Blairbush.jpgDopo l’intervento di Paolo Chiocchetti su Carmilla, si è sviluppato un dibattito sulla Eymerich Mailing List (la mailing list di Valerio Evangelisti, direttore di questo sito). Ecco alcuni stralci dei primi interventi. Altri seguiranno. Da notare, in positivo, che nessuno di essi ricalca le posizioni di Giuliano Ferrara (l’orrore assoluto) né di Luca Sofri (la parodia radiofonica e mediatica della sinistra, immagine speculare e distorta di Ferrara). I nomi degli intervenuti sono stati cambiati o alterati tutte le volte che si trattava di salvaguardare la loro privacy. La denominazione del thread è “Impagabile Chiocchetti”, dall’intestazione del primo messaggio.

Yari:

Invito chi è interessato a leggere l’articolo “Kerry vs. Bush?” di Paolo
Chiocchetti su Carmillaonline.
Proprio questa sera ero in un pub a discutere con una coppia di amici
del fatto che Kerry o Bush non avrebbero cambianto l’attuale indirizzo
della politica USA, pertanto invio loro questo stesso articolo. Inoltre
Chiocchetti è uno dei pochi articolisti a me noti che ha citato due
interessanti documentari cinematografici cogliendone gli aspetti più
controversi

– le rivelazioni di McNamara in “Fog of war”, che ho la fortuna di avere
in DVD.
– il non-ruolo dei democratici in “Fahrenheit” di Moore.
Di nuovo: Impagabile Chiocchetti!

Mirko

La cosa che più mi preoccupa è la perfetta rappresentazione che Chiocchetti
ha dato di un sistema elettorale bipartitico compiuto come quello americano.
Mi inquieta essere consapevole del fatto che molti, anche a sinistra, qui in
Italia aspirano a questo. La riduzione di spazi di agibilità politica per
terze parti che portano avanti la propria alterità radicale è spaventosa…
non sarei affatto contento di sperimentarlo sulla mia pelle.
Però Ciocchetti dice bene quando dice che le elezioni non hanno mai portato
significativi cambiamenti per le classi subalterne.
Questo significa che l’accento dovrebbe spostarsi sul lavoro politico al di
fuori della competizione elettorale, o meglio a prescindere da essa, per
ottenere mobilitazione di base. E non su temi particolari seppur importanti,
ma sul tema dei temi: un altro mondo è possibile.
Cioè un’altra politica, che comprenda anche i temi particolari, ma che più
in generale dia il senso più profondo di cambiamento radicale economico e
sociale.
E poi bisognerebbe lavorare sull’inclusione, sull’adesione del massimo
numero di persone a questo che si potrebbe definire un nuovo, più giusto,
sogno americano.
E in America non deve essere facilissimo; quello che mi domando è se i
verdi e Nader l’abbiano saputo fare.

Io la lancio……
se l’America fosse questa lista, e si trovasse a dover votare per uno dei
tre maggiori candidati a questa tornata elettorale, quale sarebbe il nostro
presidente?
Avvertenza: se vince Kerry le elezioni saranno invalidate e si tornerà a
nuove elezioni. Evviva la democrazia. :-)

Valerio:

Io, molto a malincuore, voterei per Kerry: lui solo è in grado di fare cadere Bush. Ora, ragionando da “non americano”, la caduta di Bush ripercuoterebbe effetti positivi sul mondo intero, anche se il suo successore portasse avanti una politica non troppo differente. Per dirne una, Blair vacillerebbe parecchio, da servo di Bush qual è, e probabilmente sarebbe condannato a sua volta.
La sconfitta di Bush avrebbe un alto valore simbolico, in un mondo in cui i simboli hanno sostituito le idee e i programmi.
Nader è mille volte migliore degli altri due, ma, dato il sistema politico in cui si trova ad agire, le sue probabilità sono nulle.
E’ vero che rappresenta un movimento sociale, però, dato appunto il sistema, i movimenti riescono a operare cambiamenti solo se hanno una presenza politica.
Mi hanno molto impressionato, nell’ultimo film di Michael Moore, le scene in cui i congressisti afroamericani supplicano invano i senatori – almeno uno – di firmare una petizione che invaliderebbe l’elezione truffaldina di Bush. Nessuno firma, e ciò è spaventoso.

> Avvertenza: se vince Kerry le elezioni saranno invalidate e si tornerà a
> nuove elezioni. Evviva la democrazia.

Quale democrazia c’è in un paese in cui, per potere essere candidati “seri” alla presidenza, bisogna disporre di cifre astronomiche, che solo i colossi dell’economia possono procurare (in cambio di garanzie e contropartite)?
Era più onesto il sistema politico italiano della fine dell’Ottocento, in cui votava solo chi possedeva un certo reddito. Almeno lo si diceva fin dall’inizio, senza fare finta che il meccanismo fosse egualitario, democratico ed esportabile quale modello di civiltà.

Darth Alex:

>La sconfitta di Bush avrebbe un alto valore simbolico, in un mondo in cui i
>simboli hanno sostituito le idee e i programmi.

Sei certo del processo innescato dalla sconfitta di Bush?
E se invece gli Usa continuassero a giocare a risiko, passando all’Iran
come già minacciato e poi magari alla Siria? Non ci sarebbero per forza
altri leccapiedi alla Blair pronti? Quale governo ha il coraggio di dire
apertamente no e remare contro gli Usa? In italia all’epoca dell’attacco
in Serbia il centro sinistra non lo ha fatto.
Anche di Francia e Germania mi fido poco, nonostante tutto.
Che devo dire, mi sento proprio apocalittico in questi giorni. chi
fermerà l’impero del male? Chi gli impedirà di continuare ad attaccare
paesi con una scusa qualsiasi? E quando qualcuno proverà sul serio a
fermarli (che sia la Cina o il vero Islam) la situazione a livello
bellico, di morti e terrore non peggiorerà comunque?
Se qualcuno ha parole ottimistiche a riguardo sono molto ben accette
oggi…

Luigi C. R..:

Ho gli stessi tuoi dubbi, ma d’altronde non abbiamo molte altre
possibilità se non votare chi è meno bieco e sperare in un lento
processo di maturazione e miglioramento delle dinamiche sociopolitiche,
anche se finché verranno controllate dal potere economico le speranze
sono veramente bassine.
Non credo esista la possibilità di una elezione il cui vincitore possa
rivoltare completamente le carte in tavola, semplicemente non ci può
arrivare, vedi Nader. Quindi, turarsi il naso e andare avanti…

Darth Alex:

Se non possiamo sperare in un’evoluzione del popolo americano, nel fatto
che questi un giorno smetteranno di credere di vivere in democrazia e
quindi di votare per i “due” partiti……allora cambia poco che
qualcuno si turi il naso o meno.
L’episodio di Fahrenheit 9/11 che citava Valerio è veramente
drammatico. In un Parlamento, tutti coscienti della truffa in atto a cui
assistevano, alla richiesta di giustizia di alcuni rappresentanti di
colore – si, perchè ovviamente solo i neri hanno provato a ribellarsi!!! –
si sono messi anche a ridere?!?!?!
Il disgusto mi riempie….

Valerio:

> sei certo del processo innescato dalla sconfitta di bush?

No, non ne sono certo. Anzi, per gli statunitensi, e anche per gli altri
cittadini del mondo, cambierà sicuramente pochissimo.
Tuttavia suppongo che tu abbia visto il famoso film “Missing”, di Costa
Gravas. Quando Reagan divenne presidente, la differenza, per i cittadini
degli USA, sulle prime sarà parsa impalpabile. Però non lo fu per i cileni
(e per molti altri popoli del mondo).
Kerry non è tanto diverso da Bush, d’accordo. Però, se quest’ultimo e la sua
accozzaglia di pensatori “neocons”, integralisti cristiani, agenti
israeliani venissero sconfitti, stai certo che il segnale si propagherebbe
fuori degli Usa,
Un Nader, tornato alla sua reale dimensione di leader di movimenti,
troverebbe certo un interlocutore più attento in Kerry che in Bush. E più
ancora in Edwards, sostenuto dal movimento sindacale.
Il sistema politico americano, bloccato e censitario com’è, non ci permette
purtroppo di sperare in nulla di meglio.
Ciao!

Valerio

PS. Poi pensa alla faccia che farebbe Giuliano Ferrara, se vincesse Kerry!
:-)))

Darth Alex:

>PS. Poi pensa alla faccia che farebbe Giuliano Ferrara, se vincesse Kerry!

Mah, a Giuliano Ferrara, normalmente non penso ma se gli si guastasse il
fegato non mi dispiacerebbe certo!

Mirko:

> La sconfitta di Bush avrebbe un alto valore simbolico, in un mondo in cui
> i simboli hanno sostituito le idee e i programmi.

Hai proprio centrato il punto.
I simboli sono molto legati all’ideologia e agli elettori americani questa
volta si chiede un voto ideologico, polarizzato all’eccesso.
Io credo molto nella necessità di distinguere; per questo, pur se mi sembra
evidente la nulla distanza che separa programmaticamente i due schieramenti,
non sono molto d’accordo nel fare di tutta l’erba un fascio; se fossi stato
in America, avrei votato Kerry, per questa volta.

>Quale democrazia c’è in un paese in
> cui, per potere essere candidati “seri” alla presidenza, bisogna disporre di
> cifre astronomiche, che solo i colossi dell’economia possono procurare (in
> cambio di garanzie e contropartite)?

Una democrazia che non è tale e non lo è mai stata…
Anche quando si raggiungono progressi nel campo dei diritti civili, la
politica lobbistica americana mi disgusta e mi spaventa…
Eppure per qualcuno è un modello!