I MISTIFICATORI – VOL. I PARTE PRIMA

di Biagio M. Catalano

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I brani in corsivo sono tratti da Rino Cammilleri, Fregati dalla scuola – Breve guida di liberazione ad uso degli studenti (da affiancare al normale manuale scolastico di storia), il cui testo integrale è disponibile on line.

Introduzione
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I manuali di storia della scuola dell’obbligo sono, per comodità, divisi in capitoli. Solo che questi non si limitano ad essere numerati, bensì recano dei titoli. E questi titoli, contrariamente a quel che si pensa, non si limitano a descrivere il contenuto del capitolo ma danno anche un giudizio di valore.
Esempio: “Medioevo”, “Rinascimento”, “Risorgimento”, “Resistenza”. Analizziamo i termini. “Medioevo” significa, come tutti sanno, “età di mezzo”, laddove “Rinascimento” sta per “nuova nascita”. Se si rinasce vuol dire che prima si era morti, ma anche che prima di essere morti si era già nati una volta, per cui adesso si “rinasce”. Dunque il Medioevo, epoca precedente al Rinascimento, era il tempo in cui l’umanità era stata morta. Quanto dura il Rinascimento? Pochi decenni, verso la fine del Quattrocento. Poi? Si ha l’Età Moderna, e tutti tiriamo un respiro di sollievo.

> Dunque: Cammilleri dovrebbe sapere – lo spero per lui – che l’atteggiamento critico insito nel termine “Rinascimento” si fonda su basi non certo prevalentemente demagogiche, com’è propenso a credere e pretendere di poter far credere il nostro, bensì prettamente umanistiche, in termini rivalutativi a riguardo del passato che, nei secoli d’auge della chiesa romana, era stato pressoché cancellato, metabolizzato e riproposto in chiave cristiana. Da ciò siamo portati a considerare che Cammilleri disconosca la storia sin nelle terminologie, o, a voler essere benevoli, faccia finta di disconoscerla.

Anche se, a ben vedere, le guerre e le catastrofi sembrano moltiplicarsi a ritmi parossistici: guerre tra Francia e Inghilterra, tra Francia e Spagna, tra cattolici e protestanti, tra lanzichenecchi e tutti gli altri, guerre di successione, di devoluzione, delle due dame, dei tre imperatori, dei quattro papi e dei cinque eserciti.

> Non sarà certo la giocosa rappresentazione di Cammilleri a stornare l’attenzione dai problemi di fondo ai secoli che seguirono la fine del Medioevo; problemi che, visto il clima e l’andamento storico, non sono certamente da imputarsi a coloro i quali decisero di ridimensionare il privilegio vaticano.


La Riforma: finalmente Lutero spezza le catene del dogma e della Chiesa. Controriforma: l’Italia ricade nell’oscurantismo. Solo a ben guardare si scopre che le guerre di religione stavano tutte nei paesi protestanti, mentre in Italia si stava tranquilli.

> Il che è smaccatamente falso. E vedremo in dettaglio perché, dopo questa pericope.

(!SNIP!) Solo che tutto ciò nei manuali di storia è dato come positivo. Il motivo si capirà leggendo questa Guida. Ma fin da subito possiamo anticipare che furono i liberali nel secolo scorso a impostare lo studio della storia in questo modo, cioè in senso ideologico. I nostri Padri della Patria statalizzarono la scuola, la resero obbligatoria ed uguale per tutti e cominciarono a mettere in galera quelli che non ci mandavano i figli.

> Primo indizio della “ideologia” cammilleriana: contro la statalizzazione della scuola, contro l’istruzione obbligatoria e uguale per tutti. E chiaramente, contro la cultura in genere, acerrima nemica dell’ignoranza (altrui) su cui hanno sempre prosperato la disinformazione e il potere delle élites clericali.

Cavour & Soci imposero uno studio della storia di tipo manicheo, cioè con i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, in cui i buoni erano loro.

> Di certo rifacendosi non tanto ad una “comune” distinzione “etica” fra probi e improbi, bensì alla medesima concezione cristiana, sempre prona a dividere il mondo in buoni (i cristiani) e cattivi (gli altri).

Il Fascismo tentò una rivalutazione e una rilettura del Risorgimento appropriandosi dei suoi miti più importanti e la Repubblica lasciò le cose come stavano, limitandosi ad aggiungere il capitolo sulla Resistenza. Infine il Sessantotto ha virato il tutto in senso marxista.

> Quel medesimo fascismo che, con accorta prudenza, coi Lateranensi contribuì a restaurare il potere papale così com’è oggi?

Et voilà, tutti siamo riciclati nella convinzione che: Garibaldi e Napoleone erano i buoni, così come i Nordisti negli Usa, mentre i Borboni erano cattivi perché non volevano cedere volontariamente il Sud ai Piemontesi.

> No: i borboni, filo-clericali, “erano cattivi” (anzi, di più) sic et simpliciter perché “sfruttavano la gente”, se volessimo metterla sul piano di asserzioni, elementari quanto quelle cammilleriane, ma più veritiere.

E pure il Papa, che “per il suo bene” avrebbe fatto meglio a regalare Roma a Vittorio Emanuele II.

> Il papa, per il suo bene, meglio avrebbe fatto a capire i tempi ed evitare di scrivere ignominie come il Sillabo.

Ancora: i Sudisti americani erano cattivi perché volevano tenere in schiavitù i negri e i Nordisti divennero cattivi quando sterminarono gli indiani. Che erano buoni e saggi.

> Non desidero arguire su chiari ritrovati sofistici che non esito a definire, data il generale andazzo delle pagine del Siciliano, un tristo appello anacenotico, perdipiù ruffiano; ricordo al Cammilleri, tanto, per mettere i puntini sulle “i”, che fra questi “buoni e saggi” egli dimentica di contemplare anche tribù come i tlingit e gli iroquois, cannibali come i loro parenti aztechi e maya, ampiamenti vilipesi dal nostro. Ora, col rischio di passare per un “fautore” dello sterminio dei pellerossa nordamericani, se Cammilleri dimentica questo, vuol dire che è abbastanza assuefatto a fare due pesi e quattro misure, nella fattispecie a discapito dei “cowboys”, discendenti dei “vili protestanti”, e a vantaggio degli “hidalgos” (laggasi “pendagli da forca”) della Conquista iberica, “nobili” perché cattolici…

Qualcuno, da adulto, per avventura scopre che forse la verità è diversa. Tutti gli altri, quelli che si occuperanno di banca o di artigianato o di commercio, continueranno a credere quel che la scuola ha loro insegnato. Spesso anche gli insegnanti di storia rimarranno in tale stato.

> Quindi, la “puerilità” del laicismo, ovvero della storia così com’è, viene superata dalla savia senescenza del fideismo, vale a dire la puerilità sclerotizzata insita nel credere in idee men che indimostrabili, come l’esistenza di Dio et affini. Ma continuiamo;

Infatti all’università si sono occupati solo di approfondire quel che avevano assorbito da piccoli.

> Beh, a essere onesti, comprendiamo l’impegno di personaggi come Cammilleri nel voler supplire alla disinformazione diffusa da docenti congiurati… Ma dobbiamo anche tener conto che dall’università da lui frequentata a suo tempo, a quella odierna, possibilmente di progressi in capo storiografico ne sono stati fatti parecchi. Il problema è che, nonostante ciò, parecchi personaggi della sua leva nel frattempo sono riusciti a ottenere un posto d’insegnamento, e, presi dalla saudade per i bei vecchi tempi in cui assimilavano la “storia” secondo presupposti autarchici, si piccano di imporre un “Rinascimento” della “realtà storica”.

E come l’hanno imparata la ripetono. Non solo. Poiché sono laureati non ammetteranno mai che hanno passato la vita a studiare cose in fondo opinabili, né accetteranno di ricominciare a studiare da zero per rimettere in discussione quel che hanno imparato.

> Tutt’al più, è al contrario, dato che Messori, Tangheroni e altri possiedono regolare cattedra di insegnamento, volta a “insegnare” proprio i concetti qui ribaditi dal loro collega in “apologetica” Cammilleri, senza che nessuno, nella scuola “totalitaria e marxista” moderna, li diffidi dal farlo. E in fondo, se costoro hanno “paura” ad ammettere d’aver sprecato una vita, dall’altro canto v’è da pensare che i credenti siano letteralmente terrorizzati dal veder distrutto il loro piccolo mondo di illusioni, con tutto quanto da esso defluente.

Spesso, dunque, si trasformeranno nei più feroci difensori di quelle quattro cose che credono di sapere.

> Notasi quel “quattro cose”; ed è anche chiaro che Cammilleri voglia farci intendere d’essere, a questo punto, detentore quantomeno di una cultura superiore, in rapporto a quella dei docenti “traviati”.

E il sistema andrà avanti da solo, in una spirale perversa che mantiene tutti nell’idea che questo sia il migliore dei mondi possibili e che le soluzioni per migliorarlo debbano essere cercate all’interno del “progresso”, che è partito dalle oscurità medievali per approdare al radioso presente.

> A me pare, piuttosto, che sia al contrario, ovverosia che nelle scuole pubbliche si assista proprio ad un tentativo revanscista, fomentato dai media per interposta sede; viceversa, non esisterebbero voci in dissenso. E ancora al contrario, per quanto riguarda che il sistema vada avanti da sé per inerzia, una volta che è stato impostato da oltre due millenni su un background fideistico che formatta qualsiasi aspetto della società cui è stato applicato. Individui compresi, ovviamente.

Questa Guida non è un contromanuale, non ci troverete né date né fatti; solo una diversa interpretazione.

> In primo luogo perché, di certo, lo stesso Cammilleri presentisce la pochezza di ciò che scrive.

Lo studente che ne farà uso non troverà tanto una controverità quanto la possibilità di scegliere, dopo aver sentito -adesso- tutte le campane, con qual musica vuol ballare. Lo spirito critico, infatti, si acquista solo dopo aver avuto la possibilità di vedere le cose da tutti i lati.

> Cosa giusta e ammirevole, qualora il proposito di fondo non fosse smaccatamente fazioso; viceversa, la premessa non sarebbe partita con certi toni.

Se potessi tornare ai miei anni di liceo vorrei che alla storia venisse consacrata un’intera giornata settimanale: alla prima ora un insegnante marxista, alla seconda uno liberale, alla terza uno cattolico, e così via.

> Ma in questo modo Cammilleri non sta forse ammettendo che la religione sia qualcosa che non sfugge ai canoni analitici del “relativismo”?

Tutti dovrebbero trattare lo stesso argomento, ognuno dal suo punto di vista. Al pomeriggio (o la settimana successiva) il dibattito con gli allievi. La classe avrebbe una possibilità concreta di diventare veramente pluralista, nel senso che ogni studente aderirebbe alla concezione che più lo convince. O a nessuna, se vuole. Più democratici di così…

> Purtroppo, la storia non è un’opinione, bensì cronaca; e, come tale, possiede già i suoi “interpreti” accreditati.

Ebbene così funzionavano le lezioni nel tanto vituperato Medioevo, epoca talmente “buia” da far concepire a san Tommaso d’Aquino la sua Summa Teologica perché i suoi studenti non avevano un manuale di teologia. Si tratta di un’opera che oggi comporta ben trentatré volumoni, per di più comprensibili solo ai filosofi più dotti.

> Non credo proprio che il numero di “volumoni” renda magicamente attendibile e seria l’opera che ne è composta; viceversa, dato che la maggioranza degli esseri umani crede in fandonie come l’esistenza di Dio, ne dovremmo concludere che essa sia verità. Ma dall’altro lato, posto che si dovrebbero individuare questi “filosofi più dotti” (o forse, teologi), a ben leggerla si capirà che si tratta soprattutto di un’immensa perdita di tempo, se non per farsi quattro risate. Come per quel che concerne lo sforzo cammilleriano, d’altronde.

Ed era un semplice manuale per studenti. Studenti che, come si è detto, potevano intervenire, mettere in discussione e dibattere col loro docente.

> Non mettiamo in dubbio che Tommaso fosse più complesso, o per meglio dire, meno logico di Kant.

Preistoria & dintorni
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La teoria dell’evoluzionismo ci dice che i nostri antenati erano scimmioni che si aggiravano sulla terra ricoperti di peli e picchiando le femmine in testa con la clava. Erano comparsi parecchi miliardi di anni dopo il big bang e dopo la sparizione dei dinosauri. Ma quel che la teoria dell’evoluzionismo non ci dice è che essa è appunto una teoria, così come quella del big bang. Infatti il darwinismo e il neodarwinismo sembrano spiegare molte cose, ma sono più quelle che non riescono a spiegare. Negli Usa almeno il cinquanta per cento degli scienziati non ci crede.

> Occorre specificare che di questo 50% nessuno si arrischia a porsi al di fuori di una cauta agnòsi, e che, ipotesi per ipotesi, si tratta sempre di qualcosa che è suffragato da prove più certificate, concrete, sensate e serie di quanto non possano esserlo trenta righe di un puro mito cosmogonico plagiato da fonti pagane qual è il Genesi.

Da dove si origina la vita? Dal caso? Troppo intelligente sarebbe, anche perché le “coincidenze” casuali sono troppe, tutte in fila come se il Caso sapesse esattamente dove andare e cosa fare. Allora non si vede perché continuare a chiamarlo Caso.

> Purtroppo, procedendo ad es. proprio secondo la linea di Tommaso (quindi di Aristotele), anche il “caso” sarebbe una categoria di Dio. Il problema, nel pensierino di filosofia spicciola qua raffazzonato dal sanguigno neo-apologeta, è che il “caso” (anzi, “Caso”) è un fattore relativo a un viewport macroscopico; calando di scala, non esiste casualità nelle interazioni sub-atomiche né nella gravitazione universale, senza però che tanto possa implicare che un dio “più intelligente” ordini ai quark ed alle pulsar di interagire ordinatamente secondo dei meccanismi relativi a fattori, peraltro, scientificamente spiegabili e spiegati.

Non solo. Perché mai i nostri progenitori sarebbero dovuti essere pelosi? Come si può, partendo dalle ossa, sapere se la pelle sopra lo scheletro aveva i peli o no? E’ una domanda che si è posta la prestigiosa rivista Science la quale, alcuni anni fa, mise in copertina la ricostruzione di un uomo di Neanderthal senza peli. Somigliava perfettamente a un aborigeno australiano. Ma, come tutti sanno, gli aborigeni esistono ancora, e alcuni di essi sono anche laureati. Sembra dunque più corretto ipotizzare che la razza di Neanderthal sia semplicemente estinta e non è progenitrice di niente.

> Premesso, per inciso, che la grammatica purista necessiterebbe la forma “avrebbero dovuto essere”, anziché “sarebbero dovuti essere”, certamente Science ha semplicemente fatto un’ipotesi; la pelosità, da sempre fattore accertato per specie del genere homo meno evolute, era determinante in un periodo come quello delle glaciazioni (unitamente a certi altri fenotipi quali la forma del naso, la statura, etc.), come avrebbe potuto sapere anche Cammilleri consultandosi con qualsiasi buon paleoantropologo. E non era, in fondo, una pelosità così accentuata come vorrebbe far pensare il nostro, probabilmente rifacendosi a ben noti prodotti filmografici; o forse vorrebbe dire che l’homo sapiens sapiens è nato ex abrupto dieci millenni fa? Eppure nel 1997, se non ricordo male, grazie ad esami del DNA si è scoperto che i neanderthaliani e gli uomini attuali appartengano a separate linee evolutive. Una questione, senza mezzi termini, “pelosa”, per il buon Cammilleri…

Le teorie scientifiche si trasformano in certezze solo di fronte a prove.

> Ergo, per questo motivo la religione non è una scienza, quindi non può arrogarsi la pretesa di definirsi più probatoria della prima, né d’influire su quanto la riguarda.

Quando una teoria non può essere verificata (e questa dura da ben due secoli), allora la si abbandona e si passa ad altra teoria. Così dice la Scienza.

> Ciò è impreciso; la scienza, e questo vale soprattutto per quelle categorie di speculazione devote al calcolo e non alla constatazione empirica, non postula un termine di tempo, bensì annulla o soppianta una teoria quando tutte le sue premesse maggiori sono fallaci, il che potrebbe richiedere anche più di due secoli.

Invece nulla di tutto ciò è stato fatto per l’evoluzionismo, il quale viene dato come certo.

> Non capisco quale sia il problema, dato che, magari, trascorsi i fatidici due secoli, nessuno vieta che il Genesi torni in auge, così come tentano di fare già certi nostalgici negli USA.

Invece è ancora tutto da dimostrare. Nei primi decenni di questo secolo, a Piltdown, Inghilterra, credettero di aver trovato un “anello mancante”, cioè dei frammenti ossei di un individuo mezzo uomo e mezzo scimmia. Era la “prova” che l’uomo si era evoluto lentamente passando dalla scimmia all’Homo Sapiens. Così come si dice che lo Pteranodonte è l’anello intermedio tra il rettile e l’uccello (in realtà era solo un rettile volante, anzi planante, e nient’altro: i pipistrelli sono “intermedi” tra gli uccelli e i topi? Via…).

> Senz’altro, la teoria che vedeva lo pteranodon come anello mancante è di molto antecedente a quella che riguardava l’archaeopterix, che Cammilleri, forse rimasto ai tempi dello pteranodon, disconosce; era un falso tipo Piltdown anche l’anello mancante fra rettili e uccelli di Liaoning, messo in piedi per l’appunto al fine di screditare i paleontologi e a scopo di lucro. Viene da chiedersi a quale tipo di catalogazione, relativa a quale periodo della storia della paleobiologia, è riferita questa boutade, soprattutto qualora comparata con certe catalogazioni zoologiche fornite nella Bibbia.

Bene, ci volle mezzo secolo e la scoperta del metodo di datazione dei fossili col Carbonio 14 per rendersi conto che l’uomo di Piltdown era un falso clamoroso, orchestrato da un paio di dilettanti per rendersi famosi. Un po’ quel che accadde con le false teste di Modigliani “scoperte” a Livorno da due studenti burloni.

> Se questi sono i due unici esempi che il nostro riesce a mettere insieme, non credo abbia di che lamentarsi nel caso in cui fornisce oggetto di solacio agli “storici giacobini”. Possiamo rispondere che questa è semplicemente un’inferenza arbitraria il cui unico effetto è quello di tornare a se stessa, dato che il problema dell’uomo di Piltdown non si discosta poi tanto dal mite agnello cristiano clonato dalle cellule mutogene di miti preesistenti. Chiosiamo dicendo che il caso dell’uomo di Piltdown è isolato fra le burle (ben poche), guarda caso quelle mirate al discredito di seri studiosi da parte di quei goliardi contro cui si scaglia il beneamato Cabham (forse architettato dal gesuita “eretico” Theilard de Chardin o da Conan Doyle, altrettanto amato dal nostro), non certo fra gli studi generali della paleoantropologia con escursione nell’evoluzionismo; non ha inficiato un bel nulla, anzi, ha fatto rimarcare quanta invidia ci sia nei confronti di chi si guadagna onestamente da vivere cercando di far luce sulla storia umana senza far ricorso ai fantasmi atavici dell’inconscio.

A tutt’oggi, a intervalli irregolari, i paleontologi scoprono uno scheletro di “uomo” anteriore all’ultimo “ominide” scoperto. E devono retrodatare la comparsa dell’Homo Sapiens sulla terra.

> Ciò è errato, e chiaramente intellettualmente scorretto. Il problema è piuttosto diverso; di norma si retrodata la comparsa del ceppo evolutivo degli ominidi, poiché i primi costituiscono il parallelo di discendenza. L’homo sapiens ha una sua collocazione cronografica ben assestata, che non vacilla per archi di tempo sensibilmente ponderali. Peraltro, qualora fosse, non credo che la riattribuzione dataria possa implicare che, giungendo ad un limen cronografico d’esubero, il genere homo possa aver convissuto, mettiamo, con i dinosauri… Ma credo che, a questo andazzo, non mi stupirei qualora Cammillerri potesse benissimo supportare, mettiamo, persino le “teorie” di Kolosimo e von Däniken…

Lo stesso gli archeologi, che devono anch’essi continuamente spostare all’indietro la data della comparsa della scrittura. Infine l’ipotesi del big bang stesso comincia a scricchiolare. Ma l’ostinazione di quanti pretendono che le scoperte di oggi non possano essere contraddette da scoperte future permane inalterata. E questo con la Scienza non ha niente a che vedere.

> Infatti, piuttosto ha a che vedere con forme di fede, soprattutto quando esse cercano di intrudere nelle metodologie scientifiche. I paleontologi, come tutti gli scienziati, procedono per prova ed errore, ed ammettono gli errori, sicché il loro metodo è quantomeno “un pò più” accettabile rispetto alla gnosi pseudo-tuttologica di presuntuosi che confidano nelle puerili “spiegazioni” di meri ritrovati mitologici misti definiti ineffabili. O il nostro vuol forse dirci che, prima della Bibbia, tolti i sumeri, gli egizi, i greci, Dio avesse avuto altri modi in cui far mettere per iscritto la sua eterna parola?

Insomma, a tutt’oggi, non ci sono prove convincenti che a) l’universo si sia formato da solo e per caso; b) che la vita sia comparsa da sola e per caso; c) che l’uomo sia comparso da solo e per caso.

> Se è per questo (il che è erroneo), non ce ne sono nemmeno a supporto dell’intervento intelligente.

Dunque, ipotesi per ipotesi, la storia narrata dalla Genesi biblica continua a sembrarci l’unica ipotesi che tutto spiega.

> Se è un’ipotesi, per definizione non è una tesi, quindi ipotetica quanto la prima, semmai. Occorre precisare, piuttosto, che malgrado si tratti di un’ipotesi, essa è più piacevole della dura realtà testatica, poiché è estremamente più semplicistica e meno foriera di grattacapi, malgrado ciò non la renda preferibile. E sfidiamo chiunque dotato di buonsenso a credere: 1) in un dio che crea il Tutto dal “Nulla”, asserzione che peraltro non è del Genesi, bensì introdotta con le “revisioni” cristiane operate sulla scorta di sincretismi gnostici e greci alessandrini; 2) che gli animali fossero tutti erbivori; 3) che la “creazione” durò esattamente sette giorni (oggi, difatti, si riprende la vecchia teoria “sintetica” per la quale l’estensore del Genesi intendeva periodi di tempo “simbolici”); 4) che l’uomo è stato creato dal fango (dettaglio, peraltro, già escogitato dai sumeri e dai greci); 5) che la donna fu tratta da una costola del primo uomo (scenetta già illustrata anch’essa nelle tavolette sumere); 6) che l’uomo decadde per colpa di una mela e di un serpente; 7) che prima di allora non si guadagnasse da vivere sgobbando, e la donna non fosse dotata di apparato puerperale funzionante. Ci sarebbe tanto altro, ma occorrerebbe un articolo a parte per illustrarlo.

Diceva Isaac Singer (premio Nobel 1978): “Parecchi pensatori hanno attribuito al cieco meccanismo dell’evoluzione più miracoli e prodigi di quanti ne abbiano mai potuti attribuire a Dio tutti i teologi del mondo”;.

> È sempre un piacere constatare in che modo si ricorra alle “citazioni” “autorevoli” al fine di supportare pindarismi incapaci di reggersi da sé, ma ciò non implica che un aforisma estrapolato, nel caso leggibile a doppia chiave (ma non certo a supporto della teologia), sia mirato a screditare lo stesso lavoro di Singer, in quest’ottica; né il fatto che un tizio sia “premio Nobel” possa essere utilizzato come prova d’autorevolezza per un discorso inficiato alle fondamenta. Viceversa, potremmo apportare le opinioni di personaggi come Crick. Aforisma per aforisma, Einstein ebbe a dire che due cose sono infinite, l’universo e la stupidità umana: “E non sono sicuro della prima”.
Tirando le somme, questo è, per il buon Cammilleri, tutto quanto condensa oltre tredici miliardi di anni di storia biologica e cosmologica del sistema di riferimento inerziale chiamato “universo”; davvero poco, per poter pretendere d’essere convincente nei confronti di chi ragiona. Ma procediamo oltre.

Il mondo preromano
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La civiltà prima di Roma presenta, grosso modo, la situazione seguente: a) imperi mesopotamici e mediorientali (Assiri, Babilonesi, Caldei, Ittiti, etc.); b) Egitto faraonico; c) città-stato greche; d) barbari; e) popoli e civiltà indiane e cinesi; f) popoli e civiltà precolombiane (forse, ma si sa poco); g) regni e popolazioni tribali africani. Giustamente i manuali di storia si concentrano su quel che accadde nei luoghi più civilizzati, cioè la Grecia e il vicino Oriente.
Qui ci imbattiamo in due misteri: Atene e Israele. Perché parliamo di “misteri”? Perché si tratta delle uniche due realtà sopravvissute fino ad oggi, nel senso che continuano a influenzare l’attuale nostra civiltà. Infatti sono completamente spariti i Faraoni e Sparta, Nabucodonosor e Ammurabi.

> Più corretto, “Hammurabi”.

Ma gli Ebrei ci sono ancora, così come l’idea di democrazia e la filosofia ellenica. Ma procediamo con ordine. Quando si pensa alla Grecia di allora vengono in mente nomi di città come Tebe, Sparta, Micene. Città abitate da poche migliaia di abitanti, sempre in guerra tra loro. Ma Atene era diversa. La democrazia ateniese ancora oggi è oggetto di studio, diversamente da Sparta, per esempio (che pure colpisce la nostra immaginazione). Ancora oggi gli studenti devono cimentarsi con i teoremi di Euclide e di Pitagora, con la filosofia di Platone e Aristotele, con le tragedie di Eschilo e di Sofocle. Ma non si studiano più, per esempio, il pensiero di Ramsete II né l’astrologia caldea. Insomma il pensiero greco è un unicum, tant’è che i Romani conquistatori lo fecero proprio in toto, dèi compresi. Invece si tennero culturalmente alla larga dagli altri popoli conquistati. Perché? Boh.

> Non capiamo dove sia il problema, se per sfogo o per trovare qualche appunto onde promuoversi forzatamente in critiche gratuite. Quel pensiero greco, peraltro, è il medesimo ripreso dai tanti sofisti che precedettero Cammilleri, e che si diedero il nome di “teologi”. Quelle del Medioriente e dell’Egitto, civiltà di chiara gloria e importanza anche per l’occidente, SONO trattate nei corsi di studio sin dalle prime scuole superiori; datosi che non riguardano il contesto logistico del Mediterraneo, che ci riguarda così come la Grecia e Israele, esse sono piuttosto oggetto di studio specialistico nelle università ad indirizzo umanistico. Sinceramente, non capiamo dove sia il problema.

Altro boh: gli Ebrei. Il loro capostipite, si sa, è Abramo. Ma Abramo era della città di Ur, e Ur era una città caldea.

> Errato; la sumera Ur non fu mai caldea, il che già pregiudica le attestazioni dell’ineffabile parola di Dio; a meno che non si volesse concedere che la Bibbia parli di “pertinenza geografica”, il che è anacronistico. Tutt’al più, dato che la Bibbia cita come compatria Harran, in area hurrita (ossia indeuropeo-semitica), si trattò di un’omonima Ur, anch’essa nell’area hurrita, come ci attestano diverse epigrafi.

Ora i Caldei sono un popolo così antico che le sue tracce si perdono nella leggenda e nella notte dei tempi.
Dunque gli Ebrei sono antichissimi. Non solo. Essi erano diversi da tutti gli altri popoli. Non avevano arte, pittura, scultura, letteratura, architettura. Niente. Solo la Scrittura.

> Ciò è falso: i caldei si affacciano alla storia come nazione solo nel VI-VII secolo prima dell’èra volgare. Se si vuole alludere ai khaldu, ossia gli urartei, possiamo spingerci tutt’al più al X secolo, non all’epoca del fantomatico patriarca eponimo. Quanto agli ebrei, come stock etnico sono estremamente recenti; in precedenza, come Cammilleri ben saprà, erano parte integrante di un coacervo primordiale misto di briganti e mercenari noti come “habiru”, poi integrati nel gruppo degli hyksos, gli adoratori di Sutekh, ossia Seth, il dio delle tenebre egizio.

L’unica cosa a cui si dedicavano era la Scrittura e il continuo commento ad essa. Vietate le immagini e le statue, l’unica costruzione che si ricorda era il Tempio. Anche il governo era in mano ai sacerdoti. Eppure questo popolo ha attraversato i millenni ed è ancora tra noi, sempre attaccato, nei più, a quella sua Scrittura e a quell’antichissima Promessa. Due misteri, dunque, nella storia antica, cui andiamo subito ad aggiungere il terzo.

> Questi brevi stelloncini iniziano a far vedere tutta la pochezza e il vero fine di quanto Cammilleri cerca d’intraprendere; una fatica inversamente proporzionale al suo bagaglio cognitivo in materia. In pratica, si comprende che il fine dei flebili argomenti e legami dialettici del Cammilleri – nel caso specifico degli ebrei – è quello di controbilanciare l’influsso della cultura greca, che è più studiata del “popolo di Dio”; quindi, il fine del riferimento al mancato studio di civiltà extramediterranee (falso) funge semplicemente da cuscinetto retorico per passare alla seconda parte, ossia ridimensionamento della civiltà greca, vale a dire del paganesimo di revival rinascimental-illuminista – odiato – e suggerimento di un maggior incremento dello studio della nobile civiltà ebraica… Ma procediamo oltre, con Roma, ossia con un salto di tre millenni almeno.

Roma
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(!SNIP!)

Contrariamente a quel che si crede i cristiani rimpiansero Roma; infatti, alla prima occasione, ne ripristinarono l’Impero con Carlo Magno, Impero che fu Sacro e Romano.

> Chiedo venia, ma questa non è “storia”; col rischio di adeguarmi allo stile del nostro, debbo assolutamente dire che questa è una delle più grandi baggianate che si siano mai sentite da quando l’uomo inventò la teologia. Vedremo più innanzi.

I monaci medievali copiarono pazientemente tutte le opere antiche, tanto da permetterne un grande revival nell’Umanesimo e nel Rinascimento.

> Direi piuttosto che la seconda parte della proposizione andrebbe invertita, e nella prima occorre sostituire il “copiarono” con “nascosero”. Basti pensare a Bracciolini e Valla.

Chi si lamentava dei mali d’Italia, come Machiavelli e Guicciardini, guardava con nostalgia all’Impero Romano.

> Accomodatio: “Anche Machiavelli e Guicciardini”, che si lamentavano dei mali d’Italia (dovuti alla chiesa, omissis), guardavano con nostalgia etc.. Sfido io!

Tutti i fondatori di imperi, successivamente, innalzarono aquile e labari, da Napoleone (il suo “stile impero” era tutto pepli, colonne, fasci littori, lauri) a Mussolini, a Hitler.

> Poco prima si dice che i cristiani rimpiansero Roma, ora la si mette in correlazione agli “anticristi”?

Perfino gli Usa tengono l’aquila nell’emblema e i politologi americani ancora studiano con accanimento quell’antico Impero europeo. Perché mai? Perché ancora oggi le nostre strutture statali hanno nomi romani? Prefetto, questore, provincia, democrazia, tributo, fisco, comizi, scrutini, eccetera. I carabinieri sono divisi in “legioni” e la Chiesa in “diocesi”. I popoli di tradizione cattolica sono detti “latini” e la Chiesa cattolica continua a chiamarsi “romana”. Insomma, il mondo civilizzato non potrebbe essere quello che è senza Roma. Roma era speciale.

> Certamente, fuor da facili ironie. Come mai, allora, le origini dell’Italia, dell’Europa, si fanno risalire al cristianesimo, che in effetti distrusse e metabolizzò in maniera adulterata il romanesimo?

Innanzitutto era una repubblica, e tale rimase anche quando il suo supremo magistrato prese il titolo di Imperator. Prima di Augusto il Senato eleggeva due consoli, uno dei quali, a turno, comandava l’esercito (I”‘imperator”). Poi le due cariche si fusero, ma l’Imperatore rimase sempre un magistrato designato; cosa che distingueva Roma dai circostanti popoli, i quali conoscevano solo la monarchia ereditaria in cui il re era anche sacerdote supremo e dio egli stesso.

> Ma così fu anche a Roma, soprattutto nell’epoca imperiale.

Negli ultimi tempi alcuni imperatori romani ricorsero all’artifizio di adottare il proprio successore, proprio perché la legge vietava l’ereditarietà delle cariche. Già, la legge. Ecco il genio romano: la legge. I Romani ne avevano il culto, e qualsiasi barbaro sapeva che avrebbe trovato più giustizia presso un magistrato romano che non davanti al suo stregone. Per questo i popoli confinanti cercavano di entrare nell’Impero, un po’ come oggi il sogno di molti profughi è la cittadinanza americana.

> E difatti, come fecero i cristiani, aggirando quella stessa legge da loro poi sovvertita, osteggiata e vituperata insieme all’imperatore di cui ora non si sa se Cammilleri sta facendo un panegirico o cosa (pare, comunque, che egli cerchi di esorcizzare qualcosa, ad esempio la sua fondamentale credenza personale nel mistero, negli stregoni, nell’astrologia). Ma a proposito dell’America come mito di benessere e civiltà (esecrando e falso, per il Cammilleri), dimentichiamo quei poveri illusi che cercano d’entrare in Italia, abbacinati più dal grasso del bue di Prometeo che dall’effettiva sostanza di una società che, grazie alla presenza di ben noti corpi estranei, è effettivamente sull’orlo del collasso e poco ha da offrire a chi è già suo cittadino?

Sappiamo che grandi rivolte scoppiarono perché i popoli federati con Roma o legati ad essa da vincoli di vassallaggio volevano partecipare della cittadinanza romana. Negli Atti degli Apostoli vediamo san Paolo imprigionato durante un tumulto, ma poi liberato con tante scuse quando rivela di essere cittadino romano. Non solo. Il palestinese Paolo in quell’occasione si appella a Cesare, com’è suo diritto, e riceve dal proconsole una scorta di settanta cavalieri e duecento soldati perché lo si porti a Roma da Claudio Nerone.

> Beh, questa incidentale, chiaramente la finale del trafiletto su Roma (finale di chiaro sentore apologetico, se non fosse che il discorso in sé è assai debole), si presta piuttosto a tante altre conclusioni, non certo vantaggiose da ricordare per i difensori della fede; ma lasciamo che questa grande spiegazione, con la quale si vorrebbe far ricordare una storia già nota (forse Paolo – che tutt’al più era d’origine ebraica, sedicente, ma nativo di Tarso – non si legge nei licei, o lo vorrebbero trasferire dalle università persino a partire dalle elementari?), continui da sé.

La religiosità romana
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I Romani avevano, sì, i loro dèi (quelli greci, con i nomi variati: Zeus=Giove, Hera=Giunone, Athena=Minerva, e così via), ma erano molto superstiziosi e temevano di offendere le nuove divinità che incontravano man mano nell’espandersi. Per questo avevano il Pantheon (dal greco: “tutti gli dèi”), tempio in cui tutte le divinità dell’Impero erano venerate. Per sicurezza ci tenevano anche un altare al “dio ignoto”.

> Ciò è erroneo. I romani usavano la religione come instrumentum regni, cosa che i giovani sanno sin dalle elementari. Quanto al dio ignoto, chiaramente alle elementari non è dato sapere che Paolo parlasse in Grecia, a quel proposito, dato che non si riferiva certamente al latino Locuzio.

Tiberio, saputo che in Palestina era sorta una nuova religione, propose addirittura al Senato di innalzare nel Pantheon una statua a quel Cresto che alcuni dicevano risorto.

> Ciò è affatto esatto. Ad es., potremmo forse immaginare che lo “impulsore chresto” svetoniano agisse a Roma pur dopo essere assurto al cielo alla destra del padre in Palestina, qualora “chresto” non fosse un appositivo abbastanza diffuso fra i liberti e i giudei paganizzanti, oltre a essere appellativo di Mitra e Serapide… Svetonio, peraltro, non certo una cima quanto a etica storiografica, riferiva l’episodio al tempo di Claudio. Tertulliano, poi, parla di un noto antisemita – pur equilibrato – come Tiberio, ma l’errore è dovuto a Giustino, da cui egli copia, e non esiste alcun riferimento a statue e simili, nell’Apologetico (casomai, al più fu il plagiato Severo Alessandro ad aver eretto a Gesù una statua nella sua stanzetta, secondo la leggenda); aggiungendo ulteriore solacio, il Cartaginese – che scrive cento anni dopo – dice anche che il termine “cristiano” fu coniato dal Senato nientemeno che nel d35 (contraddicendo agli Atti). Tiberio, quello stesso che in altre circostanze viene definito debosciato dalla stessa critica cattolica, non ne sapeva nulla di cristiani, tantomeno di Gesù; al massimo, si limitò a perseguitare i giudei a Roma. Falso è anche che la persecuzione neroniana si estese a tutte le province, come vorrebbe Paolo Orosio, che peraltro scrive nel VI secolo, citando solo Svetonio. Non mancano indizi a carico del sentito dire e dell’inganno premeditato. Eusebio parla addirittura di Marc’Aurelio come persecutore, mentre Tertulliano lo loda come benefattore ancora quindici anni dopo la strage di Lione; il Cesarita parla del fatto citando peraltro Ireneo, vescovo di quella stessa città, il quale però da parte sua tace. Allo stesso modo, a proposito di stranezze, Antonino Pio è molto caro agli esegeti, nonostante sotto di lui sarebbero stati giustiziati il celebratissimo Policarpo con altri undici santi e papa Telesforo, altrettanto stranamente poi cancellato dal calendario; secondo Eusebio, a questo imperatore si deve un rescritto di tolleranza che evidentemente poté leggere solo lui.

Non se ne fece nulla per l’opposizione degli Ebrei (per i quali Gesù non era affatto il Messia ma solo un rabbi eretico; del resto gli Ebrei non potevano adorare immagini) e dei cristiani, che non acconsentivano di vedere il loro Dio in mezzo ai falsi idoli.

> Questa incidentale ha chiaramente puro scopo di riempimento, per qualche fine “recondito”. Potevano mai i cristiani, seguaci del “vero” dio, abbassarsi a vederlo inserito nel pantheon dei “pagani”? Ma non ci è dato a congetturare semmai Cammilleri voglia stilettare contro gli ebrei, o fare un’allusione al culto delle immagini cristiano intercalandolo a passi negativi.

I Romani nelle loro province si limitavano a imporre le tasse e a riservarsi la pena capitale (per questo il Sinedrio fa condannare Gesù da Pilato);

> Più propriamente, i problemi cui cerca di assolvere questa semplice frase studiata – direi, classica – sono ben più ponderali; specie se si mette conto che i romani non avevano alcun interesse (loro, così ligi all’osservanza dei normotipi legali) a punire un tizio accusato – apparentemente – di blasfemia, con una pena riservata ai nemici dell’impero…

per il resto erano rispettosissimi dei costumi locali.

> Resta quindi da capire come mai i romani sono esecrati come bestie immonde e sanguinarie senza discriminazione, nella “storiografia” cattolica.

Ma, come si è detto, erano superstiziosi e tutta la loro vita veniva scandita da una serie di riti, cerimonie e scongiuri per ingraziarsi una folla enorme di divinità, da quelle “della soglia” a quelle del focolare, della guerra, della pace, del grano, della pioggia, eccetera. Lo Stato distingueva però tra religioni “lecite” e “illecite”. Queste ultime erano quelle i cui riti contrastavano notevolmente con l’ordine pubblico, i costumi e la giustizia romana. Le persecuzioni nei confronti del Cristianesimo, per esempio, furono dovute a una serie di incidenti che convinsero alcuni imperatori a classificare la religione cristiana come “illicita”. Stessa sorte, tuttavia, ebbe il manicheismo persiano, per il quale Diocleziano stabilì la pena del rogo.

> Specificare quali “incidenti”, è chiaramente controproducente; è molto più comodo far pensare che i romani punissero i poveri cristiani per sentito dire, o per colpe veniali, come dicono i vari Tertulliano, Eusebio, Quadrato, Atenagora, etc.. Certamente Cammilleri trova arduo riassumere decentemente la storia dei rescritti e dei provvedimenti “anticristiani” da Adriano in poi.

Innanzitutto è bene chiarire che il Cristianesimo non si presentò affatto come “religione dei poveri”. Il messaggio cristiano fu subito interclassista: pensiamo ai Magi; a Lazzaro, che il Vangelo ci dice ricco e “amico dei romani”; a Zaccheo, “capo dei pubblicani” (i pubblicani erano gli esattori delle imposte, che riscuotevano in appalto per gli occupanti romani); a Giuseppe d’Arimatea (il seppellitore di Gesù), “membro distinto del Sinedrio”. Non solo. Lo stesso Gesù vestiva con una tunica talmente pregiata (“tessuta in un pezzo solo”) che i soldati sotto la croce preferirono giocarsela a dadi pur di non dividerla. Il discorso cristiano sulla povertà era in realtà di ordine interiore: condannava solo l’avidità e l’attaccamento al denaro, cose che possiamo benissimo leggere anche negli occhi di un mendicante.

> Come volevasi dimostrare, vedasi i vergognosi e sintomatici sofismi demeistriani del gesuita Secondo Franco ed altri difensori dell’opulenza vaticana. Se è vero com’è vero che fino ad epoca non sospetta la chiesa puniva chiunque avesse soltanto alluso al fatto che il nobile e ricco Gesù, contrariamente dai suoi epigoni, visse povero.

Già ai tempi di san Paolo vediamo il Cristianesimo penetrare negli strati alti della società romana e perfino dentro la stessa casa imperiale. Ancora oggi la Chiesa venera come Santi senatori, consoli, alti funzionari romani (san Sebastiano, per esempio, era un alto ufficiale dei pretoriani, la sceltissima guardia del corpo dell’Imperatore; santa Flavia Domitilla era parente stretta di Vespasiano).

> Non capisco se queste incidentali siano volte ad ammorbidire il giudizio sui romani, quindi sulla chiesa come successore di Roma, o a far vedere che i cristiani fossero delle élites; chiaramente, sarebbe meglio che si evitasse entrambi i propositi, dato l’elevato indice di controproducenza implicatovi. Ma, in sostanza, tutta la digressione appare molto farraginosa, per poter risultare giustificabile.

Le persecuzioni anticristiane furono in realtà sporadiche, localizzate e non da tutti i funzionari periferici applicate. Anzi, nel clima corrotto della decadenza, in molti luoghi i cristiani riscuotevano grande simpatia perché ricordavano le antiche virtù stoiche che avevano fatto grande Roma.

> Questo è vero, ma la proposizione qua è chiaramente strumentale. Per non dire che in tal senso minimizza le pretese dei milioni di martiri ammazzati dai biechi torturatori pagani. Quanto alla “simpatia”, leggasi ad es. i commenti di Tacito, Svetonio, Marc’Aurelio, Galeno, Adriano, Giuliano, Celso, Porfirio…

L’ultima persecuzione, quella di Diocleziano, fu particolarmente feroce e cruenta solo perché questo imperatore aveva creato un’efficiente e capillare burocrazia e si proponeva di accentrare nelle sue mani tutte le funzioni dello Stato. La prima persecuzione fu quella di Nerone, ma si limitò alla sola città di Roma.

> Non ci sono prove per entrambi i casi; per il secondo, rimangono solo nelle note – assai sospette – di un unico passo di Tacito, che unitamente a Svetonio e Dione Cassio erano ignoti all’apologetica fino al tempo di Eusebio (per altri versi eretico ariano), ossia il massimo plagiario della storiografia cristiana. Tertulliano cita una “persecuzione” di Nerone, ma non ce ne trasmette i dettagli (sicuramente per il fatto che non sussistevano); in compenso, ci parla del fantomatico Institutum Neronianum, che Plinio il Giovane, amico di Tacito, non applica, chiedendo invece lumi a Traiano su come comportarsi nei confronti dei cristiani di Bitinia. Asserzioni come queste di Cammilleri non si discostano poi tanto da exploits come quelli di certi noti fruitori della credulità altrui, ad es. un tal “predicatore” evangelico Grant Jeffrey, che cita una famigerata stele rinvenuta in Lusitania nella quale si menzionerebbe la persecuzione “universale” di Nerone; prelibato boccone che, purtroppo, nessuno storiografo, allineato o meno, considera…

Pare vi sia stato spinto dalle donne di cui era succube (come Poppea), le quali praticavano la religione giudaica e vedevano il culto del falegname risorto come un’eresia blasfema.

> Quindi, Cammilleri vorrebbe ammannirci che, per favorire quella stessa Poppea – invero, l’unica che difese il giudaismo fra tutte queste “donne” plurali – che poi egli uccise, il “folle” Nerone, amatissimo dal popolo e odiatissimo dal Senato (e storiografi senatoriali), sterminò senza discriminazione i cristiani onde salvaguardare gli ebrei, che Claudio qualche tempo prima espulse da Roma (e ai quali concesse per altri versi libertà di culto…), e che egli stesso fece poi sterminare (ben ventimila) da Tito in madrepatria? Fra parentesi, ancora a quel tempo i cristiani a Roma erano una minoranza microscopica, e non li si distingueva dagli ebrei.

Le successive furono provocate da eresie interne al Cristianesimo, come quella montanista. I montanisti (così detti dal loro capo, Montano) rifiutavano il servizio militare e il giuramento di fedeltà allo Stato, perseguendo fanaticamente il martirio con l’abbattere idoli pagani e incendiare templi. Invece il Cristianesimo ortodosso era perfettamente leale con l’Impero, tant’è che le legioni pullulavano di cristiani.

> Ciò è sostanzialmente distorto, se consideriamo che anche Ippolito (altra “pecora nera”) predicasse le medesime cose; a parte il fatto che questo proverebbe per l’appunto che i pacifici cristiani fossero già propensi a spargimento di sangue (ergo, viceversa non li si sarebbe puniti; quindi, Cammilleri indirettamente ci pone l’evidenza del fatto che nessun cristiano ortodosso morì martire, bensì vennero puniti gli “eretici”), essi non aderirono in massa all’esercito sin prima di Costantino. E i montanisti, quanto a parità di diritti, paradosalmente erano senz’altro più fedeli ad un’ideologia cristiana dei cristiani “ortodossi” stessi.

Ma gli imperatori non erano avvezzi a sottili distinguo in quella che per loro era solo una delle tante religioni dell’Impero e, di fronte all'”obiezione di coscienza” dei soldati montanisti, se la prendevano con tutti i cristiani.

> Ciò è erroneo. I romani, già al tempo della prima guerra giudaica, avevano fatto distinguo in Palestina fra ebrei e coloro i quali, di confessione filo-ebraica, “nascondevano la loro fede”. Probabilmente il problema della “confusione” a Roma aveva altra natura.

Allora molti autori cominciarono a indirizzare agli imperatori delle “Apologie”, cioè degli scritti in cui spiegavano tutto e cercavano di far intendere che Roma nulla aveva da temere dai cristiani. Il più famoso di questi apologeti fu Tertulliano.

> Appunto, un eretico montanista, la cui maggiore produzione apologetica è del tempo della defezione.

Ma quasi mai riuscirono nel loro intento. In realtà la posizione del Vangelo nei confronti del servizio militare e della lealtà allo Stato era chiara. Giovanni Battista, di fronte a una domanda precisa, aveva detto a dei soldati non di cambiare mestiere, ma di contentarsi della paga e di non angariare nessuno.

> Ecco quindi i pacifici cristiani.

Cristo elogia pubblicamente il centurione di Cafarnao per la sua fede. Il primo pagano convertito al cristianesimo è Cornelio, il capo della Coorte Italica di stanza a Cesarea.

> Fatti che, chiaramente, fuor da simbolismi oltremodo chiari, rimangono all’interno della storia mitizzata chiamata “vangeli”.

Gesù dribbla il tranello dei farisei quando dice loro di dare “a Cesare quel che è di Cesare” e rassicura Pilato affermando che il suo “regno non è di questo mondo”. Insomma Cristo non si presentò come eversore,

> Che il furbesco Gesù “terzino” non si fosse presentato come eversore – chiaramente nei confronti delle leggi romane – non giustifica un supplizio come la crocefissione, nel caso in cui fosse stato semplicemente un contravventore di precetti religiosi; e nel caso in cui, beninteso, i suoi miti seguaci non fossero altro che degli zeloti. Ma questa è un’altra “ipotesi” che Cammilleri trascura. Lo giustifichiamo, poiché il discorso in merito è estremamente complesso.

tant’è che lo stesso Pilato, capitolo, voleva salvarlo. In molti processi a soldati montanisti si vede il magistrato che obietta come i loro commilitoni cristiani non abbiano nulla in contrario a giurare davanti alla statua dell’Imperatore.

> Quindi, l’errore è della storiografia tendenziosa, che ha unificato “eretici” e “ortodossi”?

Ma alcuni imperatori fecero di ogni erba un fascio e, per tagliare la testa al toro, ordinarono a tutti i cittadini -soldati compresi- di sacrificare agli dèi dello Stato. Questo i cristiani non potevano farlo; da qui la persecuzione. Intere legioni vennero sterminate perché composte da cristiani.

> Quali prove tangibili extracristiane ha Cammilleri, che si lamenta della “disinformazione anticattolica”, per dire cose del genere? I cristiani filo-militari sono una realtà seriore; qua sta parlando di eventi tutt’al più anteriori all’afflusso in massa, facendo un’enorme e – ne conveniamo – comoda confusione, tirando in ballo i montanisti. Abbiamo già detto, i romani avevano sempre fatto di tutta l’erba un fascio anche e soprattutto nell’Urbe, arrivando a confondere giudei e cristiani quando si trattava di pacificare focolai di rivolta, ma in epoca tarda, quando oramai i cristiani avevano una loro connotazione ben definita, la distinzione dagli ebrei la facevano benissimo, e non si curavano se fossero “montanisti” o “ortodossi”, in caso di problemi di quiete pubblica; per loro non esistevano “eretici”, ma semplicemente settarii fastidiosi, chiunque essi fossero. Ai romani importava il rispetto del mos maiorum, della quiete pubblica, non le diatribe ideologiche.

Ma come mai si aveva una presenza di cristiani così forte nelle armate imperiali? Si tenga presente che la stessa parola “pagano” è di origine militare. Paganus era l’abitante del pagus, cioè del borgo, e il termine veniva usato dai soldati così come quelli odierni chiamano “borghesi” o “civili” i non militari.

> La parola “pagàno” venne utilizzata ufficialmente solo a partire dal V secolo avanzato; ergo, ecco che Cammilleri, senza saperlo, convalida quanto precedentemente osservato in merito.

La parola passò a indicare i non cristiani sia per la fortissima presenza cristiana nelle legioni sia per la dottrina “militante” del Cristianesimo.

> Ciò è ampiamente falso. La parola passò a sostituire il termine “gentili” per fini denigrativi, a definire coloro i quali, abitando nei centri rurali, potevano sfuggire all’imposizione della religione di stato, continuando ad osservare i vecchi culti.

San Paolo nelle sue Lettere usava continuamente termini militareschi (“lo scudo della fede”, “l’elmo della salvezza”, “la spada della parola di Dio”, eccetera) e paragonava alla vita militare il combattimento spirituale cristiano contro il peccato e il male.

> A non voler propendere per un agent provocateur, il “santo” Paolo era essenzialmente un individuo affetto da qualche disturbo delirante paranoide di tipo grandioso, probabilmente degressivo nella monomania istrionica.

Infatti le ritualità, il portare un’uniforme, la gerarchia, l’obbedienza, il coraggio, la frugalità, il lavoro di squadra, lo sprezzo della vita e la difesa dei deboli sono comuni, se ci si fa caso, sia ai monaci cristiani che ai soldati.

> A tutto ciò, non capiamo lo scopo di questo excursus, dato che cose del genere sono già abbondantemente note verbatim in qualsiasi libro “allineato”. Non è una gran cosa, paragonare forme di gerarchismo per quanto distinte da ambiti di fede e bellicismo. Soprattutto, Cammilleri non nota che, così dicendo, altro non fa che convalidare tutto l’opposto del decantato pacifismo dei miti cristiani, tanto delle origini quanto odierni; atteggiamento molto comodo, in tempi nei quali le “guerre giuste” sono all’ordine del giorno. Non è certo il tono illucido con cui si parla di coraggio, frugalità, etc., a costituire una mascheratura efficiente di tali evidenze, viceversa assai deteriori qualora rapportate alla realtà contrista.

La democrazia antica
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La democrazia antica non ha nulla a che vedere con quella moderna. Nell’Atene di Pericle votavano solo i cittadini maschi e liberi che pagavano le tasse, in base al principio che solo chi sovvenzionava la cosa pubblica aveva il diritto di metterci bocca. Non solo. Si trattava di una comunità di poche migliaia di anime, che votavano su argomenti precisi e alla portata di tutti. Per esempio se dare l’ostracismo (cioè l’esilio) o meno a qualcuno ben conosciuto; naturalmente gli argomenti “alti” erano al di sopra del voto. Infatti Socrate venne condannato a morte perché metteva in dubbio l’esistenza degli dèi.

> Socrate venne accusato per invidia da tre delatori, con un’accusa chiaramente strumentale e molto efficace, sebbene le evidenze mancassero. La medesima – ateismo – comminata ai protocristiani, che di poi passeranno a perseguitare gli atei una volta sostituitisi ai loro ex “persecutori”.

A Roma era la stessa cosa. Anche ai tempi dell’Impero chi votava erano i cittadini di Roma; e, tra essi, solo quelli provvisti di un certo “censo”, cioè i più facoltosi. Infatti la carica di Censore designava il magistrato che periodicamente immetteva nelle liste elettorali i nuovi aventi diritto e ne espungeva quelli caduti al di sotto di un certo reddito. Com’è noto a un certo punto anche i plebei vollero almeno un magistrato che li rappresentasse collettivamente, il “tribuno della plebe”;. Schiavi e donne non avevano alcun peso pubblico. Erano letteralmente proprietà del capofamiglia. Lo schiavo fuggiasco veniva inchiodato allo stipes, la stanga che chiudeva la porta della casa. La pena di morte per i non Romani era la stessa, solo che lo stipes veniva sospeso al patibulum, formando una croce. San Pietro, palestinese, venne infatti crocifisso; san Paolo, cittadino romano, ebbe l’onore della decapitazione. La schiavitù era una condizione giuridica che prescindeva dalla ricchezza personale.

> Questo è estremamente approssimativo. A meno che Paolo non fosse stato in toto romano, dovremmo forse concludere che anche il Battista fosse stato romano.

Infatti si dava il caso di schiavi ricchi ancora giuridicamente legati al padrone caduto in miseria. Non tutti gli schiavi assurti a ricchezza avevano voglia di spendere per affrancarsi e diventare liberti. Qualcuno lo faceva, altri no. Il fatto è che la schiavitù era considerata un’istituzione antica come l’uomo, nella natura stessa delle cose. Le rivolte servili (come quella del famoso Spartaco) non erano rivoluzioni tese a sovvertire l’ordine costituito: gli schiavi ribelli volevano affrancare solo se stessi. Va da sé che, potendolo, avrebbero comprato anche loro degli schiavi.

> Servi sunt, immo homines… Ho il “vago” sospetto che con fanfaluche del genere si stia per preparare il terreno al fine di parlare a favore della schiavitù.

Il Cristianesimo non abolisce la schiavitù: avrebbe provocato solo un bagno di sangue

> Stupidaggini del genere non possiedono nemmeno il crisma dell’ipotesi.

Si limita a minare l’istituzione dall’interno, dicendo che davanti a Dio siamo tutti uguali e che il padrone deve amare lo schiavo come suo prossimo.

> Al limite, è al contrario: “Schiavi, siate fedeli ai vostri padroni: non solo quelli amabili, bensì anche a quelli pervertiti”, dice la prima lettera di Pietro.

Anche quando il Cristianesimo diventa religione, prima autorizzata e poi di Stato, la schiavitù non viene soppressa.

> Cammilleri vuole forse dire che i protocristiani, prima di quel momento, non abolirono la schiavitù per evitare bagni di sangue? Con quale autorità? Solo fomentando ribellioni, spero. Come mai, allora, non lo fecero nemmeno quando acquisirono potere incontrastato? C’è qualche recondita motivazione di realpolitik, dietro questo “fallimento”?

La si aggira tramite istituzioni caritative che pagano l’affrancazione di schiavi solo dopo aver potuto garantire ai liberti un pezzo di terra per mantenersi. Diversamente accadrà dopo la Guerra di Secessione americana: gli schiavi, dichiarati liberi, si ritrovarono liberi di morire di fame come disoccupati.

> Quindi, meglio schiavi che morti di fame? Così Cammilleri rischia di inficiare la sofistica di equilibrismo di esegeti ben più magnificienti…

La condizione della donna nel mondo antico non era dissimile. Nemmeno nel civilissimo mondo romano. Difficilmente, studiando la storia di Roma, ci si imbatte in nomi femminili.

> Cammilleri ci attesta vieppiù il fatto che la sua conoscenza della storia è quantomeno approssimativa, anche in questo caso. Senza tener conto del limite di diffusione della stampa a quei tempi, e del tipo di economia, sia pubblica che domestica, romana.

Si ricordano madri (come Cornelia) o amanti imperiali (come Messalina). Non solo. I nomi di donna che si incontrano non sono nemmeno nomi: sono cognomi. Giulia, Cornelia, Flavia erano infatti il nome della casata, perché i Romani premettevano il cognome al nome proprio. Poiché le donne non avevano personalità giuridica era inutile fornirle di nome proprio. Di più: i padri, avendo diritto di vita e di morte sui figli, lasciavano vivere i nati maschi ed “esponevano” la maggior parte delle femmine (le neonate indesiderate, se sufficientemente robuste da sopravvivere, venivano portate via dai mercanti di schiavi).

> Stesso dicasi nella “civilissima” Bibbia. Questo “esponevano”, poi: è forse il tentativo di tradurre qualche locuzione anglofona?

Sarebbero state un peso: andavano provviste di dote e sposate, cosa non sempre facile.

> Nel Medioevo, le cadette venivano affidate ai conventi per i medesimi motivi.

Avendo dunque, il più delle volte, una sola figlia femmina era inutile darle un nome proprio; bastava quello di famiglia. La donna poi passava dalla tutela del padre a quella del marito, e faceva parte della proprietà come i figli e gli schiavi. Il mondo romano era un mondo maschile, di funzionari e soldati.

> Come lo fu quello cristiano dal criminale e pazzoide Costantino in poi. È penoso assistere a simili smaccati tentativi di captatio, tipici dei più famosi sfuttatori e denigratori cristiani del gentilsesso…

La novità cristiana consisteva nel dichiarare “persona” anche le donne e gli schiavi. Infatti le martiri dei primi secoli non vennero uccise in quanto cristiane bensì perché, in quanto cristiane, si ribellavano all’autorità del padre.

> Quod erat demonstrandum. Esiste forse nella Bibbia qualche passo nel quale non si prescrive il medesimo comportamento? Cammilleri legga bene, e troverà.

Infatti, rifiutando le nozze per consacrarsi a Dio, infrangevano la struttura più intima dell’ordinamento giuridico col rivendicare un diritto (quello di decidere della propria vita) che non potevano avere. Dunque meritavano la morte.

> Avremo più avanti modo di tornare su questi punti, secondo una prospettiva, storicamente molto più corretta, che nulla ha a che fare con simili pindarismi.

Qui sta l’unica “rivoluzione” (se così la si vuol chiamare) apportata dal Cristianesimo; il quale, tra l’altro, mai si sognò di praticare quel “comunismo primitivo” che alcuni pretendono. I primissimi cristiani (ma non tutti e non in tutti i luoghi) mettevano liberamente a disposizione della comunità i loro averi, cosa fattibile in piccoli aggregati, ma poi lasciata cadere per ovvii motivi pratici appena la cristianità si allargò.

> Questo, per Cammilleri, è forse una forma di fascismo?

Il Cristianesimo
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Il Cristianesimo si presenta subito come una religione “desacralizzante”. Cristo dimostra di essere Dio e di padroneggiare sia gli elementi che i demoni. Egli dice che l’uomo non deve avere più paura delle forze ostili che lo circondano, naturali o sovrannaturali, perché tutto è sottomesso all’unico Dio che è padre buono. Ora, poiché tutto quel che Dio ha creato è buono (la Genesi lo ripete sei volte: “…e vide che ciò era buono”;), l’investigazione della natura adesso non solo è possibile ma anche raccomandata.

> L’investigazione della natura “raccomandabile”? Da quali autorità, e soprattutto contro quali evidenze documentarie? Spero che Cammilleri non abbia voglia di facezie come suo uso elettivo.

Per questo il Cristianesimo accolse subito la filosofia greca (lo vedremo meglio parlando del Medioevo).

> Sarebbe meglio dire che i cristiani la plagiarono, attività cui sono molto propensi anche parecchi loro epigoni.

La Risurrezione di Cristo produce negli affranti discepoli una sorta di esplosione di gioia. La storia

> Quale storia? Quali documenti? Quali altri all’infuori delle righe evangeliche e deuteroevangeliche?

dimostra che quello sparuto manipolo, dileguatosi dopo la morte del Maestro, immediatamente si lanciò in un’attività pubblica senza precedenti, diffondendo il nuovo messaggio a macchia d’olio. Ora, senza i miracoli, ciò non sarebbe potuto avvenire.

> Cammilleri qui mette in mostra tutto il suo livido candore e l’amore per il paradosso, che assumono inevitabilmente le vivide venature della comicità.

Infatti gli Ebrei volevano le prove che Gesù fosse davvero il Messia, e gli scettici pagani credevano più ai fatti che non alle chiacchiere. Ma inizialmente la predicazione cristiana si concentrò sugli Ebrei.

> Diversamente dai creduloni illustrati da Luciano, i pagani erano gente mentalmente molto più solida.

Infatti la concezione che la Promessa del Messia riguardasse solo i discendenti di Abramo era condivisa anche dagli Apostoli, i quali predicavano esclusivamente nelle sinagoghe. Poi san Pietro riceve una visione soprannaturale che gli ordina di non considerare “impuro” più nessuno.

> Quindi, dio promulga un disegno di legge ad emendamento della sua infallibile legge eterna? Il nostro vuol fare anche il teologo?

Così la predicazione viene estesa ai pagani. Tuttavia la Chiesa nascente dibatte sull’opportunità o meno di circonciderli, cioè di farli aderire alla religione ebraica, sia pure nella nuova versione cristiana. Ma Paolo si oppone e la spunta. Tuttavia anche Paolo inizialmente si rivolge ai soli Ebrei. Fino al giorno in cui gli appare Cristo e gli dice di andare a Roma. Dicono gli Atti degli Apostoli che egli voleva ancora predicare in Asia Minore, ma “lo Spirito glielo vietò”. Poi ebbe la visione di un Macedone che lo pregava di aiutare il suo popolo. Ora la Macedonia era in Europa. La conferma Paolo la ebbe mentre era in carcere. Al solito i giudei avevano aizzato contro di lui una sommossa, e il proconsole romano lo aveva fatto incatenare. La notte gli era apparso Cristo il quale gli aveva ordinato di andare a Roma. Solo allora Paolo rivela di essere cittadino romano e di avere diritto ad appellarsi a Cesare, cioè all’imperatore Nerone. Così il proconsole lo fa scortare fino a Roma. Qui le donne di cui era succube Nerone (Poppea e Agrippina) erano “proselite”; giudaiche, cioè convertite alla religione degli Ebrei. Esse spinsero Nerone ad accusare i cristiani dell’incendio di Roma, nel 64 d.C. Fu la prima persecuzione, quella in cui persero la vita Pietro e Paolo.

> Purtroppo, Paolo – secondo altre versioni, morto traquillamente nella sua lussuosa villa in Spagna – nulla sa di Pietro a Roma; anzi, secondo quando espunto dalla stessa letteratura evangelica, l’apostolo si trova altrove sin dopo il suo beninteso trasferimento a “Babilonia”.

Dunque il Cristianesimo riceve una spinta da Dio stesso a rivolgersi verso il mondo greco-romano, quasi contro la volontà degli stessi Apostoli. Dal mix tra Cristianesimo, filosofia “razionale” greca e organizzazione romana nasce quella che oggi chiamiamo “civiltà occidentale”.

> Ciò non è preciso: nasce, piuttosto, la distruzione della civiltà occidentale originaria, inaugurando una “civiltà” ibrida.

Il Sacro Romano Impero
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Non è vero che il Cristianesimo abbia contribuito alla dissoluzione dell’Impero Romano. E’ vero il contrario. Secondo i Padri della Chiesa, anzi, l’Impero era stato voluto da Dio per tenere a bada le forze oscure del caos. All’interno del suo perimetro c’era ordine, disciplina e tranquillità: finché fosse durato le forze dell’Anticristo non avrebbero prevalso.

> Non capiamo, quindi, se sia per una vocazione al masochismo o alla compassione, che tanti colleghi del nostro continuano a parlare dell’impero come Anticristo per eccellenza.

Questa era anche l’opinione di san Paolo. In effetti alcune coincidenze sono singolari: l’ultimo imperatore romano fu Romolo Augusto, detto Augustolo perché giovanissimo. Romolo era stato il mitico re fondatore di Roma, Augusto aveva creato l’Impero. Fu ritenuto provvidenziale che Roma finisse con un capo che riassumeva in sé i nomi dei due fondatori.

> Vorrei sorvolare su illuminazioni del genere, che assumono tutti i crismi dello stupore junghiano di “astrologi e riformatori del mondo”, ma vorrei pensare che questo Augustolo fu tanto provvidenziale da essere l’ultimo imperatore, e del resto un sovrano talmente inabile, da essere posto sotto tutorato? C’è ben di meglio di che riempire pagine.

Costantino sarà il fondatore dell’Impero Orientale, Bisanzio. Ebbene l’ultimo imperatore bizantino, che cadrà sugli spalti contro i Turchi, si chiamerà anch’egli Costantino. Non solo. L’Impero Romano fu ripristinato, adesso “Sacro”, da Carlo Magno. L’ultimo rappresentante del Sacro Romano Impero si chiamerà anch’egli Carlo, e sarà il nipote di Francesco Giuseppe d’Austria.

> Ancora coincidenze astrali, o volontà divina?

Dunque i cristiani si considerarono legittimi eredi dell’Impero Romano, e lo ripristinarono alla prima occasione. Cioè quando un capo cristiano (Carlo Magno) fosse riuscito in qualche modo ad assicurare ordine e stabilità. Carlo assunse su di sé questo compito, che portò avanti tutta la vita difendendo l’Impero Sacro e Romano contro i pagani esterni.

> Davvero una sintesi piuttosto… sintetica, a proposito di 700 anni di storia!

(Continua)