gaimanmini.jpgQuale pensi che sia la differenza tra il raccontare storie e mentire?

Gli scrittori sono ovviamente dei bugiardi. Ma le storie sono vere e più che vere.

Come si fa a sapere se si è davvero degli scrittori?

Non ne ho idea. Ricordo il momento decisivo per me: avevo 22 anni, non riuscivo a dormire, e mi immaginavo da vecchio a pensare sul letto di morte che sarei potuto diventare uno scrittore… uno scrittore per davvero, e che non avrei più potuto sapere se mi illudevo o meno. Quello che è spaventoso è che di recente ho avuto occasione di dare un’occhiata a delle cose che avevo scritto allora ed erano davvero pessime: derivate, inconsistenti e con un esile talento solo per il pastiche, spesso utilizzato in modo inappropriato. Se le leggessi adesso e dovessi capire, sulla base di quegli scritti, la possibilità di diventare, o meno, uno scrittore, consiglierei un futuro nell’orticoltura o nella gestione di alberghi. Quindi bisogna scrivere e imparare, giorno per giorno, senza mai mollare.

Con quale frequenza scrivi? Quanto ti ci vuole per scrivere una storia come Sandman capace di colpire profondamente le persone? Solitamente hai presente prima la trama o i personaggi?

NEIL-GAIMAN.jpgProvo a scrivere ogni giorno ma poi di solito ho più di una cosa da fare e raramente riesco a terminare tutto in una volta. Per quanto riguarda il tempo che ci vuole, è una domanda del tipo: “quanto è lungo un pezzo di corda?”. Per raccontare Sandman si va dall’Ottobre 1987 (quando per la prima volta ebbi l’idea della storia e del personaggio) al Gennaio 1996 (quando ho terminato “La Tempesta”). La maggior parte delle volte quello che invento per primo sono i personaggi e i luoghi. Nelle storie più lunghe, gli intrecci vengono dopo i personaggi; nelle storie brevi i personaggi vengono dopo il soggetto. Il tema della storia è invece sempre presente, un po’ come la musica in un film.

È strano che molti dei migliori scrittori di fumetti U.S.A non siano americani. Anzi voi inglesi, mi riferisco a te e Alan Moore, avete dato moltissimo al fumetto americano molto più di qualunque autore americano recente e sembrate possedere una prospettiva unica…

Non penso che i non americani siano sempre i migliori scrivendo fumetti (penso a tanti, tanti bravi autori americani). Per il gruppo di scrittori britannici emerso negli States credo che la ragione sia che, per Alan, Grant Morrison e sicuramente per me, i fumetti americani erano cose strane, meravigliose ed esotiche, delle cartoline da un mondo immaginario. Erano lì come i libri che leggevamo, i film che vedevamo e la musica che ascoltavamo. Quando siamo cresciuti li abbiamo fatti per noi stessi.

Come scrittore, quali sono le tue maggiori preoccupazioni e i tuoi maggiori rimpianti?

Vorrei che quello che scrivo fosse più vicino possibile all’idea che avevo in testa quando ho iniziato.

Mentre scrivevi Sandman, a che punto è stato chiaro che la storia sarebbe stata una specie di tragedia classica?

Oh, dall’inizio. Senza nessun dubbio.

Una domanda che mi sono sempre posto: quando Dream duella con il demone Choronzon per riconquistare il suo elmo, la risposta vincente è “Io sono speranza”, cosa sarebbe successo se il demone avesse ribattuto “Io sono disperazione”?

Ogni tanto ci rifletto, ma credo che si tratterebbe di un circolo vizioso. Infatti la disperazione non batte la speranza perciò al giro seguente puoi rigiocare di nuovo la speranza. Credo sarebbe una situazione di uno stallo e occorrerebbe riniziare il gioco.

Ho sentito che non saresti molto soddisfatto di Death: The time of your life, è vero?

The time of your life avrebbe dovuto essere una storia in quattro parti, ma per un sacco di ragioni è terminata dopo la prima parte restringendosi a tre episodi. In più Chris Bachalo firmò per la Marvel [per creare Generation X, N.d.R.] e dovette abbandonare a metà strada e gran parte del divertimento svanì. La versione in volume di contiene tre o quattro pagine in più e mi piace molto di più di quella serializzata.

Come è nata la collaborazione con Yoshitaka Amano [l’illustratore giapponese che ha lavorato alla realizzazione di Final Fantasy, N.d.R.] per Sandman: The Dream Hunters [l’ultimo lavoro di Gaiman sul Signore dei Sogni datato 1999 e recentemente nominato tra i candidati per il prestigioso Premio Hugo, N.d.R.]?

Jenny Lee della Vertigo è un’ammiratrice del signor Amano e lo ha convinto a fare il poster per il decennale di Sandman. Mi è piaciuto quando l’ho visto e ho pensato che A) non avevo mai scritto una storia di Sandman ambientata nel Giappone classico B) avevo un sacco di materiale inutilizzato per La Principessa Mononoke [il film d’animazione realizzato da Hayao Miyazaki di cui Gaiman ha curato l’adattamento dei dialoghi per il mercato americano, N.d.R.] che mi frullava in testa. Avevo letto un mucchio di storie e miti giapponesi per farlo e sono sempre stato affascinato dagli spiriti volpe… Così quando Karen Berger mi ha chiesto di scrivere una storia per il decimo anniversario ho accettato a condizioni di avere Amano come artista. Lui era d’accordo ma disse che avrebbe preferito un libro illustrato piuttosto che un fumetto. Non mi dispiaceva l’idea di farlo in quel formato così cominciai a scrivere.

Pensi di scrivere perché le storie sono dentro di te e hai bisogno di raccontarle oppure costruisci le storie per bisogno e piacere di scrivere e d’essere un narratore? In altre parole, le storie scaturiscono dall’amore per la narrazione oppure la narrazione è un modo per dare loro vita?

Penso che sia una commistione delle due cose. Ci sono delle storie e mi piace raccontarle. Il bello è scrivere le storie come inventarle… ma non lo farei se non fossi il tipo di persona che sono. Farei qualcosa di molto più assennato.

Mentre scrivi o crei una storia o un personaggio hai mai un dubbio, un’insicurezza riguardo l’argomento?

Oh, ho dubbi e incertezze su tutto, non solo le cose che hai elencato, quando scrivo. Stranamente mi preoccupo raramente del soggetto. Costruisco le cose. Mi piace farlo. Perché scrivere fiction se non puoi mettere nel racconto personaggi con la testa di zucca? Non scrivo per i riconoscimenti o le acclamazioni o per i posteri o per i professori. Scrivo per i lettori, e per me. Quando arrivano i premi e tutto il resto è sempre gratificante ma non è per questo che uno lo fa (perlomeno non è il motivo per cui io scrivo). E ho già avuto più della mia parte di premi e riconoscimenti così che non percepisco per nulla il problema.

Spesso nei tuoi lavori utilizzi scene di violenza, di terrore o, in generale, dark, oscure. Qual è l’effetto che ti proponi di ottenere utilizzando scene dark così di frequente?

Penso di utilizzare l’horror, o scene dark quando la storia richiede simili atmosfere. Guarda ad esempio Smoke and Mirrors, la raccolta di storie brevi, troverai un mix di luce e di oscurità, così come succede nella vita e, ancor più importante, come dovrebbe accadere nelle storie.

Come crei nomi dei tuoi personaggi? Parecchi scrittori, con cui ho parlato, trovano che i personaggi tendano a materializzarsi con nomi già stabiliti. Sei mai tormentato da questo curioso fenomeno?

Preferisco sempre che i personaggi saltino fuori con i nomi già al loro posto. Il protagonista di American Gods non l’ha fatto e io non so ancora se lo sto chiamando per nome o per cognome e la faccenda è piuttosto irritante. In Sandman ho provato ad assicurarmi che tutti i nomi, o almeno la maggior parte, significassero qualcosa e fungessero da piccole chiavi di lettura per gli eventi. I momenti più strani sono quelli in cui alle quattro di notte ti alzi dal letto capendo improvvisamente perché hai scelto proprio quel nome per quel personaggio cinque anni prima!

La maggior parte delle persone fanno in modo che i nomi dei loro figli non possano essere motivo di scherno o di risatine durante gli appelli scolastici (forse tu in quanto Gaiman, potresti averne subita qualcuna) [Gaiman=Caiman ma anche Gay-man, N.d.R.]. Ti sei mai trovato a che fare con personaggi che saltavano fuori con nomi davvero ridicoli che potevano in qualche modo alterare o intralciare la storia?

Se alcuni miei personaggi hanno dei nomi un po’ ridicoli è perché volevo che li avessero (Sexton Furnival, che veniva preso in giro per il suo nome durante la sua infanzia, o Eblis O’Shaughnessy, che invece non fu mai canzonato per via del suo curioso nome). Come ho detto prima, ci sono alcuni personaggi che saltano fuori già con il proprio nome e altri no e allora occorre lavorarci sopra.

Restando in tema, quale sarebbe un bel nome per un gatto?

I gatti sono come i personaggi e di solito saltano fuori già con il loro nome. Generalmente utilizzo il metodo “Tu somigli a…” e per questo ho gatti che si chiamano Hermione, Pod (Guscio), Zoe, Princess (Principessa) e Furball (Palla di Pelo). C’è anche Buddy, chiamato così dal mio assistente, e Lucy the Boy Cat (Lucy il Ragazzo Gatto) chiamato così da mia figlia Maddy che a 5 anni e voleva un gatto di nome Lucy e non aveva intenzione che il suo sesso ne cambiasse il nome. Ho sempre voluto chiamare un gatto Mehitabel, in omaggio all’eroina di Don Marquis ma non ho mai trovato uno che fosse abbastanza indecente.

Ci sono dei personaggi che non vorresti aver creato?

In realtà no. Mi spiego. Una volta creati non sono comunque più miei, se capisci cosa intendo. Esistono indipendentemente da me. Ci sono delle storie che non hanno avuto molto successo e che non erano delle buone idee. In generale mi piacciono i miei personaggi, anche quelli cattivi.

Come combatti il blocco dello scrittore? Hai qualche suggerimento su come trovare l’ispirazione, a parte sequestrare una Musa?

Scrivi. Metti una parola dopo l’altra. Oppure scrivi qualcosa che non sia quello su cui ti sei bloccato, o scrivi quello che puoi e lo sistemi il giorno dopo. Questo è ciò che si fa. Scrivi. Modi per trovare l’ispirazione? Hmm…penso che le deadlines, i termini di consegna del lavoro, vadano bene. G. K. Chesterton scrisse numerosi saggi (On a paper bag, On what he had in his pockets, On cheese…) e in alcuni è evidente che li scrisse perché doveva, per contratto, scriverne uno, ma nonostante tutto sono brillanti, divertenti e acuti. Oppure puoi provare a scrivere una poesia al giorno, o una alla settimana anche se i risultati fossero terribili. Personalmente non sono molto bravo ad organizzare il tempo per scrivere. Ci sono delle volte in cui non posso essere disturbato mentre scrivo, altre, più rare, in cui il mondo mi casca addosso per l’approssimarsi di una deadline e il lavoro non è finito.

Pensi che il tuo stato d’animo del momento abbia grande influenza sulla tua scrittura? In un certo periodo sembravi ossessionato da temi come la fine del mondo e dell’universo mentre i tuoi lavori più recenti sembrano essere più leggeri e ottimistici. Come ti senti adesso?

Non penso che lo stato d’animo abbia molto a che fare con ciò che si scrive. Ero solito porre fine al mondo molto spesso nei miei primi lavori, questo perché non riuscivo a pensare a nessun altro modo per terminare una storia. L’atmosfera di una storia è esattamente l’atmosfera che la storia richiede. Stardust è frizzante e ottimista, Signal to noise è una riflessione sulla morte ed è piuttosto triste, tuttavia dubito d’essere stato più ottimista mentre scrivevo Stardust. È lo scrittore che trova la “voce” della storia. Lo psicopatico, assassino, pedofilo, corruttore che narra la storia nell’antologia 999 non sono certo io ma ho provato molto piacere a scrivere dalla sua prospettiva.

Qual è stato lo scrittore che per primo ti ha fatto realmente apprezzare la letteratura?

Occorrerebbe specificare meglio quale definizione di letteratura usare. Comunque, penso che Chip Delany sia stato il primo autore che ricordo di aver letto quando mi innamorai del modo in cui utilizzava le parole. Ho giusto finito di leggere il suo libro Times Square Red, Times Square Blue, un piccolo regalo che mi sono fatto: una storia stupenda!

Che cosa è successo al film su Sandman?

In realtà non so bene cosa stia succedendo al film. L’ultima voce che ho sentito è che stavano ingaggiando un nuovo scrittore. Non ho nessuna autorità a riguardo e quindi cerco di non esserne coinvolto.

Se il film stesse per essere realizzato chi ti piacerebbe fosse il regista?

Per dirla con franchezza penso che sarebbe meglio che il film non venisse fatto cosi che ognuno potesse girare la propria versione del film di Sandman direttamente nella propria testa. La mia versione durerebbe circa 30 ore e sarebbe divisa in segmenti diretti da registi come Greenaway, Gilliam e Svankmajer.

Nonostante non ti vada molto l’idea di vedere Sandman sul grande schermo pare che saresti interessato a fare un film su Death [ultim’ora: Gaiman sarà regista e sceneggiatore, N.d.R.]. È vero?

La grande differenza tra Death: The High Cost of Living e Sandman è che Death è una piccola storia che ha più o meno la struttura di un film mentre Sandman è un opera enorme che include svariate storie di svariati tipi e non è per nulla strutturato come un film (e le cose orribili che hanno fatto per cercare di dargli la forma di un film non fanno che confermare questo sospetto). Sarei davvero felice se qualcuno riuscisse a fare un bel film su Sandman, vorrei solo non essere coinvolto.

Ultimamente sembra esserci un atteggiamento fatalista intorno all’industria del fumetto. Almeno una volta al mese le riviste specializzate non fanno che ricordare quanto sia bassa la percentuale dei lettori e come tutto sia destinato a finire in malora. Tutte queste premonizioni non sono mai accompagnate da nessun indicazione di soluzione. È sconcertante, come lettore, sentire che molte persone che lavorano nel medium si siano rassegnate senza tentare di cambiare o fermare il declino. Qual è la tua opinione in merito?

Mmh, bella domanda. La mia teoria, quando scrivevo fumetti, era che se scrivevi belle storie che la gente voleva leggere, la gente le avrebbe lette. Nel 1995-96 ho visto un mucchio di testate andare in caduta libera e Sandman scalò le classifiche di vendite perché non avevamo perso alcun lettore. Quando prefigurai il crollo attuale, il mio suggerimento era i rivenditori promuovessero gli albi che amavano leggere e che evitassero di pubblicizzare i fumetti come pezzi da collezione e da investimento. I fumetti sopravviveranno finché venderemo storie che la gente vuole leggere.

Pensi che il formato comic-book sia morto?

No. Non penso che il comic-book sia morto e nemmeno malato. Penso che i fumetti siano un potente ed eccitante mezzo di comunicazione con delle energie che mancano agli altri mezzi.

Ho letto la guida di Dave Sim, l’autore di Cerebus, all’autopubblicazione. Da parte tua hai mai considerato di prendere questa strada nel futuro, se e quando ritornerai a fare fumetti?

No, nessun desiderio reale per l’autopubblicazione. Mi piace scrivere e troppi “editori di sé stessi” diventano, beh, editori e molti neppure di successo. Resto fedele a ciò che mi diverte.

È possibile guadagnarsi da vivere scrivendo esclusivamente fumetti? Esiste un qualche motivo economico per cui scrittori di fumetti iniziano a scrivere sceneggiature televisive o per il cinema?

Non ne ho idea. Non ho mai scritto fumetti per vivere — dopotutto a questo ci pensavano lavori come Good Omens o Neverwhere. Quando scrivevo Sandman, per la maggior parte della serie, guadagnavo meno di 2000 dollari per ogni sceneggiatura e Sandman era l’unico fumetto mensile che scrivessi. Molti autori che conoscevo e che scrivevano fumetti a tempo pieno dovevano scrivere diversi fumetti al mese per poterci vivere. Credo che la cosa sia ancora vera. D’altra parte dal 1991 Sandman è stato stampato in volumi ed è stato poi ristampato numerose volte, cosa che mi ha garantito una certa tranquillità. Tecnicamente guadagno di più scrivendo un romanzo piuttosto che una sceneggiatura per la televisione o il cinema.

Ho notato che c’è uno spazio sempre crescente per i fumetti on line. Come sai Scott McCloud [l’autore del fondamentale saggio a fumetti Capire il Fumetto, N.d.R.] sta lavorando molto in questo campo. Pensi che Internet possa essere un canale alternativo per i fumetti?

Penso sia un bene che si producano nuovi fumetti, ma rimango piuttosto scettico che la Rete sarà in grado di farlo. Comunque apprezzo i web comics di Scott McCloud perché fanno cose che non si possono fare su carta — o meglio, non possono essere fatte se non su un foglio di grandi dimensioni e per questo impraticabile.

Visto che hai lavorato in entrambi i media, qual è la differenza tra un “testo visivo” e un “testo letterario”?

Come definiresti un “testo visivo” in opposizione ad uno “letterario”? Un film è un “testo visivo”? Lo è Wild Party di Speigelman? La differenza principale è che, come scrittore, controlli maggiormente il modo in cui il lettore fruirà di ciò che hai creato: il ritmo narrativo, lo sviluppo della trama parola per parola, battuta per battuta. Non posso però garantire che un lettore leggendo un mio romanzo leggerà ogni parola, posso più facilmente garantire che leggerà tutto un fumetto. Nel fumetto è possibile raccontare anche sullo sfondo dell’azione principale, su più livelli, viceversa nella narrativa è tutto sulla superficie, in evidenza.
Essendo uno scrittore che si muove tra diversi media bisogna saper cambiare ciò che si fa e come lo si fa quando si realizza uno sceneggiato radiofonico, un programma televisivo, un film, racconti brevi, romanzi, prosa illustrata o fumetti. Dal punto di vista di uno scrittore, tutto quello che accomuna queste produzioni, è l’alfabeto!

Nel passato hai collaborato con diversi ottimi disegnatori, quando e se tornerai a creare fumetti con quali artisti ti piacerebbe lavorare?

Attualmente mi diverto moltissimo a vedere le tavole per una storia di Lanterna Verde – scritta 11 anni fa e che sembrava ormai perduta – fuoriuscire dal fax. Pagine di Mike Allred, Eric Shanower, Matt Wagner, Eddie Campbell e così via. Tutto questo mi fa ricordare perché amassi scrivere fumetti. È il piacere che posso trovare in qualcosa che ho scritto e che non potrò mai trovare nella prosa. Tuttavia mi sento come se stessi ancora cercando di capire quello che sto facendo nella narrativa e credo di star scrivendo alcune cose interessanti nel nuovo libro. Quando tornerò a fare fumetti ho la sensazione che ci sarà una nuova generazione di talenti con cui lavorare. Finora posso solo dire d’essere stato sorprendentemente fortunato per quanto riguarda le persone con cui ho collaborato.

gaimanstardust.jpgDopo lo splendido Stardust, tornerai a collaborare con Charles Vess? Inoltre come è nata l’idea di pubblicare Stardust anche come romanzo senza le illustrazioni di Vess?

Sono molto soddisfatto del successo del romanzo di Stardust sia di critica che di vendite. La DC ci ha lasciato i diritti di prosa nel contratto così quando finì di scriverlo ho spedito il manoscritto al mio editor alla Avon pensando che le sarebbe piaciuto leggerlo. Lei lo apprezzò e mi chiese se lo potevano pubblicare pensando che avrebbe raggiunto un pubblico molto diverso da quello della versione illustrata. E credo proprio che avesse ragione. La DC stampò 4000 copie del libro illustrato e non lo ha più ristampato, viceversa la Avon stampò 50000 copie della versione da libreria e adesso siamo alla terza edizione!
Riguardo a future collaborazione con Charles, lavoreremo ancora insieme prima o poi quando i nostri impegni ce lo consentiranno.

Come mai non hai mai collaborato con Bill Sienkiewicz? Penso che voi due sareste in grado di fare un incredibile “comedic book” [fusione di “comic”, fumetto e “comedy”, commedia, N.d.R.].

Bill ed io parliamo ormai da tredici anni della possibilità di lavorare insieme; abbiamo anche scritto la trama per una graphic novel intitolata Processional in cui l’intera popolazione di New York marciava e si inabissava nell’oceano per ragioni, che al tempo, ci sembravano sensate. Non abbiamo mai fatto niente insieme comunque e non so proprio perché.

Ancora sull’argomento collaborazioni. Ho letto di un lavoro con Harlan Ellison, c’è del vero?

Io e Harlan abbiamo finora scritto tre pagine della nostra storia. Avrei dovuto aspettare il pezzo successivo di Harlan ma gli ho telefonato l’altro giorno e gli ho detto che mi piacerebbe scrivere un altro frammento e spedirglielo insieme all’altro, e lui ha detto okay. Di questo passo diciamo che il libro sarà pubblicato nel 2020!

Qual è la tua serie di fumetti preferita?

Al momento la America’s Best Comics di Alan Moore. Appena Alan mi dirà che ne ha bisogno scriverò una o due storie per Tom Strong. Tra le altre mie letture: Bacchus di Eddie Campbell, Bone, Astro City, Penny Century, The Invisibles

A cosa stai lavorando per il futuro?

Come ho già accennato, sto completando American Gods, un romanzo davvero bizzarro che dovrebbe uscire in autunno (a meno che l’editore non decida per la primavera del 2001). Inoltre sto lavorando ad un libro per ragazzi, con le illustrazioni di Dave McKean, dal titolo The wolves in the walls (I lupi nei muri). Dovrebbe essere nello stesso tono di The day I swapped my dad for two goldfish (Il giorno che scambiai il mio papà per due pesciolini rossi) e racconterà la storia di una bambina convinta che i lupi vivano nei muri della sua casa. E ci vivono.
Il libro in un mondo perfetto dovrebbe uscire per Natale 2000 ma visti gli impegni di Dave potrebbe essere pronto per il 2001. Per concludere sto lavorando anche ad un romanzo per ragazzi intitolato Coraline, che sarà piuttosto “disturbing”.

[Tratto dal sito www.nextplanetover.com. Traduzione di Andrea Ligas per Ultrazine]