di Susanne Bach

ruff.jpgMatt Ruff è nato nel 1965 o nel 1966 (dipende se si crede a lui o al suo editore). Ha studiato scrittura creativa alla Cornell University, e tra i suoi professori figura Alison Lurie (autrice che ha vinto il premio Pulitzer nel 1985 con Foreign Affair, pubblicato in Italia da Feltrinelli con il titolo Cuori in trasferta). Ruff ha ottenuto un ottimo consenso di pubblico e critica già con The Fool on the Hill, il suo primo romanzo del 1988. Lo stesso è accaduto nel 1997 per la Trilogia dei lavori pubblici (Fanucci). Quelli che seguono sono alcuni estratti di un’intervista tenuta in Austria nel 1998, durante un tour promozionale per la traduzione in tedesco del romanzo.

Sappiamo che hai frequentato un corso di scrittura creativa. Credi che si possa davvero insegnare a scrivere?

Ho frequentato quel corso non perché pensavo di imparare qualcosa, ma perché avevo comunque intenzione di scrivere un libro, e allora tanto valeva ottenere anche un titolo all’università. Per quanto riguarda la scrittura creativa o il suo insegnamento, credo che il punto di partenza, assieme alla motivazione, sia la volontà di scrivere, e di scrivere molto. Quello che un insegnante può fare, una volta che sei già sulla tua strada, è indicare certi dettagli, facilitarti la vita anticipando alcune lezioni che prima o poi si è destinati ad apprendere. Comunque non credo che qualcuno possa farti diventare creativo… dipende solo dalla pratica, dalla costanza nello scrivere, e poi scrivere, e scrivere ancora…

In che modo ti documenti per i tuoi romanzi? Sei stato davvero nelle fogne che hai descritto con tanta precisione? Si ha l’impressione che tu sappia moltissimo di macchine, di tecnologia militare, di biologia, di genetica… Come conduci le tue ricerche?

Il 95% passa attraverso la lettura, non sono mai stato particolarmente bravo nel lavoro di ricerca. Questa è una delle cose che mi piacciono nella letteratura fantastica o nel realismo magico: non devi essere preciso riguardo a ciò che è vero e a quello che non lo è. Puoi imbrogliare quanto vuoi, e il racconto è piú interessante della verità. Comunque la maggior parte delle mie idee proviene dalla lettura di libri un po’ strambi, pieni di curiosi aneddoti storici. Molte delle idee tecnologiche del romanzo vengono da una serie che si chiama Future Stuff (Cose del futuro), una descrizione di tecnologie che sono attualmente in fase di progettazione e non sappiamo se si realizzeranno. Nel romanzo, per esempio, ci sono degli apparecchi televisivi che camminano, e qualcuno ci stava effettivamente lavorando sopra. Si tratta di un marchingegno che potrebbe diventare una specie di guardia di sicurezza, una TV che sorveglia una stanza… Non so se è solo un prototipo e se lo rimarrà per sempre, comunque mi sembrava un’idea interessante e inconsueta. Puoi chiamarla ricerca, ma questi sono libri che avrei letto in ogni caso, per divertirmi… Poi mi tornano in mente tutte queste cose e mi invento dei modi bizzarri per mettere insieme le idee che sembrano funzionare…

Cos’è secondo te un buon romanzo?

Per me la cosa piú importante è che sia divertente. Una volta stavo parlando in una classe di letteratura inglese, e ho fatto una magniloquente distinzione tra scrivere e raccontare: quando ci si dimentica che si sta leggendo un libro e si sta svegli fino alle quattro del mattino per arrivare alla fine, ecco, qualcuno ti sta raccontando una storia. Scrivere riguarda invece l’uso di un bel linguaggio, e che tutto sia ben congegnato… cose di questo genere. Ci sono libri scritti molto bene ma terribilmente noiosi, oppure delle storie ben raccontate ma scritte malissimo. Credo che molti bestseller siano di questo tipo, e sono i libri che mi piace leggere. Tom Clancy, per esempio, è un magnifico narratore, merita tutta la fama che ha, eppure scrive malissimo. E non può essere altrimenti, perché non si può scrivere bene se si produce un libro all’anno, è assolutamente impossibile. Puoi raccontare bene una storia, ma non c’è modo di scrivere bene a meno di lavorarci sopra come un matto. Dovendo scegliere, preferirei essere un buon narratore piuttosto che un bravo scrittore, ma il massimo è quando riesci a essere tutti e due. E ce ne sono molti in giro. Alla fine, è il racconto che fa vendere un sacco di libri. È quello che vogliono i lettori. La bella scrittura è come un bonus, ed è anche qualcosa di piú raffinato. Io cerco di ottenere tutti e due, ma alla fine, se devo scegliere, il racconto prevale sempre sulla scrittura.