bernardicoloured.jpgbernardicover.jpgdi Giuseppe Genna
[da Clarence]
Facciamo un discorso articolato e immoliamoci al culto del massimo conoscitore italiano di noir, gialli, hard boiled, crime story che, sia detto da subito, è anche uno dei massimi autori italiani ed europei di questo genere plurimo, che ha costituito l’autentica rivoluzione letteraria del secondo novecento in tutto il pianeta. Parliamo di Luigi Bernardi, memoria storica e avanguardia sempre attentissima dei territori sempre più variegati e ambigui della narrativa nera. Bernardi è un intellettuale a tutto tondo e parecchio gli devono scrittori e lettori italiani: ha scovato, proposto, tradotto e pubblicato il fior fiore della letteratura noir europea. Tiene collane, agita dibattiti, scopre talenti (Paolo Nori, per esempio, è a mio parere una sua creatura – ma è un parere personale). E scrive, Luigi Bernardi: “storie criminali” tesissime, che lo avvicinano (ma senza evidenti implicazioni politiche, che ci sono nei suoi libri, ma a un secondo grado) al modello perfettissimo del genere nero: Jean-Patrick Manchette (è grazie Bernardi che lo leggiamo in italiano). Ora esce, per l’editrice Zona, Vittima facile: forse il più manchettiano dei neri italiani, in cui Bernardi raggiunge l’apice della glacialità e del cinismo d’autore. Un romanzo breve che somiglia a un colpo unico, lineare, precisissimo, che colpisce la fronte di chi pensa che l’ambiguità possa essere emendata dalla vita.

Vittima facile è la prima parte di una trilogia a cui Bernardi ha dato il titolo più bello dell’intera narrativa italiana degli ultimi vent’anni: Atlante freddo (questo è un titolo che potrebbe entrare nelle antologie in forma di poema: speriamo che se ne accorgano i poeti, dunque). 126 pagine vorticosamente tese e vibranti, implacabili, definitive come certi spari secchi o certe strategie da rapina, magneticamente risucchiate verso il buco nero finale. Che non è affatto un buco nero: è un buco bianco. Bisognerà ragionare sulla deriva che Luigi Bernardi ha fatto assumere al nero italiano, trasformandolo in bianco italiano. La glacialità è la cifra che l’autore emiliano sceglie per tracciare la linea diritta con cui struttura la sua “storia criminale”: che termina in maniera sorprendente – sorprendente in quanto non è sorprendente affatto. Nell’accettazione della prevedibilità di questa vicenda da ciclo tragico, nell’impossibilità di fermarsi anche se percepiamo da subito i destini e l’intrico che si dipanerà velocissimo sotto i nostri occhi, nel dolore sordo e cogente e molto umano che sperimentiamo alla chiusura della vicenda nera di Bernardi – in questo petrarchismo antimetafisico che irrompe sulla scena del nero all’italiana sta la magistralità con cui Luigi Bernardi, una volta di più, apre una prospettiva sconcertante e, per quanto concerne la nostra tradizione di genere, del tutto inedita. manchette.jpgE’ in questa asentimentalità con cui si sviluppa il plot, e nel controcanto dell’esplosivo sguardo oggettivo e distaccato sui sentimenti delle umane genti, che possiamo ravvisare la ripresa di una glacialità altrettanto magistrale: quella di cui fu inimitabile poeta proprio Manchette.
Lineamenti essenziali della trama. La location è Bari – Bari vecchia, che il pop italiano attualmente identifica con la faccia devastata dall’acne dell’idolo calcistico capitolino Cassano. C’è un mariuolo feroce, disincantato e incantevole, Vincenzino, che è determinato a fare colpo sui caporioni della criminalità organizzata e, insieme alla sua banda, punta tutto sulla svolta esistenziale che un cospicuo riscatto, garantito da un rapimento “prestigioso”, potrebbe concedergli: e rapisce Francesca, figlia di uno degli uomini più ricchi della regione, un imprenditore di liquori. Come e se Vincenzino e i suoi usciranno da una situazione che li rovescia da carnefici in vittime, è tutto il romanzo di Bernardi. Che termina con un abbacinante esito, a testimonianza della bravura davvero accecante ed essenziale con cui Bernardi organizza la sua scrittura nervosa, scabra e luminosa. Riportiamo qui la frase finale di Vittima facile, avvertendo che la citazione non pregiudica in nulla il piacere della suspence (che, del resto, Bernardi concede con una freddezza esemplare). Il giornale locale esce riportando la notizia di quanto è avvenuto; la prima tiratura viene esaurita nell’arco scarso di un’ora. Ed ecco la chiusa di Bernardi: “I tipografi ne metteranno subito in macchina una seconda, uguale alla precedente”. In quel finto futuro (“metteranno” equivale al fabulistico “misero” della tradizione gialla: con tutte le scontate implicazioni circa l’esaltazione epica del passato come categoria narratologica fondamentale) e in quella produzione tipografica identica a quella di un’ora prima sta tutta l’inumanità e l’ambiguità di un mondo che confonde a priori le colpe e i danni, gli umilianti e gli offesi, i difficili colpevoli e le vittime facili.
Se fosse possibile compiere un parallelo con la grande poesia, diremmo che Bernardi ha scritto il poema à la Celan del nero italiano. Siccome questo parallelo è impossibile (anche perché Celan era uno spiritualista e Bernardi è un materialista), diremo semplicemente che, con Vittima facile, Luigi Bernardi ha segnato una svolta nella crime story italiana: chi sciverà noir, gialli e hard boiled in lingua italiana non potrà prescindere da questa svolta.

Luigi Bernardi – Vittima facile. Una storia criminale – Zona – 11 euro