INSEPARABILI

di Danilo Arona

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E’ notizia di qualche giorno fa. In Colombia due donne, due gemelle, muoiono nello stesso istante, stroncate da un infarto simultaneo, pur vivendo a moltissimi chilometri di reciproca distanza. I giornali riferiscono che Ana e Maria, così si chiamavano, erano descritte da chi le conosceva come un’unica persona con gli stessi sentimenti, gioie, sofferenze e persino disturbi fisici. La gente comune parla di miracolo, pur nella dolore della dipartita, e la scienza ufficiale allarga le braccia, dicendo che si tratta di misteri sui quali si può al massimo ipotizzare un’identica predisposizione genetica al male che risulterà loro fatale.

Notizia fresca, ma tematica antica e affascinante per il cacciatore di misteri. E Bassavilla non è immune a episodi drammatici che hanno a che fare con l’enigma dell’Altro Speculare.
Nel ’91 in Val Cerrina, zona della provincia alessandrina sulla quale già mi è capitato di dilungarmi, una serie piuttosto fitta di misteriosi decessi riguardante perlopiù soggetti giovani calamitò l’attenzione dei cronisti. In quel misterioso elenco colpiva il tragico caso di un suicidio, atroce quanto spettacolarmente simbolico, di una bellissima ragazza che poneva fine ai propri giorni chiudendosi all’interno della propria automobile posteggiata all’esterno di casa e cospargendo benzina sui sedili per darsi fuoco. L’orribile rituale e la foto della ragazza, così contrastante nella sua dolcezza con la natura dell’episodio, impressionarono chiunque e, come sempre capita, l’inadeguatezza delle possibili spiegazioni del gesto si arenò sulle generiche motivazioni di grande depressione e di altrettanto esaurimento nervoso. In verità chi aveva conosciuto la ragazza non ebbe dubbi nel testimoniare che la giovane aveva già “smesso di vivere” una decina di anni prima, quando la sorella gemella aveva perso la vita a causa di uno dei tanti, banali incidenti di folgorazione da asciugapelli, molto diffusi tra gli anni Settanta e Ottanta. Da quella tragedia, la ragazza non si era mai risollevata e qualcuno in Val Cerrina ebbe a dire che, prima di concretizzare l’intenzione suicida, la giovane sosteneva di sentire la voce della sorella che la chiamava… da dove sarebbe sciocco tentare di percisare: la gente in campagna dice “dall’aldilà”. Se in ogni caso esisteva qualche inquietante elemento di contorno, questo consisteva nel fatto che il suicidio avvenne in pieno ferragosto. Qualcuna l’ha definita “la sindrome del sole silenzioso”.
Nel mese di agosto del ’93, molto lontano da Bassavilla, avvennero altri casi che qui richiamarono alla mente la storia delle sorelle della Val Cerrina. A Roma i corpi di due gemelli, ballerini californiani, emersero dalle acque del Tevere. Le indagini stabilirono che si erano buttati in acqua per farla finita ed erano finiti trascinati sul fondo dagli ingombranti parrucconi che portavano di solito sulle teste calve. Negli ultimi tempi i gemelli americani apparivano quanto mai depressi: aspiravano ad entrare nel mondo dello spettacolo, ma una lunga serie di fallimenti li aveva indirizzati a togliersi la vita insieme. A Foligno, pochi giorni dopo, altri due gemelli s’impiccarono con una corda legata al ramo di un albero. Ragione del gesto sembrò essere la bocciatura scolastica di entrambi. Gli inquirenti fornirono una possibile versione alternativa: il più depresso dei due si suicida, l’altro ne scopre il cadavere e, sconvolto, decide di seguirlo in quella scelta. Che l’avessero fatto all’unisono o nelle modalità della seconda versione, la sostanza non cambiava.
Per completezza — ma si tratta solo dei casi più famosi -, bisognerebbe citare anche un evento del febbraio dello stesso anno, quando due gemelli sedicenni di Catanzaro uccisero nel sonno il padre, sottufficiale dell’aeronautica, sparandogli un colpo per uno, e poi si recarono a scuola senza tradire la minima emozione. E ancora un altro avvenimento a Pescara nel luglio del ’92, con due gemelli di 34 anni suicidi con i barbiturici: anche in questo caso, in una versione alternativa, uno dei due aveva finito l’altro, stringendogli al collo un sacchetto di plastica dopo averlo intontito di psicofarmaci.
Un film di parecchi anni fa, Inseparabili, di David Cronenberg — regista che ha sempre parodiato alla sua maniera la gestazione, il parto e la sessualità — proponeva come definitiva mostruosità del corpo il fatto che potesse esisterne un altro identico che possedeva quel che mancava all’uno e viceversa. Una delle tesi sotterranee del film è che i gemelli siano in qualche modo una specie di mutanti. Come insegnano i fatti di cronaca di cui sopra e varie ricerche psicanalitiche, la morte di un gemello quasi sempre trascina inesorabilmente l’altro verso lo stesso destino, come se scomparisse una parte vitale e fondamentale del sé. I gemelli infatti rappresentano l’unica, straordinaria possibilità dell’esistenza di due persone aventi lo stesso patrimonio genetico, con sconcertanti analogie tra le rispettive psicologie e con fenomeni di mutua identificazione. Quando muore uno dei due, muore quello che in psicanalisi chiamasi l’Altro Speculare, una parte identica all’Io. La personalità di chi sopravvive resta scissa e incapace di reagire a questa perdita e la morte rappresenta l’unica via percorribile. L’ipotesi cronogenetica, che presuppone un orologio biologico che si arresta nell’identico istante come nel caso delle sorelle colombiane, è quanto mai pertinente a questo abbozzato grumo di riflessioni.
Ma a Bassavilla, come sempre, c’è di più: il caso del giovane Alexander che, fra incubi e allucinazioni, sosteneva che un gemello, un Altro Speculare tal identico a lui, gli appariva quasi sempre tra il sonno e la veglia per presagirgli fatti che gli sarebbero accaduti in futuro, non disdegnando suggerimenti sui comportamenti da tenere nelle varie eventualità. Quell’altro si presentava come “Pier” e Alexander, ovviamente, ne usciva più terrorizzato che rassicurato. Solo poco prima della prematura morte della madre, Alexander scoprì di essere un gemello e che il suo fratellino era morto nel ventre della donna, senza che lei potesse rendersene conto sino al momento del parto. Il dato rabbrividente è che la donna avrebbe voluto chiamare il figlio “Pier” invece che “Alexander”, nome che s’impose per le insistenze del marito. Quando Alexander superò l’età puberale, le apparizioni dell’Altro cessarono.