di Giorgio Bona

Larry McMurtry, Luna Comanche, trad. dall’inglese di Gaspare Bona, pp. 712, € 24, Einaudi, Torino 2025.

Luna Comanche di Larry McMurtry è l’ultimo romanzo della quadrilogia del West e segue Lonesome Dove (Einaudi, 2017), Le strade di Laredo (Einaudi, 2018) e Il cammino del morto (Einaudi, 2024). Uscito originariamente nel 1997 (Comanche Moon), riprende le avventure dei due rangers protagonisti nei precedenti romanzi, Augustus “Gus” McCrae e Woodrow Call. I due pards, con i loro amici, danno la caccia a indiani bellicosi e banditi psicopatici nelle sterminate praterie del Texas, poco distanti dal confine con il Messico.
Larry McMurtry, nipote di pionieri, morto nel 2024 a 84 anni, aveva mosso critiche ai romanzi western in quanto, a suo parere, peccavano di un eccesso di romanticismo e poca coesione alla realtà. Per tale ragione, prima che iniziasse il lungo cammino della sua opera, dichiarò convinto quanto desiderasse riportare con i piedi per terra il mito del vecchio West.
L’intento fallì durante quell’incredibile viaggio. Pochi seppero come lui ridisegnare il mito della frontiera al grande pubblico, trasformandolo sì in una straordinaria epopea ma anche in uno scenario di violenza e di sopraffazione, rappresentazione di un mondo cinico e crudele, animato dal grande spirito dell’avventura.
Emerge in Luna Comanche il declino di una cultura, la scomparsa di una civiltà, quella dei nativi, e l’avanzare della civiltà bianca in un’atmosfera che ben pone in scena lo spirito della Frontiera: i rapporti tra i personaggi vi appaiono legati in un mix di ironia, drammaticità e crudo realismo.
È Buffalo Hump, il vecchio capo comanche dalla grande gobba, protetto da uno scudo forgiato dalla testa di un bisonte, a lanciare una sfida attaccando i coloni e le città texane di Austin e San Antonio, perché sente di avere a suo favore la luna comanche che favorisce le battaglie. Alla guida dei suoi guerrieri decide di riconquistare quei territori che un tempo appartenevano al suo popolo.
Seguono attacchi inaspettati, in silenzio, mentre nessuno se lo aspetta, come nella migliore tradizione del vecchio west. Archi e frecce sono lo strumento di questi assedi che lasciano sul campo un’infinità di morti.
E così ci troviamo davanti a inseguimenti di rangers in territori sconfinati, lande desolate, scorrerie di indiani che nella guerra ai bianchi attraversano il Texas fino alla Grande Acqua dell’Oceano, mentre i coloni risalgono i fiumi come un’invasione di cavallette alla ricerca di terra e di una nuova vita.
Buffalo Hump ha ignorato la volontà di altri capi che volevano assoggettarsi alle imposizioni dei bianchi e dedicarsi alla coltivazione del mais rinnegando le loro usanze e tradizioni. Sceglie il sentiero di guerra a seguito di una visione apparsa in sogno che portava il popolo rosso alla vittoria.
Niente fucili, solo armi che la grande tradizione indiana ha accompagnato nel suo lungo corso, lance e frecce, per attacchi silenziosi, feroci, un mordi e fuggi che lascia una scia di terrore e sangue.
Rappresenterà l’ultima campagna di guerra del capo indiano che finirà per cercare la morte lontano dalla sua tribù con la dignità che ha sostenuto i grandi condottieri.

Molto prima di arrivare al lago secco dove l’Antico Popolo si appostava per catturare i cavalli selvatici che andavano ad abbeverarsi alla piccola polla, Buffalo Hump si pentì di non aver scelto meglio la cavalcatura per il suo ultimo viaggio. Il vecchio cavallo aveva i denti logorati: nel canyon c’era erba alta che riusciva ancora a brucare, ma sull’arido llano, nelle vicinanze del lago dei cavalli, la poca erba era bassa. La povera bestia era costretta a impolverarsi il muso cercano di strappare i corti steli con i monconi giallastri dei denti. Il cavallo aveva trottato con brio per un ventina di miglia, poi le forze erano scemate ed era tornato a essere quello che era: un vecchio animale avviato alla morte per la mancanza dei denti. Così succedeva ai vecchi cavalli, come le mani tremanti e gli occhi acquosi erano il segnale per gli uomini anziani. Buffalo Hump sapeva di avere scelto male. La sua intenzione era di raggiungere la Black Mesa, dove si sarebbe avviato verso la morte cantando tra le rocce nere, le più antiche che esistessero. Alcuni credevano che soltanto in quelle pietre albergassero gli spiriti che accolgono le persone al momento del trapasso.

Intanto ai due protagonisti, Gus e Call, appena promossi capitani, viene affidata una missione importante dal governatore in persona: alla guida di un manipolo di rangers devono riportare a casa il Colonnello Scull che sta cercando a piedi il suo leggendario cavallo, rubato da un ribelle comanche e si spinge nelle pericolose terre del feroce bandito Ahumado, conosciuto come Black Vaquero, che lo farà prigioniero.

Ahumado non aveva mai avuto un prigioniero che si comportasse come il capitano Scull, il piccolo americano. La maggior parte delle sue vittime cadevano nella disperazione non appena capivano di essere in un posto da cui non sarebbero più uscite se non da morte. Per sua esperienza gli americani erano pessimi prigionieri. Aveva provato a farne scorticare parecchi da Goyeto, – mercanti, minatori, viaggiatori che si erano trovati nel posto sbagliato -, ma tutti avevano reso l’anima prima che il suo sgherro potesse arrivare a fondo. Spesso bastava che scuoiasse un braccio o una gamba perché gli americani morissero. I bianchi erano prigionieri deboli. Una volta gli era capitato un piccolo indiano tarahumara del nord, che era rimasto legato al palo senza emettere un gemito mentre Goyeto gli toglieva tutta la pelle. Quel tarahumara era un uomo straordinario. Ahumado aveva deciso di offrirgli un riparo e di nutrirlo bene, sperava che la pelle gli ricrescesse. Ma all’indiano il cibo e l’ombra non avevano giovato molto. Era morto tre giorni dopo senza che gli fosse ricresciuto un centimetro di pelle.

La fine di un’epoca è vicina, la vita della frontiera si sta spegnendo.
In Luna Comanche il crepuscolo insegue l’alba nella meravigliosa giostra del vecchio West senza affondare nella retorica. Lo spirito dell’avventura nelle sterminate praterie, nei pericoli tra un canyon e un altro, tra un saloon, un bordello e un tavolo da poker si susseguono come un gioco di carambole.
McMurtry non rincorre la storia, forse desidera che la storia non lo accompagni nel suo racconto, però tratta luci e ombre del vecchio west con un intenso lirismo. Ci porta a cavalcare insieme ai suoi personaggi, gli occhi fissi alla realtà di quello che fu un mondo primitivo e durissimo.