiati e rivisitati da Luther Blissett in molti manifesti, volantini, editoriali, e il cui sistema “modulare”di propagazione è servito a seminare ciò che Luther ha raccolto. Per sei lunghi anni, TRAX fu

un corpo misterioso vagante nello scenario dei media ‘giovanili’ degli anni ’80: una cospirazione internazionale, un sistema impersonale, un network autonomo e indipendente. Esistono molti punti di riferimento, ma sono più importanti gli spazi vuoti […] TRAX si adegua solo in parte a qualsiasi tipo di realtà: la ricerca elettronica, la musica ‘industriale’, la Mail Art, la Copy Art, la poesia visiva e sonora, il cut-up, la performance, etc. TRAX frantuma le forme consuete del disco, dell’audiocassetta, della rivista o dell’opera grafica, creando una serie di works in progress smontabili e rimontabili a piacimento dal fruitore…”(AA.VV. LAST TRAX – Final Report of the Trax Project, libro+disco autoprodotto da Piermario Ciani, Vittore Baroni e Massimo Giacon).

TRAX (“Tracks”- tracce, solchi – o, leggendo al contrario, “X-Art”, arte proibita) si proponeva di produrre il più possibile, coinvolgendo il maggior numero possibile di persone, parodiando le multinazionali per quanto riguardava i modelli produttivi. In pratica, TRAX era una specie di griffe con cui chiunque poteva firmare i propri lavori. Chiunque aderiva al progetto diventava un’unità TRAX, contrassegnata dalla parola magica e da un numero che indicava solamente l’ordine progressivo di adesione (es. “Piermario Ciani – TRAX 01; “Vittore Baroni”- TRAX 02… Shozo Shimamoto – TRAX 0383…”etc.). Il progetto prevedeva due ruoli operativi intercambiabili: erano dette Unità Centrali quelle che organizzavano e producevano un dato “modulo”(vale a dire un evento, una collana, una determinata ramificazione del progetto), e Unità Periferiche tutti gli altri partecipanti. Dal giugno 1981 al giugno 1987 operarono come Unità Periferiche circa 500 persone da una trentina di nazioni diverse, e dieci Unità Centrali. Tra i media coinvolti in Italia, le riviste Frizzer, Frigidaire e Tempi supplementari, che nel 1985-86 pubblicarono a puntate il fumetto “TRAXMAN”(testi di TRAX 02, disegni di TRAX 03). I moduli furono performances, concerti, dischi, cassette, fumetti, racconti, poesie, films, videoinstallazioni, T-shirts, cartoline etc. La fine del progetto era prevista per il 1987, e fu ufficializzata da queste frasi di TRAX 02:

TRAX ha proposto un modello operativo, ha fornito un esempio, ma preferisce dissolversi prima che il gioco si trasformi in una sterile ripetizione di gesti. Occorre un nuovo scarto dalla norma, ora che sono state saggiate le capacità dei diversi networks sotterranei. Questi universi paralleli, di cui spesso non si sospetta neppure l’esistenza, potranno incrociarsi e proiettarsi sempre più all’esterno, verso milioni di persone potenzialmente interessate a ricucire, in senso evoluzionistico, il divario tra scienza e creatività… (LAST TRAX, cit.).

È superfluo ribadire l’importanza di TRAX, basti pensare che tutto ciò è successo 8-14 anni fa. TRAX giocò d’anticipo col franchising quando ancora era poco chiara la portata delle ristrutturazioni industriali che stavano disgregando il modello fordista -taylorista, e quando un VIC 20 o un Commodore 64 erano l’esperienza più tangibile della “terza rivoluzione industriale” che un ragazzino potesse fare. Un triplo hurrà per TRAX!