di Franco Ricciardiello

Michel Nieva, L’infanzia del mondo, trad. Massimiliano Bonatto, Il Saggiatore 2025, € 17,00

In un panorama letterario desolante, in cui la fantascienza è ridotta a sorella minore della distopia (ma quest’ultima sta rapidamente tramontando), per un effetto trainato soprattutto dal film hollywoodiano d’effetti speciali, la traduzione in italiano del terzo romanzo di Michel Nieva è una novità da non trascurare.
L’odierno, squallido genere distopico, distantissimo dall’epoca di 1984 di George Orwell o di Noi di Evgenij Zamjatin, è completamente omologato alla narrazione T.I.N.A — there is no alternative — e funzionale alla logica conservatrice-reazionaria dell’internazionale sovranista e suprematista che è la più recente incarnazione del capitalismo: se il presente in cui vi costringiamo a vivere vi sembra brutto, guardate un po’ come il futuro potrebbe essere anche peggio. Il romanzo di Nieva, argentino che insegna all’università a New York, è invece intriso dalla prima all’ultima pagina di una rabbia sorda, che non deve stupire chi conosce la storia di asservimento dell’America Latina alla politica USA.
Siamo nel 2272; l’innalzamento della temperatura globale a causa delle emissioni di scarto dei combustibili fossili, ha provocato lo scioglimento totale dei ghiacci polari, e la sommersione di non poche terre. L’ambientazione del romanzo è l’Argentina, la cui parte meridionale, la Patagonia, è trasformata in un arcipelago, mentre l’interno del continente sudamericano ha temperature inadatte alla vita umana. Più o meno all’altezza dell’odierna Bahía Blanca si è formato un arcipelago, i “Caraibi pampeani”, dove vivono i protagonisti. La storia segue le vicende del Pupo Dengue, un bambino mostruoso con occhi composti, antenne, ali e pungiglione, che si dice nato dalla violenza subita da sua madre ad opera di un gigantesco tafano. Bullizzato dai compagni di scuola, schernito, insultato, il Pupo Dengue scopre la possibilità di vendicarsi non solo delle angherie, ma anche dello sfruttamento cui è sottoposta la madre, domestica presso un ricchissimo industriale del distretto finanziario di Santa Rosa. La Borsa locale è specializzata in azioni di case farmaceutiche che speculano sulla diffusione di epidemie; infatti, malgrado la catastrofe globale che ha provocato, il capitalismo si è fatto ancora più feroce e non teme alcuna opposizione da parte degli ultimi della terra, stipati in baraccopoli torturate dal caldo e impegnati a giocare con una realtà virtuale che riproduce situazioni della sanguinosa colonizzazione della Pampa da parte dei “bianchi”.
Come è scritto nel risvolto di copertina del libro, “il capitalismo ha raggiunto il compito a cui era destinato: tramutare la malattia in ricchezza, i figli in investimento, la morte stessa in algoritmo di borsa.” Il Ceo di una di queste multinazionali di Santa Rosa, Noah Nuclopio, sostiene che “il capitalismo che aveva devastato la natura poteva ricostruirla utilizzando gli stessi metodi industriali”, per esempio ricreando un ambiente invernale in un’Antartide ormai completamente priva di ghiacci. In questo futuro di estrema miseria e scandalosa ricchezza, la seconda non incontra alcun freno, non c’è opposizione, e la vita non ha alcun valore. La comparsa del Pupo Dengue, che attraversa quattro differenti stadi di sviluppo, inserisce un’incognita imprevedibile, che interagisce con il misterioso concetto della Gran Anarca legato alla scoperta di pietre ovali telepatiche sul suo lo antartico, e con il gioco di realtà virtuale Cristiani vs indios.
Michel Nieva è nato nel 1988 a Buenos Aires; tutta la sua fiction, scritta in spagnolo, rimane all’interno della fantascienza contemporanea, dal cyberpunk in poi. Significativo dei suoi gusti il titolo del primo romanzo, pubblicato nel 2013: ¿Sueñan los gauchoides con ñandúes eléctricos?, cioè “i gauchoidi sognano struzzi elettrici?”. Nieva definisce il proprio genere “gauchopunk”. Nello stesso anno di L’infanzia del mondo pubblica il saggio Ciencia ficción y capitalismo. Cómo los multimillonarios nos salvarán del fin del mundo (recensito qui su Carmilla), dal titolo evidentemente satirico, che “mappa la strumentalizzazione della fantascienza da parte delle élite finanziarie della Silicon Valley e di altri poli tecnologici del Nord del mondo” (parole di Valeria Meiller da Otra Parte).