di Valerio Evangelisti

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Se mi avessero detto che un tema lovecraftiano si sarebbe potuto tradurre in un racconto esilarante, non ci avrei creduto. Eppure il mostro è lì che incombe, mucillaginoso come si conviene: una narrativa fantastica italiana di tono umoristico. Ce ne erano stati alcuni esempi e non mi avevano persuaso. Questo Le Rane di Ko Samui, di Paolo Agaraff (ed. Pequod, numero di pp. impreciso, prezzo eccessivo) mi persuade, eccome.
Mi dà anche qualche preoccupazione. La narrativa fantastica, nel nostro paese, è stata a lungo emarginata, ma molto peggio è capitato a quella umoristica. Ci sono voluti anni e anni per sdoganare Achille Campanile, tanto che per farlo si è dovuto aspettare che fosse ben morto. A Stefano Benni è andata meglio, però spesso, nell’elencare i migliori scrittori italiani, il suo nome viene dimenticato. Dario Fo ha avuto il Nobel, ma in patria una folla di critici ancora mugugna. E nessuno ricorda Carlo Manzoni, e altri autori che ebbero il torto di far ridere chi li leggeva. Gli unici scritti comici ammessi sembrano essere solo quelli prodotti da attori di varietà, e unicamente presso il grande pubblico.


Questo ambiguo Agaraff, sospetto fin dal nome, mette dunque assieme due tabù consolidati presso la nostra critica: l’umorismo e il fantastico, oggetto di condanna fin dai tempi di Croce. Il presente libretto è dunque condannato in partenza all’insuccesso più disastroso. Tenetevelo stretto, se lo comprerete: siete tra i pochi che lo leggeranno.
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La comicità condivide con la pornografia un effetto negato al resto della narrativa: provoca nel lettore visibili reazioni fisiche, che nello specifico si concretizzano nell’atto del ridere (gli effetti secondari della pornografia li tralascio). Ciò è disgustoso. Nascondete dunque le giocose pagine di Agaraff (ma che cognome del piffero!) sotto il letto, e ridete piano, senza farvi scoprire. L’avvertimento è rivolto soprattutto agli adolescenti: la lettura di Agaraff, se insistita e ripetuta, provoca la cecità e altre vergognose malattie, che non nomino nemmeno.
Mio Dio, che orrore! (del resto si tratta di un horror).

Per saperne di più: www.paoloagaraff.com