di Daniela Bandini

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Derek Raymond, Come vivono i morti, Meridiano Zero, 2005 (2a edizione), pp. 249, € 13,50.

Della biografia di Derek Raymond e della sua vita il lettore saprà certamente molto, eppure questa riedizione di Come vivono i morti non fa che aggiungere leggenda alla leggenda. Se ognuno praticasse il mestiere di vivere con la stessa intensità di Raymond, e mettesse la sua stessa efficacia in qualsiasi gesto, dall’alzare un boccale di birra al fumare una sigaretta, al camminare per strada, vivremmo in un mondo multidimensionale, pieno di sfaccettature, ologrammi inaspettati, prospettive lunghissime, intuizioni geniali.

E questo perché i personaggi di Raymond rispecchiano sempre nella loro psicologia ciò che li caratterizza fisicamente. L’ultraquarantenne sarà forzatamente inacidita coprendosi o scoprendosi troppo o troppo poco, il veterano un alcolizzato depresso e nostalgico, il giovanotto al pub muscoloso e arrogante, la giovane madre sfasciata nel fisico e abbruttita dal ruolo gravoso di casalinga, il marito giovane che va con altre donne, quello vecchio sull’orlo dell’impotenza e del sordo rancore. E i poveri sono povero sul serio, nel fisico e nello spirito, gli alcolizzati sembrano tali da sempre, dalla prima volta che si sono guardati allo specchio. Insomma, siamo tutti dei veri personaggi, sembra dirci Raymond, non persone.
Anche in questo romanzo c’è il nostro sergente senza nome della Sezione Delitti Irrisolti, al quale viene affidato il caso di una sparizione: una donna molto in vista nella cittadina di Thornhill, situata nelle vicinanze di Londra. Molto in vista e rispettata, binomio non sempre automatico. E’ una donna delicata e gentile, piena di vita, di origine francese, che incanta e delizia i suoi concittadini invitandoli nella villa-castello dove risiede con il marito a dei concerti dove si esibisce cantando in modo straordinario. Gentile e disponibile, porta la luce e la cultura nella provincia ristretta nelle consuetudini e nel fatalismo.
Lei e il marito sembravano amarsi molto, è evidente, e a maggior ragione sembra impossibile che il marito non abbia sporto nemmeno una denuncia di scomparsa dal momento della sparizione. Ma in effetti qualcosa negli ultimi tempi era cambiato: non c’erano più né inviti né concerti, e quella donna che tanto irradiava felicità e gioia di vivere sembrava l’ombra di se stessa: dimagrita e dimessa, persino sciatta, la si incontrava di rado con una sciarpa che le copriva la parte inferiore del volto, non parlava neanche più. Si diceva che fosse malata, gravemente malata, poi il buio sulla vicenda, con la sua scomparsa.
Raymond indaga e conosce il linguaggio di strada, sa come trattare i suoi personaggi, copie fedeli di mille incontri nei pub, è invadente, arrogante, conosce il potere connesso al suo mestiere di scrittore e ne fa abbondante uso. Conosce i punti deboli di chi vive col sussidio di disoccupazione, ma diventa spietato con chi crede di avvantaggiarsi di un diritto stabilito da privilegi di classe.
E qui sta la slealtà e il grande fascino, se vogliamo, del sergente. Egli non difende a priori nessuna categoria, neppure la propria, non risente della mistica dell’appartenenza, sarebbe un pessimo patriota. Il sergente tratta superiori e inferiori della rigida scala gerarchica della polizia come potenziali criminali, sfruttandoli per le proprie indagini, per far luce sulla verità. Infatti lavora da solo, è mal digerito dai colleghi, ma purtroppo per loro è infallibile e per risolvere certi crimini non c’è che lui.
Tornando alla scomparsa della signora Mardy, e senza entrare troppo nei dettagli, possiamo senz’altro affermare che dietro un mistero si cela quasi sempre un legame con qualche situazione finanziaria poco chiara. Una volta si diceva Cherchez la femme!, oggi invece Cherchez l’argent, imperativo assoluto. Eppure ancora adesso certe motivazioni romantiche sopravvivono. Nel Cherchez la femme è la psicologia femminile che dobbiamo indagare, e la psicologia di una donna innamorata è invulnerabile e al tempo stesso delicatissima, è l’apoteosi della dedizione e dell’adorazione della nicchia costruita a protezione del suo piccolo mondo, una sfida aperta all’egoismo sostituito dall’esclusività tipica dell’innamoramento – quel “ci bastiamo” che tanto ferisce e irrita chi è già nel disincanto della quotidiana disillusione.
La signora Mardy è sparita, ma continua a vivere in quel castello diroccato e abbandonato, sporco e decadente, dove tutto si trasforma in muffa, sporcizia e degrado .Dove un marito che ha dovuto lottare con la sua etica professionale, radiato dall’ordine dei medici, ingigantisce gli spazi di quelle 80 camere affinché i fantasmi della sua mente possano fluire e aggirarsi a loro agio. Tutto deve rispecchiare la fine, la morte e l’orrore della trasfigurazione senza la separazione fisica del trapasso, una sospensione illimitata della definitiva condanna. Raymond, che gioca alla caricatura di se stesso, nell’onestà quasi brutale del pensiero e dell’azione, prende in mano la cittadina e la inchioda davanti allo specchio, perché possa godersi lo spettacolo della propria corruzione,