InFuga.gifdi Jim Thompson
[estratto dalla nuova traduzione, firmata da Anna Martini, di In fuga, il romanzo da cui Peckinpah trasse Getaway ora riedito da Fanucci, con postfazione di Luca Briasco]

Carter ‘Doc’ McCoy aveva ordinato di svegliarlo alle sei e stava già allungando la mano all’apparecchio quando il portiere notturno lo chiamò. Si era sempre svegliato facilmente e piacevolmente; tipico di un uomo senza un rimpianto per il passato e del tutto fiducioso e sicuro di sé nell’affrontare ogni nuovo giorno. Dodici anni di routine carceraria non avevano fatto che plasmare le sue tendenze naturali tramutandole in abitudine.
«Oh, ho dormito benone, Charlie» disse con la sua voce affabile e sincera. «Meglio che non ti faccia la stessa domanda, immagino, eh? Ah ah! È in arrivo, la mia colazione? Bene, cosí si fa, figliolo. Sei un gentiluomo da dieci e lode, Charlie.»

Doc McCoy riattaccò, sbadigliò, si stiracchiò con gusto e si alzò a sedere sul grosso letto antiquato. Inclinando un po’ l’avvolgibile della finestra che dava sulla via laterale, gettò un’occhiata alla tavola calda aperta tutta la notte, un isolato piú in là. Un inserviente nero ne stava uscendo proprio in quel momento, con un vassoio coperto da un panno bianco in equilibrio su una mano. Veniva su per la strada col passo lento ma ombrosamente regolare di chi sta svolgendo un compito inevitabile e ingiustamente imposto.
Doc sorrise comprensivo. Era colpa del ragazzo, naturalmente. Avrebbe dovuto avere il buonsenso di non vantarsi con Charlie della bella mancia che ‘Mister Kramer’ gli aveva dato, quindi sapere che da allora in poi Charlie l’avrebbe sollevato dal compito di portare quel vassoio. Però (Doc andò in bagno e cominciò a lavarsi) quel che era giusto era giusto; e un ragazzo con un lavoro come quello probabilmente aveva bisogno di ogni centesimo che riusciva a procurarsi.
«Sai com’è, Charlie» spiegò in tono accattivante quando il portiere arrivò con la sua colazione. «Vedi, per gente come te e me, qualche dollaro in piú o in meno non fa differenza, ma… Ti spiace dargli questo pezzo da cinque da parte mia? Digli che passerò a ringraziarlo di persona quando torno in città.»
Il portiere era raggiante. Lui e mister Kramer! Gente come loro! Avrebbe dato i cinque dollari a quel lavapiatti anche se mister Kramer non l’avesse messa in modo tale da costringerlo praticamente a farlo.
La faccia gli crollò all’improvviso quando comprese appieno il senso delle parole di Doc. «Qu-quando torna? Vuol dire che sta partendo?»
«Solo per due o tre giorni, Charlie. Una piccola questione d’affari che non può aspettare. Ma torno, puoi scommetterci, e mi inchiodo qua fino alla fine della mia vacanza.»
«Bene…» Il portiere era quasi infiacchito dal sollievo. «Noi… Io… Penso che lei sappia quanto siamo felici di ospitarla, mister Kramer. Ma mi creda, io di certo non trascorrerei le vacanze in questo posto se fossi messo come… Se fossi in lei. Me la spasserei a Las Vegas, o…»
«No, no, non credo che lo faresti, Charlie. Sei troppo giudizioso. Ti stuferesti in un baleno, proprio come me. E allora ti sceglieresti una graziosa cittadina dove puoi startene in panciolle e prendertela calma, e conoscere un po’ di gente vera, tanto per cambiare.» Annuí convinto e calcò una banconota in mano al portiere. «Baderai a tutto quanto per me mentre sono via, Charlie? Non credo che mi porterò piú di una piccola valigia.»
«Può scommetterci! Ma, diamine, mister Kramer, non occorre darmi venti dollari solo per…»
«Ti serviranno per tenerti al passo con quelle belle bambolone che hai per le mani.» Doc lo spinse garbatamente verso la porta. «Pensavi che mi fosse sfuggito, eh? Non credevi lo sapessi, che sei lo sciupafemmine della città… Ah ah! Be’, vacci piano, Charlie.»
Charlie era ansioso di sapere su che basi si fondassero le lusinghiere conclusioni di mister Kramer. Ma scoprí, chissà come, di trovarsi nel corridoio e che la porta di mister Kramer gli si era chiusa in faccia. Con un radioso sorriso sognante, tornò di sotto al banco dell’accettazione.
Diverse chiamate lampeggiavano sul minuscolo centralino. Charlie rispose calmo e freddo, senza traccia di contrizione verso chi gli domandava se fosse morto stecchito oppure andato in vacanza. A quest’ora tutti avrebbero dovuto sapere che era l’unico portiere notturno del Beacon City Hotel. Aveva tutta la baracca a cui badare dalle nove di sera alle nove del mattino, sicché aveva un bel po’ da fare oltre a starsene al banco. E se qualcuno si lagnava troppo poteva sempre spostarsi in un altro albergo, il piú vicino dei quali era a una trentina di chilometri da lí.
A certe lamentele Charlie aveva risposto che potevano andare al diavolo. Il signor Farley, il proprietario, lo aveva autorizzato a farlo. Per come la vedeva Farley (quel vecchio coglione spilorcio!), praticamente nessuno si fermava al Beacon City Hotel se non ci era costretto, e con due impiegati notturni non avrebbe potuto riempire piú camere di quanto riuscisse a fare con uno.
Charlie sbadigliò assonnato e lanciò un’occhiata all’orologio con la cassa di rovere sulla parete. Andò dietro la rastrelliera delle chiavi, si spruzzò il viso nel bagno sudicio e si asciugò su uno dei pezzi piú puliti di un lurido asciugamano a rullo. Sciupafemmine, pensò, studiando il proprio riflesso brufoloso nello specchio. Oh, belle bambolone!
In realtà, non ricordava di aver visto piú di due o tre ragazze a Beacon City che avrebbero potuto anche solo vagamente qualificarsi come belle bambolone; e nessuna di queste, come si suol dire, era riuscita a vedere lui neanche di striscio. Ma… Be’, forse era solo che lui non si era dato una mossa. Non aveva preso le cose per il verso giusto. Perché quel mister Kramer era un hombre decisamente sveglio, e se lui inquadrava un tipo in un certo modo…!
Charlie lasciò il banco e prese posto di fronte alla finestra dell’atrio; le mani giunte dietro la schiena, dondolandosi avanti e indietro sui talloni. Il vetro era tanto impolverato e costellato di escrementi di mosca da costituire un pessimo specchio, e lí dentro lui si limitava ad apparire non troppo invitante.
Rose Hip, la bella figlia del lavandaio cinese, passò trotterellando, diretta alla scuola aziendale. Charlie le strizzò l’occhio e lei gli mostrò la lingua. Charlie sogghignò con aria d’intesa.
Dopodiché, in pratica non si mosse foglia. Come diceva Charlie, avresti potuto scaricare una mitragliatrice giú nel corso senza colpire un’anima. Era per via del recente passaggio all’ora legale, pensò; la gente non si era ancora abituata. Magari l’orologio diceva che stava cominciando a farsi tardi (diciassette minuti alle otto) ma per la gente non erano ancora le sette.
Charlie fece per scostarsi dalla finestra; poi, esitante, udendo un familiare cigolio di ruote di carro, tornò a guardare. Era la vecchia Cvec la Pazza, la spazzina della città. Il suo carretto traballante era zeppo di scatole di cartone, stracci e bottiglie. Indossava un logoro camicione di cotone, un vecchissimo cappello a tesa larga e scarpe da tennis bucate in punta. Un mozzicone di sigaro disfatto le sporgeva dall’angolo della bocca infossata.
Quando Charlie le strizzò l’occhio, le sue gengive si disgiunsero in un risolino folle e il mozzicone le cadde sul davanti del vestito. Questo scatenò un altro parossismo di matte risatine, che la donna concluse stringendo la maniglia del carretto e scalciando vivacemente all’indietro con tutti e due i piedi. Charlie ridacchiò sconciamente. Sollevando un piede, scosse la gamba come uno che abbia un’ape infilata nei pantaloni. Poi…
«Be’, che mi venga» fece una voce beffarda. «Già, che mi venga un colpo.»
Era Mack Wingate, guardia giurata della banca e da lungo tempo residente nell’albergo. Mack Wingate, con la sua divisa grigio blu stirata e il berretto, la faccia paffuta contorta in uno sguardo di acido stupore.
«Allora è lei la tua ragazza» disse. «Tu e Cvec la Pazza. Be’, direi che sei tu a fare l’affare migliore.»
«O-ora senti qua!» Il portiere era paonazzo, tremante e furioso. «È meglio che non… Va’ a riempire i tuoi calamai! Pulisci le sputacchiere!»
«Scommetto che ti senti bello fiero, eh, Charlie? Pure a me piacciono un po’ mature, e bisogna ammettere che la vecchia Pazza è stagionata. Difficile dire cosa puzza piú di maturo, se lei o la…»
«Ah!» fece Charlie disperato. «Scommetto che lo sai, vero? Sai tutto di lei, non è vero Mack?»
«Su, non preoccuparti, ragazzo. Riconosco una bella coppia quando la vedo, non mi metterò tra di voi.»
«Va’ all’inferno, Mack! Ti…» cercò freneticamente una minaccia efficace. «Ti avverto per l’ultima volta, Mack! Piantala di cucinare in camera. Fallo ancora una volta e…»
Wingate ruttò, esalando un tanfo di panini e caffè del giorno prima. «Ma mi lascerai preparare la tua torta nuziale, no, Charlie? O pensi che la Pazza ne prenderà una dalla spazzatura?»
Charlie emise un gemito strozzato. Le spalle gli si afflosciarono, inermi. Non poteva proprio competere con la guardia della banca. Nessuno ci riusciva, in città. Qualunque cosa gli dicessi, be’, lui la ignorava e basta, e continuava a darti addosso piú di prima. E non ti mollava finché non trovava un osso migliore da addentare… E, in questo caso, ci sarebbe voluto un tempo dannatamente lungo.
La guardia afferrò una delle sue mani inerti e la strinse calorosamente. «Voglio essere il primo a congratularmi, Charlie. Ti sei trovato un vero schianto. Non saprei esattamente come definirla, ma…»
«F-fuori dai piedi» sussurrò Charlie. «S-se ne parli con qualcuno, io…»
«Oh, ma certo. Certo, sei ancora un po’ indeciso» fece Mack Wingate con odiosa partecipazione. «Non capita tutti i giorni che uno si fidanzi. Perciò non ti preoccupare di mandare in giro gli annunci. Ci penserò io a fare in modo che tutti…»
Charlie si voltò di colpo e andò dietro il banco. Mack rise, sbruffò meravigliato e si decise ad attraversare la strada.
Dall’altra parte, si bloccò per un momento, la mano sul calcio della pistola, e guardò lentamente da sinistra a destra. Un paio di isolati piú in là, un’auto stava voltando l’angolo lentamente. Non c’era nessuno nelle immediate vicinanze, tranne un negoziante intento a spazzare il suo tratto di marciapiede e un contadino alla guida di una carrozzella molleggiata, ed entrambi gli erano ben noti. Mack si voltò e aprí con la chiave la porta della banca.
Allungò rapidamente la mano all’interno e spense l’allarme automatico. Salí il gradino e attraversò la soglia, e poi (cosí almeno parve a Charlie) inciampò sui propri piedi e finí lungo disteso nell’interno buio.
Il portiere si strinse le braccia al petto, gongolando. Voleva proprio vedere l’espressione di Mack quando avrebbe cacciato la testa fuori dalla porta per darsi una rapida occhiata attorno prima di richiuderla. Dopo un ruzzolone come quello avrebbe guardato fuori di sicuro, pensò Charlie. Si sarebbe preoccupato di essere visto e che qualcuno potesse commentare… La guardia di una banca che non riesce a far di meglio! E c’era da scommettere che qualcuno avrebbe commentato, se Mack commentava una certa altra cosa.
Purtroppo, Charlie non poté continuare a tener d’occhio la porta. Perché proprio in quel momento la luce di mister Kramer lampeggiò sul centralino. E quella era l’unica persona che Charlie non faceva mai aspettare.
E ‘Mister Kramer’, quel principe, sarebbe stato il primo a confermarlo.