di Wu Ming 1

a83.gif[Recentemente, con molta cortesia e disponibilità al dialogo, i frequentatori del forum telematico di un noto settimanale musicale mi hanno invitato a dire la mia/la nostra sul ronzino di battaglia di alcuni pubblicisti, vale a dire: pubblicare con Einaudi (che è nel gruppo Mondadori) equivarrebbe di per sé a fare il gioco di B*******. Su questa cosa abbiamo risposto diverse dozzine di volte, su vari livelli, in forma scritta e in forma orale, fino ad annoiarci e ad annoiare. Sinceramente, mi si rivoltava lo stomaco a ripetere tutto il discorso, ma ho pensato: magari è un’occasione migliore di altre. Magari puoi farlo una volta per tutte. Con notevole sforzo di sintesi, ho cercato di spiegare i motivi per cui noi (noi Wu Ming, ma vale anche per altri autori) non la pensiamo affatto come quei pubblicisti. Quello che segue è un montaggio dei miei interventi.]

1. Premessa: i due cancri

Il problema qual è? E’ il “conflitto d’interessi”.
Il conflitto d’interessi è stato creato dalla discesa in campo di B********.
Egli è “sceso in campo” perché sennò finiva in galera. La politica è, in pratica, il covo in cui trascorre una latitanza dorata. Ergo, per catturarlo occorre assediare ed espugnare il covo. Tutto il resto è un palliativo per la coscienza, un’illusione di fare qualcosa di significativo. E’ un problema eminentemente politico, e va affrontato nell’arena politica, non altrove: B********. va defenestrato da Palazzo Chigi e mandato a casa (o dovunque finirà: galera, esilio, clinica…).
L’incapacità dell’opposizione ufficiale a ottenere questo risultato è sotto gli occhi di tutti, ma a chi va imputata? Molto semplicemente, va imputata a chi la dirige, cioè i vari Fassino, D’Alema, Rutelli e compagnia floscia. Con costoro, è come curarsi il cancro al fegato facendosene venire uno al pancreas sperando che quest’ultimo divori il primo. Finisce che muori con due cancri, come una candela accesa da entrambe le parti.

2. Capri espiatori

Questo stato di cose produce frustrazione, è ben comprensibile. Ciò che invece non comprendo è l’atteggiamento di chi cerca capri espiatori dalla stessa parte della barricata, bersagli su cui indirizzare l’ira del popolino, come ha cercato di fare qualcuno gettando la croce addosso ai lavoratori culturali anti-b*******ani (artisti, scrittori etc.) presuntamente “collaborazionisti”.
Questi ultimi in realtà sono tra i più desiderosi che B******* se ne vada, con ogni mezzo necessario, proprio perché non vedono l’ora che finisca l’equivoco. Perché l’equivoco c’è, nessuno l’ha mai negato. Il punto è: ogni equivoco rivela una contraddizione, e le contraddizioni non vanno negate ma acuite, usate per produrre crisi e nuove contraddizioni. “Niente resta uguale a se stesso / la contraddizione muove tutto”, cantavano gli Stormy Six. In cinese contraddizione si dice “mao dun“, cioè “da una parte la lancia, dall’altra lo scudo”. Dove lancia e scudo cozzano l’una contro l’altro, si produce la storia.

3. Resistere un minuto più del padrone

girella.gifNoi sappiamo benissimo una cosa: i nostri interessi NON coincidono con quelli di B********: dalla sua rovina noi abbiamo un mondo intero da guadagnare. L’Einaudi esiste da prima che costui nascesse, ed esisterà in qualche forma anche dopo il suo crollo. Se quest’ultimo cade, ma cade davvero, perde anche il suo impero multimediale e si toglie dai coglioni, mentre i libri continueranno a essere scritti e letti, e noi continueremo a raccontare storie. Non dovrebbe essere difficile trovare un compratore per il catalogo Einaudi, storico e prestigioso com’è.
Di certo noi non ce ne andremo prima che succeda tutto questo (“resistere un minuto più del padrone”, diceva un vecchio slogan operaista), a meno di non essere cacciati. Non ce ne andiamo perché dentro l’Einaudi abbiamo vinto tutte le battaglie, perché abbiamo piena autonomia, e perché con tutti i suoi limiti rimane la migliore casa editrice del Paese.

4. Quinte colonne e “sindrome di Tafazzi”

marx2.jpgOgni guerriglia che si rispetti, culturale o militare che sia, cerca di valorizzare in ogni modo le “quinte colonne”, cioè chi è in grado di muoversi nel territorio nemico. Dirò di più: ogni lotta che si rispetti fa di tutto per valorizzarle, si veda l’esempio del marxismo, che cercò il soggetto rivoluzionario proprio nei lavoratori più interni al processo di produzione industriale, alle contraddizioni primarie del capitale.
Attaccare istericamente le potenziali “quinte colonne” anziché sfruttare la loro posizione. Esporle al pubblico linciaggio anziché sostenerle. Augurarsi che il nemico le isoli anziché facilitare la loro opera di proselitismo: tutto questo è demenziale e controproducente da ogni punto di vista: politico, militare, etico.
Facendo così si crede di “boicottare B*******”, e invece si fa il gioco dei b*******ani che lavorano dentro le sue imprese culturali. La grande quantità di anti-b*******ani dentro il gruppo Mondadori (non solo autori, ma anche direttori di collana, cosa che fa andare fuori di testa la stampa di destra), e la forza contrattuale di cui costoro dispongono per poter fare operazioni non allineate, dipende dal successo di tali operazioni. Negli ultimi anni, le polemiche “boicottomaniache” hanno rischiato di fare il gioco degli yes men, dei leccaculo: chi chiede agli autori di sinistra di “andarsene da Mondadori” non capisce che così facendo il loro posto nella casa editrice e nell’immaginario collettivo (una posizione a dir poco strategica) sarebbe preso da autori e manager di destra (i quali non vedono l’ora), con piena libertà di spargere la loro merda incontrastati.

5. Crisi del b*******smo ed egemonia culturale

theylive.gifE’ convinzione diffusa che se il b******ismo è in crisi è perché i disastri che ha prodotto sono sotto gli occhi di sempre più gente. Se ci si riflette bene, si vedrà che è proprio il contrario: i disastri sono sotto gli occhi di sempre più gente perché il b*******ismo è in crisi, ed è in crisi perché nonostante lo strapotere mediatico non riesce a “sfondare” sul piano dell’egemonia culturale.
Uso la parola “Cultura” nella sua accezione più vasta: “complesso di cognizioni, tradizioni, procedimenti tecnici, tipi di comportamento e sim., trasmessi e usati sistematicamente, caratteristici di un dato gruppo sociale, di un popolo, di un gruppo di popoli o dell’intera umanità” (così dice lo Zingarelli).
Non a caso, è il principale argomento delle lamentazioni della destra, dei vari Panebianco, Galli Della Loggia etc. La cosiddetta “egemonia culturale della sinistra”.
Su quel piano, il b******ismo ha incontrato la resistenza – a volte attiva, a volte solo passiva ma è già abbastanza – di una società civile estesa e articolata, fatta di circoli e associazioni di varia natura, di tradizioni di famiglia e compagnie di amici, di comunità d’ogni genere e piccole istituzioni, di blog e forum telematici, di informazione e comunicazione “altre”. C’è una fetta di Paese, una buona metà, che non ci sta a essere “b*******izzata”. La mera esistenza di questa fetta di Paese rende impossibile mettere tutta la polvere sotto il tappeto del consenso: il tappeto non è abbastanza grande.
A dimostrare che il “b******ismo” non sfonda, c’è anche il fatto che le sue imprese culturali pullulano di non-b*******ani, di sinistrorsi, di persone e gruppi che non solo non condividono la sua visione del mondo, ma la combattono attivamente, propugnandone un’altra, quella che lui aborre. [In parole povere: “intellettuale berlusconiano” è una contraddizione in termini] All’interno di questa contesa, il ruolo di questi ultimi può essere prezioso: operano nei punti in cui la contraddizione è alta ma in equilibrio, la corda è tesa ma non tanto da spezzarsi.
E’ lì che ci troviamo noi: sulla contraddizione tra potere contrattuale conquistato grazie al successo [in parole povere: il nostro prodotto tira] e scomodità politica, in un settore di mercato più piccolo e meno vistoso della TV, dove i nodi vengono al pettine più lentamente, senza “diktat bulgari” come quelli subiti da Biagi, Luttazzi e Santoro.
Il fatto che noi e altri ci troviamo lì è già di per sé una testimonianza importante. Sarebbe bello capire come valorizzare ancor più la nostra posizione per acuire la crisi del b******ismo, anziché metterci in difficoltà con richieste ricattatorie, improperi, insulti (“mafiosi” etc.) e calunnie, come da tempo fa qualcuno.
Non ha senso negare che all’interno delle aziende di B******* esistono molteplicità e contraddizioni su cui non è in grado di intervenire come vorrebbe. Anzi, col tempo aumentano le reazioni isteriche che acuiscono le contraddizioni: Mediaset che querela – perdendo la causa in modo ignominioso – Sabina Guzzanti, che è uno dei nemici pubblici n.1 per la stampa di destra, a cominciare dal Foglio. Forza Italia che, invano, fa pressioni perché non vada in scena L’anonimo bicefalo di Dario Fo. La Guzzanti e Fo pubblicano per Einaudi, la contraddizione è al suo massimo di fecondità culturale, la battaglia per l’egemonia non potrebbe andare meglio di così. Attaccarli perché pubblicano per Einaudi significa non aver capito nulla della situazione.

6. B******** è sopravvalutato

berlussein.jpgSecondo me l’errore principale è vedere B******* come onnipotente, come più influente di quel che è, come un grande comunicatore, un grande stratega, un grande calcolatore, l’Unico Problema del Paese, il grande Satana. Non è niente di tutto questo, è una persona mediocre intrappolata in un gioco più grande di lui, e tutti quei simulacri (costruiti dai suoi PR e accettati come reali anche a sinistra, dove spesso si è “più b*******ani dei b*******ani”, perché – anche se li si rovescia in negativo – ci si adegua comunque agli stereotipi diffusi dalla sua propaganda), tutti quei simulacri sono in pezzi.
Il b******ismo come ideologia è in una fase di crisi strutturale. Possono salvarlo solo gli “antib*******ani” che non se ne accorgono.
Da tempo, da almeno una decina d’anni, B******* non può più esistere unicamente come imprenditore: può restare in sella solo se riesce a tenere insieme le immagini di imprenditore, politico, uomo pubblico e neo-padre della Patria. Senza queste ultime caratterizzazioni, come imprenditore sarebbe finito da un pezzo, però sono entrate in crisi anche quelle, anzi, sono l’anello debole di tutta la catena semiotica ed è lì che bisogna concentrare l’intervento critico, non sulla Mondadori o quant’altro.
Occorre accorgersi per tempo di quest’indebolimento, di questo disvelamento tipo Essi vivono di John Carpenter.
B******* ha perso le amministrative del 2002. Ha perso le amministrative del 2003. Ha perso le amministrative del 2004. Ha perso le europee del 2004 nonostante si fosse speso personalmente e in modo spasmodico. Ha perso feudi molto importanti dal punto di vista simbolico come Verona, la provincia di Milano, svariati capoluoghi del Sud etc. Ha perso Bologna – e in modo rovinoso – dopo soli cinque anni. Durante il semestre europeo si è fatto ridere dietro da tutto il mondo e non ha portato a casa nessun risultato. La Corte Costituzionale ha bocciato il Lodo Schifani. La Corte Costituzionale ha bocciato gli articoli-chiave della Bossi-Fini. Previti è stato condannato a undici anni per la vicenda Imi-Sir, sentenza che il governo aveva fatto DI TUTTO per scongiurare. Dell’Utri è stato condannato a due anni per estorsione. Dell’Utri ha perso la causa per diffamazione contro la Kaos libri. Mediaset ha perso la causa per diffamazione contro la Guzzanti. I figli del premier sono inquisiti per lo scandalo diritti esteri tv. La questione Telekom Serbia, su cui il governo aveva puntato parecchio e scatenato i suoi giornali, si è sgonfiata come una logora camera d’aria. La commissione Mitrokhin, che doveva essere un suo fiore all’occhiello, è data per dispersa. La spedizione in Iraq sta andando malissimo e il nostro è l’unico paese dell’Europa continentale a essersi lasciato intrappolare laggiù. Le tensioni interne alla coalizione di governo sono ai massimi. Tre ministri e quattro sottosegretari sono già stati costretti a dimettersi, compreso Tremonti, quello su cui B******* contava di più. Questo governo sta spaccando il Paese in modo trasversale su questioni come fecondazione assistita, aborto etc.
Se B****** sta ancora lì è perché in Parlamento, pur con tutti gli scricchiolii e i franchi tiratori, ha una maggioranza molto vasta, per colpa di quelli che hanno voluto il sistema maggioritario nel ’92. Al di là di questo, a fare schifo è l’opposizione ufficiale, con le sue “regole”, il suo senso di “responsabilità”, la sua voglia di “rispettabilità”, il suo dogma della “stabilità”, la sua eterna rincorsa “al centro” in cerca di un voto “moderato” che, in un Paese più polarizzato che mai, conta molto meno di quel che loro credono. I punti che segna B******* non li segna di propria iniziativa: li segna perché dall’altra parte si fa di tutto per agevolarlo.
L’ultima uscita di Rutelli sul fatto che una volta al governo l’Ulivo NON abrogherà le leggi fatte dal centrodestra la dice lunga. B******i non è affatto un genio né un bravo stratega: sono gli altri a essere dei perfetti coglioni. Non ci fossero costoro, di questo governo in crisi e in verifica perenne, alla guida sempre più precaria di un paese avvilito e impoverito, ce ne saremmo già sbarazzati da tempo.

7. Non esiste conflitto “fuori dal Sistema”

Non penso di lavorare contro un generico “Sistema”, parola fuorviante che vuol dire tutto e niente.
Se un sistema sociale esiste, è quello capitalistico. Altri non ne vedo. E’ il sistema della forma-merce, del denaro come equivalente generale delle merci, della vendita di forza-lavoro etc. Nessuno di noi ne è fuori, nemmeno il più autarchico dei fanzinari che non si è ancora spostato dalla carta al web, nemmeno il più isolato dei monaci nepalesi, nemmeno gli ultimi Yanomano dell’Amazzonia.
Io cerco di affermare certe logiche e superarne certe altre, dentro il sistema, come tutti. Se davvero c’è qualcuno che crede di “combattere il sistema” da un ipotetico “esterno”, sta prendendo in giro se stesso e gli altri.
Le lotte per cambiare il sistema (operaie, studentesche, ambientali, per la ridistribuzione del reddito etc.), anche le più dirompenti, hanno sempre luogo dentro, anzi, la loro internità è la conditio sine qua non perché abbiano luogo: se ci fosse la possibilità di uscire dal capitalismo, perché perdere tempo a lottare per cambiarlo? Basterebbe fare un passo e uscirne. Ma è impossibile.
Un esempio: lottare per il dis-inquinamento è incompatibile con il rifiuto della scienza e della tecnologia, perché è quest’ultima a permetterci di dis-inquinare (energie rinnovabili, trasporto all’idrogeno etc.)
Allora, visto che siamo tutti dentro il sistema, tanto chi vi si adagia acriticamente tanto chi cerca di cambiarlo o superarlo, tanto vale rimboccarsi le maniche. Si può quel che si fa. E sarà sempre meglio fare i cavalli di Troia che accontentarsi di essere bestie da soma.

La cultura e la comunicazione indipendenti possono essere promosse anche da postazioni interne alle major, è quello che cerchiamo di fare da sempre, sovente riuscendoci.
La prima mossa che facemmo dopo il successo di Q fu convincere l’Einaudi a comprare i diritti e il progetto grafico di una nostra antologia che era uscita anni prima per l’AAA di Piermario Ciani e Vittore Baroni. Con quei soldi, l’AAA saldò alcuni debiti e vide il proprio operato “storicizzato” in una produzione Einaudi.
Nel retro della seconda edizione di Q segnalammo come lettura complementare al romanzo il nostro saggio Nemici dello Stato, uscito per Derive Approdi. Anche grazie a quella segnalazione, il saggio andò esaurito.
Nel sito ufficiale del film che abbiamo scritto, che ha un numero di visite molto alto, abbiamo messo banners a libri ShaKe, Derive Approdi e link a realtà editoriali anche più oscure, oltreché a siti di movimento, di controinchiesta sulle morti da Legge Reale etc., sui processi in corso a Genova (con tanto di appello a sostenere le spese legali etc.)
Insomma, si usano i soldi della Fandango (e di Medusa, addirittura) per produrre una ricaduta positiva su tutto un network di esperienze “grassroots”.
Ora che il nostro è un “marchio” abbastanza noto, lo usiamo per scrivere prefazioni e post-fazioni a libri editi da editori indipendenti.
In generale, ci consideriamo un cavallo di Troia e cerchiamo di usare il nostro essere “al di quà delle mura” per aprire il portone e far passare cose (e persone) più underground (anche se oggi l’opposizione tra mainstream e underground ha meno senso di un tempo). Tentiamo di farlo con i nostri siti, con Giap, con Nandropausa, con i link.

[Nell’industria discografica è mooolto più difficile, ma non impossibile. Si pensi alle campagne che porta avanti un gruppo come i Chumbawamba.]
Insomma, passare a una major non significa per forza abbandonare l’ambito indipendente. Certo, non sempre si trovano le condizioni e gli interlocutori per riuscire a creare un simile contesto. Ma non significa che non esistano. E’ una fase di gran subbuglio, molte cose possono succedere, molte contraddizioni possono acuirsi.

Non so, spero di essermi spiegato. Meglio di così non saprei fare. In ogni caso, sappiate che la nostra, giusta o sbagliata che sia, è una strategia consapevole, pubblicamente dichiarata e perseguita da ormai un decennio. Nessun aspirante Catone può permettersi di descriverla come qualcosa di losco, occulto e disonesto.

Wu Ming 1, 1/2 settembre 2004blacklisted.jpg