di Vittorio Catani

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Nel silenzio mediatico quasi assoluto Bancaintesa, in perfetta “intesa” con le OO.SS. e con alcune organizzazioni di categoria, sta praticamente liquidando un grosso fondo pensioni privato, istituito circa un secolo fa dalla ex Banca Commerciale Italiana a favore del proprio personale lavorativo. L’ente vale oggi 700 milioni di euro in immobili, ubicati in primarie città italiane. Di tutto questo, ai diretti interessati (10.000 tra pensionati ed “esodati”, secondo il nuovo esotico neologismo) finora è giunto solo e raramente, ai più fortunati, qualche volantino sindacale… “a cose fatte”. Intanto da aprile 2005, come da decisioni prese unilateralmente (cioé sopra le teste degli interessati), a molti degli ex dipendenti Comit e/o di Bancaintesa verra’ scippata l’intera pensione mensile del Fondo, in attesa del ricavato della vendita (o svendita?) del patrimonio immobiliare, che nel frattempo verrà volturato alla FAPA, altro fondo di cui poco si sa… Iniziative tutte imposte, e non contrattate con la base.

Sulle motivazioni di tali decisioni, sullo svolgimento della vendita (o svendita), sul suo esito futuro, la sua gestione, i criteri che si useranno per la ripartizione del ricavato, la trasparenza che si darà al tutto, la “proprietà” continua a tacere. Un’operazione che globalmente si presenta come un nuovo, colossale e indegno sopruso “all’italiana”. E ci mostra nei fatti, e in anteprima, un bell’esempio di gestione degli strombazzati fondi pensione privati: la panacea che dovrebbe salvaguardare la vecchiaia dei nuovi lavoratori.

Della ex Banca Commerciale Italiana, alias Comit, sappiamo che si trattava di un istituto di credito di alta professionalità, tecnologicamente all’avanguardia rispetto a tutti gli altri istituti. Tralasciamo ciò che accadeva nei meandri più oscuri e inaccessibili della Comit; conosciamo quale ossatura portante le banche siano sempre state per il capitale, per l’appoggio al sistema in tempi di guerra, per il favoritismo ai limiti della legalità (e oltre) verso la clientela di maggior rilievo. Lo affermo per aver vissuto (e osservato, sia pure in minima parte) per ben 37 anni nella Commerciale. Devo dire che essa si rivelava tuttavia, anche in queste manifestazioni, più misurata e varie spanne al di sopra delle volgari pastette combinate in innumerevoli altri istituti di credito susseguitisi nei decenni agli onori (si fa per dire) della cronaca. Della Comit non si può tacere, inoltre, che annoverava tra le sue fila personaggi come Raffaele Mattioli, rarissima figura di un autentico banchiere che al contempo sapeva essere uomo di estesa cultura (per esempio, diresse la collezione dei classici italiani per l’editore Ricciardi); o come Sergio Solmi, altro nome di insolita levatura in ambito bancario e “umanistico” (come si diceva un tempo). Può interessare nel contesto di Carmilla, “rivista dell’immaginario”, sapere che Solmi curò per Einaudi, nei primi anni ’60, una antologia di fantascienza rimasta fondamentale: Le meraviglie del possibile, e scrisse saggi sulla science fiction acuti, in anticipo sui tempi.
(Chi cerchi notizie storiche più dettagliate sulla Comit può trovarle, per esempio, sul sito dell’ANPEComit, l’Associazione Nazionale fra Pensionati ed Esodati della Banca Commerciale Italiana, www.anpecomit.it).

Dei trascorsi di Bancaintesa, invece, cosa dire? Ne so francamente poco, dal momento che non ho avuto la fortuna di farne parte essendo andato in pensione a fine ’95, quando la detta banca ancora non esisteva, anche se la Comit (ex IRI) era già sulla via di quella privatizzazione che l’avrebbe inattesamente smembrata e distrutta in un battito di ciglia. Dico “non ho avuto la fortuna di farne parte” in senso letterale: ogni volta che, oggi, mi reco nei locali della sede barese — che sono stati per la maggior parte della mia vita il mio luogo di lavoro — mi imbatto in ex colleghi dalle facce afflitte e avvilite come mai prima; in ombre di dipendenti di altri istituti del gruppo, “sbattuti” dalla “proprietà” nell’ex Comit e che si vedono vagare sperduti, senza sapere bene dove mettere le mani; e vecchi amici seduti alle scrivanie, scoglionati ai limiti dell’umano che mi chiamano per sussurrare: “Vittorio, beato te, hai fatto appena in tempo ad andartene! Guarda un po’ qui che budget mi hanno affibbiato. Non hai idea di che inferno sia diventata la banca ora.” Ora?! Un’idea in realtà ce l’ho, visto l’andazzo generale, ma mi pongo anche una domanda: come possono gli ex colleghi dire una simile cosa, visto che la Comit — nonostante le rare delizie menzionate in apertura — era già un girone di lavori forzati quando io ne facevo parte? Sì, la mia permanenza pluridecennale in quell’azienda mi ha procurato una schizofrenia inguaribile: io, in pratica, vivevo una vita “normale”, vivevo “davvero”, nei sabati, nelle domeniche, nelle ferie, perfino nelle malattie. Evidentemente — devo dedurre — ora ci sarà stata una trasformazione; l’inferno da metaforico è divenuto autentico. Confesso una mia debolezza, o se volete una cattiveria: a volte, quando sono giù di corda, entro in Bancaintesa. Quelle espressioni rabbuiate, o catatoniche, o sconvolte, mi fanno congratulare con me stesso per non esserci più e, uscito dal luogo, in “più spirabil aere”, mi sento decisamente meglio…

Questo è quanto sapevo di Bancaintesa… fino a ieri. Pochino, in verità. Ovviamente c’è altra roba, e basta cercarla sul sito www.bancaintesa.it. Si tratta di un “gruppo” di recente formazione (1998), nato sulle ceneri improvvise e imprevedibili della Comit e costituito da Cariplo, da numerose altre banche di dimensioni medio-piccole, istituti stranieri, una grossa società d’assicurazione e, last but not least, da una banca che gode d’una notorietà piuttosto diversa da quella che contraddistingueva la vecchia Comit. Parlo del “BAV”, alias Banco Ambrosiano Veneto, nato nel 1989 dalla fusione della Banca Cattolica del Veneto con il Nuovo Banco Ambrosiano dopo la liquidazione del famigerato vecchio Banco Ambrosiano: sì, proprio quello strettamente collegato alla finanza vaticana, e che subì un tracollo connesso con la tuttora oscura gestione di Roberto Calvi, l’uomo “suicidato” a Londra nel 1982. Ma come si dice, il passato è morto (appunto), e il BAV odierno si presenta rilucidato e con tutt’altre “armi”. Il gruppo si prospetta, tramite Bancaintesa, quale istituto di managers. Così va bene oggi! D’altronde il classico funzionario Comit (o bancario in genere) che fiutava a vista una situazione patrimoniale, o un falso in bilancio, non esiste più, sostituito da computer e parametri automatici. Managers uguale produttività costi quel che costi, vero? Gente insomma che sostiene di pensare in modo nuovo, in linea con i nostri tempi globalizzati, un modo di far banca più estroso, rischioso, creativo, diverso, brillante, disincantato, provocatorio. E soprattutto disinvolto. Come sto per dire.

Amministratore Delegato e Chief Executive Officer (CEO) di Bancaintesa è Corrado Passera, che ricopre e ha ricoperto numerose altre cariche prestigiose qua e là, ma è noto ai più per essere stato chiamato a rinnovare le Poste italiane. Da dieci anni, nelle Poste non vi sono più assunzioni e coloro che raggiungono le condizioni per uscirsene non vengono sostituiti. Non avevo molte notizie su Passera. Incautamente ho cercato “Passera” su Google, e ne ho avuto in risposta… migliaia di pagine con accurate analisi del termine gergale, e immagini di fanciulle che ci gratificano in primo piano delle loro grazie nascoste. Beh, se non altro… Che sciocchezza, ho pensato, dovevo impostare “Corrado Passera”. Così notizie se ne trovano. Anche se per i più, dicevo, egli è l’uomo che ha saputo portare le Poste italiane da una gestione rimasta proverbialmente ottocentesca a un nuovo look e a un ammodernamento degno delle banche più evolute; mentre per contro con Bancaintesa ha portato un istituto, che era all’avanguardia, alla situazione di un vecchio, ammuffito ufficio postale (parlo delle mie esperienze baresi, in sede centrale e nelle agenzie di città, che ritengo comunque rappresentative). Provate a fare le code agli sportelli; provate, nella filiale Bancaintesa dove avete il conto, a versare sul vostro conto corrente un assegno circolare emesso da quella stessa filiale Bancaintesa, a voi intestato, e poi a riprelevarne la somma, tutta o in parte: scoprirete “blocchi” sui fondi che durano anche settimane. Un assurdo di traballante legalità, allucinante, e soprattutto pericoloso. Ancora, provate a fare un’operazione presso uno sportello Bancaintesa che non sia quello dov’è radicato il vostro conto: sembrerà che siate entrato in un’altra banca, magari situata in Iraq. A tecnologie della vecchia Comit, come dicevo molto evolute e avanti nel tempo (ad esempio la circolarità dei rapporti di conto), sono state sostituite altre, terribilmente peggiorative, degli istituti “nuovi proprietari”. Negli ultimi tre anni ed entro aprile 2004, il numero degli “esodati” di Bancaintesa ammonterà a 6-7000 persone; per contro vi saranno assunzioni a tempo determinato di un paio di centinaia di persone, trasformabili (forse) in assunzioni a tempo indeterminato. Gli uffici di Bancaintesa, a Bari almeno, sono eterni cantieri, mentre vengono continuamente venduti pezzi dell’immobile in cui la banca è ubicata. Gli spazi si restringono e virtualizzano, il personale pure, gli utili magari aumentano. Ma…

Qui terminano le mie notiziole-divagazioni. Indubbiamente soggettive, ma non sempre.

In quanto assunto dalla Banca Commerciale Italiana (era il 1° aprile 1959), io —come ogni altro dipendente Comit — fui “obbligato” contestualmente ad aderire al Fondo Pensioni del personale della della B.C.I.: un fondo privato integrativo creato (a ben guardare, in modo preveggente) negli anni Venti del XX secolo. Come da impegno sottoscritto, ho versato, al detto Fondo, contributi – dedottimi dalla busta paga – fino alla mia andata in pensione (31.12.95): negli ultimi anni, la deduzione mensile si aggirava sulle 700 mila lire.
In verità, ricordo che sulla gestione del Fondo Pensioni Comit si sono sempre fatte molte illazioni: in effetti la conduzione non appariva limpida, circolavano notizie di favoritismi e sprechi. E tuttavia, esso ha assicurato per decenni a dipendenti di ogni grado una pensione aggiuntiva non disprezzabile. Per esempio, per il sottoscritto tale “integrazione”, in aggiunta alla pensione INPS, è stata finora di 598 euro mensili. Il Fondo, negli anni, ha investito essenzialmente in titoli e nell’acquisto di immobili, talora di pregio, ubicati nelle maggiori città italiane. Il suo patrimonio è valutato oggi sui 700 milioni di euro. La situazione finanziaria del Fondo, invece, è controversa: si parla di un passivo di 28,5 milioni di euro, anche se ai più diretti interessati (impiegati e soprattutto pensionati) sembra chiaro che non sia mai stata detta tutta la verità. Da qui, col cambio di “proprietà”, sono venuti fuori numerosi, serissimi problemi.

In poche parole, Bancaintesa ha già preso importanti decisioni passando sulla pelle di tutti i pensionati, automaticamente anche sulla pelle degli attuali dipendenti. A tutti costoro la nuova “proprietà”, per quanto mi consta, non si è mai degnata di comunicare intenzioni e progetti. In altri tempi, se il Fondo risultava carente, la Comit interveniva con elargizioni (talora bonariamente, talaltra grazie a lotte sindacali): da Bancaintesa al riguardo emerge il vuoto pneumatico. Notizie sono pervenute ai dipendenti solo recentissimamente, e tramite qualche volantino sindacale. In dicembre io ne ho ricevuto un paio, ma per quanto riguarda la mia situazione di pensionato posso garantire di non aver MAI avuto alcuna comunicazione su decisioni che ora so già attuate. Non ho/abbiamo né avuto notizia che le parti (Bancaintesa; organizzazioni sindacali di categoria — emanazioni di CGIL, CISL UIL e altre —; esponenti del Fondo eccetera) si riunivano, né quando quando si riunivano, di cosa dovevano discutere nei dettagli, quali erano i risultati degli incontri. Notizie sono giunte talora, ma solo “a cose fatte”. Vero è che da non pochi anni circolavano voci di una situazione critica del Fondo, si alludeva all’eventualità di dover prima o poi “liquidarlo” ripartendone il patrimonio tra gli aventi diritto. Ma ora questa liquidazione, si apprende, è già in atto da mesi.
Uno dei risultati di queste decisioni unilaterali è che il sottoscritto, unitamente a migliaia d’altri nella stessa barca, dal 1° aprile prossimo venturo non percepirà più un centesimo della pensione del Fondo. Per una pensione di media entità, 598 euro in meno (mi riferisco al mio caso) possono influire non banalmente su un tenore di vita. Ad altri colleghi posti in quiescenza in tempi successivi al mio fu concesso di scegliere tra la pensione mensile e uno “zainetto” (alias un “una tantum”) a liquidazione forfettaria del credito maturato. Da mie indagini, è risultato che tale “zainetto” si e’ poi rivelato di gran lunga inferiore, quanto a valore, rispetto ai calcoli e perfino agli accordi concordati. Altri colleghi non hanno nemmeno percepito il promesso “zainetto”: restano tuttora in attesa. Il Fondo, a quanto pare, verra’ del tutto cancellato, rimosso, e trasferito nel FAPA: non so neanche cosa significhi la sigla, so che si tratta di un fondo di proprietà del BAV o comunque degli istituti del gruppo.
Pare anche, dicevo, (voci di corridoio, nulla di ufficiale, nulla dalla “proprietà”) che siano stati posti in vendita degli immobili: gradualmente, dunque, il patrimonio comune verrebbe dismesso, e agli aventi diritto verranno versate quote. Naturalmente senza sapere quando avverranno i detti versamenti, con quali cadenze, con quali criteri di calcolo, con quanta trasparenza delle operazioni (ma a giudicare dal passato…)

La cosa piu’ inquietante, di queste “mani sul Fondo”, è il silenzio mediatico che accompagna l’operazione. Probabilmente non se ne parla semplicemente perché non se ne vuole far trapelare nulla. Eppure è in corso un’operazione che anzitutto genererà (e c’è da augurarselo) un contenzioso colossale; un’operazione altresì carica di interrogativi tali da preoccupare seriamente. 10.000 persone: una nuova, ardita “trovata” all’italiana?
Intanto una delle associazioni di recente costituzione per la tutela dei diritti di pensionati ed esodati, la sopra nominata ANPEComit, ha ripetutamente denunciato tramite il suo presidente Masia il silenzio di Bancaintesa su alcune questioni urgenti poste dall’ANPE stessa, nonché l’esautorazione dello storico Consiglio di Amministrazione del Fondo. Masia ha insinuato seri dubbi sulla attuale gestione del Fondo: parla di commissariamento di fatto, di liquidazione coatta, di decisioni prese a tavolino mesi fa, di “svendita” forzata; sottolinea altre deliberazioni della “proprietà” quali l’abolizione della usuale concessione di anticipazioni, o delle pensioni di reversibilità. “Nessuno” scrive Masia “ricorda le gravi responsabilità della Banca che, perseguendo la sua politica di esuberi ed esodi, più o meno obbligatori, ha sottoposto a crisi di liquidità e forse altro il Fondo (…) Colleghi, riflettete sui superdividendi di Intesa da distribuire agli azionisti, nel contesto socioeconomico in cui, oggi, si fa ricadere la morte del Fondo Pensioni, e, appena ieri, si sono messi fuori migliaia di colleghi. (…) Si definiscono sprezzantemete i pensionati, che in servizio furono obbligati a subire trattenute per il Fondo, titolari di rendite periodiche…”

Credo ce ne sia abbastanza per intuire il progetto in atto di fronte al quale ci troviamo. Il disprezzo verso personale e pensionati lo rispediamo e risputiamo volentieri al mittente. Dicevo più sopra: sapevo poco su Bancaintesa… fino ad oggi. Oggi infatti ne so un po’ di più. Anche per quanto riguarda il silenzio dei sindacati, CGIL inclusa; e della stessa cosiddetta “sinistra” (non parlo del governo, di fatto inesistente su qualunque fronte che non riguardi i cazzi suoi). Penserò male, ma un piccolo dettaglio mi lascia perplesso: una delle cariche di Corrado Passera, in passato, è stata Vicepresidente e Amministratore Delegato del Gruppo Espresso-Repubblica. A questo punto siamo alla frutta. Della vicenda finora hanno parlato solo — che io sappia — Il Sole 24 Ore con brevi trafiletti, e il manifesto. Personalmente cercherò, nel mio piccolo, di diffondere al massimo, mediaticamente, queste notizie e di prendere legalmente provvedimenti per quanto possibile. Intanto ritengo che, caso personale a parte, questa storia sia molto istruttiva, perché è un anticipo di cosa saranno e come verranno gestiti in Italia i famigerati fondi pensione privati: la panacea che, ci assicurano, tutelerà i giorni dei nostri futuri pensionati.