di Federica Vicino

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SEGMENTO B: L’ELEMENTO MASCHILE

I

– E va bene: d’accordo, signor… signor?
– Drexter.
– Signor… Drexter?
– Drexter. Eric Drexter.
– Va bene, signor Eric Drexter: la ascolto.
Non facile ottenere l’attenzione di questo figlio di puttana qua. Cacciatore di notizie, lui: vale a dire uno che sbava per uno scoop, come si sbaverebbe per una delle donne dei commercial in 3D. So cosa vuol dire: l’ho fatto anch’io, il giornalista. Mi è capitato di farlo, perchè so scrivere. Scrivere è l’unica cosa che mi riesce di fare; ce l’ho nel DNA. Così, a scuola, gli pseudoinsegnanti che ridevano dei miei capelli blu mi dissero: fa’ il giornalista! – e io, mite e remissivo come sempre, ho fatto il giornalista. Mi avessero detto “fa’ l’ascensorista” non sarebbe cambiato un bel niente. Sarei comunque insoddisfatto e disoccupato.

A scuola mi definivano un ragazzo taciturno e strano: “taciturno” perchè non mi piace parlare a vuoto – il più delle volte gli esseri umani parlano senza che ce ne sia una reale necessità; parlano per convenzione, o per paura, parlano per riempire un vuoto, perchè nessuno è capace di sopportare il silenzio; ecco, io in casi come questi non parlo mai, per questo mi definivano taciturno. L’aggettivo “strano” invece credo derivi dal fatto che mi tingevo i capelli di un bel blu elettrico. Cionondimeno, tutti insistevano su questa mia particolare capacità: scrivere. Per gli pseudoprofessori bastava a promuovermi con tutte sufficienze e con la nota: “l’alunno evidenzia difficoltà di socializzazione: elemento a rischio”. Cinque anni di pagelle tutte così. Poi sono finito nella redazione di un videoquotidiano: un bel salto nel vuoto della rete e sono diventato tutt’uno col mio bel computerino. Non ho mai fatto il cacciatore, però: notizie non ne ho mai agguantate, ho solo trascritto note di agenzia – e mi è bastato. Mi è bastato a capire che non faceva per me. Perchè l’agenzia diceva una cosa, io credevo di trascrivere meramente e passivamente quella cosa, e invece finiva che sullo schermo del mio videoquotidiano veniva fuori tutta un’altra storia – tutta manipolata. Mi vennero dubbi su me stesso, sulla mia scrittura e sul mio DNA, ma soprattutto mi vennero dubbi sulle note di agenzia. Mi licenziai. Magari ero tagliato per una ridente carriera; ma mi licenziai.
E oggi eccomi qua, con questo mastino putrescente piantato davanti agli occhi; oggi è una questione di vita o di morte ed è di lui che ho bisogno.

– Signor Drexter, non ho tempo da perdere.

Due minuti fa ha provato a farmi sbattere fuori dalla sua merdosissima redazione, il bastardo – ed ora è persino impaziente! Ha fretta, sì, ma di sapere qualcosa di più. Ha fiutato l’affare (per lui è un affare – per me una questione di vita o di morte, ma per lui è un affare!), glielo leggo in faccia: lo sguardo da sciacallo affamato; gli occhietti minuscoli, che non si danno mai posa. E il sudore… il sudore che gli cola giù torrido sulla fronte; l’alone gigantesco di liquido maleodorante che spunta da sotto le braccia, stampato sulla maglietta. Me lo aspettavo in giacca e cravatta, il direttore dello United World Daily News: non così. Sicuramente non così. Tolto dalla sua poltrona extralusso, privato del sigarone cubano che puzza più delle sue ascelle e scaraventato all’angolo di una qualunque delle strade dei sobborghi, avrebbe l’aria di un portinaio d’albergo, di quegli alberghi aperti ventiquattr’ore su ventiquattro, senza reception e senza documenti da consegnare all’ingresso.

– Cos’è questa storia del clone? – mi incalza.
Così scopro (ma non ce n’era bisogno) che ho colpito nel segno; ho usato la giusta argomentazione per distoglierlo un attimo dal suo macchinoso pensiero fabbricasoldi. Uno scoop così non l’ha fatto mai: si vede. Gli s’è accesa una lucina sottile sottile negli occhi: il pensiero fabbricasoldi si è interrotto solo per un istante; si è rimesso in moto subito, sempre con lo stesso meccanismo, ma indirizzato da un’altra parte; indirizzato su di me.
Soldi. Quest’ignobile coccodrillo del mondo dell’Informazione non riesce a vederla che in questi termini! Non capisce altro che i soldi. Nemmeno inizio a parlare, che già la sua mente vola sull’onda dei numeri, i suoi numeri: la tiratura, le vendite, il guadagno. Soldi, in una parola.
A me preme di salvare una vita; a lui preme di guadagnar soldi. Credo che tutto questo mi faccia schifo. Ma non importa: in fondo non sarebbe la sola cosa al mondo a farmi schifo… eppoi se lui non ha tempo da perdere, io ho letteralmente i minuti contati. C’è in ballo una vita, e non una vita qualunque, ma la vita di Sara! Non importa. Se è questo il modo, va bene. Mi adeguo.

– Ce n’è uno sveglio… – inizio.
– Che cosa? — si sbalordisce il lardoso, ma nemmeno così tanto come mi aspettavo.
– Un clone. C’è un clone sveglio, vivo e vegeto, che se ne va in giro per la città, dritto sulle sue gambe.
– Un clone sveglio?! Com’è possibile?
– Le dico che è così. Non mi sono fatto, stamattina: mi guardi negli occhi, guardi le pupille, sono lucido. E le dico che in città c’è un clone che si muove e parla, e mangia, e si emoziona anche!
– Va bene, Drexter, supponiamo che io ci creda. Mi saprebbe spiegare come ha potuto un clone risvegliarsi?
– Non s’è svegliato da solo. E’ stato svegliato: dai medici del deposito cittadino.
– Chi?
– Ha capito bene.
– Signor Drexter, – strabuzza gli occhi il caro direttore – lei starebbe sostenendo che la Direzione del nostro Deposito Sanitario avrebbe svegliato un clone umano e gli avrebbe permesso di andarsene a spasso per la città?!
– L’hanno solo risvegliato. Il resto è venuto dopo.
– Che vuol dire “il resto è venuto dopo”?
– Insomma, i medici l’hanno risvegliato. – mi impappino – Tecnicamente è possibile! Si può portare un clone alla vita: anche se non so in che modo, so che è possibile farlo!
– Lo so anch’io che è possibile.
– Allora non mi faccia parlare inutilmente, direttore!
– Non la faccio parlare inutilmente, signor Drexter, – stringe i pugni sul tavolo – sto solo cercando di capire.
– Capire? Capire cosa?
– Per cominciare, mi faccia capire perchè l’avrebbero fatto.

II

Voci.
Voci. Voci che si susseguono – che si rincorrono. Voci che non ci sono – voci che non c’erano. Voci che non ci sono mai state – e ora ci sono. Improvvisamente – come d’incanto. Emergono dal nulla, dal buio. Voci. Ognuna diversa, ognuna incomprensibile – ma voci. Questo sì: di questo sono certa: sono voci.

1a VOCE. Facciamo attenzione ai livelli, qui.
2a VOCE. Senza fretta, su ragazzi. Non facciamoci prendere dalla fretta. Tranquilli.
3a VOCE. Sì, dottore.
4a VOCE. Chi l’avrebbe mai detto: risvegliare un clone! Nemmeno all’università l’abbiamo mai tentato. Un esperimento così non è mai stato tentato, giusto dottor Jordan?
1a VOCE. Vuole preoccuparsi di procedere a ristabilire la temperatura corporea, Brauler, per favore? I commenti li faremo dopo.
4a VOCE. Non posso far niente se non si stabilizza la pressione arteriosa.
2a VOCE. E’ solo questione di attimi.
1a VOCE. E il battito cardiaco?
2a VOCE. Stessa cosa. Risponde bene alle sollecitazioni meccaniche. Speriamo solo di non perderla quando dovrà iniziare a fare da sè.
4a VOCE. Vale a dire fra… 50 secondi?
2a VOCE. 48 secondi. 47, 46…

Bip, bip, bip.
Bip, bip…

4a VOCE. Ci sono: infermiera, a che temperatura siamo?
3a VOCE. Quasi trentacinque.
4a VOCE. Trentacinque: ecco il mio numero magico! Su bella: raggiungi i trentacinque gradi che ti riporto alla vita. Coraggio!

III

Era bianco e leggero, poi s’è fatto duro e pesante – e rotolava giù. E sapevo che mi avrebbe travolto.
Forse ce l’avevo già addosso, con tutto il suo peso. Mi soffocava; prima o poi sapevo che mi avrebbe soffocato.
Il cuore. Loro lo chiamano così, cuore: lo sento, che va all’impazzata. Da solo, senza controllo. Io non so niente: non so chi sono, non so che cosa sono, nè cosa sono stata, e nemmeno che cosa sarò. So solo che il cuore batte ed io lo sento battere – più forte, sempre più forte.

4a VOCE. Coraggio, bella! Non mandare a monte tutto. E’ l’esperimento più importante della mia carriera! Reagisci. Reagisci!!!
3a VOCE. La temperatura è a trentasei gradi e quattro decimi.
2a VOCE. Dovrebbe essersi già svegliata.
4a VOCE. E dài, piccolo stupido clone di donna! Non farci sfumare così il Nobel!
2a VOCE. Dovrebbe già essere sveglia! Perchè non si sveglia?
1a VOCE. Cerchiamo di mantenere la calma.
2a VOCE. Battito cardiaco e pressione arteriosa sono stabili: perchè non si sveglia?!
4a VOCE. Forza, ragazzina! Non essere pigra: sono vent’anni che dormi! Non ti va di vedere un po’ com’è fatto il mondo? Avanti, fallo per il tuo caro vecchio dottorBrauler! Svegliati! Svegliati!!!

E ora so che mi schiaccia. Ogni volta che lo cerco, nello spazio infinito, davanti a me. So che mi schiaccia. Mi sfugge, se lo cerco mi sfugge; eppure è dovunque, intorno a me, dentro di me; sempre in movimento, anche se io non voglio. Fugge via, ma poi torna – dentro di me, fuori di me. Fugge e ritorna. Leggero, leggero: così leggero da potermi soffocare. E bianco, come le pareti bianche di questo tunnel che all’improvviso ho dovuto attraversare.
E’ il respiro.
Alla fine del tunnel c’è una luce. La guardo da sempre, con un po’ di nostalgia; e tanta, tanta paura.
Oggi una forza improvvisa mi ha risucchiato; il tunnel si stringeva attorno a me, ed io correvo, correvo… non so quanti segmenti di tempo sono corsi via con me. Ma alla fine del tunnel ero spossata; la luce bianca mi aveva immobilizzato.
La luce bianca ora è immensa; è dovunque, e mi ha immobilizzato. Se ora dovessi aver bisogno di fuggire, non ci sarebbe via di scampo, per me.

3a VOCE. Guardate: ha aperto gli occhi!
4a VOCE. Buongiorno, signorina clone!
1a VOCE. E’ sveglia!
2a VOCE. Ci siamo: è sveglia! E’ sveglia! S’è svegliata!
1a VOCE. E’ incredibile.
4a VOCE. Avremmo dovuto almeno avvertire la stampa! Una cosa così non succede tutti i giorni.
2a VOCE. Ed è vigile, anche. Guardate come gira lo sguardo.
4a VOCE. Non ce ne sono poi tanti di medici in grado di fare una cosa del genere.
3a VOCE. Dottore, guardi: tenta di muoversi.
4a VOCE. Certo che tenta di muoversi! Perchè non dovrebbe farlo? Ha riacquistato tutte le funzioni vitali, anche quelle motorie! Ci mancherebbe.
2a VOCE. Ma l’apparato muscolare… non dovrebbe essere atrofizzato?
4a VOCE. Lo rimetteremo su con qualche anabolizzante e molte vitamine: presto sarà in grado di correre e saltare!
3a VOCE. Dottore, credo si stia spaventando.
4a VOCE. Spaventarsi?
3a VOCE. Lo vedo dagli occhi.
4a VOCE. Come può spaventarsi, se nemmeno sa cos’è la paura?! Piuttosto – alla faccia dell’atrofia muscolare! – sta tentando di liberarsi! Ed anche con una certa energia. (con crescente eccitazione) Questo esperimento va reso pubblico, dottor Jordan. Abbiamo fatto qualcosa di assolutamente eccezionale; è giusto che il mondo scientifico ne venga a conoscenza, ed anche l’opinione pubblica!
1a VOCE. Si limiti a redigere un rapporto completo e dettagliato sull’operazione, dottor Brauler.
4a VOCE. Riuscire a risvegliare i cloni significa poter controllare le loro funzioni cerebrali; significa poter valutare le loro capacità, poterle annullare o eventualmente potenziare. E’ un nuovo universo di possibilità scientifiche…
1a VOCE. Lei corre troppo, Brauler: le ho già detto di attenersi esclusivamente alle sue specifiche competenze.
4a VOCE. Io sono un medico, non un portantino, dottor Jordan. Conosco la deontologia professionale.
1a VOCE. Bene, allora non avrà difficoltà a tenere a mente i limiti entro i quali la Legge Intergovernativa sulla Clonazione permette di agire.
4a VOCE. Etica, etica, etica! Quale incredibile campo minato abbiamo creato attorno alle sconfinate possibilità della scienza! Una sola, insulsa parolina è capace di ingabbiare i progressi più significativi della scienza!
1a VOCE. Dottor Brauler, le ricordo che il suo lavoro non è ancora completato.
4a VOCE. D’accordo, mi arrendo. Infermiera, può staccare la macchina lì. Ecco, è a posto: la circolazione ha ripreso perfettamente, per via intracorporea, il clone è sveglio ed io sono il solito sconosciuto e miserabile dottor Ektor Brauler. (un sospiro) Ma stavolta, cari colleghi, non sono disposto a farmi da parte, mentre altri si beccano onori, fama e quattrini! Stavolta venderò cara la pelle. Illustri scienziati hanno pagato con la vita, in passato, la genialità delle loro scoperte – ma quello era il Medioevo. Noi oggi , dottor Jordan, ci definiamo una civiltà avanzata…

(7-CONTINUA)