di Daniela Bandini

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Gianni Biondillo, Per sempre giovane, Ugo Guanda editore, 2006, pp. 196, € 14,00.

A questo romanzo di Gianni Biondillo si dovrebbe allegare un cd, per poter ascoltare e quindi rivivere tutta una serie di sensazioni e di legami che solamente il suono e certi odori hanno il dono di evocare con potenza nella nostra memoria. E non solo evocare, ma farla proprio rivivere: il sogno sempre odierno della macchina del tempo che ripercorre i nostri anni passati. Un vecchio disco, un brano dimenticato, una sigla televisiva. Proprio ieri sera ho riascoltato il vecchio incipit delle trasmissioni rai, con quella specie di rete che cadeva dallo schermo, e ho improvvisamente realizzato che il tempo organico della nostra vita è enormemente dilatato. La tv in bianco e nero emana la stessa fascinazione di una mummia egiziana, un qualcosa che non ci riguarda più ma che ci appartiene profondamente.

Una sigla, ed ecco che i bambini che eravamo riappaiono, gli spazi si riempiono di voci o di silenzi cui solo noi riusciamo a dare una forma, spesso incoerente, e ci chiediamo (o almeno io mi chiedo, sempre) se quei bambini che eravamo siano mai realmente esistiti. E’ tutto talmente diverso, è talmente patetico e perfetto il passato, così immobile nella sua incapacità di mutare, come tentiamo disperatamente di fare con il presente.
Il romanzo Per sempre giovane è la storia del viaggio di una band di sole ragazze, ambientato tra gli anni ’70 e gli anni ’80. Per noi quarantenni sembra ieri, ma provate a pensare che non c’erano né internet né cellulare, e allora il divario si allarga enormemente, diventa una voragine temporale. Questo romanzo è scritto in prima persona, da Francesca, e questa è la prima singolarità L’autore è un uomo, e trovo veramente pregevole il fatto che non ci sia l’imbarazzo di indossare i panni femminili, né il timore di raccontare sentimenti ed emozioni che risultino “normali”. Noto spesso che quando un autore, uno scrittore uomo, si identifica nel lato femminile, tende a esasperarne soprattutto la sessualità, quella che lui vive come differenza dalla propria identità. Invece Francesca è proprio una ragazza, e poi una donna, che ha moltissime altre sfaccettature oltre al “solo” fatto di appartenere al genere femminile.
E’ una ragazza che si innamora, come succede all’85% delle ragazze, del migliore amico del fratello, metallaro sfegatato, e che per fare colpo su di lui pensa che suonare la batteria sarebbe assolutamente perfetto al suo scopo. Non fa colpo sull’amico del fratello, ma si innamora invece della batteria. Un amore profondamente ricambiato.
L’incontro con Paola, la bellissima Paola. Superata la prova iniziale, nella quale cioè generalmente una ragazza valuta i lati deboli dell’altra e quelli forti, poi li paragona ai suoi e allora decide cosa fare, e accertato che Paola ha solo punti forti, corpo splendido, seno abbondante, capelli, denti, sorriso perfetti, decide che la cosa migliore sia quella di amare quella figura perché ha semplicemente la sua stessa passione, che prevale su tutto, ovvero quella musicale.
E’ un incontro fondamentale nella vita di Francesca. Paola suona la chitarra, e la proposta, naturale come solo a una certa età succede, arriva quando decidono di mettersi insieme a suonare. La travolgente femminilità di Paola non ricade e non umilia quella meno debordante di Francesca: anzi, Francesca sembra aver trovato quell’equilibrio perfetto di relazione tra donne, dove è la solidarietà e non l’invidia o il continuo misurarsi a farla da padrona. Tanto che persino Mic, il ragazzo di Francesca, si sente quasi escluso, è geloso.
Poi c’è Marisa, la tastierista. Una ragazza affidabile e precisa, un vero genio dell’elettronica, e Daniela, che suona il basso. Non è già un quartetto perfetto? Non rimane altro che trovare un nome, che salterà fuori, come sempre succede, dalla scelta tra quello meno probabile e quello forse più ragionevole: si chiameranno Viceversa.
Nel frattempo la storia, quella ufficiale, va avanti. E’ crollato il governo Craxi, c’è nuovamente il governo Andreotti, il Partito Comunista sta per cambiare nome, crolla il muro di Berlino. E c’è la storia personale, cadenzata da esami universitari e da brani musicali. I primi concerti nei locali notturni, ritrovarsi tra amici e sconosciuti come in una grande casa dove il soggiorno è sempre aperto sulla strada, dove passa la gente, ci si incontra, ci si sente gruppo, tribù indifferenziata ma solidale. Poi arriva la grande opportunità: le Viceversa, proprio per le loro caratteristiche di gruppo interamente femminile, sono chiamate a suonare su un vero palco, ad Ascoli, tipo un festivalbar, di quelle iniziative estive che riempiono le piazze, con i gruppetti di supporter e gli immancabili accendini che scintillano per sottolineare i brani più conosciuti e amati. Marisa non ce la fa, deve dare gli esami, ci tiene troppo, è una promessa fatta a se stessa e alla famiglia. Marisa nasconde alle altre un altro motivo, ma sarà Sara, una ragazzina presa direttamente dalla parrocchia, verrebbe da dire, faccino timido e pulito, che la sostituirà, non senza provocare traumi iniziali.
E’ bellissima la “trasformazione” di Sara raccontata da Biondillo che, continuo a ripetere, egregiamente fa risplendere la positività dell’amicizia femminile. Un’amicizia che si salda nel viaggio, come spesso accade, dove è il percorso e non la meta quella che poi ricorderemo per sempre. E la colonna sonora sono i brani dell’epoca, passati sempre con lo stereo acceso su qualche emozione da vivere e da rivivere, scegliere tra Radio Popolare e Rete 105, il festival di Sanremo i Pooh, Mino Reitano, i Ricchi e Poveri, Massimo Ranieri. Poi Gianna Nannini, il primo Battiato, il sabato italiano di Sergio Caputo.
Non vi dirò come andrà ad Ascoli, né cosa accadrà negli anni alle singole ragazze, ognuna dispersa nella propria affannosa realtà, in questo romanzo dove è tutto “Ora” e “Allora”, senza rimpianti, perché non si può rimpiangere ciò che si è intensamente voluto vivere. Forse si rimpiange solo che tutto sia finito senza che nessuno ci abbia avvertito che gli anni ’80 stavano davvero finendo, e con essi la nostra giovinezza.