delucacol.jpg(ANSA) – ROMA, 16 GIU – “Quando non ci saranno piu’ detenuti e si stara’ alla pari, allora si potra’ discutere e ascoltare una piu’ vasta verita’, quella degli uomini e delle donne, senza la camicia di forza di essere giudici o imputati”. Erri De Luca, lo scrittore ed ex militante di Lotta continua, spiega cosi’ le sue parole pronunciate alcune settimane fa nel corso della presentazione del libro di Aldo Cazzullo sul Caso Sofri. In quella occasione De Luca disse che per avere la “verita’ umana” sull’ assassinio del commissario Luigi Calabresi occorre che siano “restituiti” i corpi di Adriano Sofri e Ovidio Bompressi, condannati con Giorgio Pietrostefani a a 22 anni per l’ omicidio del commissario: un’ affermazione che aveva suscitato polemiche e prese di distanza, tra cui quella dello stesso Sofri che, dal carcere di Pisa, sottolineo’ di non avere “ordinato o autorizzato” l’assassinio di Calabresi.

“La storia degli anni Settanta di questo Paese e’ stata scritta unicamente dalle sentenze giudiziarie. A quel tempo – spiega ora De Luca su Vanity Fair in edicola domani – l’odio civile sfiguro’ i tratti delle istituzioni pubbliche e favori’ l’attecchimento della piu’ forte sinistra rivoluzionaria del mondo occidentale”.”Da militante della sinistra rivoluzionaria di allora, appartengo alla schiera dei dispersi, degli sbaragliati di quel tempo. Senza avere io subito il carico penale di quegli anni che ancora si prolunga con ergastoli e pene seminfinite, so che quei prigionieri stanno pagando il conto del 1900 anche per me. E’ un sentimento di correita’…” “Pero’ la storia e’ piu’ larga di un verdetto di tribunale e anche piu’ generosa. La storia riconosce anche le ragioni dei vinti. Allora spero di arrivare a vedere il giorno in cui non ci saranno piu’ prigionieri dell’odio civile degli anni Settanta”.
“Nella presentazione del bel libro di Cazzullo – dice poi De Luca – ho ribadito questa vecchia evidenza: quando saranno e saremo tutti liberi di parlare e di tacere, senza piu’ necessita’ di legittima difesa, potremmo sapere quello che resta imprigionato e ridotto a fatto giudiziario. Potremo sprigionare la verita’, permetterle liberta’ di voci. Stare alla pari di fronte alle pene estinte, e’ la condizione necessaria per invitare alla nostra tavola la signora Storia”.