di Giorgio Bona
Giovanni Bonavia, Ritorno a Sfacteria. Le profezie di Santorre, pp. 97, € 14, Fusta Editore, Saluzzo CN 2025
Quella di Santorre Annibale Filippo Derossi, conte di Pomerolo e di Santarosa, è una grande, immensa morte. Solitaria, muta, discosta. Impenetrabile come la rupe marina di Sfacteria, che di Santorre accoglie l’ultimo respiro.
Cosa ci separa da quei giorni? Da quella morte? Da quell’amore, quel senso, quella necessità?
“Quel che a Sfacteria dorme” è il celebre verso carducciano che immortala Santorre e il suo sacrificio per l’indipendenza greca dall’impero ottomano. Resta, nel ricordo e nella fantasia dei più, quell’istante supremo. Ma, inevitabilmente, quell’istante è preceduto da una lunga preparazione che s’irride d’amore, di senso e si necessità. E di una progressiva, feroce, muta, lacerata solitudine. Una solitudine tanto intensa che viene da chiedersi se, pur dopo l’esito finale, davvero Santorre dorma. O non frema, invece. Non frema ancora in attesa di una giustificazione, di una vera, definitiva pace.
Santorre è un frammento prezioso della nostra identità. L’oblio imposto dalla cultura della cancellazione non deve prevalere. È doloroso, struggente e doveroso, per noi che, pur dimentichi, siamo ancora figli del Risorgimento, seguire le tracce di quella vita che s’incammina verso il termine finale.
Una narrazione breve (il libro non arriva alle cento pagine) ma intensa, poetica, quella che Giovanni Bonavia consegna ai suoi lettori: un mix tra viaggio, fantasia, memoria, preludio a un grande romanzo sulla figura di Santorre di Santarosa (1783-1825) che ne racconti tutta la vita, dalla nascita alla morte avvenuta appunto a Sfacteria, in Grecia.
Siamo di nuovo qui. Miracolo faticoso dei nostri giorni: di Anaus e dei miei.
La strada è chiara davanti a noi. Limpida come una lacrima versata per il primo amore
La notte l’abbiamo trascorsa sul molo di Aghia Kyriakì, Santa Domenica. Tepore d’affetto, fritture e ghemistà, verdure ripiene di riso. Giusto prima di cadere nella fornace della passione.
La passione che – lo sappiamo bene – ci attende. Di qui a poco.
Ritorno a Sfacteria narra il viaggio in Grecia di un vecchio scrittore, la sua rielaborazione del romanzo inedito sulla vita di Santorre di Santarosa e la scoperta di un legame profetico tra l’eroe risorgimentale – esule dal Piemonte, riparato in Inghilterra e di lì partito per sostenere la guerra d’indipendenza greca – e l’autore di questa storia che trova culmine nella rievocazione della morte del patriota proprio nell’isola del titolo.
Ed è facile riconoscere nell’immagine del vecchio scrittore lo stesso autore Giovanni Bonavia, che pur vecchio non è: anzi, podista che ha percorso chilometri e chilometri con le sue gambe e altrettanti li percorre con le parole, in un percorso che riprende la riflessione del tempo e confluisce in sintesi dentro questa prosa fluida, ordinata, graffiante, metafisica. Una lingua che scende dentro un abisso terribile per riaprirsi poi, alla risalita, in un’eterna gioia.
Ecco dunque lo scrittore che parte verso la Grecia immortale, terra della memoria e del ritorno. Non è solo. Con lui viaggia, su un furgone arancio, una compagna coraggiosa. Ma quello che a Bonavia preme varare è un romanzo mai pubblicato, una storia mai dimenticata: la vita e i giorni di Santorre di Santarosa, nobile saviglianese, patriota risorgimentale, rivoluzionario romantico, uomo di idee e di azione.
La fisica quantistica ci parla di entanglement: due elettroni, due particelle possono intrecciare il loro senso, diremmo il loro fato, indissolubilmente: anche a distanze impensabili, prodigiose. Perché non potrebbe accadere a vite distanti, tra loro, due secoli appena?
Io ho cercato le parole che hanno condotto Santorre, lentamente, implacabilmente, dalla vasta campagna saviglianese, tra le anse del Maira e del Varaita, fino all’aridità sospesa di Sfacteria, dovevo farlo per lui e per me, perché la mia morte non resti muta.
Dunque i luoghi amati sembrano parlare, vivi, presenti, tutto svela un sapore magico: incontri sorprendenti, segni, antiche amicizie che riemergono dai ricordi. È Santorre, l’eroe incompiuto, che diventa presenza viva e si presenta all’autore offrendo una profezia che lui saprà trasformare, amare e curare.
Bastano pochi cenni per offrire un’ampia visione di quella che è stata la vita di Santorre, compresa quella interiore nella cui profondità Bonavia riesce ad addentrarsi. Intanto il furgone arancio percorre chilometri e chilometri, arriva a Sfacteria.
Quando nel maggio 1825 le truppe egiziane attaccarono l’isola, Santorre rimase ucciso in battaglia e di lui rimase il ricordo di eroe romantico e cosmopolita per la libertà dei popoli.
Quando si ha un’anima forte conviene operare, scrivere o morire. Io non so perché mi dispiaccia che sia finito il viaggio; la Grecia non risponderà forse all’idea che me ne ero formata: chi sa quali accoglienze, chi sa qual fine ci attende.
Come non lo sapeva l’autore prima di iniziare il suo viaggio.