di Francesco Monti Catena

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Tra le novità letterarie di primavera, si segnala per originalità e spessore il noir dell’americano Nathan Gelb Il quadro dei delitti (Sperling & Kupfer, pp. 481, € 18,00). Per saperne di più, abbiamo deciso di incontrare l’autore. Ma Nathan Gelb si è rivelato ancor più elusivo della soluzione dell’enigma da lui narrato, che di capitolo in capitolo sfida senza posa il lettore con evidenze in apparenza irrefutabili e puntualmente smentite, fino al colpo di scena finale. Personaggio molto schivo, risolutamente contrario ad apparire in pubblico, lo studioso statunitense ha accettato di rispondere alle nostre domande solo grazie ad alcuni comuni amici inglesi residenti a Firenze. Alto, magro, bruno, Gelb ci attende nella biblioteca di una villa toscana in compagnia di Ermes, il suo inseparabile golden retriever.

Nato a Chicago, di famiglia ebrea ashkenazita, appassionato di storia, viaggi, speleologia e arte. Ma chi è davvero Nathan Gelb? È giusto definirla un americano dal cuore europeo?

Senza dubbio. Anche se vivo a Boston, le origini della mia famiglia sono europee. Quando Napoleone stabilì il suo quartier generale a Dresda, i Gelb erano già lì da un paio di secoli con la loro attività di librai. Considero a tutti gli effetti l’Europa la mia patria di adozione e la conosco molto bene. Molti dei miei amici sono europei, il Vecchio Continente è da sempre la meta preferita dei miei viaggi e posso dire che niente mi riesce più gradito e atteso, quando sono in America, della prospettiva di un lungo soggiorno in Italia, paese che amo profondamente.

Tanto da scegliere di scrivere questo romanzo in italiano…

Più o meno bene conosco quattro lingue e sin da quando ho avuto l’idea di scrivere questo libro ho deciso di farlo nel vostro idioma, suggestivo e duttile, appreso da mia nonna Rebecca, che era italiana.

La trama si dipana tra la Bretagna e Roma, Napoli e l’Olanda. Com’è nata l’idea?

Lo spunto per la storia mi è venuto tra un indimenticabile viaggio a Napoli (splendida città che ha stuzzicato, come pochi altri luoghi al mondo, la mia creatività) e un soggiorno nella Francia nord-occidentale, in quelli che furono gli antichi feudi di Gilles de Rais…

Il sanguinario Maresciallo di Francia, compagno d’armi di Giovanna d’Arco, che finì sul rogo per aver torturato e ucciso numerosi bambini?

Sì. Un personaggio contraddittorio, affascinante e, come la Pulzella d’Orléans, ossessionato dai suoi fantasmi. Prima eroe, poi orco, tanto che la tradizione lo trasformerà successivamente nel mitico Barbablù. Del resto, il ricordo di questo personaggio francese è sempre stato vivo, e ha sempre affascinato un certo tipo di scrittori che amo, da Huysmans a Tournier. Io mi sono chiesto se la memoria delle nefandezze di Gilles, tre secoli dopo la sua morte, potesse ancora innescare un meccanismo perverso che desse il “la” alla storia che meditavo.

Una storia che inizia a metà strada fra alchimia e satanismo, allarmando Benedetto XIV…

Prospero Lambertini era un uomo illuminato, un brillante studioso e uomo di chiesa aperto al dialogo, apprezzato persino da «miscredenti» irriverenti come Voltaire. Credo che rappresenti persino un modello per l’attuale Pontefice, che ne prosegue la strada, nonostante le evidenti differenze. Per lui prima di gridare al miracolo o alla possessione bisognava sempre verificare, accertarsi e controllare ancora, usando ogni mezzo d’indagine possibile. Un atteggiamento decisamente moderno e pragmatico rispetto ai tempi suoi. Ecco perché, dinanzi alle voci incontrollate di un’«epidemia» di omicidi di stampo rituale-occulto, non avrebbe potuto agire diversamente da ciò che ho immaginato: mantenere la calma e documentarsi fino in fondo, attraverso un esperto degno della sua massima fiducia, Raimondo de Sangro, Principe di Sansevero, uno dei personaggi «eccellenti» del Settecento europeo, che il Pontefice investe del ruolo di detector…

Sansevero… Non è quanto meno curioso che un papa affidi questo compito tanto delicato a un personaggio il cui solo nome ancor oggi evoca immagini stregonesche e demoniache? Un personaggio che molti paragonano a Cagliostro…

In compagnia di molti illustri studiosi, ritengo che pochi protagonisti del Settecento siano stati denigrati e diffamati come Raimondo de Sangro. Il Principe è stato un alchimista di fama europea, oltre ad aver fondato la Massoneria nel Regno di Napoli. Fu mecenate e studioso, fisico, chimico, protomedico, occupandosi di tanti campi dello scibile umano, che dimentico sicuramente qualche cosa. Per comprendere quale genio fosse Sansevero, stimato in mezza Europa da pontefici e regnanti, filosofi e accademici, basta leggere i suoi scritti. Quest’uomo eccezionale ha vissuto esperienze incredibili, toccando vette di conoscenza altissime… ovvio che i suoi studi misteriosi lo abbiano esposto ad attacchi e maldicenze. Ma è ridicolo spingere la denigrazione fino a paragonare questa mente eccelsa e lucidissima a un avventuriero come il sedicente conte Cagliostro.

Nel romanzo il Principe mostra qualità e intuito sorprendenti. Addirittura s’impegna in una perizia grafoscopica e dà lezioni di dattiloscopia!

Nulla di inventato. Esistono alcuni manoscritti di suo pugno in cui descrive alcune intuizioni, che sono frutto della meditazione su studi precedenti. Nei casi da lei citati, Sansevero estremizza le intuizioni di due accademici bolognesi vissuti nel secolo precedente: per le impronte digitali, quelle dell’accorto biologo Malpighi; per lo studio della grafia, il trattato del professor Baldi. Diciamolo… per inventiva era un vulcano, questo Principe, di cui ancora si conserva buona memoria a Napoli. In questa città, dove visse, ancor oggi tanti visitatori sono affascinanti dal suo palazzo e soprattutto dalla cappella di famiglia, ricca di opere d’arte e di strani capolavori, somma dei suoi esperimenti, che affascinano e inquietano ogni visitatore.

È per questo che sulla quarta di copertina del libro appare l’immagine sensazionale del Cristo velato della Cappella Sansevero? Un nesso con il Principe e l’alchimia?

(Nathan Gelb si concede un mezzo sorriso) Trovo perverso voler togliere ai lettori il gusto della sorpresa… lasciamo che siano loro a scoprirlo…

“Il Quadro dei Delitti” è un romanzo noir. Nero, come la fase iniziale da cui parte l’alchimista per intraprendere i suoi esperimenti…

Acuta osservazione. Sì, l’alchimista parte dal nero per intraprendere la sua Grande Opera. Un viaggio dal caos alla luce, proprio come è abituato a fare un investigatore che tenta di metter ordine e chiarezza in un mondo sconvolto da crimini e delitti. Ma in realtà, se vogliamo continuare nella metafora, quest’Arte antica praticata da sacerdoti e da re è un lento cammino attraverso gli enigmi della natura. Un viaggio di conoscenza in cui mostra tutti i colori dell’arcobaleno. E, proprio come un arcobaleno, attraversa l’abisso collegando terra e cielo, materia e spirito.

Perché l’alchimia è così stimolante per voi romanzieri?

A livello personale, ne sono stato affascinato fin da ragazzo. Da buon discendente di una dinastia di librai antiquari, sono cresciuto tra i libri e ho sviluppato molto presto una predilezione per storie fascinose e un po’ inquietanti, come certi manuali dei Rosacroce o, appunto, i trattati di alchimia. Questa pratica posso dire che mi ha poi conquistato totalmente quando lavoravo alla mia tesi di laurea sulla simbologia dei Templari. Su un piano più generale, credo che l’Alchimia affascini nella sua dimensione più ampia, oltre la trasmutazione di metalli vili in oro, o del rinvenimento di elisir e panacee per ottenere lunga vita, manipolando intrugli e polverine magiche…

Ma, per la scienza, l’alchimia resta sempre un incerto e confuso balbettio della chimica moderna.

Se io sono salito così in alto è perché ero sulle spalle di giganti… Lo ripeteva Newton riferendosi proprio agli alchimisti e alle loro scoperte. Essi ebbero intuizioni geniali come il concepimento dell’uomo in provetta, la preparazione dell’acqua pesante, impiegata ai giorni nostri in campo nucleare. Ma un altro vero obiettivo della speculazione alchemica è, come emerge dal libro, la ricerca per l’acquisizione del Maschile e Femminile in un equilibrio perfetto e auspicabile… quello cui forse inconsciamente aneliamo oggi, in un’epoca all’insegna dell’ambiguità e del conflitto tra i sessi…

I veri alchimisti, se non altro in laboratorio, sapevano ristabilire la parità tra i sessi…

Sì, lei dice bene, i veri alchimisti… è su questa sottile distinzione tra veri e falsi alchimisti che poggia il libro… L’interpretazione errata dell’alchimia può portare nel migliore dei casi alla ciarlataneria (e Cagliostro e Giuseppe Borri ne sono stati due tristi esempi) oppure alla pazzia (ed è stato il caso di Gilles de Rais). Nel romanzo il mio serial killer, seguace dell’alchimia, la interpreta alla lettera, in modo erroneo. Cade preda di una follia più devastante del veleno, che gli stravolge la mente e atterrisce il paese in cui vive. Nella sua testa sconvolta, i normali simboli alchemici (pietra filosofale, rugiada, sigilli cabbalistici, mercurio…) diventano segnali deviati di morte e distruzione.

Un libro fatto di segreti…

Posso solo dire qui che i misteri sono contenuti in un quadro di Hieronymus Bosch, riprodotto in copertina, in due ampolline vecchie duemila anni, provenienti dal tesoro dei Templari, e in tre antichi edifici uniti da invisibili fili, che soltanto una mente più che abile come quella di Sansevero saprà collegare.

Se lei dovesse usare una delle immagini care ad alchimisti e cabbalisti per descrivere il libro, quale sceglierebbe?

È una storia circolare, avvolgente e velenosa. Quindi, dico l’ouroboros, il serpente che si mangia la coda.

Un’ultima domanda… Nella nota dell’autore in coda al libro lei cita un incontro determinante con padre Joseph Bermingham, colui che ha ispirato L’Esorcista. Ce ne vuole parlare? In quale modo quest’uomo ha influito su di lei e sulla stesura del romanzo?

(Gelb ci regala un altro sorriso ambiguo) Bella domanda… Che cosa mi ha dato padre Bermingham? Prima di tutto la chiave dell’enigma, ma di questo ovviamente non voglio parlare. In più, un messaggio solo in apparenza oscuro, che nel libro manifesta tutta la sua forza… Non esiste maestro che non sia demone, non esiste demone che non sia maestro…