8887418802.jpgdi Roberto Sturm

domanin002.jpgProbabilmente troppo abituato all’alto stardard qualitativo della peQuod, recentemente ero rimasto leggermente perplesso da un paio di romanzi — mi riferisco a Disturbando famiglie felici, di Angela Scarparo, e Severo American Bar, del giovanissimo Mattia Signorini, che non mi avevano troppo convinto. Ma dopo questo leggero calo di tono (si tratta comunque di due romanzi più che leggibili e dignitosi), la casa editrice di Ancona si ripresenta in pompa magna con un libro bellissimo. Gli ultimi giorni di Lucio Battisti, di Igino Domanin. In questa raccolta di sei racconti (mai troppo amati in Italia), l’autore mostra di conoscere molto bene l’arte dello scrivere. Il suo stile è lineare e moderno, l’uso della punteggiatura cadenza il ritmo pressante (e non incalzante) delle sue trame, i suoi personaggi delineati magistralmente in poche righe raccontano le storie senza che l’autore cada nel trabocchetto di spiegare. La sintesi che nei racconti convive con un’essenzialità mai banale (qualità fondamentale della narrativa breve) sposa atmosfere sempre azzeccate e realistiche.

La scrittura, nelle mani di Domanin, si trasforma in un’arma micidiale con cui l’autore mette a nudo il marcio di alcuni aspetti della società contemporanea.
Il dissolvimento della new economy segna, tragicamente, la fine di tutti quei personaggi che, per anni, erano riusciti a gonfiare le proprie tasche senza alzare un dito. Svegliarsi la mattina e controllare al computer quanto, durante la notte, i propri investimenti avessero fruttato. Ma il crollo delle Borse segna la fine di questo mondo dorato e irreale. E il cinismo di queste persone, per la prima volta costretti a scontrarsi con la realtà, a confrontarsi con lavori precari regolati da contratti a termine, aumenta in maniera insostenibile. E alcuni di loro non trovano altro da fare che isolarsi dal mondo esterno, vivendo in un microcosmo alimentato dall’illusione del ritorno ai tempi d’oro. Un isolamento alimentato dal fuggire gli affetti, dalla paura dei sentimenti. Come chiunque al di fuori della propria sfera personale fosse un nemico.
Storie in qualche caso allucinanti quanto reali, probabilmente in qualche caso anche vissute parzialmente, che mettono a nudo tutte le false teorie di un neoliberismo esasperato che, al contrario di quanto in molti ci avevano predetto, non ha creato ricchezza per tutti. Una globalizzazione che invece di livellare le condizioni dei più deboli verso il benessere ha scavato un solco più profondo tra chi è sempre stato veramente ricco e tutti gli altri. Una tecnologia che continua ad essere uso quasi esclusivo dei potenti.
Un libro militante, che racconta la lucida follia di persone apparentemente comuni e innocue, almeno fino a quando è il loro stesso mondo a sgretolarsi e ad abbattere le false convinzioni su cui basavano la propria esistenza. Un libro impegnato ma che riesce, nonostante tutto, a raccontare. Raccontare storie. Raccontare persone. I loro drammi e solitudini. Senza affetti. Il loro scappare da qualsiasi forma, più o meno accennata, di sentimento. Che fuggono da un mondo che li ha traditi senza avere chiaro in mente dove approdare.
Un mondo che, per nostra fortuna, aggiungo io, è almeno in parte davvero definitivamente scomparso.
Un testo, concludo, assolutamente da non perdere.

Igino Domanin — Gli ultimi giorni di Lucio Battisti — Edizioni peQuod, pp. 128 — euro 12,00