I MISTIFICATORI – VOL. I PARTE SECONDA

di Biagio M. Catalano

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I brani in corsivo sono tratti da Rino Cammilleri, Fregati dalla scuola – Breve guida di liberazione ad uso degli studenti (da affiancare al normale manuale scolastico di storia), il cui testo integrale è disponibile on line

Le Crociate
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Si trattò di un pellegrinaggio armato, nient’altro

> “Pellegrinaggio” “armato”? L’inesauribile Cammilleri vorrà forse ammannirci qualche altro suo caratteristico saggio di comicità?

Le Crociate furono otto, di cui solo due vittoriose. Gli scontri si svolsero in Terrasanta e i periodi bellici durarono in tutto pochi decenni su diversi secoli. La maggior parte dell’Islam quasi non se ne accorse.

> Vuol dire che furono dei blitzkrieg, o che i musulmani e i detrattori del bellicismo cristiano non avrebbero nulla di che lamentarsi?

Il papa Urbano II, a Clermont nel 1096, le “lanciò” quasi per sbaglio.

> “Quasi”… Perché mai questi mezzi termini? Il “buon” Urbano sapeva perfettamente quel che voleva. E lo sottoscrisse a piena penna.


In sostanza egli disse agli irrequieti signori feudali: perché anziché battervi tra voi non andate a proteggere i pellegrini cristiani?

> Mirabile esempio di mentalità giocosa del cattolicesimo. Proteggere da “chi” o “cosa”, è estremamente controverso, dato che in Palestina i musulmani avevano accordato ai cristiani tanti di quei privilegi, che nemmeno al tempo di Sala’addin se ne videro eguali.

Infatti le cose a Gerusalemme si erano messe male, proprio perché una corrente “integralista” islamica aveva preso il sopravvento.

> Quali “integralisti islamici”, nuovamente?

Fino a quel momento i Luoghi Santi erano stati custoditi dai Bizantini, eredi anch’essi dell’Impero Romano, ma erano stati sconfitti e cacciati.

> E preciso io perché: perchè angariavano i loro stessi correligionari con tasse, balzelli ed altri soprusi vari. Non dimentichiamo che tanta e tale era la fratellanza cristiana, che persino il celebrato Riccardo Cuordileone ne fece le spese.

Quando si sente parlare di Bisanzio si pensa sempre a corruzione, omicidi, lotta per il potere.

> E infatti, è restrittivo: accadeva di ben peggio.

Ma i bizantini chiamavano se stessi romàioi, cioè “romani”, e rum (ancora “romani”) gli islamici chiamavano gli occidentali (tracce ne troviamo anche oggi nella “Romania” e negli zingari rom).

> Se ne conclude che coloro i quali si consideravano “romani”, non potevano certo essere individui abietti come stirpe e persona. Ma l’impero d’oriente fu creato da Costantino col deliberato proposito di fungere da crogiolo per quel cristianesimo che non poté installare a Roma, inviso com’era egli agli ambienti senatoriali, ed anche al popolo.

Bisanzio, finché esistette, costituì il baluardo dell’Occidente contro i Persiani, i musulmani, gli slavi, i mongoli, e le tribù balcaniche.

> Se ne conclude che si tratti di un tentativo di salvaguardare la “civiltà”, o di classica xenofobia?

Anche nei suoi imperatori peggiori questo compito non le venne mai meno, fino alla sua caduta nel 1453. Non si dimentichi che fu Bisanzio a cristianizzare i popoli della Rus’, a cominciare dal principato di Kiev.

> E dovremo attendere Lenin, imbevuto di elementi paoliniani, per riscontrare un risveglio da quel torpore e quella fame, iniziata con Vladimiro I.

Insomma, stupendo lui per primo, l’appello del Papa provocò una valanga. Ma le Crociate fallirono per le beghe interne dei principi cristiani e per il sabotaggio di Venezia, interessata solo ai suoi traffici.

> Quella stessa Venezia chiaramente chiamata in ballo perché fu costantemente l’unica avversaria ai soprusi del papato sin da prima del Risorgimento, onde distogliere l’attenzione dalle beghe (interne) dei principi cristiani.

Ma anche per motivi pratici. Chi ha letto Robin Hood

> La leggenda di Robin Hood, come sa chi ne conosce le radici, è storia mitizzata, nella fattispecie in chiave filo-cristiana (anzi, addirittura tenta di replicare la leggenda evangelica); ergo, al pari di qualsiasi prodotto del genere, ha una validità “storica” tutta da valutare dietro le righe.

sa che Riccardo Cuor di Leone, assente per la Crociata, si vide soffiare il trono da suo fratello Giovanni Senza Terra (che adesso ebbe la terra).

> Non capiamo che c’entra questo. Vuol dire che Richie Corleone, tutt’altro che il nobile guerriero dipinto da imbonitori vari, era più pensieroso per il suo regno, anziché per quello di Dio? “Vieni e vedi”…

L’episodio serve a far capire che nessuno aveva un reale interesse a partire per le Crociate.

> Quod erat demonstrandum.

L’interpretazione (stantìa) marxista parla di “motivi economici”.

> Quindi, la “stantia” interpretazione marxista, “materialista”, è fallace perché in fondo ripete le stesse cose poc’anzi asserite dal siculo riformator del mondo?

Ma i motivi economici, semmai, consigliavano di restare a casa. Invece un viaggio di anni, irto di pericoli, per andare a combattere vestiti di ferro nel deserto a cinquanta gradi all’ombra, con la concreta prospettiva di non tornare vivi.

> Meno male che il pio cristiano è pronto ai più grandi disagi (quelli altrui) per difendere Dio!

O di tornare e trovare un disastro a casa. C’erano sì gli avventurieri, nelle Crociate, quelli senza nulla da perdere.

> Immagino che ammettere che fossero per massima parte degli avventurieri forse sia restrittivo.

Ma i più andarono realmente per sciogliere il voto religioso. Federico Barbarossa ci morì annegato, san Luigi IX di Francia ci morì di peste, Riccardo d’Inghilterra si ritrovò col trono usurpato.

> Fatti penosi, è vero: ma viene da chiedersi se la credulità di individui come questi valesse la candela.

Ci furono ombre, come in tutte le cose umane,

> Curiosamente, tutte le nefandezze diventano “cose umane”, e vittorie di Dio in certe altre circostanze.

ma anche luci. Baldovino, il re lebbroso, si faceva portare in battaglia in barella. Goffredo di Buglione stupiva i musulmani perché la sua tenda, contrariamente a quelle dei capi islamici, era austera e disadorna.

> Ecco, la spartana austerità dei duci cristiani, sovente sorpresi dai “vili musulmani” a bagordare e puttaneggiare negli accampamenti, spesso pasteggiando a carne umana, come scrivono i cronisti… cristiani.

I musulmani gli chiesero di mostrar loro la sua forza leggendaria: gli portarono un vecchio cammello (uno scherzo di natura: gigantesco) e gli chiesero di decapitarlo con un solo colpo. Lui eseguì.

> Il cronista che ce lo narra è certamente musulmano. Ma forse questo episodio intercalare serve ad ammortizzare, con erculeo esempio, le molte viltà di cui si macchiarono i cristianissimi. Avrei voluto apportare qualche riga scritta da un soldato musulmano, Usmah Ibn Munqidh, a proposito di come erano visti i “franchi”, ma sarebbero chiaramente opinioni partigiane, che nulla provano. E infine, perché mai dovremmo essere documentarii, dinnanzi a tanto dispiego di facezia?

Riccardo Cuor di Leone, armato di un’ascia, tenne da solo la spiaggia in cui stava sbarcando l’esercito cristiano: i nemici, stupiti e ammirati, smisero di combattere.

> Inutile chiedere a Cammilleri chi scrivesse cose del genere, né se, anziché elogiare casomai l’obiettività dei “pagani” di fronte a improbabili imprese dello storicamente molto meno eroico Riccardo, sia opportuno ritorcere questo ad univoca gloria del medesimo.

Il duca Boemondo non era uno stinco di santo, ma quando vide i suoi quaranta cavalieri accerchiati da quattromila musulmani, confessò pubblicamente i suoi peccati, poi ordinò l’assalto e riuscì a rompere l’assedio. Pochi Templari tennero Acri per mesi, di fronte a centomila nemici, sacrificandosi per far fuggire i cristiani.

> Tralasciamo di pronunciarci su Boemondo (eh si, lo ammettiamo: non era uno stinco di santo, ma…), ma quanto al resto, Cammilleri allude a quei medesimi templari poi decimati da Filippo il Bello e Clemente V?

Proprio il periodo delle Crociate fu quello dello scambio più intenso e proficuo tra le due culture.

> Qui Cammilleri, in tutta onestà, esagera sapendo di esagerare.

I problemi sorsero perché i crociati (tra cui molte donne-crociato), sciolto il proprio voto, se ne tornavano a casa.

> Notasi l’incidentale sulle “donne crociato”; e notasi nessun commento sulla facilità con cui i fedelissimi, sciogliendo il loro voto come si scioglie un sandalo, tornavano ad affari più mundani e meno eroici…

Ma è inutile conquistare qualcosa se poi non la si tiene. Cominciarono i Templari. Alcuni cavalieri francesi decisero di farsi monaci e restare là. Però armati, per difendere i pellegrini.

> Si spera, per difenderla non certo da quegli stessi musulmani che esentarono i pellegrini persino dai dazi sui luoghi sacri.

Altri ordini seguirono, come gli Ospitalieri, i Teutonici, i Portaspada di Livonia, eccetera, che si dislocarono lungo tutte le frontiere della Cristianità. Questi monaci-cavalieri applicarono alla perfezione le norme della Chiesa sulla “guerra giusta”. Già da tempo, infatti, la Chiesa aveva cercato di porre un freno alla guerra: era ineliminabile, ma almeno la si poteva dotare di regole, rendere cioè “cavalleresca”.

> Nasce la “guerra ragionata”… Va da dirsi che il codice di guerra e di rispetto dei prigionieri era già adottato dai musulmani, e che la chiesa, ossia la promotrice delle crociate, prima di quel “già da tempo” si era accorta dei costi delle spedizioni, sia in vil danaro che in vite umane. Soprattutto dei principi, cui Cammilleri pare tenere in maniera viscerale.

Poco a poco, e sotto pena di scomunica, cominciarono le “tregue di Dio”, le “paci di Dio”, il divieto di combattere nei periodi di ricorrenze religiose, la distinzione tra combattenti e civili, il diritto di asilo, il trattamento dei prigionieri, eccetera. Tutto ciò costituirà la base del diritto internazionale odierno, e il suo corollario di “diritto bellico” (è il motivo per cui si possono perseguire penalmente i “criminali di guerra”). Le Crociate videro moltissime pause di tranquillità, nelle quali cristiani e musulmani convissero in Palestina.

> Per primaria iniziativa – va detto ad onor del vero – dei secondi.

I crociati portarono molte novità in Europa, novità apprese dal contatto con l’Islam.

> Proprio nel periodo in cui si nota il “progresso culturale” cristiano.

La guerra nel Medioevo
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La Chiesa non ha mai insegnato l’ “obiezione di coscienza”. Sa che c’è il peccato originale e la guerra è inevitabile.

> Sempre per lo stesso peccato, la chiesa giustifica la pena di morte, come tutti sanno e ammettono. Tutti, meno Cammilleri e soci.

Il cristiano è pacifico, non “pacifista”, perché non sempre la pace è meglio della guerra.

> Notasi la sfumatura, molto attuale ai giorni nostri: “pacifico” è ben differente da “pacifista”, ossia coloro i quali si oppongono alla guerra, che sia “giusta” o meno.

Infatti dice san Tommaso che la pace è “tranquillità nell’ordine”. Dunque senza giustizia non ci può essere pace.

> Notasi che il “doctor angelicus” non ha parlato di giustizia, nella premessa; il sillogismo lo continua Cammilleri, saltando di palo in frasca.

E spesso la pace va imposta e difesa. Per questo esiste la polizia. Ma la Chiesa riuscì in qualche modo a umanizzare la guerra. Ci si può combattere, infatti, senza farlo da bestie.

> Si vis pacem… Piacere e dovere impagabile, ammazzare qualcuno dopo aver pregato; e c’è pure la confessione, peraltro.

Pensiamo alla differenza tra un duello di gentiluomini settecenteschi e una odierna rissa da stadio. I primi erano lì per uccidersi, certo (anche se le regole permettevano una “soddisfazione” al “primo sangue”), ma lo facevano scambiandosi cortesie e dandosi del “lei”.

> Mi preoccupava che Cammilleri iniziasse a disabituarci alla sua salutare comicità per quasi un capitolo.

Poi fino alla Rivoluzione francese la guerra fu un affare di mestiere. Nessuno era obbligato.

> Il nostro storico vuol forse dire che i cavalieri di ventura non facessero della guerra “affare di mestiere”?

Per questo le guerre medievali si risolvevano in zuffe di pochi contro pochi, lontano dai centri abitati e pure dalle colture. Conquistare un territorio devastato, infatti, non serviva a nessuno. Non solo. Poiché era più vantaggioso far prigioniero un nemico per cavarne un riscatto, i morti finivano per essere pochi.

> Questa è semplicemente una forma di “giustificazione incrociata”, nella quale due termini negativi vengono minimizzati da uno dei due distorto dalla premessa come termine positivo, ma negativo anch’esso.

La mischia si svolgeva più furibonda attorno ai cavalieri più riccamente addobbati, in vista di un riscatto più cospicuo.

> Notasi la tortuosa maliziosità bottegaia del capoverso.

Ma questi cavalieri erano anche quelli meglio addestrati, così la cosa si risolveva tra gente di mestiere. Nella famosa battaglia di Anghiari -si lamenta Machiavelli, stigmatizzando la scarsa “serietà” delle guerre dell’epoca- ci fu un solo morto (per di più caduto, da solo, di sella).

> La battaglia di Anghiari, se non erro, appartiene al 1400 (“quasi millecinque”); non è un esempio pertinente all’ambito cronologico abbracciato dal Cammilleri, il quale, con questo ennesimo volo pindarico, forse vuol dirci che si tratta di un esempio che illustra la continuazione della metodologia guerresca cristiana inaugurata nel medioevo?

E’ la Rivoluzione francese a inaugurare le guerre “ideologiche”, quelle cioè in cui si cerca di imporre le proprie idee ai conquistati.

> Fortunatamente, c’è Cammilleri, che tenta di riportarci alla “guerra d’onore”, alla “guerra fina”…

Essa inventa anche l’ “esercito di popolo”, arruolando per forza tutti i maschi.

> Togliendo quindi manodopera per foraggiare i presuli, o le famiglie?

I Francesi (visto che la loro era una guerra ideologica) non fecero più distinzione tra combattenti e civili e depredarono l’Europa.

> Onestamente, il – falso – candore con cui Cammilleri racconta queste favolette “che una nonna di buonsenso” etc., ha del disarmante: ma non sin troppo.

Quando gli altri popoli si videro di fronte una valanga di milioni di armati dovettero adeguarsi per difendersi. Così la guerra divenne massacro indiscriminato e i morti cominciarono a contarsi a milioni.

> La noia – e ben altro – inizia a farsi sentire. Mi chiederei chi me lo fa fare, semmai non fossi conscio che cose del genere possiedono una pericolosità direttamente proporzionale alla loro insulsaggine.

L’Inquisizione
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E’ più corretto parlare di Inquisizioni, al plurale, perché questa istituzione ecclesiastica fu molto diversificata, a seconda dei tempi e dei luoghi. Così abbiamo l’Inquisizione medievale, quella spagnola, quella Romana (Sant’Uffizio), quelle laiche e quelle protestanti.

> Premessa depistativa usuale, pare, a tutti i contropropagandisti cristiani cattolici romani, di modo che, salvo i tempi, non si tratti di tante facce del medesimo mostro.

La prima nacque di fronte a un problema preciso: l eresia catara. In verità i catari, o neo-manichei, professavano non tanto un’eresia, quanto una vera e propria religione alternativa, tremenda e distruttiva.

> Consigliamo a Cammilleri di leggere prima qualche buon testo di storia – vera – dal quale possa poi indottrinarci sulla perniciosità dell’ideologia catara.

Già per i manichei a suo tempo Diocleziano aveva decretato il rogo. Infatti essi sostenevano che ci sono due divinità, una buona e una cattiva.

> I cristiani dovrebbero essere quindi grati a Diocleziano – il quale dovette essersi incazzato non poco, dopo che, piromani recidivi ed elettivi, gli bruciarono la reggia a Nicomedia… – , poiché in pratica fornì loro un metodo, inaugurando quel che essi stessi avrebbero fatto di li a poco. Diocleziano, per altri versi definito “mostro”, ora giustifica le repressioni degli “eretici”; ma l’infantile frecciatina ambidestra cammilleriana punta a rintuzzare una ferita sin troppo scoperta, per meritare ulteriori digressioni, se non fosse che il nostro conta evidentemente sull’ambiguità. Appunto, manichea.

E’ quella malvagia ad aver creato il mondo;

> Guarda caso, per i catari questa “divinità” era il Yahvéh biblico.

dunque il mondo merita di scomparire e ogni cosa che può perpetuarlo è riprovevole. Dall’Oriente balcanico il neo-manichesimo si diffuse in Europa, con epicentri soprattutto nel meridione della Francia e nell’Italia settentrionale. Gli adepti chiamavano se stessi catari (dal greco, lingua dell’Oriente bizantino; vuol dire “puro”) e predicavano il divieto di procreare.

> Per altri versi, predicando il monachesimo, i cristiani sarebbero stati su punto di pervenire al medesimo obiettivo, e su scala più concreta, se non fosse stato che già negli stessi conventi nascevano pargoli a iosa; anzi, molto spesso, i santi monaci, oltre a ingravidare le sorelle, compivano il miracolo della vita sulle laiche presunte sterili, dopo aver cristianamente separato marito e moglie (l’etica prima di tutto).

Erano conosciuti anche come bogomili, patarini e con un’infinità di altri nomi. I “perfetti” si distaccavano completamente da tutto, raggiungendo uno stadio semi-vegetale.

> Direi che occorrerebbe apportare, per par condicio, gli esempi di certi asceti cristiani, quanto a casi di vita vegetale e di condotta abbrutita.

Avevano un unico sacramento, il “consolamentum”, che poteva essere amministrato solo una volta nella vita. Per questo praticavano l ‘endura, cioè il suicidio assistito dopo la somministrazione del “consolamentum”. Gli adepti non “perfetti” potevano praticare qualsiasi attività sessuale purché non feconda.

> Quale spreco di seme, “vile e puzzolente”, dicono i “padri” (della chiesa…), anziché votarlo per impinguare le schiere dei soldati di dio!

Era loro vietato prestare giuramento alle autorità; di fatto potevano mentire e commettere qualsiasi infrazione, perché il mondo meritava di finire al più presto.

> Anche i gesuiti possedevano nella loro precettistica il precetto di mentire per fine giusto, al punto da dire di potersi spacciare persino per ebrei, pur di infiltrarsi fra i nemici della chiesa.

Non mangiavano carne, uova e latticini

> Ah, è chiaro, perdinci! Altri immondi animalisti!

e la loro apparente austerità di vita ammaliava soprattutto quello che oggi definiremmo sottoproletariato urbano,
> Notasi questo “apparente”.

ignorante e sensibile ai millenarismi sovvertitori.

> Quei medesimi millenarismi da cui trassero gran profitto i predicatori “ortodossi”?

Immediatamente le autorità civili del tempo si resero conto di trovarsi di fronte a un gravissimo pericolo di sovversione: il mondo medievale era fondato sulla parola data (l’omaggio feudale) nonché sulla filosofia cristiana; dunque gli eretici erano pericolosissimi destabilizzatori.

> Poffarbacco: davvero un pericolo esiziale, quasi quanto quello degli anabattisti, sterminati perché rei di professare un empio doppio battesimo!

Non solo. Il suicidio e il divieto di procreare condannavano l’umanità all’estinzione. Durissima fu la reazione governativa, e dappertutto cominciarono ad accendersi roghi di Catari: la stessa pena prevista dal diritto romano per “lesa maestà” (nome antico della sovversione).

> Quindi, i provvidi vicari di Dio temevano che il mondo si estinguesse per iniziativa di una classe di eretici che, per quanto vasta, poteva essere identificata con tutto il globo terrestre (allora conosciuto: lo si deve precisare)? In che modo, mi chiedo, a giustificazioni mistificatorie del genere, ci si può poi lamentare se i romani mandarono a morte quei – miseramente pochi – cristiani perché rei d’attentare alla stabilità dell’impero con le loro ideologie sovversive? Forse si dirà che i romani sono da esecrare poiché perseguitavano i veri depositari della vera religione?

Purtroppo nei linciaggi a furor di popolo e negli interventi repressivi indiscriminati ci andava di mezzo anche chi aveva aderito al Catarismo per ignoranza o (nei luoghi dove gli eretici erano maggioranza) paura.

> Notasi il “purtroppo”…

In ogni caso, per stabilire con esattezza chi fosse davvero cataro e chi no, occorreva un esame sulla dottrina religiosa. La Chiesa, dunque, intervenne per sottrarre questa materia al potere civile: solo i teologi potevano procedere a un esame del genere.

> Ho come un presentimento: forse si tenta di preparare il terreno onde giustificare il “luogo comune” fornito dall’esclamazione di Arnaud Amaury contro i “cugini” albigesi?

La cosa venne inizialmente affidata ai vescovi, ma fallì.

> Poveri vescovi! Vuol dire che quando fu affidata ai secolari, l’iniziativa andò in porto!?? Allora la colpa è tutta dei laici! Sennonché, il problema non si pone, dato che già il concilio Lateranense IV (1215) avrà sancito: “I cattolici che, presa la croce, si armeranno per sterminare gli eretici, godano delle indulgenze e dei santi privilegi, che sono concessi a quelli che vanno in aiuto della Terra Santa”.

I vescovi, infatti, avevano troppe compromissioni in loco, a volte anche parenti coinvolti nell’eresia.

> Che volete: qualche pecora nera capita anche nelle migliori famiglie, ove i principii sono quelli della verità divina (cattolica cristiana).

E non di rado soccombevano nelle pubbliche dispute che organizzavano con i catari. Infatti la preparazione dottrinale del clero, all’epoca, lasciava molto a desiderare (da qui i tentativi di riforma ecclesiastica, prima fra tutte quella gregoriana); invece (come ben sanno quelli che, oggi, provano a discutere con i Testimoni di Geova) i catari erano molto agguerriti e scaltriti nel dibattito.

> Si avrebbe voglia di dire a certi raziocinatori, parafrasando Voltaire: “Come! La teologia di Tommaso precedentemente elogiata, non è poi così all’altezza del raziocinare di quattro pezzenti eretici?”.

Così la Chiesa pensò di affidare il compito di contrastare l’eresia a teologi cistercensi, inviati direttamente da Roma. Ma questi delegati papali spesso finivano trucidati dagli eretici e dai signori ghibellini che li sostenevano per loro motivi politici. Fu l’assassinio dei legati pontifici (mandante il conte di Tolosa, Raimondo VII) a scatenare la cosiddetta crociata contro gli Albigesi. La famosa frase “Uccideteli tutti, Dio distinguerà i suoi”; è una fandonia storica. Non fu mai pronunciata.

> Quod erat demonstrandum… Che l’esclamazione di Amaury sia una “fandonia storica” o meno (della qual cosa dubito assai, dato che venne riferita – ben prima di sospetti riformisti – dal priore cistercense Cesare d’Hesterbach, agiografo e noto dettatore della regola di disciplina elogiata – sicuramente senza che ne sia al corrente – da Cammilleri), non copre il concreto dell’affaire, a meno che Cammilleri non creda di poter sviare l’attenzione dal concreto dirottandolo su una frase famigerata; Bézier, Carcassonne, Minerve, sono episodi talmente ripugnanti e documentati, che ci vorrebbe ben altra tempra d’apologista per confutarli. È lo stesso abate Arnaud che scrisse ad Innocenzo III:

Les nôtres, n’épargnant ni le sang, ni le sexe, ni l’âge, ont fait périr par l’épée environ 20 000 personnes et, après un énorme massacre des ennemis, toute la cité a été pillée et brûlée. La vengeance divine a fait merveille.

Anche queste sono “fandonie storiche”? Cammilleri, inoltre, evita di dire – o forse ignora – che il “truce” Raimondo non vide valore in una campagna condotta contro i suoi stessi soggetti; per questo motivo Castelnau, tirapiedi di Arnaud, invocò la sua scomunica, e nondimeno, quando rifiutò di perseguire gli abitanti di Termes, fu scomunicato un’altra volta, proprio da Arnaud-Amaury! Né dice che uno dei “cavalieri francesi” che accolsero l’invito del famigerato Innocenzo III fu l’avventuriero Simon de Montfort, allettato dal papa con l’offerta delle terre confiscate.

Allora il Papa decise di affidare questo compito ai nuovissimi ordini mendicanti, Francescani e Domenicani. Specialmente i Domenicani, cui la regola imponeva lo studio e l’attività di predicazione. I frati erano molto amati dalla gente e potevano contrapporre ai catari altrettanta austerità e sprezzo della vita.

> Quindi in questo caso il loro fanatismo è virtù?

L’Inquisizione non fu un vero e proprio tribunale bensì un comitato di esperti che stabiliva chi fosse eretico e chi no.

> Un comitato – a questo punto, magari potremmo dire un “simposio” – di esperti in cosa? Quali erano le loro direttive? Quali i loro manuali?

Non solo. Riammetteva nel seno della Cristianità coloro che, attratti all’eresia da ignoranza, paura o momentaneo fascino, si pentivano.

> Quindi, per “fascino di paura”, quelli che sopravvivevano (altri tempi, altra tempra! Mica i lapsi dei giorni nostri!) venivano riammessi? Quanti? Furono fra questi ad es. anche Savonarola, giustiziato pur dopo aver ritrattato? O Giovanna d’Arco, che venne anche ingannata quando le si mise accanto un sacerdote “amico” il cui unico fine era quello di guadagnarne la fiducia per poter utilizzare le sue debolezze nel processo?

Per gli ostinati la Chiesa non poteva fare più niente, e doveva lasciare che la giustizia civile seguisse il suo corso.

> Poverini: per gli ostinati, che poteva fare la madre chiesa? Chi nasce tondo, può forse morire quadrato? Notasi, li affidava “alla giustizia civile”… Perché sporcarsi le mani direttamente? Fra questi “giudici civili” c’erano quelli che oggi diventano quei “figli della chiesa” che errarono, per i quali Wojtyla chiese scusa (a dio, beninteso) dopo ben sette secoli? Cammilleri vada a leggere storici seri, ad es. Sala-Molins; o, se li conosce già – e non v’è da dubitarne -, eviti di sproloquiare, cortesemente…

Insomma l’Inquisizione salvò molta più gente di quanta ne abbia “abbandonata al braccio secolare”.

> L’estrema abilità di Cammilleri di alternare serio a faceto continua a sorprendermi.

Paradossalmente è proprio l’Inquisizione a inventare il processo moderno. I tribunali laici medievali, infatti, funzionavano col sistema “accusatorio”: il giudice poteva intervenire solo su istanza di parte e giudicava sulle prove fornite dalle parti. Anche l’omicidio. Se i parenti dell’ucciso perdonavano l’assassino questo veniva liberato.

> Pare che sistemi “accusatorii” del genere (questione perpetua etc.) fossero già previsti dal Diritto Romano. Poi decaddero con l’età imperiale. Il primo distacco col Diritto Romano si ha quando l’Inquisizione procede anche d’ufficio, “pro bono fidei”, sulla base della “presunzione di colpa”, per cui non era necessaria un’accusa formale; a trascinare una persona di fronte al tribunale speciale erano sufficienti chiacchiere e dicerie, la diffamatio. Inoltre, il reo non poteva conoscere né l’accusatore né l’accusa né i verbali redatti in merito alle sue stesse dichiarazioni. L’inquisito non aveva alcun diritto, come specificato già da Bonifacio VIII; il suo avvocato era chiamato semplicemente pro forma, ed il suo unico scopo era quello di convincere l’accusato a confessare, non quello di difenderlo. Proprio un sistema equo e moderno.

Invece la Chiesa usò il procedimento “inquisitorio”: il giudice, di sua iniziativa (“d’ufficio”) indaga, cerca le prove, incastra il colpevole (quel che fa oggi il magistrato “inquirente”).

> Abbiamo già visto quali qualità avesse lo stile d’indagine inquisitoriale; quanto a questa stilettata mancina diairetica, magari contro la magistratura odierna, a tratti tacciata d’essere un’estensione dei comunisti, o si tratta di una zappa sui piedi a proposito di inquisitori designati dal papa, che procedevano anche e soprattutto di propria volontà già prima di Paolo III?

L’Inquisizione inventa il verbale redatto da un cancelliere, il “corpo del reato”, la giuria popolare, gli sconti e la remissione di pena per buona condotta, le licenze per malattia, gli arresti domiciliari, l’avviso di garanzia.

> Altra carrellata di elogi sulla “innovazione”, che convergono nel camuffamento col parlare a tono esaltato di invenzioni relative a un contesto tetro e penoso di un’istituzione che inventa anche la confisca, la condanna in contumacia, il processo post mortem, e tante altre innovazioni.

Essa condannò un numero di persone di gran lunga inferiore a quel che certi romanzi “gotici” ci hanno tramandato. E salvò la civiltà europea da un gravissimo pericolo.

> La “civiltà” fondata su ideologie talmente sballate da necessitare la violenza, l’inganno e l’ingiustizia, forse?

Proprio perché l’Inquisizione inventa il processo scritto e verbalizzato gli storici sanno tutto su questa istituzione, i cui documenti sono tutti conservati e a disposizione degli studiosi.

> Chiaramente, pochi eletti, o forse quei pochi che possono ampiamente rimaneggiare le cifre, confidando appunto nell’élitarismo della consultazione? Ed è lecito parlare di tutti quei verbali che non conosciamo, o che vennero fatti sparire? Chiaramente no; è un sospetto “giacobino”… Cos’altro sapremmo, se per volere del pio cattolico imperatore Giuseppe II d’Austria, tutti i documenti relativi all’Inquisizione di Milano, che coprivano il lungo periodo dal 1314 al 1764, non fossero stati bruciati?

Processi quali quelli mostrati ne il nome della rosa sono puramente inventati.

> Inutile dire che un’incidentale come questa, apparentemente isolata, su un casus belli – che tale non è – come quello del capolavoro echiano, non cade per caso.

Anche la tortura inquisitoriale è una sciocchezza tramandata da disegni e incisioni di fantasia, diffusi dalla propaganda antipapista protestante dopo l’invenzione della stampa.

> Anche gli esemplari reali degli oggetti di tortura replicati nei medesimi volantini di “propaganda luterana”, sono stati costruiti dai protestanti?

La tortura, come mezzo per far confessare, era usata da sempre da tutti i tribunali (il carcere come pena comincia con la Rivoluzione francese; prima c’erano solo pene fisiche e pecuniarie).

> Non vorrei dirlo, poiché al peggio non c’è mai fondo, ma questo è davvero il colmo. Lo stesso cattolicissimo lord John Acton ammise che l’Inquisizione prediligesse le condanne religiose. Notasi l’accostamento minimizzativo fra pene fisiche e pecuniarie da una parte, e “carcere come pena”.

Il primo ad abolirla fu Luigi XVI, poco prima della Rivoluzione francese.

> Certamente, il re, tanto caro ai nostalgici dei bei vecchi tempi: e che re!

L’unica tortura a cui facevano ricorso i tribunali inquisitoriali (ma solo in presenza di gravissimi indizi) era la corda: l’imputato veniva sospeso per le braccia e lasciato cadere sul pavimento, due o tre volte.

> Il famigerato strapado, ma qui Cammilleri chiaramente rimaneggia.

Se non confessava, veniva liberato. Se confessava sotto tortura la sua confessione doveva essere da lui confermata dopo, senza tortura, altrimenti non era valida. Gli inquisitori la impiegarono pochissimo perché non se ne fidavano: sapevano che c’è chi sotto tortura confesserebbe anche quel che non ha commesso.

> “La finalità del processo e della condanna a morte non è salvare l’anima dell’accusato, bensì mantenere il bene pubblico e terrorizzare il popolo. È compito dell’avvocato incitare l’accusato alla confessione e al pentimento, e sollecitare una penitenza per il crimine che ha commesso. Non siamo dei carnefici! Che si faccia di tutto affinché il penitente non possa proclamarsi innocente sì da non dare al popolo il minimo motivo di credere che la condanna sia ingiusta. Per quanto sia duro mandare al rogo un innocente…Lodo la pratica di torturare gli accusati”, scrive Francisco Peña, continuatore della pia opera “confessionale” del collega Eymerich. C’erano poi esperimenti scientifici, diremmo, ad esempio, la contropartita dell’ordalia dell’acqua per accertare la purezza dell’indagato: messo su una bilancia, se pesi meno della BIbbia, allora sei invasato da Satana; se pesi di più, sei un eretico. Metodi come questi li ritroviamo in tutti i manuali inquisitoriali, non certo nei volantini luterani.

La tortura comunque era applicata sempre sotto stretto controllo medico e mai a vecchi e minori.

> Ciò è più che dimostrabilmente falso. I medici, poi, servivano a rianimare i soggetti e a far si che non morissero prima di aver confessato. Stai a vedere che per raziocinatori di questa risma la vergine di ferro diventa un’alternativa scientifica alla ciarlatanistica agopuntura, e l’asportazione del seno la tecnica precursiva della mastectomia!

Se qualche inquisitore era troppo duro immediatamente si levavano alte le proteste e il Papa preferiva sostituirlo. Roberto il Bulgaro, un ex cataro poi divenuto inquisitore generale in Francia, finì sotto processo e venne relegato a vita in un monastero.

> Notasi che fosse ex cataro; il fatto che fosse “ex”, conta poco: è che sia stato cataro, a necessitare di rilievo. Ma non importa che si fosse convertito al cristianesimo; fu rimosso per eccesso di crudeltà – forse riemersa dal suo sangue cataro, che il battesimo non riuscì a mondare – dagli agnellosi giudici dei giudici. Abbiamo altri casi del genere? O abbiamo piuttosto casi di inquisitori che preferirono darsi alla macchia onde evitare di incorrere nelle ire del popolo, così amante della salvifica Inquisizione?

Se in qualche manuale scolastico si leggono espressioni come “carcere perpetuo”; o “carcere perpetuo irremissibile”, nel latino inquisitoriale ciò significava gli arresti, generalmente domiciliari, dai tre agli otto anni.

> Possiamo domandare a chi è vissuto sei secoli fa, se quelle “descrizioni” corrispondessero alla “interpretazione” dei moderni avvocati del diavolo? Chiaramente no; non esistono verbali dei rei, in merito. Solo congetture pindariche dei soliti noti.

E “arresti domiciliari” voleva dire, in pratica, divieto di uscire dalla città senza permesso.

> Ad esempio, come Galilei?

Si tenga sempre presente che la Chiesa aveva tutto l’interesse, anche propagandistico, a riconciliare l’eretico pentito e confesso.

> Chiosa blanda, poco ad effetto, ma sempre in tono con la generale risibilità delle cammilerianate. È estremamamente curioso come, in un secolo in cui fior di – seri – storici, persino clericali, hanno ammesso le atrocità di quel periodo, esistano sparuti presuli laici nostalgici che si piccano persino di contraddire costoro. Come sanno tutti gli storici – veri -, il problema di fondo nel caso specifico dell’Inquisizione (e così anche per quel che riguarda le “guerre sante” e le persecuzioni ideologiche singole) non consiste nella quantità (obiezione ben attesa nei cultori della quantità… di danaro), bensì il fatto che date cose si verificano, soprattutto in seno ad un’istituzione che, definendo d’agire addirittura per conto di Dio, proclama il “porgi l’altra guancia”, la remissione, la pietà ed il perdono.

L’Inquisizione spagnola
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Su questo tema, la fantasia si è scatenata. Ma è appunto fantasia, come ne il pozzo e il pendolo di Edgar A. Poe.
Nel 1492, anno dell’impresa di Colombo, la Spagna, riunificatasi col matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, era riuscita a portare a termine la plurisecolare opera di riconquista del paese ai Mori. Il nuovo regno si trovava adesso ad avere in casa due fortissime minoranze, quella musulmana e quella ebraica. Poiché ora il governo era interamente in mano ai cristiani, molti, per far Carriera, Si facevano battezzare, ma in segreto continuavano a praticare la vecchia religione. Solo che il segreto non era tale per i vicini di casa e i compaesani, i quali, non di rado scavalcati soprattutto dai più abili Ebrei (nel commercio e nelle finanze, ma anche nelle carriere amministrative e perfino ecclesiastiche), spesso davano luogo a tumulti contro i falsi convertiti o marranos.

> Come non illividire, di fronte a questi preesistenti parvénu, che toglievano il pane di bocca ai pii cristiani, a cagione d’una maggiore intraprendenza?

Si aggiunga che i Mori di Spagna per lungo tempo sognarono la rivincita, facendo da quinta colonna per i regni islamici corsari del vicino Nordafrica (i quali praticarono per secoli continue incursioni sulle coste). Rivolte scoppiavano qua e là, e impensierivano i due re. Ci fu anche una ribellione di nobili contro la corona, e molti Ebrei conversos commisero l’errore di appoggiare i ribelli. Insomma l’appena unificato regno rischiava una guerra civile. Per questo i Re Cattolici chiesero al Papa l’istituzione dell’Inquisizione.

> Che difatti scacciò dal sacro suolo di Spagna torme di farisaici convertiti, incamerandone i beni.

Finché Ferdinando e Isabella, buoni cristiani, vissero, l’Inquisizione spagnola obbedì alle direttive di moderazione del Papa. Ma in breve diventò un organismo governativo, del tutto indipendente da Roma e sul quale il Papa non aveva praticamente nessun potere.

> Anche questo è più che dimostrabilmente rimaneggiato.

Comunque l’Inquisizione ebbe il merito di sottrarre la questione dei falsi convertiti ai linciaggi di piazza. Fu garantito un processo giusto e puntiglioso.

> Tanto per comprendere su quali basi gravita l’equilibrio del non-detto cammilleriano a proposito di equità, nella In multis depravatis Giulio III prevede la perforazione della lingua, la fustigazione e i lavori forzati per i bestemmiatori (plebei); una multa, la perdita di titoli e benefici, il divieto di fare testamento e un bando di tre anni dall’urbe per i nobili.

I veri convertiti vennero provvisti di regolare certificato inquisitoriale e garantiti contro ogni ulteriore molestia; agli altri fu posta l’alternativa tra la vera conversione o la condanna.

> Sappiamo, invece, dai registri e dai manuali, che l’accusato, definito colpevole fino a prova contraria, doveva presenziare – senza avvocati difensori – davanti a una sottospecie di tribunale composto da un diocesano ordinario e dall’inquisitore, con in aggiunta un corpo di “dotti”. Bastavano solo due confessioni, di cui l’imputato aveva un semplice riassunto, per accusarlo. I giudici potevano usare qualsiasi mezzo a loro discrezione, tra i quali veniva scelto preferibilmente il carcere preventivo, dove l’imputato veniva incatenato e lasciato senza cibo. Se l’imputato non testimoniava, o non c’erano prove sufficienti a suo carico, l’inquisitore dubbioso poteva autorizzare la tortura. Ci sarebbe altro, ma crediamo che certe asserzioni cammilleriane non meritino ulteriori dettagli. Vada, quindi, ad informarsi meglio, se ciò non costituisce un empeachment per la sua “coscienza” di cattolico.

Infatti l’Inquisizione, tribunale ecclesiastico, poteva giudicare solo i cristiani, non gli ebrei o i musulmani.

> Esclusivamente erroneo, dato che poco fa abbiamo parlato di conversos e marranos.

Un battezzato che, di fatto, praticava il Giudaismo o l’Islamismo, era un eretico sovversivo.

> Maxima culpa.

Così, colpendo relativamente pochi colpevoli (il cui numero effettivo, anche qui, va molto ridimensionato), l’Inquisizione “regolò il traffico” in Spagna: gli ebrei facessero gli ebrei, i musulmani i musulmani e i cristiani i cristiani, ognuno con i suoi riti e ben separati, per non litigare. La sua presenza evitò alla Spagna quelle guerre di religione che invece insanguinarono l’Europa settentrionale e garantì lo sviluppo del Paese, che così poté diventare la prima superpotenza del tempo.

> Avremmo parecchio da dire su passi del genere, che costituiscono uno degli indizi più palesi della “ideologia” cammilleriana, ossia la minimizzazione di dettagli negativi a fine di depistare il contenuto su “valori” d’affermazione di potenza.

Si tenga presente che i più grandi Santi del cosiddetto “secolo d’oro” spagnolo (che coincise col culmine dell’attività inquisitoriale) erano tutti di origine ebraica: Giovanni di Dio, Teresa d’Avila, e altri. Il “famigerato”, anch’egli ebreo convertito, Torquemada fu in realtà molto più mite di quel che si pensa.

> Avremmo parecchio da osservare anche in merito a buontemponi come Torquemada o povere isteriche abiette come Teresa d’Avila, fatte passare per “mistiche estatiche”; invitiamo i lettori a leggerne i diari, tenendo qualche scatola di Apreptant o simili a portata di mano.

Per quanto riguarda la cosiddetta “caccia alle streghe” teniamo presente che l’Inquisizione se ne occupò poco. La vera e propria “stregomania” si diffuse in Europa alla fine del Rinascimento, dunque all’inizio della modernità. Ci credevano gente come Newton e Giordano Bruno (lui stesso un mago), Paracelso e Cartesio.

> “Mago” fu pure Silvestro II? E Onorio III? E Pico della Mirandola? E Alberto Magno? E Giustino? E Agostino? E i magi persiani, tranne i tre dei vangeli? Cos’è il “mago”? Citare un “mago” implica che chi lo cita crede che esistano? E questa è cosa che depone alla credibilità di chi lo afferma? Pare di si. Già Valente si distinse per aver intentato processi contro alcuni membri dell’aristocrazia gentile, rimasti fedeli al paganesimo, accusandoli principalmente di pratica magica. Nel 1233, Gregorio IX diede il via ad un inondazione di follia collettiva sulla scia del Canon Episcopi; la caccia ufficiale alle streghe iniziò nel 1484, con la Summis desiderantes di Innocenzo VIII, che istituì due suoi inquisitori, Jakob Sprenger e Heinrich “Institor” Kramer, come tutti sanno. Geniacci come Giovanni XXII (che indossava costantemente un talismano, donatogli dalla contessa Margherita di Foix, per proteggersi da eventuali cibi avvelenati), Alessandro VI, Leone X, Giulio II, Adriano VI aggiunsero la loro, stabilendo “infallibilmente” l’esistenza delle streghe. Ancora nel 1623 Gregorio XVI decretava che chiunque avesse fatto un patto con il diavolo doveva subire la prigione a vita (ma chiaramente, non si tratta più di pena capitale). nel 1657, senza preavviso o spiegazione, la Romana stabilì che i processi fatti sino ad allora non erano stati gestiti correttamente; forse è a questo periodo che Cammilleri s’è fermato a Eboli.

A bruciare streghe furono soprattutto tribunali laici e protestanti (il più fiero cacciatore di streghe fu il giurista francese Jean Bodin, teorico dello Stato moderno).

> Dato che nei paesi protestanti la persecuzione finì prima che in Italia – 1859 – proprio per il sopraggiungere dell’Illuminismo, Cammilleri non ha forse altri esempi di stile tu quoque da apportare per rinvigorire la sua già eccessivamente rachitica pretesa: vanno ricordati esempi come quello di Nicolò V, che inviava bolle speciali ai suoi tirapiedi di Fiandra per informarli allo “stile” cattolico romano. A parte ciò, il nostro evita di dire che già a quel tempo Bodin era fortemente avverso al tanto esecrato Machiavelli, che fosse convintissimo cattolico e che fu uno dei detrattori di Jan Wier – allievo del “mago” Paracelso -, uno dei primi ad aver smascherato la risibilità delle pretese della credenza nelle streghe, radicata in tanti di quei santi presuli da risultare grottesco elencarli. Ma forse quel che a Cammilleri interessava mettere in luce tramite Bodin era il concetto di “stato moderno”, contrapposto al fulgore dell’epoca in cui imperava la chiesa, che fosse francese e portatore di un’ideologia preilluministica della tolleranza.

La famigerata Salem si trova infatti nel Massachusetts dei protestanti Padri Pellegrini americani. L’Inquisizione cattolica classificò la stregoneria come superstizione e, specialmente in Spagna, salvò la vita a moltissime presunte streghe che la furia popolare (o qualche cliente deluso) voleva linciare.

> Tentativo lodevole, ma patetico, di stornare l’attenzione dai crimini del vecchio mondo sui “protestanti” – cristiani si, ma “eretici” – del Nuovo. Il Cammilleri, poi, avrebbe dovuto quantomeno indicare di quale periodo sta parlando in questa sua abbondante pericope a proposito di un’Inquisizione che si scopre (presumo, sin dalle origini) razionalmente propensa a guidicare la stregoneria come superstizione.

Il Sant’Uffizio (Galileo, Bruno e Campanella)
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L’Inquisizione Romana, o Sant’Uffizio, nacque per rispondere alla sfida luterana. Essa fu centralizzata a Roma e affidata ai cardinali. Santi come Pio V (il papa della battaglia di Lepanto) furono inquisitori.

> Se Pio V, fondatore dell’Indice dei libri proibiti e inquisitore, fu santo per il solo episodio di Lepanto, non è una gran santità. Per ordine del papa, la polizia romana fece una retata di tutti gli zingari che trovò per strada per spedirli nelle galee, poiché essere zingaro equivaleva ad essere colpevole. Molte persone di buona fede firmarono una petizione di rilascio rivolta al papa, ma egli intimò che venissero espulsi da Roma tutti i firmatarii (eccetto Filippo Neri, data la sua popolarità). Le voci dei dissidenti riuscirono però a convincerlo, alla lunga. Forse è santo per questo. Fra i carteggi del “Santo” Uffizio possiamo inoltre trovare dei documenti della grande campagna lanciata da Paolo IV – quello stesso che equipaggiò gli inquisitori di sua tasca con vari strumenti di tortura – e portata avanti da Pio V contro vescovi e uomini di chiesa italiani del ‘500, colpevoli di simpatie per le correnti moderate della Riforma e per le idee di Valdes.

Il Sant’Uffizio evitò all’Italia la caccia alle streghe e le guerre di religione. Il periodo della Controriforma, contrariamente a quanto molti sostengono, fu un’epoca di splendore di arti, lettere e scienze.

> Come le streghe di cui andarono a caccia i vari Borromeo, Beltramino, Antonio da Casale?

Nacque il “barocco” e scienziati perseguitati nei paesi protestanti (come Stenone e Keplero) ebbero cattedre universitarie e onori.

> Cammilleri mente spudoratamente per la gola, e la cosa risalta in maniera fastidiosa. Stenone (vescovo) e Keplero (prete) non erano latori di teorie apertamente destabilizzatrici; perlomeno non in Italia, dato che il primo oggi è beato, mentre proprio il secondo fu costretto a rifugiarsi a Praga, Linz, Gratz, e via dicendo, fuggendo sì da un paese protestante, ma perseguitato dai… cattolici!!!

(!SNIP!)

Il caso Galileo richiede un chiarimento. Innanzitutto diciamo subito che egli non inventò affatto il telescopio, né scoprì la rotazione e rivoluzione della terra, né disse mai “Eppur si muove!”.

> Non saprei dire se si può tentare di liquidare in qualche riga raffazzonata – come fa il convenientemente sintetico Cammilleri – un caso esemplare come questo, la cui dietrologia e i cui sotterfugi meriterebbero pagine e pagine. Vediamo che chiarimenti fornisce il Siciliano. Innanzitutto, si parte dal fatto che egli non inventò il telescopio (ergo, pur se in effetti lo perfezionò, non è meno scienziato per questo); poco conta che abbia inventato di sana pianta altri congegni non meno utili. Poi, non disse mai “eppur si muove”… Ohibò, non mi pare un buon esordio eristico: ad es., nessuno sa se veramente Giuliano gridò mai “hai vinto, Galileo!”, dacché Ammiano, uno dei maggiori storici della romanità (sed etiam pagàno), non cita la frase. Ma ciò non toglie credibilità alla leggenda, chiaramente.

Semplicemente puntando il cannocchiale (rispetto agli attuali, poco più che un giocattolo)

> Ecco spiegato l’arcano: “Semplicemente puntando il cannocchiale”, come fa ad es. un rabdomante, che procede a caso, facendosi guidare dallo “strumento”. Roba da Feyerabend… Ma si: in fondo era semplicemente un giocattolo, rispetto ai radiotelescopii odierni.

al cielo scoprì i satelliti di Giove. Questo lo convinse che Copernico (morto vent’anni prima) aveva ragione: non tutto girava attorno alla terra.

> Che si sappia, a parte la Luna, nient’altro gira attorno alla Terra. Che vorrebbe farci capire, il Cammilleri, con quel “morto vent’anni prima”? Il vescovo di Fiesole, Gherardini, non fu meno ameno, dato che, venuto a conoscenza dell’eresia copernicana, diede ordine d’imprigionare Copernico (monaco), sebbene già morto da “qualche” lustro (giusto settant’anni).

Ora si tenga presente che la teoria copernicana era regolarmente insegnata nelle università, accanto a quella tolemaica. Erano teorie non verificate,

> “Epperò”, la seconda era quella vigente. Nondimeno, l’opera copernicana rimase all’Indice fino al 1822. Perché non metterla, invece, sul punto di vista di Galileo, che ripete Agostino: “Nessuna proposizione può essere contro la fede, se pria non è dimostrata falsa”?

ma che la terra fosse al centro di tutto era cosa che si vedeva ad occhio nudo (infatti i sensi ci dicono che è il sole a girare, e la terra sta ferma).

> Come non giustificare un tentativo di linciaggio, fisico o psicologico che sia, dato che i sensi inducevano ad abbracciare una tesi fallace? A parte il fatto che “Terra” e “Sole” si scrivono in maiuscolo (ma non facciamo di un dettaglio una colpa ad hominem), come mai quei medesimi sensi, in certi altri casi – idest nella norma – fallaci, stavolta non avevano bisogno di verifica? Forse per via delle “scritture”, che insegnavano, sulla scorta del medesimo errore, che la Terra è baricentro?

E Copernico era pure un prete.

> Se è per questo, Galileo non disegnava di chiaccherare con parecchi gesuiti della Specola (che confermarono illo tempore certe altre sue scoperte), datosi che non possedeva – almeno fino a un certo punto della sua vita – pregiudizio alcuno nel dialogare con chiunque si dimostrasse desideroso di farlo. Peraltro, fra i suoi allievi c’erano anche dei presuli, alcuni dei quali pagarono con l’ostracismo e altro l’attaccamento al loro maestro, per mano di Urbano VIII, altro suo “grande amico”. Ma si: troppo orgoglioso per piegarsi, come Bruno, dice un altro, Adriano Prosperi (non per nulla sovente elogiato dal nostro), a cui opinione fecero di tutto per salvare il Nolano! “Il libro di Saverio Ricci” ovvero Giordano Bruno nell’Europa del Cinquecento (che certuni hanno definito “simile a certi libri prodotti dall’incollatura di due”), “ha minuziosamente ricostruito la fitta rete di situazioni politiche, giuridiche, morali, religiose che hanno accompagnato la vita del protagonista”, dichiarò ne Il Manifesto il cardinale Poupard (quello dell’inculturazione) al tempo del battage “rivalutativo” di Bruno. “Certo, oggi la nostra conoscenza del Vangelo ci permette di trovare esecrabile l’utilizzo del rogo e di ogni altra pena per coartare la libertà di coscienza. Ma questo non ci autorizza a giudicare la mentalità degli uomini dell’Europa di quattro secoli fa. Non sarebbe neanche scientificamente sostenibile”, poiché, secondo Poupard, il razionalismo è coerenza. Avremmo molto da commentare su questa coerenza ecclesiastica; ma sarebbe più interessante chiedere come mai la conoscenza del vangelo, oggi, ci permetta di condannare gli arbitrii di ieri, senza peraltro non poter non giustificare la mentalità di quattrocento anni fa, poiché “chi vive il Vangelo deve sapere che esso vince solo con la forza della sua verità”!

Gli astronomi gesuiti della Specola Vaticana confermarono le scoperte di Galileo

> Idem come sopra. Direi che siamo all’antinomia più lapalissiana.

e le difesero contro gli scienziati laici che invidiavano il favore di cui il pisano godeva alla Corte pontificia.

> Quali scienziati laici? Quei medesimi che vennero elogiati dai presuli per le loro operucole diffamatorie nei confronti del Pisano? Quei medesimi che difendevano il tolemaicismo, ossia la “dossologia” “cosmologica” vigente in seno alla chiesa, che era, per detta dello stesso Cammilleri, la promotrice della cultura del tempo? Quegli stessi che si stringevano attorno a un circolo di detrattori gesuiti e di cardinali che li fomentavano?

Galileo, carattere spigoloso, li beffeggiava e li insultava nei suoi scritti.

> E dovremmo meravigliarci? “Carattere spigoloso” con chi?

Gli tesero una trappola,

> Ammirevole impulso di coraggio, sia del Cammilleri che dei gesuiti; ma forse il nostro tenta la giustificazione, già mascherata dietro l’esordio.

facendo circolare certe sue lettere in cui diceva che la Chiesa avrebbe dovuto modificare il corrispondente passo delle Scritture (quello in cui Giosuè ferma il sole).

> Quindi, i gesuiti furono i diffamatori o no? Il passo biblico in questione è fallace o no? O è da “interpretare”?

Il cardinale Bellarmino (che è Santo) fu costretto a dire a Galileo di occuparsi di scienza e non di teologia.

> Quale Bellarmino (notasi “che è santo”, e con la Maiuscola)? Il medesimo – Gesuita – che condannò Bruno?

Galileo accettò e per vent’anni non se ne parlò più. Continuò a insegnare la teoria copernicana e nessuno lo molestò.

> Fatemi capire; forse ho letto male, o ho letto solo fonti partigiane. Galileo, che a suo tempo tenne anche lezioni sul sistema tolemaico e non disdegnò neppure di scrivere “trattati” sull’opera dantesca, venne condannato per aver difeso il copernicanesimo, condannato già da Paolo V, indi gli venne permesso d’insegnarlo?

Poi si convinse che le maree erano dovute al movimento della terra (invece sono dovute all’attrazione lunare, come cercò di spiegargli Keplero)

> Keplero presule, chiaramente. Ma se non erro, i gesuiti lo sapevano già.

e pubblicò un’opera in cui faceva fare al Papa la figura dello sciocco. Solo che quel Papa era Urbano VIII, caratterino come il suo.

> Questa “un’opera” (il Dialogo sopra i massimi sistemi) metteva in campo, con ironia ma non certo villana, un personaggio astratto, nel quale si riconobbe da sé quello stesso Urbano VIII già oggetto di tante pasquinate, quello stesso che in pratica ridusse le già penose rovine dell’Urbe a una cava di pregiati laterizi a buon mercato, e che, a dispetto dell’amichevolezza nei suoi confronti, impedirà la sepoltura di Galileo in degno loco finché visse (anzi, per oltre cent’anni). Le sue uniche pecche sono tutte qua, nepotismo e corruzione a parte; in fondo, il buon Maffeo fu veramente protettore di scienziati e artisti sin da cardinale, ma il papato e la situazione politica del tempo lo condizionarono fortemente…

Convocato a Roma dal Sant’Uffizio Galileo venne alloggiato in un appartamento sul Pincio con un servitore.

> Dobbiamo considerare, in fondo, che a quel tempo il Pisano aveva superato la settantina: un po’ di riguardo era d’obbligo…

Il processo decretò, a stretta maggioranza, che i passi riguardanti la teoria copernicana data come provata nelle sue opere dovevano essere corretti. Lui venne condannato a recitare per tre anni i Salmi penitenziali un volta alla settimana.

> C’è forse qualcosa di cui stupirsi, se Galileo è stato rivalutato oggi, con quasi mezzo secolo di ritardo dal resto del mondo, per “scoperte troppo premature”, dice Wojtyla?

Tutto qui. La rotazione della terra venne provata solo due secoli dopo, col famoso pendolo di Foucault. Giordano Bruno era un monaco domenicano dichiaratamente eretico. Gettò il suo accusatore nel Tevere e fuggì dall’Italia. Più che un filosofo era un mago,

> Il già citato Keplero forse non fu un astrologo e uno che “confidava in stregonerie”?

e si inimicò tutti i posti nei quali andò peregrinando. Fu scomunicato perfino dai protestanti. Si rifugiò in Inghilterra, dove venne accolto da Elisabetta I, figlia di Enrico VIII e Anna Bolena.

> Vale a dire, quella dell’Invincibile Armata? Quella scomunicata da Pio V?

Lui, in cambio, le denunciava i cattolici (la persecuzione anglicana nei confronti dei cattolici inglesi fece più di settantamila vittime).

> Di orrore in orrore: nientemeno che un perfido delatore! Settantamila vittime addirittura! Non tutte per delazione di Bruno, speriamo!

Ma dovette fuggire anche da lì. Se ne andò a Venezia, la quale, per dispetto al Papa proteggeva gli eretici.

> Si: la dispettosa Venezia (birbantella!), specialmente dopo i trascorsi di interdetto, ce l’aveva senza motivo alcuno col papa da tempo.

Qui si installò in casa del nobile Mocenigo; questi lo manteneva in cambio della promessa di imparare la millantata “arte della memoria” che Bruno sosteneva di possedere Quando il Mocenigo trovò Bruno a letto con sua moglie lo denunciò alle autorità, le quali furono ben felici di sbarazzarsene consegnandolo all’Inquisizione romana.

> Magari fu così, ma a me risulta che Mocenigo lo tradì principalmente perché Bruno non volle rivelargli il segreto della magia naturale – la moglie fu la causa scatenante -, come riporta persino l’Enciclopedia Cattolica (consultabile online), che forse per pudicizia tace sui segreti d’alcova.

Bruno, che -lo ricordiamo- era un frate, abiurò ma poi tornò sulle sue decisioni, in un a letto continuo che durò anni.

> Passo incomprensibile. Tutt’al più, potremmo capire che “a letto” sia un lapsus freudiano.

Alla fine venne abbandonato al braccio secolare come mago, eretico e sovversivo. Tommaso Campanella, anch’egli domenicano era suddito spagnolo in quanto calabrese. Le sue teorie utopiche esposte nella Città del Sole lo portarono a organizzare una cospirazione contro il dominio spagnolo per instaurare un repubblica secondo le sue idee.

> Ah, quale esecrabile pretesa, contro i paladini dell’Ordine Mondiale!

Dopo trent’anni nelle carceri spagnole (dove poté tuttavia continuare a scrivere),

> Ove venne sbattuto dai suoi confratelli, non certo dai laici. Ma che importa? Qui poté addirittura continuare a scrivere!

il Papa lo fece fuggire con un trucco: ne chiese l’estradizione a Roma, poi lo lascia scappare in Francia.

> Errore storico (quod mirandum): Campanella venne condannato due volte per il medesimo movente.

(CONTINUA)