deleuzecover.jpgdeleuze.jpgSeconda vita per un libro che, in precedenza, trovare era autentica e impresa e che da poco è approdato su Amazon. Si tratta di una straordinaria antologia sui rapporti tra Gilles Deleuze e la letteratura (o, meglio, tra il filosofo schizoanalitico e la fiction): curato da Ian Buchanan e John Marks per le pubblicazioni Edinburgh University Press (uscì nel ’91 e costa adesso 25$), Deleuze and Literature rappresenta una frontiera che si deve assolutamente valicare se si vuole comprendere non tanto a quali mappe faccia riferimento l’autore dei Millepiani quando si avventura in àmbito letterario, ma che cosa significhi oggi la fiction e la nuova letteratura a cui stanno lavorando gli spiriti più profondi del nostro tempo. Collettanea di saggi che si sovrappongono, si incrociano ed entrano in osmosi reciprocamente, Deleuze and Literature offre un pluriocolo privilegiato per addentrare lo sguardo nel romanzo, nella poesia e nella letteratura d’essai dell’oggi e del domani che, più o meno fragorosamente, preme all’orizzonte dei nostri cieli.

Ambiguo teorico della contaminazione (o, meglio, teorico della contaminazione ambigua), Deleuze ha penetrato genialmente i territori della letteratura, facendo godere un sacco la letteratura stessa. Lavori come Kafka – Per una letteratura minore o come i saggi su Melville (in Italia uscito per Quodlibet in dialogo con un pezzo di mostruosa bravura di Giorgio Agamben), su Proust, su Beckett o su Bene testimoniano di un’affinità elettiva che è forse qualcosa di più di un’affinità: forse la letteratura è, per Deleuze, il corpo stesso della filosofia. Macchina amacchinica, la letteratura secondo Deleuze fuoriesce dagli standard banalizzanti di una qualunque riflessione estetica, tanto che, se proprio si deve richiamare un predecessore rispetto al rapporto che il filosofo parigino intrattenne con i testi letterari, potrebbe essere non banale l’accostamento al rapporto che Goethe ebbe rispetto alla teoresi simbolica, per esempio nella Teoria dei colori: un chiasmo che dovrebbe illuminare e l’uno e l’altro pensatore/scrittore, che sembrano incrociarsi proprio rispetto alla non-trascendenza della questione metafisica.
Su tutti i saggi presenti nel volume, spicca per attualità e ricchezza di folgoranti intuizioni quello di uno dei due curatori, John Marks, dedicato al capolavoro di Don DeLillo e intitolato: Underworld. The people are missing. Il motivo è ovvio: nessuna fiction contemporanea è più antifiction di quella che DeLillo struttura, sotto vesti disparatissime, nella sua opera e che in Underworld indossa una copertura che sembra uscita proprio da una sartoria deleuziana. Sul corpus di DeLillo è possibile applicare quasi tutte le metodiche dell’analisi letteraria deleuziana, esercizio che del resto è esplicito in tutti i saggi della raccolta, e in particolare in quello di Bruce Baugh, How Deleuze can help us make Literature work.
Come può aiutarci Deleuze a fare funzionare la letteratura? Le risposte, molteplici, convergono in ogni caso nel vasto ed eccentrico campo magnetico del processo di formazione della letteratura. Che l’interazione tra mondo finzionale, mondo storico e mondo imaginale passino attraverso ciò che Benjamin chiama ‘emblema’ e che Deleuze – ma con profondi distinguo – chiama ‘segno’ – questa è una verità già di per sé storica, che delinea un tratto in movimento della letteratura planetaria: il geomorfismo che aduna in sé idee di struttura, grammatica sottile, sintassi di livello profondo e simbolica a-metafisica sta mettendo in scena una tettonica a zolle che, come primo esito, ottiene il superamento del postmodernismo, poiché il rapporto con la tradizione viene a configurarsi intorno a faglie continentali frastagliate e non gerarchizzabili – tra continenti che sono compresenti, fatti della medesima terra, ma indubbiamente diversi. A quali risultati letterari condurrà questa deriva che presuppone cozzi titanici e rivoluzioni della Grande Mappa non è dato per ora prevedere. Certo è che, almeno qui in Italia, chi adotti la specola deleuziana vede bene che intorno a quella faglia stiano lavorando menti diverse, come Pincio, Evangelisti, Wu Ming, Moresco. Senza quella specola, il loro lavoro sarebbe comunque straordinario, ma si perderebbe una prospettiva tra le molte altre per leggerlo e per amarlo.