di Luca Baiada

Nel 1947, quando fu scritta la Costituzione, si stabilì di eleggere un deputato ogni 80.000 abitanti e un senatore ogni 200.000. Dopo, nel 1963, i numeri delle Camere divennero fissi: 630 e 315; di fatto, rispetto al popolo, la stessa proporzione del 1947 per la Camera, e una proporzione più rappresentativa (un eletto, all’incirca, ogni 160.000 abitanti) per il Senato.

Oggi gli italiani sono molti di più. Quindi, perché i votanti contino come nell’Italia fresca di Liberazione e Repubblica, il numero dei parlamentari deve crescere, non diminuire. Con la modifica che ci propongono, che riduce i parlamentari a 600, la proporzione è di un deputato ogni 150.000 e un senatore ogni 300.000 abitanti. Altro che un terzo di meno: il voto ne esce quasi dimezzato. Lo slogan «uno vale uno», ripetuto dai Cinque stelle, si aggiorna in «uno vale la metà».

E poi, non è una questione di semplici proporzioni aritmetiche. Con Camere più piccole il dibattito si impoverisce, il potere delle segreterie e le risse fra capetti aumentano, gli orientamenti politici si appiattiscono. Cioè, il voto sbiadisce e perde senso. Va ancora peggio se la legge elettorale è cattiva; e di questi tempi, il tema delle elezioni sa di inganno avvolto nell’enigma.

Secondo le versioni ufficiali, come quella sul sito «riformeistituzionali.gov.it», la riforma fa risparmiare cinquecento milioni di euro a legislatura. È un calcolo discutibile, ma i governi dicono sempre la verità, quindi lo prendiamo per buono. Il risparmio è di cento milioni all’anno, e visto che gli italiani sono sessanta milioni, ognuno risparmia un euro all’anno più centesimi. Un caffè, e non ci aggiungi neanche un cornetto.

Il voto è dimezzato, ma in cambio ti offrono un caffè. All’anno, non al giorno, che sarebbe uno scialo. Achille Lauro, che dava agli elettori un paio di scarpe, era più generoso. Era più largo anche il Piano di rinascita democratica della loggia massonica P2: gli incappucciati di Licio Gelli proponevano 450 deputati e 250 senatori, totale 700[i]. Questa riforma disgraziata ce ne toglie altri cento. Caso strano, anche fra quelli che hanno tenuto viva la denuncia delle malefatte della P2, c’è chi, come la direzione del «Fatto Quotidiano», vuole ridurre la rappresentanza.

La voglia di castigare i parlamentari – purtroppo, a sentire certi dibattiti, c’è da mandarli alle scuole per analfabeti – non deve far danno agli elettori. Il proverbiale omino con le forbici, quello che volle fare un dispetto alla moglie, si privò di parti non sostituibili.

Chi vuole ridurre il numero fa confronti con paesi vicini e lontani, diatribe sul costo dei portaborse e dei barbieri di Montecitorio, oroscopi costituzionali, trucco e parrucco. Invece il firmatario della prima proposta per la riduzione, Gaetano Quagliariello, nel 2018 in Senato ha citato Cesare Balbo e ha detto la sua sulla legge elettorale; secondo lui è sopravvalutata. Sentiamo: «Appare ora inevitabile la presa di consapevolezza che sia necessaria una riforma più ampia che investa il Parlamento e soprattutto la forma di governo e soltanto a valle, e in modo coerente, la legge elettorale». A monte preparano quello che vogliono a valle: dirigismo, governismo e una legge elettorale su misura. Mackie Messer ha il coltello, ma vedere non lo fa.

A proposito. Cesare Balbo, Sommario della storia d’Italia, prima edizione 1846, sull’antica Roma repubblicana: «Lo spendere per il pubblico, il capitalizzare il lavoro delle generazioni presenti a pro delle avvenire, è proprio sempre di tutte le generazioni forti, che han fiducia nel proprio avvenire»[ii]. Insomma, appunto: a valle c’è quello che hai preparato a monte.

Quanto alla sinistra, brilla la sua capacità di fare gli scambi perdenti, i «paghi tre e prendi nulla»: si mette mano alla Costituzione, con perdita secca di democrazia, in cambio di regole elettorali da fare il 31 settembre, per legge ordinaria, scritta in ostrogoto con l’inchiostro invisibile, e ritoccabile in qualsiasi momento da Camere mortificate. La trappola è grossa: il diritto di voto che si azzoppa è vero, il caffè che si offre è avvelenato.

Non resta che tenersi il voto intero e al referendum rispondere No, anche sapendo che se cerchi candidati decenti, fai una fatica indecente.

[i] Piano di rinascita democratica, voce ProgrammiMedio e lungo termine, punto a3), Ordinamento del Parlamento. La Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2 nota nel Piano, «calata in una prospettiva genericamente tecnocratica, l’immagine chiusa e non priva di grigiore di una società dove si lavora molto e si discute poco. […] La logica del controllo contrapposta a quella del governo balza qui in evidenza con tutta la cinica conseguenzialità di una visione politica che tende a situare il potere negli apparati e non nella comunità dei cittadini, politicamente intesa» (Camera dei deputati, Senato della Repubblica, IX legislatura, Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2, pp. 147 e 149).

[ii] Cesare Balbo, Sommario della storia d’Italia, Sansoni, Firenze 1962, p. 54.